Il LATO OSCURO DEL LAVORO IN SQUADRA

(FASCICOLI DAL N.1 AL N.24)

 

Dialogo:

Mamma, il mio Giuseppe si comporta in modo strano

Che altro c'è, adesso?

Mamma per favore !

Va bene, figlia mia, non arrabbiarti. Che cosa gli succede ?

Non lo so, i fine settimana mi segue per tutta la casa con un orologio in mano e mi dice che non sono operativa e che devo fare prima questo, poi quello ... e non so che altro. Non si era mai preoccupato delle faccende di casa.

Proprio quello che ci mancava: è diventato frocio. Ascolta, figlia, hai notato qualcosa di strano a letto?

Mamma, non si può parlare seriamente con te di Beppe. La cosa strana è che ora ha degli incubi durante il sonno. La notte scorsa parlava e diceva qualcosa riguardo ad una squadra...

Il calcio, bambina mia! Passa la vita sul divano a guardare partite di calcio e non ti dà mai una mano!

Non aiuta, mamma, ma dice che dobbiamo dividere i lavori di casa fra me e la bimba. Lui dice "ridistribuire". Parla in modo strano.

Sì figlia, se ti sembra tanto stano ... comunque facile dire (cosa devono fare gli altri) dal divano ...

Vabbé vabbé, mamma, se continui così non ti racconto nient'altro. Tu, a Beppe non lo puoi vedere, ti sta proprio sul culo.

Come mi sta sul culo? Sei proprio diventata fine! Te lo ha insegnato lui?

Vabbé, ma', me ne vado che oggi sei proprio insopportabile.

Ciao figlia.

Ciao mamma.

 

IL LAVORO IN SQUADRA

 

1) OBIETTIVI

Obiettivo finale del lavoro in squadra: ottenere maggiori benefici (per l'azienda) per mezzo di:

-Miglior sfruttamento dei materiali

-Riduzione delle macchine che devono essere riparate

Messa in pratica dei tutte la proposte dei lavoratori, individuali o di gruppo, che contribuiscano a guadagnare tempo nella lavorazione, eliminando ciò che la supervisione chiama "tempi morti" o "spesa superflua".

A parte la possibile riduzione di spesa in materiali, l'altro risultato che si ricerca è quello di aumentare la produzione con il medesimo personale o, meglio, di mantenere la produzione attuale riducendo il numero di posti di lavoro. Questo è facilmente comprensibile poiché tutto ciò che contribuisce a far guadagnare tempo non ha in sé nessuna redditività.

Solo l'avrà nel momento in cui questo tempo guadagnato si impieghi in modo produttivo. E diviene effettivamente redditizio quando, a partire da questa riduzione si effettua una redistribuzione di compiti, da cui risulti l'assorbimento di posti di lavoro. La cosa è semplice, sebbene sembri complicata. La produzione dipende dalla vendita e, perciò, non si può prevedere se questa eliminazione di posti di lavoro darà come risultato una diminuzione della pianta organica del personale. La cosa principale è che l'applicazione del lavoro in squadra deve produrre più benefici. Tutto ciò che può succedere ancora (riorganizzazione del lavoro, distribuzione delle responsabilità, ecc.) è accessorio ed è condizionato da questo obbiettivo.

Così, in ogni modo la si guardi ed in ogni modo sia l'evoluzione della vendita e, per tanto, della produzione, questo obiettivo ed i mezzi per soddisfarlo richiedono, come prima cosa, una maggior intensificazione del lavoro di ciascuno.

 

2) LE RELAZIONI UMANE NELLA SQUADRA

Una maggiore intensificazione del rendimento di ognuno può solo essere raggiunta se si consegue che la squadra lavori in modo coordinato e allo stesso tempo in modo competitivo, con una lotta personale di ognuno contro tutti gli altri. I membri della squadra devono agire uniti per alcune cose e disgiunti per altre, secondo quale sia l'interesse dell'azienda.

Per esempio, raggiungere il ritmo di produzione ed il rendimento richiesti e trasformare in minuti liberi (per fumare , etc.) i piccoli ritagli di tempo così guadagnati, non sarà mai ammesso dall'azienda .

 

3) LA FORMAZIONE

Essa non è finalizzata all'apprendimento di una professione, né di nulla che possa servire al lavoratore a guadagnarsi il pane fuori da questa fabbrica. Apparentemente, la formazione è finalizzata a che il lavoratori acquistino più destrezza e abilità per adattarsi sempre di più al ritmo delle macchine. In realtà, trattandosi di lavoratori che già da anni realizzano le stesse operazioni, poco si può apprendere in questo terreno. Perciò, l'obiettivo delle riunioni di "formazione" non è quello di dare qualsiasi "formazione" per il lavoro, ma (come già hanno potuto osservare i lavoratori più svegli), quello di sottomettere ciascun lavoratore e scoprire come si ingegna per facilitarsi il lavoro e concedersi brevi pause. Dopo di che si tratta di cambiare i metodi e di rubare loro queste pause. In molti casi, questo è l'unico mezzo per raggiungere l'intensificazione del rendimento della squadra.

Fondamentalmente, queste riunioni non si differenziano in nulla da quelle dei EPGs(Sono riunioni dove i lavoratori sono chiamati a rispondere sulla produzione sulla vità in azienda, come se fossero a scuola. In queste riunioni si valorizza lo spirito di famiglia e il fatto che sono sulla stessa barca con l’azienda...). Il fatto che il comitato consideri queste riunioni come di "formazione", fino al punto da abbassare il prezzo delle ore dedicate ad esso, ed il fatto che il comitato stimoli i lavoratori ad assistere e partecipare alle riunioni con gli stessi criteri e lo stesso zelo della supervisione, è qualcosa che spiega l'essenza stessa del comitato.

 

4) LE RIUNIONI

Le future riunioni della squadra (da non confondersi con le riunioni per la formazione) sono generalmente per porsi mete di produttività , fra l'altro esagerate, affinché le mete realmente possibili appaiano sempre poca cosa. Queste è l'esperienza appresa da altre aziende dove già si è messo appunto il lavoro di squadra.

 

5) IL COORDINATORE

L'enumerazione delle funzioni del coordinatore, dettagliata nell'Accordo, è interminabile. Come nel caso delle riunioni, già citato, o dell'enumerazione delle funzioni della stessa squadra (presenti anch'esse nell'Accordo), essa è molto esagerata affinché ciò che viene fatto appaia sempre poco. D'altra parte, esaminando approfonditamente le funzioni che vengono assegnate al coordinatore, tutte sono finalizzate a che, con il tempo, egli possa sostituire coloro che attualmente le svolgono (il che potrebbe essere il vero obiettivo che si ricerca).

