Contratto alimentare a perdere...

Si sono svolte all’interno degli stabilimenti dell’industria alimentare e delle cooperative le assemblee sul rinnovo del contratto degli alimentari. La Bozza approvata dai direttivi unitari di FAT, FLAI e UILA riuniti a Roma il 25 Febbraio 1999 è passata a livello nazionale tuttavia a incontrato alcune difficoltà. A Bologna, ricco distretto produttivo per quanto riguarda l’alimentare, per esempio i lavoratori delle aziende più grandi: Granarolo-Felsinea, Alcisa, Corticella mulini e pastifici hanno bocciato interamente l’ipotesi contrattuale. Il rinnovo contrattuale a avuto un iter meno lineare di quello prospettato dalle federazioni alimentari della triplice.

Le linee guida della piattaforma seguono sostanzialmente quelle delle altre piattaforme di questa tornata contrattuale, con alcune specificità legate alle caratteristiche del settore alimentare ed alcuni punti peggiorativi rispetto alle ‘richieste’ delle altre federazioni sindacali.

Sorvolando sulla retorica corporativo-cogestionale delle premesse e della sezione ‘relazioni industriali’...Le magnifiche sorti e progressive dello sviluppo e dell’occupazione, andiamo ai punti più succulenti:

Terziarizzazioni

Il commento più sintetico e sensato che si può fare, annaspando nella melma delle buone intenzioni sindacali può essere assunto dal buon senso rurale, giusto per rimanere in tema: è inutile chiudere la stalla, dopo che i buoi sono scappati, con tutto il dovuto rispetto per i lavoratori ‘esternalizzati’ e con tutto il dovuto disprezzo nei confronti delle condizioni di lavoro che si vivono. I grandi processi di esternalizzazione nell’alimentare, si pensi solo alla logistica e alla piccola e grande distribuzione su ruota, sono già avvenuti senza venire sostanzialmente intaccati, anzi nemmeno ‘sfiorati di striscio’, dal filtro sindacale e senza che per tutta una serie di questioni che vanno dalle condizioni di lavoro tout court(ritmi, orari, straordinari, ambiente di lavoro) alle condizioni contrattuali e da ciò che ne deriva(soci-lavoratori di cooperative, finti lavoratori autonomi, dipendenti di altre ditte specializzate nel settore esternalizzato) fosse stata espressa la ben che minima preoccupazione. Solitamente sia i lavoratori della mensa, che coloro che si occupano delle pulizie, come della portineria sono lavoratori formalmente ‘esterni’, inoltre spesso vi è un ricambio notevole delle persone che svolgono le mansioni per così dire ‘più rudimentali’ provenienti o da cooperative di servizio o da agenzie di lavoro interinale(che possono arrivare fino al 10% e oltre della forza lavoro complessiva dell’azienda). In alcuni casi il lassismo e l’assenteismo degli stessi RSU rispetto al destino di questi lavoratori è totale, poco importa se si spende qualche parola, promettendo <<una maggiore vigilanza ed una effettiva godibilità dei diritti di rappresentanza, partecipazione, bla-bla-bla, bla-bla-bla...>>

