Genesi e sviluppo dello Scientific Management

La nascita della direzione moderna del processo lavorativo avviene negli Stati Uniti agli inizi del novecento, si sviluppa e si consolida nei due decenni successivi, affermandosi durante la prima guerra mondiale. In quest’arco di tempo, i capitalisti dovettero fare fronte ad una situazione di cronica carenza della manodopera, soprattutto durante il periodo bellico, con un tasso di turn-over dell’organico annuo in fabbrica che a volte sfiorava il 1600-2000%, una nuova immigrazione proveniente prevalentemente dall’Europa meridionale e orientale, composta per la maggior parte da uomini scapoli..[1]

Il contesto storico

Verso la fine del secolo scorso, a far nascere il scientific management, concorsero quattro diverse correnti storiche. La prima fu lo sviluppo del modo di produzione capitalistico, con le sue caratteristiche di accumulazione e di efficienza concorrenziale, quindi sostanzialmente - per le imprese - il necessario ottenimento di elevati margini di profitto e la tendenziale egemonia dei propri prodotti sul mercato. La seconda fu la costituzione delle grandi società industriali integrate, tendenzialmente aventi sotto il proprio controllo l’intero processo produttivo, che posero sotto la medesima direzione i vari momenti e la molteplicità degli aspetti che esso comprendeva, nonché la necessità di realizzare quelle potenziali economie di scala che permettessero di assorbire e far fruttare i pesanti investimenti dell’apparato tecnologico. La terza – quella che ci interessa particolarmente analizzare - fece la sua comparsa come una aspetto delle prime e come reazione a esse, fu l’aggravarsi del <<problema umano>>: la necessità, cioè di dare disciplina e motivazioni alla manodopera, neutralizzando le resistenze che ostacolavano l’efficienza produttiva. La quarta fu la continua ascesa di ingegneri con una formazione scientifica verso posti direttivi, specie nelle industrie a basi scientifiche e altamente meccanizzate.

Il ruolo della tecnologia

L’unione tra ricerca scientifica e innovazione tecnica era avvenuta sulla base delle applicazioni industriali, soprattutto nei campi dell’industria chimica e della industria elettrica – riverberandosi e coinvolgendo poi tutti gli altri settori - con esplicite finalità di profitto: le vite dei pionieri della tecnologia fondevano in sé genialità inventiva, abilità nella ricerca dei finanziamenti, notevole spirito imprenditoriale, finalità economiche esplicite[2].

Successivamente, questo aspetto assunse un ruolo strategico che necessitava della formazione di una leadership adeguata agli imperativi del nuovo sviluppo industriale, e conseguentemente di ambiti adatti alla preparazione dentro e fuori le tradizionali istituzioni universitarie, all’interno delle aziende stesse, nonché ambiti di relazioni comuni come le associazioni e gli istituti di ricerca, che fiorirono e si moltiplicarono in quegli anni: gli ingegneri furono allo stesso tempo il prodotto sociale di questa esigenza e gli attori medesimi del cambiamento. <<La rivoluzione tecnico-scientifica, - ci ha spiegato Harry Bravermann, - non può essere intesa in termini di specifiche innovazioni, ma va piuttosto considerata nella sua totalità come modo di produzione nel quale la scienza e le approfondite indagini tecniche sono divenute parte integrante del nuovo funzionamento. L’innovazione chiave non va ricercata nella chimica, nell’elettronica, nelle macchine automatiche o in qualsiasi altro prodotto di queste tecnologie scientifiche ma piuttosto nella trasformazione della scienza medesima in capitale>>[3].

Modellando la macchina umana: dalla direzione ordinaria alla direzione scientifica, dal mestiere al compito

La formazione di una classe operaia industriale completamente asservita ai fini produttivi ed alle esigenze di profitto divenne l’imperativo categorico del management: l’estensione dei principi della standardizzazione dalle macchine e dai materiali al <<fattore umano della produzione>> ne costituì la tappa necessaria.

