Speciale
Kaizen
Da Zona industriale n.1
Riportiamo
due interventi sul nuovo modello produttivo, legato all’organizzazione del
lavoro che è stato recentemente introdotto alla Ducati-Motor, chiamato Kaizen
(ripreso dalla filosofia-organizzativa aziendale della Toyota). In questo caso
tale modello subisce la variante tedesca, visto che l’attuale organizzazione
del lavoro è stata portata da ingegneri della Porsche di Stoccarda.
Questo
modello è già operante in Germania, per questo motivo i compagni operai della
Ducati-Motor di SENZA FRENI (foglio operaio) hanno contattato operai tedeschi di
Stoccarda della Porsche, per avere in anteprima quello che sarà il kaizen qui
da noi. Ovviamente dietro alla propaganda padronale si nasconde un inasprimento
dei ritmi e dello sfruttamento.
Dietro
alla mitologia della qualità e del lavoro autogestito, vi è una più sottile
tecnica del controllo che i padroni esercitano contro i lavoratori.
Questo nuovo modello produttivo verrà introdotto in altre ditte qui a Zola, come molto probabilmente alla Fini Compressori.
Il kaizen alla tedesca
La Porsche, di Stoccarda Germania
La
Porsche AG SPA ha attualmente 7800 dipendenti. Tutte le azioni avente diritto di
voto sono possedute dalla famiglia Porsche e Piec. Nello stabilimento di
Stoccarda, dove siamo presenti, ci lavorano 3800 operai e 1500 impiegati.
L’85% degli operi e il 30% degli impiegati è iscritto all’IGMetal. Il
Consiglio di fabbrica è composto da 29 lavoratori tutti dell’IGMetal, siamo
circa in 6 più progressisti, che di solito otteniamo la maggioranza e che
svolgiamo la maggior mole di lavoro ed abbiamo più influenza sui lavoratori
della produzione. Attualmente 440 sono interinali. Stiamo cercando di costruire
una campagna contro i contratti interinali. Questo anno vogliono produrre 48.000
motori e 35.000 vetture. La differenza sono le auto prodotte in Finlandia in una
fabbrica che non è costruita dalla Porsche, perchè la direzione ha dichiarato
che lo stabilimento di Stoccarda non aveva le capacità per farlo e non volevano
aggiungere il terzo turno. La maggior parte di noi lavora su due turni, 7 ore
dal Lunedì al Venerdì 35 ore la settimana. Al reparto verniciatura alcuni
lavorano su 3 turni e circa 30 addetti alle macchine per i motori lavorano il
sabato, ma sempre 35 ore ruotando con gli altri.
Produciamo
due modelli il 911 e il Boxter. Di cui alcuni Boxter in Fillandia. Ma solo circa
il 18% del lavoro necessario per costruire una Porsche è eseguito alla Porsche,
anche se la componentistica e la logistica sono ancora dentro lo stabilimento.
Ci sono problemi costanti con l’indotto, ma al momento lavoriamo a pieno
ritmo. La Porche Consulting (PC) è indipendente ma totalmente posseduta
dall’azienda (E’ la ditta che cura l’organizzazione del lavoro nella
Porsche, introducendo il sistema Toyota. Il direttore della PC è divenuto
direttore di produzione alla Porche. Ndr). Il consiglio di fabbrica della
Porsche non ha diritto di parola rispetto a questa ditta. Il Porsche
Inproovement Proces (PIP) è diretto da una divisione a Stoccarda (Sono una rete
di responsabili e coordinatori che curano l’organizzazione del lavoro ndr).
La
maggior parte degli incrementi di produttività derivano dalla fabbricazione di
nuove vetture, con un incremento del 100% in 7 anni. Fin ad ora non abbiamo
autorizzato l’installazione del -lavoro in squadra- alla Porsche.
La
maggior parte di noi lavora a cottimo sulle linee di produzione. Sono quotidiane
le nostre battaglie per il suo superamento, per diminuire i ritmi, per avere
ogni operazione pagata e tutti i lavoratori sono consci che questi nuovi metodi
peggioreranno le loro condizioni. Diciamo che più o meno la nostra compagna ha
avuto successo. Il PIP ha perso la sua dinamicità ed è stato ridicolizzato. La
direzione attualmente sta cercando di ritornare ai tradizionali metodi di
pressione. Ma gli affari gli vanno bene e fanno profitti record e vogliono
ricattarci con un nuovo sito produttivo che costruiranno nei prossimi due anni
nella Germania dell’Est, dove c’è molta più disoccupazione e i salari sono
più bassi.
