Nel
mare della Precarietà… Solo gli squali s’ingrassano!
La precarietà sociale
accomuna proletari autoctoni, lavoratori di recente immigrazione provenienti dal
sud e la forza lavoro multinazionale.
L’attuale condizione dei
lavoratori immigrati, e non solo, è il prodotto sia delle dinamiche del
capitalismo contemporaneo, che sradica quotidianamente proletari dalla periferia
del sistema economico e li costringe a spostarsi verso le aree metropolitane,
sia del rapporto di forza tra le classi. A quest’ultimi viene riservato un
trattamento particolare da parte dell’ordine democratico, che li
accoglie immettendoli nelle fasce più basse del mercato del lavoro, senza
alcuna possibilità formale di avere minime garanzie di una stabile riproduzione
sociale, se non attraverso l’ imposizione di queste condizioni con un atto di
forza. I proletari che non hanno permesso di soggiorno vivono nell’incubo
delle retate della polizia nei propri luoghi d’abitazione e di aggregazione,
della detenzione dei centri d’accoglienza, delle espulsioni…
Che sia un cantiere edile, un
ditta che si occupa di facchinaggio, la cucina di un ristorante, una azienda di
pulizie, una qualsiasi mansione di manovalanza della cosiddetta economia ‘criminale’,
e per noi, tutta l’economia è criminale, un lavoratore immigrato costretto
alla clandestinità deve fare i conti con dei pescecani che talvolta lo fanno
lavorare e non lo retribuiscono, pronti a servirsi di tutte le potenzialità
ricattatorie e inferiorizzanti che sono i corollari della condizione della
moderna schiavitù salariale.
È il caso della Capital
costruzioni franchising, che ha sede in via Gnocchi n.27 a Bresso.
Alcuni immigrati contattano telefonicamente la ditta al 338 7455718, che
distribuisce anonimamente dei volantini sui quali si offre lavoro, altri vengono
indirizzati qui da alcune cooperative da cui si erano recati per cercare un
impiego.
Questa azienda, utilizza i lavoratori per la distribuzione di materiale pubblicitario o li impiega nell’edilizia, senza poi pagarli!
Sono
circa un centinaio i lavoratori che al momento di essere pagati si sono sentiti
dire che, siccome erano clandestini e non avrebbero potuto denunciare la ditta,
non sarebbero stati retribuiti! Chi si espone e non ha il permesso di soggiorno,
corre il rischio di ricevere il foglio di via e di essere espulso, anche se
lavora da tempo, chi ce l’ha, rischia comunque ripercussioni, perché è
vincolato ad un contratto di lavoro ed alla sua durata, ed è comunque segnalato
come “piantagrane”.
Alcuni
di questi lavoratori si stanno organizzando, sapendo che i margini per una
soluzione legale sono estremamente limitati e che le organizzazioni sindacali e
partitiche, comunque, non vanno al di là di una occasionale e sterile attività
di denuncia di tale situazione.
Dalle
rivolte e dai tentativi di evasione nei centri di accoglienza e dalle carceri,
come nei ghetti delle città, dal movimento che si trova a richiedere
“permessi di soggiorno per tutti” in una fase di forte limitazione della
possibilità di accesso a questa concessione temporanea, dagli scioperi che
hanno visto i lavoratori immigrati lottare insieme ai loro coetanei, muove una
forza sociale che è strumento per ribaltare i rapporti di forza e rifiuto
dell’attuale società.
Nella socializzazione della propria condizione tra tutti i lavoratori nasce la percezione reciproca di essere di fronte ad un medesimo orizzonte di peggioramento delle condizioni di vita, prende corpo la possibilità di un mutuo appoggio e si gettano le basi per incrementare la propria capacità offensiva di classe.
Per contatti: Collettivo per la rete dei lavoratori, tutti i martedì alle 21.30 in via Conte Rosso n.20, Lambrate-Milano e-mail: rossoconte@hotmail.com