Cronache
dalla Sicor-Bologna 2002
Queste
note sono state scritte da un gruppo di operai della Sicor di Bologna. La Sicor
è una della fabbriche nate dallo smembramento della Sabiem, la storica fabbrica
di ascensori di Bologna. Ora dentro l’Ex Sabiem vi sono gli stessi reparti
(fonderia, motori, cabine), ma facenti capo a ditte diverse. I padroni
ovviamente di queste divisioni hanno giovato, gli operai divisi sono il migliore
contesto per un padrone per impostare la produzione, divisione che si attua
anche dentro la fabbrica tra i livelli, tra le diverse tipologie contrattuali
ecc...
La
Sicor è una fabbrica che lavora su tre turni (mattino, pomeriggio e notte) con
un turno anche per i normalisti (uffici e qualche operaio).
Non
pensiamo con queste note di spiegare tutto, ma di stimolare un confronto tra
operai, per dare vita a momenti di iniziativa politica e organizzativa tra
operai.
E’
da circa 2 anni che ci stiamo rendendo conto del “traffico” di precari che
c’è in azienda. Stranamente infatti, solo tre, dei 24/25 che secondo i nostri
dati sono entrati e usciti dal reparto, sono stati assunti come fissi: per uno
di questi operai abbiamo dovuto fare uno sciopero di alcune ore. Il padrone di
Rovereto, dove ha sede centrale la Sicor Italia, insieme ai padroni bolognesi
non avevano intenzione di assumere o di rinnovare il contratto agli operai
precari, mentre avanzavano pretese del tipo: “aumenti di ordinazioni per
vendite” e richieste sempre più frequenti di straordinari al sabato...ecc.
Si
parla infatti di contratti di uno o due mesi, dopo di che ai più fortunati
viene rinnovato il contratto oppure licenziati, spesso anche all’ultimo
momento.
In
altri casi si è sbattuti a casa con la ormai classica scusa: “per il momento
non abbiamo più bisogno e se dovessimo averne contatteremo l’agenzia di
lavoro interinale e chiederemo di lei, grazie e arrivederci”.
Ricordiamo
anche un brutto episodio capitato l’anno scorso ai danni di un precario che a
fine turno di lavoro, mentre si recava in mensa per mangiare, ha avuto la
sfrontatezza di attraversare con la bici (adiacente alla mensa ex Sabiem) dove
per sua sfortuna ha incontrato un dirigente della “Aire Lift” (ditta
dell’ex Sabiem) che con molta arroganza e superiorità, ha rimproverato il
ragazzo, dicendogli quando assolutamente vietato fosse introdurre mezzi, che
nella fattispecie era una bicicletta, immaginate i danni che può causare.
Il
precario ha colpa di non aver abbassato la testa davanti al dirigente e di aver
proseguito sino a raggiungere la mensa.
Il
giorno dopo al suo rientro in ditta è stato congedato dal capo reparto
produzione, tre giorni dalla scadenza del contratto, con la banale scusa che i
carichi di produzione erano diminuiti.
In
seguito poi siamo venuti a conoscenza di come sono avvenuti realmente i fatti e
cioè che il dirigente dell’ “Aire Lift” (cioè i clienti della Sicor) ha
fatto parecchie pressioni ai dirigenti della Sicor affinchè quel ragazzo tanto
sfrontato, per non aver abbassato la testa davanti ad un dirigente, non venisse
assolutamente riassunto.
Naturalmente
i carichi di produzione non erano affatto diminuiti e lo dimostra il fatto che
il ragazzo è stato immediatamente sostituito con un altro precario.
Questo
ci fa chiaramente capire che i nostri dirigenti sono per primi dei servi, e che
fra di loro vi è intesa, indipendentemente che lavorino per ditte diverse.
Non
mancano poi le varie pressioni fatte ai danni dei precari, con ricatti e
violenze psicologiche del tipo “se vuoi che ti rinnoviamo il contratto devi
aumentare la produzione perchè dall’alto si lamentano sul tuo scarso
rendimento”, oppure “se vieni a lavorare anche il sabato, i dirigenti ti
danno la possibilità di un rinnovo o addirittura di un’assunzione fissa”.
Giocando
così soprattutto sul fatto dell’impossibilità (secondo loro) di rifiutare.
Ma
non sanno invece che finché ci saranno precari/e sul lavoro le lotte non si
fermeranno!
Da
sempre la tutela della sicurezza e salute dei lavoratori nella nostra azienda
non è stata presa in considerazione seriamente.