Non è affatto una coincidenza che Frederick Taylor, il padre dell’organizzazione scientifica del lavoro, avesse dedicato altrettanto tempo a sistematizzare i metodi di taglio dei metalli quanto ne aveva impiegato per formulare i principi della gestione di fabbrica. Gli uni erano il compimento degli altri. Egli aveva sistematizzato e standardizzato i processi produttivi per potere concentrare il controllo nelle mani della direzione; e aveva sfruttato al massimo queste operazioni da poco razionalizzate. Grazie alle ricerche sui metalli - Taylor fu tra l’atro l’inventore dell’acciaio rapido che rivoluzionò la produzione meccanica - era in grado di stabilire il grado di utilizzo ottimale delle macchine in officina; e grazie a una formulazione sistematica di tutti i dati, che aveva raccolto ed ordinato durante il suo periodo alla Midvale Steel ed alla Bethlehem Iron Company, era in grado di adattarli velocemente alla realtà di qualsiasi stabilimento. 

Il passaggio dalla direzione <<ordinaria>> a quella <<scientifica>>, per usare una espressione dello stesso Taylor, implicava il controllo sul processo di produzione, perciò era necessario separare il lavoro dal processo produttivo per reintegrarli in base ai propri criteri, in modo da estrarre il massimo di plusvalore dalla forza lavoro.

Nelle industrie a base scientifica, in cui la comprensione del processo produttivo costituiva un monopolio dei managers-ingegneri, questo obiettivo venne raggiunto più facilmente. Nelle altre, per esempio quelle metalmeccaniche, la conoscenza di questo era esclusivo monopolio dei lavoratori, si pensi ad esempio all’operaio lavorante su macchine utensili universali che partiva dal disegno di lavorazione e torniva, fresava, alesava, forava, spianava, modellava, molava, limava, lavorando a macchina e a mano fino a dargli la forma del disegno. Il sapere operaio era il prodotto di un lungo apprendistato e di una esperienza individuale e collettiva, che permetteva di svolgere operazioni complesse, garantiva una autonomia - nei modi e nei tempi d’esecuzione delle proprie mansioni - difficilmente intaccabile dalle stesse gerarchie di fabbrica, anche da quelle, come i capisquadra, provenienti anche dalle file degli operai. L’aspetto tecnico della conoscenza si intrecciava con l’aspetto sociale, quale quello della relazione solidale tra lavoratori, come quello culturale di un quadro di riferimento ad un serie di valori legati alla propria condizione particolare nell’ambito produttivo, dando vita ad un precisa articolazione dei rapporti di forza nell’ambito del rapporto di lavoro concreto.  La complessità di questi aspetti intrecciati erano la base materiale e soggettiva che ostacolava il controllo della direzione sul processo produttivo ed è su questa molteplicità di aspetti che bisognava intervenire, sebbene la strada da percorrere a detta degli stessi promotori sarebbe stata lunga e in salita, Taylor ammette, che <<le potenzialità>> del suo sistema <<non saranno pienamente realizzate fino a che quasi tutte le macchine dell’officina non saranno azionate da uomini di bassa levatura e di più limitata esperienza, quindi meno costosi di quelli necessari col vecchio sistema>>. Torneremo più avanti sugli aspetti riguardanti la reazione dei lavoratori, la loro lotta contro lo SM e le sue conseguenze, ora soffermiamoci su i principi di questo sistema[4].

I principi della direzione scientifica

Il dirigente si assume… L’incarico di raccogliere tutte le nozioni tradizionali, e di classificarle, ordinarle in tabelle e ridurre queste conoscenze in prescrizioni, leggi, formule…

Come abbiamo già spiegato, questo processo di dissociazione del processo lavorativo dalle qualificazioni degli operai, permette alla direzione di scoprire e potenziare quei metodi più veloci e quelle scorciatoie che gli stessi operai, nella pratica dei loro mestieri o delle loro mansioni, apprendono o inventano, e usano unicamente a loro discrezione.

Tutto il lavoro intellettuale deve essere tolto dall’officina e concentrato nell’ufficio di programmazione o progettazione…