 

6) IL MEDIATORE

Il comitato (Il Comitato di impresa sono le nostre RSU) non sta agendo in quanto mediatore. Esso si colloca nella tribuna, insieme ai capi, e da lì ci dice che dobbiamo fare quello che dice l'azienda ed aspettare di vedere se va tutto per il meglio. In questo caso specifico si tratta di un delegato del comitato, del CCOO (Sindacato vicino alla sinistra socialista alternativa e ai “comunisti” ufficiali, alla OPEL è il secondo sindacato con 2072 voti ), che si dedica alla messa in atto del lavoro in squadra. Egli assiste quindi alle riunioni di "formazione" come rappresentante del comitato. Lasciamo al lettore il compito di risolvere questo rompicapo. Il progetto del lavoro in squadra è nato qui con una "tara" che lo marcherà per sempre: non è nato da un compromesso tra due progetti, quello dell'impresa e quello del comitato. Se fosse stato così, l'Accordo rifletterebbe le naturali tensioni tra l'azienda ed i lavoratori ed offrirebbe delle garanzie ad ambo le parti. Non è stato ovviamente così: il comitato non ha elaborato il suo proprio progetto, né da solo né consultando i lavoratori. Esso applica ciò che l'impresa ha messo su carta ed il suo ruolo è quello di aiutare quest'ultima a vincere le resistenze che possono opporre i lavoratori. Se qualche delegato del comitato in una riunione di formazione agisce secondo criteri sindacali, prendendo distanza dalle posizioni della supervisione su alcune questioni, questa si rivela essere solo un'attitudine individuale di tale delegato, non un'attitudine che corrisponda a qualche direttiva generale del comitato. Dentro il comitato non sono state stabilite né regole né norme per agire come "un'unica voce" nel processo di messa in atto del Lavoro in Squadra. Non c'è altra norma generale che non sia quella del "proviamo...". E dopo, ognuno vada per la sua strada.

 

7) LA SOLUZIONE DEI CONFLITTI

Si è formata una "Commissione di controllo" che riceve informazioni sulle misure che si adottano nell'applicazione del lavoro in squadra, dopo che la supervisione le ha già adottate. Non interviene per niente nelle valutazioni, né nelle promozioni, né nella nominazione dei coordinatori, a meno che non vi sia stato un reclamo. La sua funzione principale è quella di collaborare con l'impresa nel lavoro di applicazione dell'Accordo.

 

8) CREATIVITÀ

Sempre secondo la linea di voler esagerare compiti e di cercare parole altisonanti e pompose per impressionare il personale, si utilizza la parola "creatività" per designare qualsiasi idea che possa venir in mente a chiunque, quando serva alla supervisione per ridurre costi. In altri casi non sarebbe "creativa".

 

9) RISOLUZIONE DEI PROBLEMI

Il concetto di "Risoluzione dei problemi" fa parte di tutto il parlare che appare in forma ripetitiva e pedante nell'Accordo, nelle riunioni e negli enormi tabelloni che hanno appeso nelle aree interessate.

Che cosa significa "Risoluzione dei problemi"? Questo concetto è citato in molti documenti, ma non è chiarificato in nessuno di essi. Ciò si rivela in sé assai pericoloso poiché lascia carta bianca alla supervisione perché lo applichi quando lo ritenga giusto e come più le convenga. Basta cominciare...Per conto nostro, possiamo indovinare quali siano i problemi giornalieri  a cui può riferirsi. Tenendo conto che agiamo a livello di Produzione, non a quello d'Ingegneria o Disegno, non ci sono problemi che non siano già conosciuti. Ne citiamo alcuni:

problemi che possiamo chiamare "tecnici"

-Materiali che non giungono in perfetta condizione (nel senso di durezza, dimensioni, allineamento, elasticità, ecc.) per cui è necessario inventarsi un'arte o un mezzo per renderli utilizzabili

-Macchina, strumento o dispositivo difettoso ma con il quale si può lavorare mentre si aspetta di sostituirlo o di portarlo a riparare

-Avaria in qualche macchina o dispositivo che ritarda la produzione in modo inevitabile

-Problema nel montaggio, nell'assemblamento, nell'applicazione di qualcosa, che si origini in altri dipartimenti della fabbrica, o a causa della mancanza di coordinamento o a causa della ricerca di una diminuzione di costi senza guardare alle conseguenze. Generalmente questo tipo di problema, abbastanza frequente, non possono essere risolti all'origine, poiché chiamerebbe in causa direttamente gli "Intoccabili". Devono essere invece risolti con l'ingegno dei lavoratori di produzione, che con o senza lavoro in squadra, non possono esigere responsabilità dove invece corrisponderebbero loro

problemi che potremmo chiamare "umani"

-Assenza breve o prolungata di un lavoratore per una qualche ragione, e necessità di sostituirlo

-Conflitti umani naturali dovuti agli stati d'animo che ognuno può attraversare, causati dall'immagine che ognuno si è fatto di tutti gli altri, ecc. Questo produce a volte tensioni, litigi, insofferenza, che a seconda di come siano accesi i conflitti possono risolversi con poco o condurre ad una sanzione.

Nessuno di questi punti è citato nell'accordo, la porta è aperta a qualsiasi cosa e ciò che è peggio, a qualsiasi tipo di arbitrarietà. La supervisione vuole, in ogni modo, che si adotti la soluzione che meno alteri il ritmo di produzione, tanto nella squadra, dove nasce il conflitto, come presso i lavoratori che ne potrebbero essere coinvolti. Fino a dove arriverà la squadra nella risoluzione dei problemi? A seconda del clima dello stato d'animo del personale che si sia creato all'interno della squadra, si può arrivare molto lontano, fino a rinunciare volontariamente alle pause, come caso estremo.

Ciò che avviene all'interno di una squadra influenza indirettamente ciò che potrebbe avvenire nelle altre: conosciamo già la litania per sottomettere il personale di altre squadre "...nell'altro turno, o nelle tal squadra già lo fanno: perché non lo facciamo anche noi?".

 

10) SICUREZZA ED IGIENE

Nell'organizzazione del Lavoro in Squadra, i supervisori, che in molte zone per mantenere una certa rispettabilità sono più tolleranti dei capi della squadra, prendono una certa distanza dai "piccoli" problemi di tutti i giorni, tra cui l'installazione e la sostituzione dell'equipaggio di sicurezza e la vigilanza su tutto ciò che possa significare un pericolo di incidente. Come recita l'Accordo a pagina 8, i supervisori continuano ad essere i responsabili "in materia di sicurezza e salute sul lavoro", mentre la funzione del coordinatore in questo ambito è quella di "portare avanti il controllo delle materie di sicurezza e salute sul lavoro", come consta alla pagina 7. Tutto ciò è vago e confuso e non lascia capire cosa farà un coordinatore quando un lavoratore necessiti di un elemento di sicurezza e il supervisore non sia nei paraggi. Rispetto a ciò bisogna ricordare che tutto il materiale che si riferisce alla sicurezza (guanti, occhiali, tute di protezione, scarpe, ecc.) è considerato come una fonte di spesa del dipartimento. E uno degli argomenti più ripetuti nel Lavoro in Squadra è quello del risparmio, l'eliminazione della spesa superflua. Inoltre, in questa struttura non si ricorda che sia mai stato sanzionato un lavoratore per non aver rispettato le norme di sicurezza, a meno che non arrecasse danno alla produzione. Né tanto meno si ha notizia di una sanzione perpetrata a danno di un supervisore per aver mandato un lavoratore ad effettuare un lavoro senza rispettare le norme. Sicuramente può darsi il caso  che queste cose non siano mai successe...