Precarietà e precarizzazione

Mentre si avvallano tutta una serie di tipologie contrattuali che precarizzano di fatto la forza-lavoro: contratti a tempo determinato che possono essere rinnovati alle stesse persone che poi vengono fatte ‘riposare’ un mese per poi essere riassunte nuovamente con un contratto a tempo determinato, e se in età, con un contratto di formazione lavoro(fino oltre i 30 anni per un periodo che va da circa un anno a circa 2 anni) od un contratto d’apprendistato(fino a 24 anni - da 19 che erano - da un minimo di 18 mesi ad un massimo di 4 anni), per non parlare dei lavoratori stagionali abbondantemente utilizzati dalle aziende alimentari, i part-time ciclici e verticali, e last but not least i lavoratori interinali...Per non citare i casi extra legem, in cui lavoratori vengono assunti a tempo determinato senza che sia posta la data di scadenza sul contratto, o con la contemporanea firma di una lettera di licenziamento ‘in bianco’. Da un lato si promettono solo verbalmente meccanismi di automaticità di assunzione che vadano oltre gli umori e l’arbitrio delle gerarchie aziendali, del potere dispotico di capi e capetti e non si tenta di porre nemmeno ‘nero su bianco’ un limite massimo di utilizzazione in percentuale di questa ampia gamma di chances contrattuali per i padroni: ci si limita a chiedere di <<coordinare e, ove necessario, modificare le vigenti disposizioni del CCNL per armonizzarle alla nuova disciplina legislativa ed alle recenti intese tra le parti sul lavoro interinale, sull’apprendistato, sui rapporti di lavoro, a fini formativi, e, più in generale, sulle nuove regole e modalità del collocamento, della gestione attiva del mercato del lavoro e della condizione individuale dei lavoratori.>>

Orario di lavoro

<<La determinazione dell’orario medio su base annuale con definizione concordata dei calendari annui>> e <<la regolamentazione, per i lavoratori chiamati a prestazioni eccedenti l’orario annuo contrattuale, della facoltà di percepire le sole maggiorazioni ad essa corrispondenti, maturando correlativamente il diritto ad equivalenti riposi compensativi da godere in ragione delle loro individuali esigenze>> sono forse i punti dirimenti della piattaforma, quasi del tutto affini nei contenuti e nelle finalità, alle altre ipotesi contrattuali(metalmeccanici,bancari,ecc.) od ai contratti di fatto(chimici,sanità, turismo,ecc.). Inanzitutto bisogna specificare che l’industria alimentare è costituzionalmente strutturata su stagionalità diverse( si pensi all’industria dolciaria, all’industria casearia, all’industrie che produco insaccati o pollame legate ai consumi alimentari che si differenziano a seconda delle stagioni, od a seconda della possibilità stagionali di lavorazione della materia prima come l’industrie conservative, saccarifere, ecc. ) che godono già di ampie libertà. Secondariamente non sono proposti dei limiti alla variazione dell’orario settimanale(esempio: max.48, min.32), ma si lascia alla discrezionalità della contrattazione di secondo livello la trattazione di questo tema, venendo incontro al quadro variegato di questo comparto, cioè all’esigenze delle imprese che si articolano su parametri assai differenti. Si introduce la cosiddetta ‘banca ore’ permettendo a chi organizza la produzione di optare sempre per la scelta ottimale. Facendo leva sul dispotismo delle gerarchie aziendali e su accordi di 2° livello pilotati da azienda, burocrati sindacali e coscienziosi e responsabili r.s.u. (abbondantemente marginalizzabili nel caso si dimostrino titubanti o addirittura contrari) e da votazioni truccate ed assemblee truffa, cioè utilizzando la consolidata pratica di relazioni industriali, si può: dopo avere spremuto a dovere il proprio organico durante i picchi produttivi, le ‘alte’ stagionalità, il lancio di ‘nuovi’ prodotti, il lancio di ‘offerte commerciali’, il tentativo di assicurarsi nuove commesse da nuovi clienti, ecc. ecc. o far riposare le stanche maestranze mettendosi al riparo da mugughi e lagnanze varie, oppure, se è proprio necessario, pagare in Lira sonante(prossimamente in Eur) gli straordinari delle figure professionali strategicamente più importanti per l’andamento fisiologico dell’azienda: i lavoratori di ‘mestiere’, come i meccanici-manutentori, gli assistenti tecnici, i lavoratori qualificati della trasformazione, per non parlare dei vari responsabili-quadri della produzione. Del resto, gli strumenti contrattuali di turnazione della mano d’opera a media-bassa qualifica si stanno sempre più connaturando in questo comparto. Inoltre, sono universalmente condivise l’esperienze di permessi non concessi e di ferie non concesse quando richieste e poi obbligate, ed allo stesso tempo l’approccio ad un proprio problema personale come problema individuale e non collettiva, i conseguenti psicodrammi ingaggiati con le varie gerarchie e le gare, senza alcuno sbocco, a chi è più sfigato (o più furbo) ingaggiati con i colleghi.