La celebre frase di Taylor secondo la quale solo la direzione scientifica <<conduce allo sviluppo della scienza, mentre è quasi impossibile a un operaio sviluppare una scienza>>, sembra più l’alibi strampalato di un assassino, che un postulato degno di una teoria scientifica, rivela più il desiderio di creare un pregiudizio universalmente condiviso sull’imbecillità operaia, specie se appartenente alla nuova immigrazione, pregna di un razzismo e di un senso di superiorità disseminato in tutti i suoi scritti. In realtà si vuole nascondere un esproprio, quello appunto del sapere dei lavoratori e delle loro capacità ideative e decisionali, presupponendone l’incapacità di governare i processi produttivi, separando l’ideazione dall’esecuzione, allargando la forbice tra lavoro manuale e lavoro intellettuale. Certamente se si astrae dalla quotidiana contrapposizione di interessi tra le classi nella società capitalistica, e si ignora la natura salariata del lavoro umano ridotto a merce, privato del minimo senso e della minima attrattiva intellettiva, e non si considera la condizione operaia nel suo complesso, difficilmente si potrà comprendere quali sono i motivi che generano la ‘disaffezione al lavoro’ in tutte le sue forme e gradi, contro cui tutti gli stronzi di questo mondo si scagliano.[5]     

L’idea fondamentale degli ordinari sistemi organizzativi è la convinzione che ogni operaio abbia raggiunto nel suo lavoro una qualificazione maggiore di quella di qualsiasi dirigente, per cui i dettagli tendenti a realizzare la maggiore esecuzione possibile devono essere stabiliti da lui. Ma per contro: forse l’elemento di maggior rilievo nella moderna direzione scientifica è l’idea del compito. Il lavoro di ciascun operaio è interamente programmato dalla direzione con almeno un giorno di anticipo, e ciascuno riceve quasi sempre delle complete istruzioni scritte, in cui è descritto particolareggiatamente il compito che deve eseguire, nonché i mezzi da usare…Questo compito specifica non soltanto ciò che va fatto, ma il modo in cui deve essere fatto e il tempo esattamente concesso per l’esecuzione…La direzione scientifica consiste in ampia misura nella preparazione e nello svolgimento di questi compiti

La <<macchina uomo>>, per usare una espressione dei fautori dello SM, doveva, senza fare obiezioni, eseguire movimenti predeterminati, ad una cadenza predeterminata, riguardanti solo una serie limitata di operazioni, <<un compito>> per l’appunto: non importa se gli standard della prestazione lavorativa, riguardo i carichi ed i ritmi di lavoro, risultassero impossibili da raggiungere, le mansioni terribilmente ripetitive,  e l’inasprimento della disciplina e il ‘nuovo’ dispotismo dei capi-squadra - terminali dell’autorità della direzione – asfissianti. Le capacità di adattamento dell’ ‘uomo bue’, l’idelatipo dell’operaio taylorista, avrebbero poi dovuto essere supportate da un principio selettivo della direzione, nel trovare appunto tali ‘capi di bestiame’ adeguati ed un sistema di incentivazione individuale appropriato. In realtà s’ingaggio all’interno una lotta costante, condotta con ogni mezzo, per assicurare le condizioni ottimali allo sfruttamento della manodopera e mitigare la recalcitranza dei lavoratori. Sono da annoverare tra questi strumenti  i sistemi di prevenzione degli infortuni, l’assistenza medica di base e le varie istituzioni assistenziali del ‘welfare’ aziendale, tutt’altro che filantropiche e mirate ad una riduzione dei costi e ad un aumento della produttività. Successivamente, all’esterno, la riformulazione del quadro dell’istruzione - le scuole tecniche - per la formazione e la predisposizione di questa nuova classe operaia, e la trasformazione del mercato del lavoro, nonché le iniziative di stampo moralizzatore, o di vero e proprio controllo, sulle abitudini della classe lavoratrice, compresa l’attività politico-sindacale, mirarono all’<<allargamento dell’influenza della fabbrica a tutta la vita del lavoratore>>, come ebbe a dire uno dei dirigenti dell’industria automobilistica a Detroit. Lo stesso che sottolineava come il proibizionismo, cioè il divieto assoluto di produzione, vendita, acquisto o consumo di alcolici, era stato introdotto, in quello stato, dai datori di lavoro del Michigan, per <<rimuovere il saloon dal percorso tra casa e fabbrica>>[6].