Sebbene questi siano i precedenti, l'Accordo del Lavoro in Squadra non ha apportato alla questione niente più che un a vaga dualità di funzioni fra coordinatore e supervisore che non fa presagire niente di nuovo né buono.

Una volta di più, come per altre questioni già trattate da questo Accordo, si lascia tutto all'arbitrio della buona volontà degli uni o degli altri, e si spera che il lavoratore che si consideri in pericolo faccia un reclamo in regola per permettere a chi di dovere di "entrare in azione". Prendete note.

 

11) VALUTAZIONI

Il testo dell'Accordo recita così alla pagina 9:

-La valutazione della squadra:

-Supervisore

-Coordinatore della squadra

-La comissione di controllo sara' informata regolarmente del risultato delle valutazioni.

-Vaglio del reclamo del lavoratore .

-Supervisore

-Relazione di lavoro

-Membro del comitato dell'impresa o del sindacato al quale sia affiliato

E' palese che la Commissione di Controllo, anche se volesse, non avrebbe nessun potere su ciò che è importante - come le valutazioni, dalla quale dipendono i passaggi di livello nella categoria.

Non c'è nessun giudice neutrale rispetto a tale questione. Quelli che decidono, il supervisore ed il coordinatore, sono i capi immediati di colui che è valutato, precisamente quelli che hanno classificato i propri "operai" in buoni e cattivi e impartiscono giorno dopo giorno castighi e premi a secondo delle loro preferenze che, in buona parte, sono indipendenti dal rendimento e dal valore di ciascuno. Con l'aggravante che i parametri di valutazione, tali come sono citati alla pag. 9 dell'Accordo, si caratterizzano per la loro vaghezza e si prestano a mille interpretazioni.

Per esempio: come può interpretare ogni coordinatore ed ogni supervisore la "contribuzione agli obiettivi di miglioramento continuo" di un lavoratore?

E' più che probabile che il risultato sia l'ampliarsi del numero dei cattivi e lo stringersi del circolo dei buoni. Pare che il prosciutto e il salamino (da leggersi: i comportamenti compiacenti nei confronti dei supervisori e dei coordinatori) saranno a breve più necessari che mai e adesso in porzione doppia.

 

12) MIGLIORAMENTI CONTINUI

Con questa formula, si pretende di introdurre l'idea di un processo che non ha fine. Questo in sé stesso è un assurdo, perché tanto le forze umane come, per esempio, l'eliminazione dei pezzi delle macchina o la semplificazione delle operazioni, ha un limite. In realtà l'ostentazione e la ripetizione di questa formula non è altro che uno strumento attraverso cui si impone al lavoratore di non pensare ad altro che al lavoro durante il tempo di permanenza nella fabbrica.

Quelli che non conservano la mente fresca e si lasciano ingoiare da questa campagna sono i più esposti a subire incidenti. Li si ha impressionati a tal punto su quello che l'azienda si aspetta da loro che arrivano a credere che "non hanno la stoffa" perché non vengono loro in mente idee o proposte (che formano anche esse parte dei parametri delle valutazioni) e, per questo, si espongono a stati depressivi.

Senza Lavoro in Squadra, l'organico della OPEL rappresenta oggi la principale clientela degli psicologi e psichiatri di Zaragoza. Tutto sta ad indicare che con esso aumenterà il numero dei loro pazienti.    

 

13) SPIRITO DI COLLABORAZIONE

Rispetto allo "Spirito di collaborazione" vale ciò che si è già detto rispetto al "miglioramento continuo".

Nelle condizioni in cui si sta impiantando il lavoro in squadra, quando non c'è una definizione degli obiettivi da parte del comitato che si differenzi in maggior o minor grado dagli obiettivi dell'azienda, la "collaborazione" non ha che una forma, quella che corrisponde all'interpretazione che ne da ogni supervisore e coordinatore. E' sempre la stessa trappola, però moltiplicata per due. E tutti sappiamo quante occasioni vi siano per rimproverare un lavoratore dicendogli che "Non collabora..."

 

14) RESPONSABILITÀ

Alcuni membri del Comitato, gli entusiasti "venditori" del Lavoro in Squadra, affermano, di fronte ai lavoratori scettici e critici, che essi non saranno più dei semplici sottomessi, che obbediscono e lavorano, ma che potranno apportare idee che saranno ascoltate dai loro superiori e messe in pratica, se sono considerate valide. Allora ci si potrebbe chiedere se precisamente non era già questo il Piano di Proposte. Colui che presentava una proposta utilizzabile guadagnava e rimaneva in pace. Che cosa apporta di nuovo il lavoro in squadra in questa questione?

Nessuno ha potuto darci una risposta soddisfacente. Tanto i sindacalisti come le imprese si appellano ad immagini e frasi fatte per rispondere, con le quali non si risponde per niente. Così, nelle riunioni del Kaizen, l'azienda argomentava il fatto che una somma di cervelli pensa più di uno, mentre nelle assemblee per informare sul lavoro in squadra, l'UGT (Sindacto vicino ai socialisti, è il primo sindacato alla OPEL con 2809 votanti ndt) diceva che si invertiva la piramide gerarchica in modo tale che al vertice saliva la massa dei lavoratori mentre in basso si collocava la Direzione; il CCOO diceva che gli operai, siccome avevano sempre lottato contro il taylorismo dovevano abbracciare il Lavoro in Squadra poiché esso lo eliminava. E nell'Accordo, firmato da entrambe le parti, alla pagina 2 sta scritto come segue: " l'obiettivo primigenio del lavoro in squadra è conciliare una maggiore integrazione dell'uomo con il suo lavoro..." e più in basso "... produrre un miglioramento sostanziale nelle motivazioni individuali come conseguenza dell'arricchimento dei compiti".

Parole ed ancora parole che solo sanno confondere. Con o senza Lavoro in Squadra, chi comanda, comanda. Leggendo e rileggendo queste cose, sorge la sensazione che ci si voglia far credere che la cosa più importante, che si può conquistare solo con il Lavoro in Squadra, sia la soddisfazione tratta dal dovere compiuto, dai compiti ben realizzati, dalla sensazione di responsabilità. Ciò che è scioccante  è che tentano di farcelo credere proprio di questi tempi, dopo la caduta dei regimi comunisti e dopo che gli stessi imprenditori hanno divulgato ai quattro venti che quei regimi non potevano funzionare né potranno mai funzionare perché la principale motivazione dell'uomo, di ogni uomo, è quella economica.