Sul
kaizen
Vi
diranno che lo fanno per aumentare la sicurezza sul lavoro e per renderlo più
facile, vogliono coinvolgere i lavoratori e i loro rappresentanti per ottenere
“il top”. Probabilmente saranno particolarmente grati con i lavoratori che
gli aiuteranno con suggerimenti nei -Workshop-(Gruppo di lavoro che rimodellano
l’organizzazione del lavoro del reparto, composti da responsabili
dell’azienda e lavoratori ndt).
I
lavori non necessari -senza valore aggiunto- per l’azienda sono tutti quei
movimenti inutili e quelle piccole pause che si prendono i lavoratori.
Anche
quei lavori come prelevare dei pezzi da un contenitore o pulire delle parti
ecc... Se non possono eliminare queste cose al massimo non pagheranno il tempo
per farlo. Tutti i macchinari devono essere disposti molto vicini tra loro. I
lavoratori dovevo muoversi il meno possibile. Gli scaffali devono essere ridotti
per avere la vista libera nel reparto e faranno pressione per ridurre le scorte
ed il personale addetto alla pulizia delle macchine. Operai generici dovranno
prendersi cura della macchina e provvedere a riparare piccole disfunzioni.
Questo riduce i manutentori ma gli operai generici non avranno più tempo e non
saranno pagati per questo lavoro aggiuntivo. La direzione sorveglierà il modo
in cui si lavora e chiederà consigli su come cambiarlo. Solitamente si
relazioneranno in modo molto amichevole per coinvolgerti ma non sono altro che
degli arroganti e pensano che i lavoratori siano solo degli stupidi idioti.
Alcune atteggiamenti che tengono, non hanno senso, servono solo per montare lo
spettacolo. Non gli piacciono i lavoratori che sono sicuri e che hanno spirito
critico. Perdono la testa e diventano aggressivi.
Noi
alla Porches abbiamo due strategie per trattare con loro, queste sono il
risultato dei compromessi scaturiti dalle discussioni tra i differenti punti di
vista dentro il nostro sindacato.
Prima
di tutto diciamo ai lavoratori di essere sospettosi e di sbattergli in faccia i
trucchi che usano. Di ostacolare i compagni di lavoro che partecipano ai
-Workshops- aiutando i responsabili del PIP (Porche Improvement Process) per
avere qualche beneficio.
Coinvolgere
i responsabili del PIP sulle discussioni riguardanti la salute e la sicurezza, e
il senso e il nonsenso delle loro proposte.
Si
devono confrontare con la rabbia di un intero gruppo di lavoratori.
Secondo,
li costringiamo con qualche blocco della produzione nell’intera fabbrica ha
sottoscrivere un accordo per il quale non possono far cambiare postazione ai
lavoratori cosi come gli pare e neppure eliminarne: ci sono state discussioni
con i lavoratori direttamente interessati e nelle assemblee per ogni singolo
caso.
Un
certo consenso deve essere raggiunto. Ogni cosa deve essere scritta. Nessuno può
perdere il suo lavoro e condizioni di salute e sicurezza devono essere
migliorate in ogni postazione che prendono in considerazione. Ogni cosa che
dobbiamo fare vogliamo che sia remunerata. L’importante è rallentare questo
progetto, per creare lavoro suppletivo ai responsabili del PIP e per rendere i
lavoratori più coscienti.
Alcuni
lavoratori della Porsche di Stoccarda Germania
Kami-kaizen
alla Ducati-Motor :Quel che loro suonano, bisogna ballarlo…
Vi
è un termine, diventato tristemente di uso comune, per descrivere un
particolare fenomeno legato alla condizione lavorativa dell’operaio
giapponese: Karoshi, questo termine indica la morte improvvisa dovuta
all’ultra-lavoro ed è per così dire un effetto collaterale dell’attuale
sistema di produzione nipponico e del suo modo di intendere la ‘qualità
totale’. Certamente, sarebbe meglio cominciare a pensare alla propria scadente
qualità di vita, ed ai modi di migliorarla invece che fare i kami-kaiken per i
profitti dei padroni della Ducati-Motor.