I sogni e gli incubi di Taylor

Per quanto lo stesso Taylor cercasse di promuovere una <<vera armonia di interessi>> tra i lavoratori ed il capitale e auspicasse in tal senso una <<rivoluzione mentale>> sia tra le fila degli operai, sia nei ranghi degli ingegneri, l’introduzione del suo sistema scatenò la violenta reazione dei lavoratori dovunque venisse applicato. L’insubordinazione, il sabotaggio e lo sciopero furono le manifestazioni puntuali degli operai. Egli stesso parla di una lotta asprissima di tre anni nella fabbrica dove divenne capo-squadra, in cui ricorse sia a sanzioni disciplinari, che a incentivi monetari, che a sistemi di mobilità interna per piegare la resistenza dei lavoratori, in un'altra fabbrica a cui prestava la sua collaborazione il fallimento della sua applicazione, portò al suo licenziamento, mentre gli arsenali federali a cui venne applicato nel 1909, videro nel 1911 lo sciopero spontaneo dei suoi fonditori. Alla sua messa in discussione pratica da parte dei lavoratori che di volta in volta venivano coinvolti in questo processo, seguì la sua messa in discussione da parte del management e coloro che appartenevano alla fila dei suoi apologeti, passarono presto in quella dei suoi detrattori. I suoi collaboratori si occuparono poi di perfezionare le falle di questo sistema: <<il segnatempo decimale>> di Thompson e gli studi sui <<micromovimenti>> di Gilbreth, basati sull’uso della tecnica cinematotrafica sono gli esempi più significativi dei miglioramenti tecnici. Inoltre, maggiore attenzione fu riservata agli aspetti prima psicologici, poi sociologici della condizione operaia, all’estensione della <<cultura della fabbrica>> fuori dalla fabbrica, migliorando la <<manutenzione umana>> innanzitutto e gli strumenti per la sua motivazione. In realtà fu senz’altro l’estensione dell’organizzazione del SM a tutto il settore manifatturiero, i cambiamenti nel mercato del lavoro e la brutale repressione delle minoranze combattive all’interno della classe, come la collaborazione del sindacato ufficiale dall’altro, a normalizzare la situazione. Le grandi industrie proseguirono incessantemente nell’introduzione e nel perfezionamento della direzione scientifica e nell’estensione del loro dominio sulla forza lavoro anche nella società. La General Elettric, per esempio colosso dell’industria elettrica, aveva applicato i principi dell’ingegneria alle operazioni connesse alle mense, pervenendo ad un sistema automatizzato capace di servire un pasto ai clienti affamati, i propri operai, in un minuto tondo!

Così come la direzione aziendale non era il prodotto esclusivo del genio di un uomo, Taylor, e dei suoi collaboratori - per quanto significativi fossero i contributi individuali a livello di miglioramenti tecnici, di approccio sistemattico e di intenti ed opera divulgativa – ma di una forza sociale nel suo complesso, quale il capitalismo, così la sua affermazione è il risultato di uno scontro incessante, talvolta evidente ed esplosivo, tal altra sotterraneo e meno tangibile, ma quotidiano tra la classe dei lavoratori salariati e la borghesia industriale nel cuore dello sfruttamento: il luogo di lavoro. 

Le Catene di H.Ford

Ehi, ho trovato lavoro, un lavoro dal signor Ford, una donna mi ha detto l’altra sera: “Ehi, ma da Ford non ce la farai” [7]

Se l’organizzazione del lavoro alla Ford di Detroit all’epoca del lancio del Modello T, era parzialmente mutata dalla sua fondazione nel 1903, e dall’operaio meccanico versatile formatosi nelle officine di produzione di biciclette e di vetture del Michigan e dell’Ohio, si era passati a diversi montatori che lavoravano fianco a fianco a una particolare auto, ciascuno responsabile di una serie di operazioni in certo modo limitata, fu l’aumento di domanda del Modello T, cioè la necessità di aumentare la produttività che cambiò l’organizzazione del lavoro.

Nel Gennaio del 1914 fu ultimata la prima catena trasportatrice ininterrotta, in tre mesi il tempo di montaggio era stato ridotto a un decimo di quello prima occorrente, e nel 1925 venne creata una organizzazione che produceva in un giorno quasi tante macchine quante, all’inizio della storia di quel modello, venivano prodotte in un anno.

Queste trasformazioni produssero sia una risposta operaia fomentata dagli IWW, che dall’estate del 1913 si erano adoperati in un intervento negli stabilimenti di Ford, sia un alto turn-over della manodopera stessa che sfiorava il 400%, minacce che vennero in un primo tempo allontanate con l’aumento della paga a 5 Dollari giornalieri.