 

15) FORMAZIONE

Il responsabile della formazione che agisce nel dipartimento non è un educatore propriamente detto ma un osservatore, che prende nota del modo di lavorare per poi studiarlo e successivamente tentare di ottimizzare i tempi. Il suo lavoro rappresenta una continuazione di quello che succede nelle riunioni di "formazione". La sua stessa formazione assomiglia molto alla programmazione di un robot. Per lui conta solo l'abilità e la destrezza di una persona, la parte meccanica potremmo dire, mentre tratta senza cura la parte umana, quella che produce alti e bassi nel rendimento e che può influire non solo su di una persona ma anche su una squadra di persone che lavorano congiuntamente per un obiettivo (ricordiamo i cedimenti che può avere una squadra di calcio). Non è programmato per vedere queste cose. Per lui, una volta che si è stabilito un ritmo di lavoro, tutti devono tentare di raggiungerlo e una volta raggiunto, continuare a risparmiare tempo, in un processo senza fine.

Secondo il programma che ha in mente, il formatore ripete, senza fermarsi ad analizzare le conseguenze di quello che sta dicendo, che nel futuro avranno impiego solo coloro che siano rimasti convinti del fatto che il lavoro non consiste solamente nell'effettuare determinati compiti, ma anche nel partecipare, coscientemente e con tutte le proprie forze, ad una competizione, ad una corsa contro il tempo. 

Dentro questo schema il lavoratore di oggi non è che un uomo primitivo, che deve essere preparato per la "vita moderna", ovvero per entrare in competizione con altri, sebbene, naturalmente, solo in quegli ambiti e per quei fini che interessano la Direzione dell'azienda. E non vale dire, come invece fanno questi "formatori", che gli obiettivi della Direzione siano quelli di noi tutti. La direzione è quella che comanda, quella che "divide il baccalà" senza darci conto di niente. E' quasi ridicolo doverlo ricordare.

 

16) UNA CONSEGUENZA

L'Accordo del Lavoro in Squadra è stato introdotto come Annesso al Convegno (sindacale) e, per questo, dal punto di vista legale l'Accordo può essere rigettato insieme al convegno. Ma l'Accordo contiene piani ed obiettivi fino al 1996 ed il comitato ha chiarito - contro ogni evidenza -l'estraneità di esso rispetto al Convegno (in modo da impedirne la revisione e sancirlo definitivamente  così com'è stato redatto). In realtà l'uno influisce sull'altro, perché nell'Accordo si regolano questioni che sono regolate anche dal Convegno. La più importante è quella del passaggio di livello nella produzione, questione che l'Accordo rivede completamente rispetto al Convegno. Oltre a stabilire intervalli di tempo e valutazioni che sono necessarie per passare di livello, stabilisce le condizioni per entrare nei programmi di formazione, per poter aspirare al passaggio di livello. Il testo dell'Accordo (pag.10) è molto chiaro a tale proposito:

SI MANTERRANNO I LIVELLI SALARIALI ESISTENTI PER QUEI LAVORATORI CHE RINUNCINO A PARTECIPARE AI PROGRAMMI DI FORMAZIONE, O CHE, PARTECIPANDO, NON LI SUPERINO.

E' ben chiaro che se non entri nel lavoro di squadra non puoi salire oltre un certo livello. Questo rappresenta una profonda modifica di ciò che sta scritto nell'art.45 del Convegno, che tratta proprio dei passaggi di livello. Tutto ciò fa presagire che nel prossimo convegno si discuterà l'abrogazione dell'art.45 o che l'impresa lo modificherà, affinché rimanga a tale proposito solo ciò che recita l'Accordo del Lavoro in Squadra. Questo avrà due conseguenze:

Per bravo che sia un lavoratore (puntuale, rispettoso, attento,...) rimarrà nella categoria in cui è, se rinuncia a partecipare ai progetti di formazione.

L'Accordo contempla la possibilità di essere rigettato dall'azienda o dal comitato entro il 31 ottobre 1994: se il comitato volesse rigettarlo dovrebbe necessariamente rinegoziare la normativa dei futuri passaggi di livello, posto che le valutazioni rimanessero soppresse insieme all'Accordo. Questo nel caso che venisse alterato il capitolo dei passaggi di livello del Convegno. Nel caso contrario - se non si altera - il comitato deve seguitare a esigere  riclassificazioni lì dove siano necessarie con indipendenza dell'applicazione in altre aree del Lavoro in Squadra.

E non è questo quello che sta succedendo. Ci sono vari reclami pendenti ed il comitato afferma che "tutto ciò è paralizzato dal Lavoro in Squadra". E' inammissibile.

 

17) STANDARDIZZAZIONE DELLE OPERAZIONI

Come si apprende dai commenti contenuti nei fascicoli precedenti, la caratteristica principale di questi metodi applicati dagli imprenditori per intensificare il rendimento dei lavoratori è quella di incontrare alcune barriere, alcuni limiti, che risiedono nella stessa natura dell'uomo. Il fatto che non siamo tutti uguali né  nel fisico (energia, forza, lunghezza delle braccia e delle gambe, ecc.) né nella psiche (temperamento, carattere) impedisce che questa standardizzazione raggiunga, nella pratica, i livelli che presuppone la teoria.

Per esempio, se in un posto di lavoro si ottimizza la distanza degli strumenti e degli oggetti da afferrare in funzione della lunghezza delle braccia di un lavoratore, non si potranno porre in questo postazione di lavoro altri lavoratori con un'anatomia molto dissimile. Ci sono due soluzioni: o porre sempre in questa postazione lavoratori che abbiano delle misure molto simili, con l'inconveniente che si limiti la versatilità degli altri, o collocare le cose ad una distanza media, che vada bene per tutti, con l'inconveniente che non si ottimizza al massimo il tempo di questa operazione. Questo si può applicare a posizioni, inclinazioni necessarie, altezza delle macchine o dei tavoli, ecc.

La cosa più grave è che niente di tutto ciò è preso in considerazione nell'Accordo e questo succede perché dal punto di vista del raggiungimento della massima standardizzazione queste differenze naturali, che impediscono un'ottimizzazione totale dei rendimenti, non sono altro che noiosi problemi che non dovrebbero apparire e, quando appaiono, devono essere risolti a parte. Tale problema viene ignorato anche da molti lavoratori che condividono l'Accordo.

Gli obblighi della squadra sono in totale 19, ma solo uno di essi si riferisce a questa questione:

FACILITARE L'INTEGRAZIONE NELLA SQUADRA DEL PERSONALE CON CAPACITA' FISICA MINORE.

Ossia un caso eccezionale. Tutti intenderebbero che ci si sta riferendo ad un handicappato fisico. Tutto ciò che non rappresenti questo caso ma ostacoli la standardizzazione (donne, persone con meno riflessi, ecc.) sarà motivo di conflitti nella squadra e probabilmente di ingiustizie. Chissà se  sia stata la mancanza di una forte presenza di un comitato di azienda responsabile, che abbia influito sull'importanza che l'Accordo da a queste barriere umane. Nell'Accordo c'è una sola mano che dirige ed una sola idea che domina: quelle della Direzione dell'azienda.

E se sono le sole idee dell'impresa che dominano la situazione ciò che si fomenta è la brutalità, il "si salvi chi può".