Da
anni si aggiungono nuovi macchinari, ma scarsamente si pensa alla salute dei
lavoratori, tutto si sacrifica sull’altare della produzione. Gli operai
pensano che la produzione della fabbrica sia importante, ma non si accorgono di
come l’economia dei padroni se ne frega della condizione degli operai. Si
produce ora a Bologna, ma si potrebbe spostare tutto da un’altra parte, in
base a speculazioni finanziarie o per esigenze produttive, oppure per
distruggere una collettività operaia agguerrita. E’ importante avere presente
che i nostri interessi sono contrapposti a quelli dei padroni. Loro vogliono
farci lavorare molto, produrre tanto e limare il più possibile il salario, ogni
operaio a meno che sia un deficiente invece vuole un maggiore salario e un
minore carico di lavoro (ritmi più lenti, meno ore di lavoro, ecc...). Lo
stesso discorso si può fare sulle macchine introdotte. Non introducono una
nuova linea di produzione per diminuire la fatica al lavoratore, ma per produrre
di più. Ci chiederanno più pezzi, che equivale a dire più movimenti e quindi
più fatica. Ci studiano, ci misurano i tempi per valutare le postazioni, magari
in modo “democratico” e quindi non esplicito, ma la sostanza rimane la
stessa.
Noi
produciamo dei montacarichi per ascensori, lavoriamo dei pezzi di ghisa alle
macchine utensili, produciamo delle viti di ferro comprese di corone dentate
composte da ghisa e ottone, tutte prodotte con macchine utensili.
E’
normale che se pensiamo a dei macchinari che lavorano certe materie, siano
muniti di aspiratori di fumi, invece da noi lo è solo per metà delle macchine,
senza contare i 2 forni. Infatti dopo 20 ore di utilizzo al giorno dei
macchinari, rimane una foschia di fumi che non vengono aspirati dagli
aspiratori.
Un
altro macchinario è una “lavatrice” per la ghisa munita pochi giorni fa di
un aspiratore, montato dopo le lamentele degli operai. Però dopo una settimana
abbiamo notato che l’aspiratore non è in grado di aspirare il vapore prodotto
dall’acqua calda e il detergente usato.
Questo
fumo con vapore che fuoriesce dalla lavatrice può far male agli occhi e alle
vie respiratorie se non c’è un ricambio di aria, però i dirigenti (compresi
certi operai crumiri) se ne fottono., dicendo che sono a norma e che i fumi
all’interno del reparto non sono dannosi, citando i certificati dell’analisi
dell’USL, fatte due anni fa.
Hanno
chiuso le porte degli spogliatoi perchè gli operai non entrassero durante il
lavoro, hanno messo dei condizionatori dentro gli uffici, hanno acquistato tante
altre cazzate (come non dimenticarsi l’alberello di natale) però noi siamo
sempre allo stesso punto.
Il
sindacato interno è legato alla FIOM, e subisce la passività di tanti operai,
o non aiuta quelli combattivi.
Non
riesce ad essere strumento di organizzazione operaia, vive passivamente le
scadenze nazionali e regionali, non provando a promuovere discussioni e momenti
di informazione in fabbrica. Siamo figli di una esternalizzazione, venivamo da
una fabbrica che è stata spezzettata, lavoriamo in capannoni vicini ai nostri
ex compagni di lavoro, ma non si è pensato ancora di organizzare momenti di
collegamento tra i pezzi dell’ex Sabiem e promuovere forme di collegamento
territoriale (in quartiere esistono altre fabbriche importanti, come la Magneti
Marelli). Si respira insomma un’aria di cieco aziendalismo (arrivando
all’assurdo di non interessarsi della condizione dei nostri compagni di lavoro
di Rovereto nello stabilimento della Sicor). Si invoca sempre il distaccato
sindacale, quasi fosse un santone che può risolvere le questioni, non
accorgendosi, che l’iniziativa politica la devono prendere gli operai in prima
persona, se il distaccato sindacale rappresenterà un freno, possiamo fare a
meno anche di lui, gli scioperi da che mondo è mondo li hanno organizzati gli
operai sia sotto la dittatura sia sotto la democrazia. Non importa quanti siamo
a partire pochi o tanti, ma già il solo pensare che i problemi in fabbrica non
sono questioni private tra noi e il padrone, ma toccano aspetti sociali più
ampi sarebbe già un primo passo. La lotta non è necessaria perché ci sono
alcuni operai incazzati più degli altri, ma perché il padronato ci impone
questo livello di scontro e di mobilitazione.
Gli
operai sono spaventati per le conseguenze dell’abrogazione dell’articolo 18,
e quindi decisi a lottare contro la
sua abrogazione. Tuttavia non c’è ancora stata, da parte operaia, una seria
comprensione del precariato e del ricatto padronale che viene imposto ai
lavoratori. Speriamo di non dover essere costretti ad accorgercene quando saremo
tutti precari.
Rompiamo
quindi il “legame” che c’è tra noi e i padroni, vi ricordate come si è
boicottato la cena padronale, iniziamo a pensare con la nostra testa e non con
quella del padrone, agiamo autonomamente per i nostri interessi!
Un gruppo di operai della Sicor-Bologna-2002