L’estensione delle caratteristiche produttive degli stabilimenti di Ford ai restanti settori produttivi, processo accelerato dal regime di produzione bellico, e la consistente migrazione interna dal Sud degli Stati Uniti degli afro-americani che dal 1914 iniziarono il proprio esodo su vasta scala verso i grossi centri industriali: Chicago, Detroit, New York, mutarono il quadro d’insieme.

Nel 1914 infatti l’afflusso di immigrati europei cessò, ma le richiesta di manodopera era ora ancora più pressante, agenti di reclutamento furono mandati nel Sud per attirare la Manodopera delle piantagioni, e si noleggiarono vagoni merci per trasferirli al nord.

Molti blues hanno per argomento la Ford e i suoi prodotti, e ciò si spiega tra l’altro con il fatto che quell’industria fu la prima ad assumere una notevole quantità di neri, tanto che Ford divenne presto sinonimo di miraggio che il Nord offriva. Inoltre il modello T della Ford fu una delle prime automobili che i neri si poterono permettere, “la macchina del povero”, come cantava Bessie Smith all’epoca da quindici anni ho un uomo e gli do da mangiare e da dormire; un tempo era una Cadillac, ma ora è come una Ford vecchia scassata…

Precari Nati


[1]<<I nuovi arrivati in genere non mostravano troppo interesse all’apprendimento della lingua e delle maniere americane, giacché avevano la tendenza a considerare gli Stati Uniti una situazione provvisoria, dalla quale sarebbero rientrati al paese d’origine una volta che fossero riusciti a ‘far fortuna in america’, o avessero clamorosamente fallito>> cit. in Progettare l’America. La scienza, la tecnologia, la nascita del capitalismo monopolistico David F.Nobble, Giulio Einaudi editore,Torino,1987
[2] Thomas Edison, figura centrale all’interno di questa schiera, <<scelse l’illuminazione elettrica rispetto ad altri possibili campi, come il telegrafo, il telefono, il fonografo, perché la riteneva più remunerativa. Stabilì di fissare il prezzo dell’illuminazione elettrica allo stesso livello dell’illuminazione a gas. In questo modo, la via per aumentare i profitti era quella di ridurre il più possibile i costi, e per ridurre i costi Edison realizzò una serie di invenzioni con l’obbiettivo di economizzare i materiali impiegati nel sistema di illuminazione a incandescenza>>in Progettare l’America, op.cit.
[3] Lavoro e Capitale monopolistico, la degradazione del lavoro nel xx secolo, Harry Braverman, Giulio Einaudi editore, Torino, 1978
[4] Le citazioni in neretto di Taylor riportate all’inizio di ogni paragrafo sono tratte da L’organizzazione scientifica del lavoro, Etas/Kompass, Milano 1967 
[5] Quel <<lavativismo sistematico>> dei lavoratori di cui parlava Taylor, è un tratto fisiologico della classe lavoratrice in questa società dominata dallo scambio mercantile. L’ipotesi che la produzione possa essere autonomamente gestita e socialmente motivata dai bisogni della comunità proletaria, in un sistema differente da quello attuale, senza alcuna direzione che non sia la coordinazione allo stesso tempo promossa e mandata avanti esclusivamente dai lavoratori, chissà perché, ha sempre o fatto sorridere o fatto impallidire i tronfi manichini al servizio dell’impresa, veri dispensatori terreni della dea tecnologia e di suo padre dio capitale.
[6] Questa tendenza ha le sue radici in ciò che è stato definito il feudalesimo industriale delle città-fabbrica nello sviluppo del capitalismo americano, padroni dello spaccio a cui gli operai dovevano rifornirsi, proprietari delle bettole in cui erano costretti a vivere, a capo delle polizie private che sorvegliavano il lavoro e controllavano militarmente la zona, in combutta con il sistema di amministrazione della giustizia. Contro questo sistema dittatoriale si mosse l’azione degli operai, che necessitava di un grado di scontro militare e di una solidarietà di classe assai elevata. Vedi Classe operaia e potere politico in USA (1860-1920) di Peppino Ortoleva in Primo Maggio, saggi e documenti per una storia di classe, n°3-4 sett.1974
[7] Blues citato da LeRoi Jones in Il Popolo del Blues, Shake Edizioni, 1994