 

18) ELEZIONE DEL COORDINATORE

Il testo dell'Accordo (pag.5) tratta l'elezione del coordinatore in una maniera tale che essa appaia come democratica, seppure essa non lo sia affatto. Secondo l'accordo, è obbligatorio consultare i lavoratori, ma allo stesso tempo, è la Direzione della compagnia che designa i tre candidati.

L'Accordo non dice niente sul fatto che i candidati scelti dalla Direzione debbano essere fra quelli che hanno ricevuto più voti nella consultazione precedente con i lavoratori. Sono tre designati dalla compagnia e basta. Ma se fosse così non ci sarebbe nessuna ragione dell'esistenza della consultazione precedente. Nel nostro interesse, bisogna partecipare a questa consultazione iniziale e far valere i suoi risultati per la designazione successiva. Naturalmente alla supervisione non basta che il lavoratore conosca tutte le operazioni e abbia certe doti naturali di leader.

Deve avere anche "qualcosa di più", difficile da descrivere (una specie di insieme di fedeltà all'impresa e di distacco dai colleghi) che lo rende meritevole di una certa fiducia da parte della supervisione. In alcune strutture di nuova creazione i lavoratori vengono assunti con la condizione di lavorare in squadra. Se lo vuoi ti adegui se no lo lasci. Ma in strutture come questa in cui già conviviamo da dodici anni e ci conosciamo bene gli uni e gli altri non è facile che le preferenze dei lavoratori coincidano con quelle della supervisione. Il terreno è instabile e tutto può succedere. Anche nel caso in cui venga eletto il preferito della supervisione, può succedere che egli non si comporti come essa vorrebbe (ovvero attuare insieme ed in cooperazione con gli altri colleghi al fine della produzione e disgiunti, ognuno per la sua strada, per quanto riguarda le lamentele o i reclami). Si può affermare che questa è un delle questioni presenti nell'Accordo sulla quale i lavoratori possono incidere con più forza, indipendentemente da quello che vogliono il comitato e la Direzione. Semplicemente: i tre che deve designare la supervisione devono essere quelli che hanno ricevuto la maggior parte dei voti nella consultazione iniziale.

 

19) FORMAZIONE

Entriamo di nuovo nel tema della formazione e delle relazioni fra il "formatore" e "colui che viene formato", sebbene ora lo affrontiamo da un altro punto di vista. Ci sono lavoratori che s'infastidiscono con la presenza di qualcuno che viene a dir loro come devono fare quello che già fanno giornalmente da molti anni. Ci sono di fatto persone che fanno male il loro lavoro giorno dopo giorno, anche se tale viene considerato solo dal punto di vista "dell'economia del movimento" - che è il punto di vista che interessa al "formatore" - non dal punto di vista del lavoratore, per il quale ciò che sta facendo è ben fatto e basta. Ci sono anche altri motivi  per non sopportare la presenza del "formatore": nell'apparato propagandistico del Lavoro in Squadra, si parla di responsabilità, di autonomia della squadra, di arricchimento dei compiti, del procedere creativo ed innovatore,... ma risulta che per poter avere tutto questo, che sembra tanto importante e nuovo, c'è bisogno del vecchio e classico controllore, con il suo cronometro alla mano, che dispone, regola ed aggiusta i tempi ed i movimenti dei lavoratori, per poi scrivere un appunto in un foglio che appenderà di fianco alla postazione di lavoro perché l'interessato non si dimentichi di come deve essere fatto il suo lavoro. Questo enorme contrasto tra l'ampiezza dei propositi che propugna il Lavoro in Squadra e le limitazioni imposte a tali propositi per le dinamiche del MTM (E’ il sitema impiantato dall’azienda per valutare il rendimento medio di un operaio, tramite videocamere dove si fanno rivedere ai lavoratori i loro movimenti scorretti, causa di rallentamenti nella produzione. Si calcola il tempo operaio in MTM, che rappresenta un unità di un centesimo di secondo. NdT), lascia intravedere, ancora una volta, ciò che abbiamo già ripetuto in questo fascicolo: che il Lavoro in Squadra si adorna di parole altisonanti per impressionare le menti semplici e mantenerle soggiogate, facendo credere loro che si farebbe qualsiasi cosa purché lo si chieda. E' come un bombardamento di idee sul lavoratore, una specie di "lavaggio del cervello", che somiglia a ciò che si fa all'interno delle sette religiose.

 

20) LA PIANIFICAZIONE

Hanno collocato un grande pannello in tutte le zone in cui si è intrapreso il lavoro in squadra. Ci sono scritte le argomentazioni a favore del lavoro in squadra, una pagina ciascuno, una montagna di domande, di grafici e di spiegazioni. E' su questo pannello che si manifesta palesemente l'apparato propagandistico che è stato sviluppato attorno al piano del Lavoro in Squadra, in primo luogo, per il fatto di collocarlo in maniera tanto ostentata, invece di tenerlo in un cassetto della scrivania e di riempirlo quando sia necessario, in secondo luogo per il tipo di domande che pone e per il linguaggio che usa.

Un esempio delle domande prese dalla pagina relativa alla "risoluzione dei problemi":

"Vengono comunicati i problemi da un giorno all'altro, da un turno all'altro?"

(segue poi un riquadro, sicuramente per rispondere si o no).

Supponiamo che una squadra si dimentichi di comunicare un problema esistente alla squadra del turno successivo. Quest'ultima se ne accorge e lo risolve: chi riempirà il riquadro rispondendo di no?

E' evidente che la prima squadra non vorrà tirarsi addosso la colpa e la decisione di riempire il riquadro rimarrà nelle mani della seconda squadra. Se risponderà di no, la prima squadra approfitterà della prima occasione che le si presenti per potersi vendicare. Ed a partire da questo momento avremo già installata come norma la delazione e come linea conduttrice il risentimento. Più della metà delle domande sono di questo tipo. Un esempio del linguaggio, preso dalla pagina "mantenimento di base per la produzione":

"Tutte le postazioni di lavoro sono in buone condizioni operative?"

(segue poi il solito riquadro).

Come questa, la maggior parte delle domande sono piene di ornamenti e di perifrasi: una postazione può essere pulita o sporca, vuota, semivuota o piena, ma non operativa. Un umorista si divertirebbe molto con questa pagina.

La maggior parte dei lavoratori non guarda questa pagina, sebbene gliela ficchino proprio sotto gli occhi. Non si preoccupano di quello che c'è scritto o di come è scritto. Quello che invece commentano è quanto deve essere costato tutto questo progetto, in materiale ed in ore di lavoro e, naturalmente, il fatto che chi lo ha messo in piedi, si aspetta di renderlo redditizio, ponendo già l'ipoteca di dover pagare tutto questo lavoro di preparazione (oltre al beneficio che si aspettano) attraverso l'intensificazione dei rendimenti.