Salario

<<In relazione alla inflazione programmata stimata nel biennio 1999-2000 pari al 3%, si richiede un aumento mensile pari a 83.000 Lire al parametro medio>>...Crepi l’avarizia!!!

L’impalcatura degli accordi di Luglio, osannata dalla triplice durante l’assemblee di presentazione del Patto Sociale, hanno stabilito che lo sciopero per il rinnovo del contrattuale è uno sport istituzionalizzato a perdere in termini salariali, quest’ipotesi la consolida.

Alcune osservazioni finali

La contrattazione di 2° livello su cui la piattaforma insiste particolarmente è un simpatico espediente visto che i grandi gruppi e le aziende che si vanno strutturando in tal senso, pena l’esclusione dal mercato, fanno contratti nazionali e impogono le porcate più grosse, quelle che fanno scuola, a cui le altre sono costrette ad allinearsi seguendo quel processo a catena che bene si conosce...Che sia la produzione a ciclo continuo e l’adottare il 6x6 su 28 turni, con Sabati e Domeniche normalmente lavorativi, senza incrementi d’organico, e corsi di qualificazione nell’assetto orario normale, o la stagionalizzazione e precarizzazione hard-core dei dipendenti, come i processi di ristrutturazione tecnologica e le sue ricadute occupazionali (e sulle condizioni di lavoro tout court). Inoltre, considerando che  la contrattazione di secondo livello sarà sempre più etero-determinata e ‘bloccata’(vedi leggi sulla rappresentanza in via di approvazione parlamentare),l’enfasi posta su questo punto non trova alcuna ragione d’essere.

Come si è visto i servigi contrattuali della Triplice ai lavoratori, che i lavoratori stessi dovranno pagare annualmente £30.000, non dipingono scenari rassicuranti.

E allora?!?

Attualmente stiamo cercando di discutere tra lavoratori dell’alimentare, dipendenti di aziende in cui prevedibilmente(Granarolo-Felsinea), o imprevedibilmente(Alcisa e Corticella), l’ipotesi di piattaforma è stata bocciata (tuttavia il contratto è passato a livello nazionale), i punti di disaccordo per elaborare comunemente un testo da ‘fare girare’ ed estendere il ragionamento a quei processi che ci vedono più o meno direttamente coinvolti(riorganizzazione dell’orario di lavoro, ‘precarizzazione’ della forza lavoro, processi di ristrutturazione). L’assoluta mancanza di comunicazione anche filtrata da organi sindacali o partitici, e l’assenza di un percorso già strutturato (coordinamenti, comitati, rete ‘militante’), nonché la singolarità (ed in parte l’isolamento) dell’attività di questi lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro - nonostante il rapporto di stima e fiducia instaurato con una parte di questi - fanno emergere l’esigenza della creazione di una ‘rete informale’ che funga da medium comune tra esperienze come queste. Questa ‘rete’ (soprattutto se partecipano lavoratori derivanti da condizioni differenti a livello aziendale, categoriale, professionale, come a livello di stabilità occupazionale e contrattuale, come su scelte politico-sindacali) sia a livello di inchiesta che di contro-informazione ed intervento, è un passo inevitabile in primis per uscire dal proprio contesto aziendale o categoriale, sia per la creazione di una ‘intelligenza collettiva’ che codifichi le trasformazioni in atto, sia per porsi come interlocutore visibile e per così dire ‘privilegiato’ (crepi la modestia!!!) sia con le situazioni ‘calde’, sia con quei soggetti sempre più mobili e precari che non trovano nemmeno strumenti minimi di informazione ed ‘abbecedari’ per la propria difesa spicciola, ribaltando questa debolezza in una mobilità ‘pericolosa’ per le aziende e difficilmente ‘organizzabile’.

Zona Industriale