Comunque,
Se siete stati tra i fortunati partecipanti al corso di Kaizen-basics, e magari
nel vostro reparto i workshops del progetto Ducati Improvement Process, ovvero
processo di miglioramento Ducati, hanno già iniziato il loro lavoro e qualche
vostro compagno di lavoro ne ha preso parte, potete comprendere la portata del
cambiamento nella nuova organizzazione del lavoro e rendervi conto di come
questi principi siano in realtà già parzialmente
applicati. Esercitiamo un forte controllo sui nostri colleghi, mascherato da
gioco di squadra, quando per esempio segnaliamo ‘a valle’ un montaggio non
appropriato di alcune componenti, la mancanza di altri, l’imperfezione od il
danneggiamento di alcuni particolari, prima che la moto sia collaudata, oppure
quando sollecitiamo i nostri compagni a fornirci il materiale in tempo o ci
adoperiamo in prodigiosi recuperi, rimediando ad una precedente mancanza di
materiale, affinché il flusso sia continuo e senza intoppi. Quando poi
commettiamo un errore, o non siamo così attivi e solerti nel nostro dovere, le
gerarchie: capi-reparto e controllo qualità,
talvolta gli stessi compagni di lavoro - magari solo per risparmiarci le
strigliate dei capi -
ci riprendono puntualmente: l’insoddisfazione del cliente e la
conseguente perdita di immagine della Ducati-Motor dovrebbero turbare i nostri
sogni notturni! A volte addirittura ci terrorizzano, facendoci sentire
prematuramente colpevoli delle possibili disgrazie che potrebbero essere causate
al cliente da problemi dovuti alla nostra negligenza. Inoltre regaliamo le
nostre capacità di osservazione ed il nostro sviluppato senso estetico per le
moto al lavoro, inorgogliendoci per la merce che produciamo, anche se siamo come
tutti in una postazione sfigata a fare un lavoro da automi, alimentando noi
stessi quel feticismo su cui l’azienda fa leva.
È
certo che la precarietà, o comunque le necessità economiche, sono per ora per
la direzione le più solide basi su cui costruire le varie strategie di
efficienza e responsabilità della propria forza-lavoro. Su questo fertile e
pacificato terreno l’azienda, dalla sua posizione di forza e con il consenso
sindacale, punta ad una intensificazione ulteriore dello sfruttamento sotto le
mentite e democratiche spoglie della ‘valorizzazione’ ed
‘auto-attivazione’ delle risorse umane, perni di quel <<processo di
miglioramento incrementale continuo>>, kaizen in giapponese, sperimentato
e teorizzato per primo dagli ingegneri industriali della Toyota e mutuato dalla
Porche. Questo sistema, infatti, così come lo descrive uno dei suoi ideatori S.
Shingo <<cerca di strizzare acqua da un asciugamano asciutto>>, ed i
‘principi’ per giovani metal-meccanici/samurai esposti nelle lezioni di
kaizen-basics, parlano nella realtà di una drastica riduzione dei tempi
‘morti’ e dei movimenti ‘non produttivi’, del cumulo e
dell’accorpamento delle mansioni, di una maniacale attenzione
nell’esecuzione del proprio lavoro, ecc… Miglioreranno così i profitti
dell’azienda, ma peggiorerà senz’altro la qualità della vita dei
lavoratori. Naturalmente, bisogna essere particolarmente schiavi o
particolarmente sprovveduti per assecondare i progetti aziendali e magari
entrare nei work-shops. L’unico modo di migliorare collettivamente la nostra
condizione sta nel lottare contro l’organizzazione del lavoro, sabotandola e
ribaltandola contro i padroni, e non nel partecipare alle trasformazioni che
attua sulla nostra pelle!
Operai Senza
Freni della Ducati-motor
Precarietà
alla Ducati-Motor
La
Ducati-Motor , ditta con circa 850 dipendenti, è una delle aziende
all’avanguardia per ciò che riguarda l’utilizzazione dei contratti precari.
Ha aumentato la propria base produttiva, con una crescita quasi esponenziale dei
volumi di produzione, 170 moto al giorno, e la precarietà della forza lavoro,
tanto che l’agenzia di lavoro interinale è diventata una tappa obbligata per
entrarvi, e attualmente vi sono circa un centinaio di lavoratori ‘in
affitto’. Generalmente chi è entrato tramite agenzia non ha più di
trent’anni, una buona parte di questi lavoratori proviene dal sud, mentre
circa una ventina di lavoratori (interinali e non) sono per la maggior parte dal
centro Africa. Questa modalità di assunzione ha attecchito nel Gennaio del
’99 ed ha permesso un certo turn-over di lavoratori: ad alcuni lavoratori
interinali non è stato rinnovato il contratto e ne sono stati assunti poi degli
altri sempre interinali, ad altri, dopo un periodo come lavoratori in affitto,
è stato fatto firmare un contratto formazione lavoro, ad altri ancora, fuori
dalla gamma di assunzione tramite Cfl, è stato fatto un contratto a tempo
determinato, altri ancora sono da più di 14 mesi lavoratori interinali.
Precedentemente il filtro ‘parrocchiale’ era uno dei canali privilegiati per
l’assunzione, saltato poi con l’espansione vertiginosa dell’azienda.