 

21) LA DISTRIBUZIONE DEI COMPITI

La cosa importante di questo articolo dell'Accordo non è la promessa di assegnare ai lavoratori che escano dal lavoro in squadra altre mansioni simili o superiori, ma il fatto che ci si aspetta - dalla redistribuzione di compiti - UN CAMBIAMENTO DEFINITIVO NEL NUMERO DEI MEMBRI, in modo tale che non sia contemplato che se qualcuno esce dalla squadra venga necessariamente sostituito. Quindi il cambiamento del numero dei membri non è altro che una diminuzione. Questa è l'intenzione dell'articolo, che per il resto concorda pienamente con tutti gli altri aspetti del Lavoro in Squadra che abbiamo analizzato nei fascicoli anteriori.

Se questa è l'intenzione per un gruppo, lo sarà per tutti. Che fare con quelli che ne escono? Quali sono questi compiti di contenuto simile o superiore? Temiamo che per questo motivo nasceranno molti nomadi, come quelli che oggi sono i declassati, che saranno spostati qua e là, senza che si trovi per loro un posto di lavoro. Le promesse si scontrano, nella vita reale, con le possibilità.

 

22) LA VOLONTARIETA'

La volontarietà appare solo in un articolo dell'Accordo, redatto nei seguenti termini:

LA FORMAZIONE E LA PROMOZIONE PROFESSIONALE NEL LAVORO COSTITUISCONO UN DIRITTO DEL LAVORATORE CONSIDERANDO LA PARTECIPAZIONE NEL NUOVO SISTEMA DI ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO DI CARATTERE VOLONTARIO. IL LAVORATORE CHE NON ACCETTI LA FORMAZIONE E/O L'ADDESTRAMENTO CHE GLI SIA OFFERTO DAL SISTEMA DEL LAVORO IN SQUADRA, MANTERRA' IL SUO LIVELLO SALARIALE REALIZZANDO LE MANSI0NI CHE, IN GRUPPO  O INDIVIDUALMENTE, GLI SIANO ASSEGNATE.

E' curioso che un diritto, che per definizione è qualcosa che qualcuno rivendica, appaia qui chiaramente come un'obbligazione (che penalizza chi non le applica) che è esattamente il contrario di un diritto.

Se l'impresa ammettesse seriamente il principio di volontarietà, questo tema dovrebbe essere sviluppato in altre parti dell'Accordo, per regolare la situazione futura di coloro che non partecipassero ai corsi di formazione. Dato di fatto, in tutto il resto dell'Accordo (che inoltre è redatto, in tutti i suoi punti, secondo la prospettiva che tutti vi partecipino)  non cita per niente la volontarietà se non per ricordare nuovamente la penalizzazione relativa al non essere "volontario", se per caso non era già abbastanza chiaro nell'articolo citato.

Dice un articolo della pagina 10:

SI MANTERRANNO ALLO STESSO MODO I LIVELLI SALARIALI ESISTENTI IN QUEI CASI IN CUI IL LAVORATORE RINUNCI A PARTECIPARE AI PROGRAMMI DI FORMAZIONE, O NEI CASI IN CUI VI PARTECIPI E NON LI SUPERI.

In pratica, quello che si sta producendo nelle squadre pilota è una selezione dei partecipanti da parte della supervisione. Sta succedendo di tutto: dall'escludere dalla squadra quelli che non piacciono alla supervisione, per il semplice motivo di non consultare tutti i membri della sezione coinvolta, fino a pressioni e minacce per obbligare chi indugia a partecipare (ci sono stati supervisori che hanno minacciato i lavoratori, a partire dai più giovani, di escluderli dalla lista della squadra pilota se non fossero stati abbastanza volenterosi; o ancor più curioso, ci sono stati membri del comitato, fra coloro che si dichiarano nemici degli straordinari, che hanno utilizzato tutta una serie di argomenti fallaci per obbligare i lavoratori ad assistere alle riunioni chiamate "di formazione", con ore pagate 1400 pesetas).

Non si rispetta quindi né  il diritto a partecipare  né il diritto a non partecipare. Capita di domandarsi se non stia iniziando una depurazione in piena regola già in questa fase "pilota"

 

23) LA COMPETITIVITÀ

La competitività rappresenta il motivo ricorrente, la parola di moda, che ricorre tutti i giorni alla radio, nella stampa e nella televisione in bocca a ministri, economisti, imprenditori e sindacalisti, oggetto di conferenze, dibattiti e seminari, in tutto il mondo e a tutti i livelli. L'Europa deve essere competitiva di fronte alla minaccia dell'Asia e degli Stati Uniti; l'Europa dell'ovest deve essere competitiva di fronte alla minaccia dell'Europa dell'est; l'economia spagnola (in tutti i suoi rami) deve essere competitiva di fronte alla minaccia di tutti gli altri paesi. La OPEL deve essere competitiva di fronte alla minaccia della FORD, della VW e di tutte le altre. Lo stabilimemto di Figuerelas deve essere competitivo di fronte alla minaccia degli altri stabilimenti della OPEL nel costruire la TIGRA ed, inoltre, con il Lavoro in Squadra, a livello individuale, tu devi essere competitivo di fronte alla minaccia dei tuoi colleghi di farti uscire dal gruppo. Quindi, tutti contro tutti. Fino a qui, tutto ciò appare già faticoso e schifoso come una ubriacatura e come una indigestione di tutto quello che sta succedendo realmente nell'economia a tutti i livelli. I propagandisti della competitività sono troppo abituati ad avere l'ultima parola, a zittire tutte le proteste con la parola magica e la minaccia che ti soffoca:  "quando non è il tuo paese o la "tua" impresa che può andare in rovina è il TUO posto di lavoro che è in pericolo".

Fino ad ora, la parola "competitività" sta riuscendo ad impaurire e, di conseguenza, a paralizzare quelli che già si stanno infastidendo dell'uso e dell'abuso dei paroloni, anche non riescono ancora a inquadrarla criticamente e a scoprire quello che nasconde.

Ma il tempo corre inesorabile, corrode e scompone tutto. La competitività è già da qualche anno, la guida tanto delle politiche economiche come delle misure impresariali dentro le fabbriche e gli uffici. Stanno già cominciando a vedersi risultati, ovvero si sta già vedendo quello che fanno gli impresari con i  benefici che provengono dall'era della competitività:

Investire nelle tecnologie per produrre di più con meno personale. La conseguenza è la crescita della disoccupazione, meno potere di acquisto e quindi meno capacità di espansione della produzione.

Successivamente all'aumento dei capitali, l'aumento del proprio consumo da parte degli imprenditori. Nel bel mezzo della "crisi" aumenta inesorabilmente la produzione degli articoli di lusso: macchine di lusso, yacths, chalets, vestiti e mobili di designer, ecc.

Con l'accumularsi di capitali da parte degli imprenditori, si produce una circolazione vastissima di grandi capitali per le speculazioni a livello mondiale.

Arrivato ad un certo momento, questi paroloni non impauriranno più nessuno. Per citare un caso, ricorderemo che per lo sciopero del 27 scorso si sono contati a migliaia i lavoratori che vi parteciparono. Non serve a niente a dire "arriva la paura", quando è già nelle nostre case e conviviamo con lei.