Comunque, la pressione esercitata durante i colloqui di lavoro - uno preventivo
con l’agenzia e due direttamente con un capoccia dell’ufficio personale e
con il responsabile di produzione - e la ‘taratura’ fatta dai capi-reparto
nei primi giorni sono il pegno da pagare per avere un contratto di qualche mese
come operaio generico. Sono presenti inoltre lavoratori provenienti da fabbriche
interessate da forti processi di ristrutturazione come La Perla, La Casaralta,
La Lamborghini trattori, ecc. Le lamentele sono inutili, dobbiamo organizzarci
in modo indipendente contro i padroni e i sindacati (sia fascisti e padronali
come l’UGL o filo governativi come CGIL CISL UIL).
Senza Freni
foglio operaio della Ducati-Motor
Cronache
dalla Fini compressori
La
Fini s.p.a è presente sul territorio di Zola Predosa dislocata in 5
stabilimenti e conta circa 300 dipendenti; leader nel settore dei compressori
d'aria, opera su diversi mercati oltre quello italiano tra i quali quello
asiatico che, con le sue continue oscillazioni e la sua recente crisi, ha dato
lo spunto per l'introduzione del lavoro interinale.
La
produzione è quindi "snella", cioè basata sulle ordinazioni, per
ridurre al minimo le scorte di magazzino, in modo da evitare inconvenienti
rispetto appunto alle oscillazioni di domanda del mercato.
La
vita in azienda procede tranquilla, governata da una sorta di pace e buoni
rapporti sindacali con il consiglio d'amministrazione, garantiti da una buona
presenza ed una forte tradizione sindacale, sfruttata solo per le piccole
scaramucce sui premi di produzione o sulle ferie, che sembra ignorare i tanti
piccoli conflitti che quotidianamente viviamo. Eppure qualche lamentela si
comincia a far notare rispetto a questioni come l'organizzazione interna dei
reparti, rispetto alle esternizzazioni dei servizi e soprattutto rispetto alla
presenza dei tecnici della PORSCHE che stanno curando per noi (o meglio per il
sig. Fini) la ristrutturazione interna della produzione secondo la ricetta del
"kaizen", studiata dalla Toyota e preparata per noi dalla comitiva di
simpatici "crucchi”. Nonostante lo sforzo continuo da parte di azienda e
sindacati di far passare con poco clamore questo "miglioramento", che
secondo la filosofia del kaizen si basa sul migliorare noi stessi con ciò che
abbiamo a disposizione (cioè fatica e macchinari); a qualcuno non deve essere
sembrato ovvio il motivo per il quale ci si chiede un'aumento di produzione in
cambio di nulla, con la scusa della nostra partecipazione diretta alle squadre
di lavoro che studiano le nuove prestazioni e, soprattutto, fidandoci ciecamente
dei nuovi profeti tedeschi che già in Ducati-Motor hanno portato non poco
scompiglio. Tanto più che il costo di questa operazione
(c'è chi dice di 2 miliardi...) lo pagheremo in termini di ore di
straordinario concordate e di difficoltà ulteriori per raggiungere i famosi
premi di risultato, concordati in base ad una serie di parametri legati al
bilancio dell'azienda.
Anche
se espresse a livello spontaneo o personale, le vecchie ruggini tra lavoratori e
azienda (dirigenza, capireparto, ecc.) stanno riaffiorando sotto forma di
discussioni in mensa o nei reparti, nonostante un simpatico ragazzone biondo con
la faccia da studente fuori corso abbia chiesto con fermezza di non lamentarci
per i disagi che porterà momentaneamente il loro lavoro, visto che lo fanno per
noi e con noi in uno spirito di comunanza e divertimento! In fondo, se bastava
girare un tavolo per produrre di più con "meno fatica", bastava
ascoltare le continue lamentele di tutti coloro che cercano di uscire sani di
mente dai reparti alla sera...
Sarà
forse che non tutti si divertono lavorando alla Fini?
E'
importante, comunque, che di questi problemi si continui a parlare, magari in
positivo, cioè con la volontà di contrapporre i nostri interessi a quelli dei
padroni in modo collettivo, in fabbrica come nel territorio, per recuperare
quella forza d'insieme necessaria a collegare i nostri problemi con quelli di
lavoratori di altri reparti, aziende o categorie che sono sempre più collegate
tra loro dal "sottile filo rosso" della produzione decentrata (ditte
fornitrici come la Verlicchi per la Ducati...). In fondo, se si compattano tra
loro i padroni, come nel caso Porsche-Fini o Ducati, per salvaguardare i propri
interessi, perchè non dovremmo farlo noi?
Un operaio