 

24) RENDIMENTI

Come tutti sappiamo, nel convegno si considera il 109 MTM come il massimo di attività di ogni posto di lavoro. Così dunque, il calcolo della saturazione di ogni posto viene realizzato dagli Ingegneri che distribuiscono le operazioni di ogni sezione - prese come unità - fra tutti i lavoratori della sezione - presi come unità. A causa di ciò, a partire da una certa distribuzione delle operazioni, non è possibile continuare a ridistribuire ed il risultato finale  è l'esistenza dei posti di lavoro con differenti gradi di attività. Prendiamo ad esempio un lavoratore che non raggiunge il 70 MTM ed un lavoratore che raggiunga più del 105 MTM: sommando le percentuali di ognuno e dividendo la somma per il numero dei lavoratori della sezione, avremmo l'attività media della sezione che naturalmente sarà meno di 109 MTM. Con l'applicazione del lavoro in squadra, se i lavoratori si distribuiscono le mansioni, gli ingegneri non fanno più i calcoli con unità né di operazione, né di lavoratore, ma con frazioni, il che permetterebbe di aumentare questa attività media. In realtà non è possibile aumentarla perché ad ogni posto di lavoro corrisponde una quantità fissa di operazioni.

Questo è il quid della questione. E' dalla fredda matematica - e non da un qualsiasi interesse per la "formazione" o "realizzazione" del lavoratore - che sorge l'idea del Lavoro in Squadra come unico mezzo per aumentare l'attività media di ogni sezione quando non sia più possibile attraverso il lavoro individuale.

Far passare questo progetto dalla teoria alla pratica presenta grande difficoltà. Distribuire le operazioni, data la diversità dei caratteri e delle anatomie fra i lavoratori (contando poi il fatto che vi siano relazioni personali stabilite fra essi ormai da anni), non può essere attuato automaticamente come per le operazioni individualizzate.

Tre conseguenze derivano da tutto ciò:

Risulta impossibile sapere, sebbene affermino il contrario la supervisione e gli ingegneri, quale sia l'attività massima di ogni lavoratore. Può essere di 95 MTM o di 140 MTM.

La quantità di lavoratori necessari in una sezione è inversamente proporzionale all'attività media se non varia la quantità di operazioni. Qualcuno finisce per essere in più.

Siccome si deve lavorare con un altro spirito, di collaborazione, di intendimento, di integrazione, ecc., e la chiave del passaggio di livello è in mano al supervisore o al coordinatore, bisogna vedere chi sarà il figo che va a protestare perché egli supera il 109.

 

CHE FARE?

Né ciò che è scritto nell'Accordo, né quello che sta succedendo nelle squadre pilota, permette di dire, e non è uno scherzo, che il lavoro in squadra può arrivare a rappresentare un miglioramento delle condizioni di lavoro per i lavoratori. E' possibile questo? C'è qualche possibilità che si possa usarlo a nostro beneficio?

Prima di ricercare una risposta a questa domanda bisogna combattere alcune idee che i membri del comitato stanno diffondendo, non per dirci che l'Accordo è vantaggioso per il lavoratore - non ci provano a neanche a dirlo - ma affinché noi ci rassegniamo ad accettarlo per altre ragioni che sono: 

L'impresa introdurrebbe il lavoro in squadra in ogni modo, con o senza approvazione del comitato. E quindi, come dicono, potrebbe succedere in peggiori condizioni.

Questa affermazione è più che discutibile. Trattandosi in principio, come abbiamo visto dai fascicoli, dell'introduzione nella testa dei lavoratori di un insieme di idee sull'attitudine al lavoro, per l'impresa sarebbe molto difficile metterlo in pratica nel caso in cui il comitato lo rifiuti, perché le sue argomentazioni sarebbero ribattute da quelle del comitato ed il lavoratore ascolterebbe l'una e l'altra parte e sarebbe in condizioni, quindi, di giudicare e scegliere. In una lotta aperta di idee l'azienda ha molti più punti deboli, di fronte ai lavoratori, di un sindacalista serio, documentato e responsabile.  Bisogna ricordarsi  che questo lavoro ideologico non ha altra finalità che quella di conseguire l'intensificazione del rendimento dei lavoratori, essendo tutto il resto accessorio e circostanziale. Per questo stesso motivo, il lavoro ideologico deve mascherarsi nell'Accordo dietro a parole e frasi gonfiate e altisonanti come integrazione, potenziamento delle capacità, arricchimento delle mansioni, creatività, miglioramento sostanziale della motivazione, ecc., che sono utilizzate per imboccare il lavoratore ed ottenere la sua collaborazione in forma gratuita. Questo è insostenibile senza la collaborazione del comitato dell'azienda. 

Vedendolo da un'altra angolazione, la giustificazione secondo cui l'impresa istituirebbe il Lavoro in Squadra in ogni modo si può sostenere come punto di partenza per negoziare l'Accordo, ma non come giustificazione dopo averlo firmato. Supponiamo che fin dal principio il comitato, studiando i problemi dell'azienda, si renda conto della necessità che essa ha del suo appoggio: il comitato dovrebbe, quindi, elaborare un proprio progetto, con contenuti sindacali, per avere una base di negoziazione. Questo permetterebbe che il risultato della negoziazione, riportato in un futuro accordo, rifletta quanto meno un compromesso fra i differenti obiettivi dell'impresa e i sindacalisti. Supponiamo, anche, che l'Accordo divulghi entrambe le posizioni stimolando i lavoratori a conoscerle ed a opinare attraverso le inchieste, le assemblee o altro. Solo dopo questo processo si dovrebbe firmare l'Accordo.

Allora e solo allora il comitato potrebbe affermare che con la sua partecipazione si è ottenuto qualcosa di meglio di ciò che avrebbe imposto l'impresa.

Ma non è stato così, ed è una scherzo enorme utilizzare questo argomento per giustificare un accordo che non riflette in nessun modo un compromesso fra le parti e non raccoglie la minima rivendicazione sindacale. E non si esagera dicendo questo, basta leggere l'Accordo.

Ci sono solo tre punti nell'Accordo che il comitato agita come bandiera: il compromesso secondo cui l'impresa non licenzia nessuno con l'introduzione del Lavoro in Squadra, la volontarietà e la partecipazione del comitato nella formazione e le commissioni di controllo. Il compromesso vale quanto la carta su cui è scritto: tutti conosciamo le possibilità che ha l'impresa di ridurre l'organico senza la necessità di rendere pubblico che  ciò avvenga a causa del Lavoro in Squadra. Sarebbe bello il contrario! Tale compromesso potrebbe essere stato assunto dall'azienda anche senza l'appoggio del comitato.

Per quanto riguarda la partecipazione del comitato alla formazione ed al resto, abbiamo già visto nei fascicoli precedenti quale sia il suo ruolo. Ed è lo stesso per quanto riguarda la commissione di controllo. L'unico apporto sindacale all'Accordo che si conosca con certezza, perché lo hanno riconosciuto i membri del comitato, è l'abbassamento del costo delle ore straordinarie che si fanno per la cosiddetta "formazione", con l'incredibile giustificazione del "premio".

Un altro argomento che usano nelle conversazioni più private per giustificare la loro accettazione del Lavoro in Squadra è quella di una supposta divisione in seno alla Direzione dell'impresa. Parte della Direzione sarebbe favorevole all'introduzione del Lavoro in Squadra e parte no. Secondo questa argomentazione, quelli che sono contrari sarebbero i "duri", quelli che credono che l'operaio debba essere disciplinato e basta. Quelli che sono a favore, i "progressisti", sostengono (sempre secondo questa teoria) che si può dare al lavoratore un margine di fiducia e non è necessario stare sopra di loro col bastone. Di conseguenza, il comitato deve prendere posizione a favore dei "progressisti", perché sarà sempre meglio che contrapporsi  da soli ai "duri".

Quello di cui non si accorgono i membri del comitato che sostengono questa teoria, è che in tal maniera non fanno che confessare la loro propria impotenza nel frenare l'arbitrarietà di qualsiasi "duro"; stanno confessando semplicemente che non contano nulla nella fabbrica e che sono alla mercé dell'umore cangiante della Direzione.

Infine, c'è un altro argomento (sebbene non meriterebbe di essere ricordato qui, se non fosse per l'uso e l'abuso che hanno fatto di esso nelle conversazioni, nelle assemblee e nei loro comunicati) che è quello di accusare i lavoratori di aver aperto il cammino al lavoro in squadra per aver assistito per molti anni ai Circoli di Qualità, al Zero Difetti, EPGs e Keizen, contro gli avvertimenti dei sindacati. E citano di volta in volta l'elevata percentuale di lavoratori che hanno partecipato a queste riunioni.

Prima di questo bisogna domandare al comitato perché non abbia iniziato dibattiti aperti con l'azienda, informando i lavoratori dei provvedimenti che prendeva e perché non abbia realizzato, alla fine, un referendum affinché lo stesso organico decidesse. Solamente se avesse agito in questa maniera avrebbe potuto, oggi, scaricare tutta la responsabilità sull'organico. Per non averlo fatto e per giustificare la sua accettazione dell'Accordo con tali accuse, sembra che firmando l'accordo il comitato si stesse vendicando dei lavoratori per non avere fatto loro caso.

Questa povertà di argomenti e la diversità di posizioni che il comitato sta prendendo nelle riunioni di formazione permettono di intravedere che non si hanno idee chiare all'interno del comitato stesso. In generale sembra che si sia rassegnato a firmare, o cedendo alle pressioni della Direzione o per un'altra ragione, e non lo si vede convinto che quello che ha fatto e che sta facendo per i lavoratori sia positivo. Appena tre o quattro membri dei 37 del comitato sono realmente convinti di voler collaborare con l'impresa seguendo i suoi piani, che è l'unica cosa che è permessa loro dall'Accordo.

Per cominciare, non bisogna ingannarsi o farsi illusioni sulle possibilità di cambiamento o di miglioramento delle posizioni di questo comitato. Tutti ne sono consapevoli. Non ci si può aspettare nulla da loro quando comincino le arbitrarietà e le pressioni da parte della supervisione.

L'Accordo è fatto per nominare "lavoratori modello" coloro che si sciolgono quando il capo sorride e da loro una pacca sulla spalla. E questi, tradizionalmente nemici di tutti i sindacati, sono oggi precisamente quelli che si avvicinano al comitato, fino ad affiliarsi al sindacato. E sono quelli che il comitato si prepara a proteggere.

E quando si obblighi un operaio a lavorare per due perché qualcuno è malato e non c'è nessuno per sostituirlo, o a rinunciare alla pausa perché "la produzione è in ritardo" o perché è sorto qualche problema, tutto sotto minaccia di non superare la "valutazione dell'impegno" (nella quale il comitato non ha né arte né parte), al comitato rimane solo la lamentela. Si darà la colpa ai lavoratori, perché non sono "solidali" o all'impresa perché "applica alla lettera l'Accordo, ma non lo spirito".  Di lamentele di questo tipo ce ne sono già state abbastanza.

Abbiamo fatto questo lungo preambolo per tastare il terreno e sapere dove poggiamo i piedi. I problemi che stanno sorgendo nell'applicazione del Lavoro in Squadra devono essere risolti da noi stessi: questa è la prima cosa che dobbiamo comprendere. Contiamo sulle nostre forze, che non sono poche se sappiamo usarle. L'azienda persegue degli obiettivi e può raggiungerli o meno, accontentarsi con meno o dare forfait. Non c'è nulla di irrimediabile né di inevitabile in tutto questo.

Per iniziare, l'impresa necessita di "Supermans" (a giudicare dalle parole dell'Accordo) che agiscano da capi della Squadra: sorgeranno naturalmente dei problemi qualora i lavoratori  non dovessero scegliere quelli prescelti dalla supervisione. Il "profilo umano" di quelli preferiti dalla supervisione, non corrisponde nella maggior parte dei casi a quello preferito dai lavoratori. Ciò si è palesato fin dalle prime nomine. Quello che necessita l'impresa (e questo non sta scritto da nessuna parte nell'Accordo, ma si deduce in maniera logica) è un clima di lavoro in cui i lavoratori esercitino pressioni reciproche per dare un maggior rendimento: il coordinatore ed il capo della squadra sono figure-chiave per ottenere tale clima. Ma il tipo di persona che l'azienda necessita per questa funzione, popolare tra i colleghi ed al tempo stesso sfruttatore, è un modello-robot che non si incontra facilmente nella vita reale. Seppure venga eletto il soggetto che la supervisione desidera, non è detto che questo, alla fine non sappia conquistarsi l'antipatia di tutto il personale. Il potere, per piccolo che sia, cambia gli uomini. L'elezione è come una lotteria: è senza dubbio, tuttavia, il fatto che avrà più possibilità di essere eletto il lavoratore più popolare tra i colleghi.

Il Lavoro in Squadra ha creato un clima di aspettativa, e non solo nelle sezioni in cui è già stato messo in pratica, ma anche in quei settori dove sarà applicato in futuro. Nelle riunioni di "formazione" è già visibile quale sia l'obiettivo della supervisione, come abbiamo già sottolineato nei fascicoli precedenti: dietro a tutto il gran parlare dell'Accordo si sta delineando  il suo "lato oscuro". I colleghi più lucidi e sani di mente di ogni sezione hanno un compito principale da svolgere. Speriamo con questi fascicoli di ampliare il campo di vedute della situazione.

Non è giusto impartire accorgimenti generali perché ogni dipartimento ha un suo proprio clima di lavoro. Bisogna dare spazio all'immaginazione ed alla spigliatezza, nel senso buono di queste parole e bisogna preparare il terreno per non essere colti di sorpresa. Con questi fascicoli non facciamo altro che  supplire al comitato dell'azienda, che era quello che avrebbe dovuto svolgere questo lavoro di informazione e dare questa chiamata d'allerta. Malauguratamente sembra che abbia perso non solo il nord ma l'intera bussola.

 

MARZO 1994