La deregolamentazione del trasporto aereo

“L’intera economia si riduce all’economia del Tempo” (Karl Marx).

 

 “Il tempo di produzione insieme con il tempo di circolazione dello scambio rappresentano il concetto di Tempo di rotazione del capitale. Tanto più rapidamente si recupera il capitale mandato in circolazione, tanto maggiore sarà il profitto. Questo aspetto può sopravvivere congiunto con il controllo dello spazio. Il dominio delle reti e degli spazi di marketing rimane un obbiettivo aziendale fondamentale e per conquistare quote di mercato si combattono molte dure lotte con la precisione di una campagna militare volta alla conquista di territori e spazi.” (David Harvey).

 

Il settore dei trasporti pubblici nel suo complesso, pubblico e privato (marittimo, aereo, ferroviario, terrestre), è da tempo al centro di un processo di ristrutturazione, riorganizzazione e privatizzazione.

Decine di migliaia di lavoratori sono esposti al licenziamento, alla flessibilità, alla riduzione dei salari, alla precarizzazione e all’inasprimento delle norme che regolano il conflitto sindacale.

Negli Stati Uniti, la “deregulation” introdotta nel’81 da Ronald Reagan, ha mandato in pezzi l’intero assetto del mercato del lavoro nel settore aereo, nel settore dei trasporti pesanti e delle linee di trasporto extraurbano. L’intenso incremento della concorrenza e la vasta ristrutturazione del settore aereo, hanno portato a conseguenti trasformazioni strutturali della contrattazione. Questo processo è avvenuto nonostante l’accordo quadro di relazioni industriali basato sulla collaborazione tra Imprese e Sindacato. La leadership imprenditoriale, ha considerato l’accordo non più funzionale al suo programma di conduzione dell’economia, compensando il “cedimento” del sindacato, con la contropartita di una sua maggiore presenza all’interno dei consigli di amministrazione e nella gestione dei fondi pensione. Questo nuovo patto sociale tra le parti, è stato suggellato con il licenziamento e la neutralizzazione dei controllori di volo e di tutti quei lavoratori attivi durante gli scioperi; pagato con piani imposti di partecipazione alla proprietà aziendale, con la riduzione del salario, con turni di lavoro più lunghi per piloti ed hostess e con la contrattazione, non più per categoria ma, azienda per azienda. A seguito dell’intensificazione della concorrenza, molte compagnie sono temporaneamente “ fallite”, riprendendo successivamente l’attività con organici sottodimensionati e senza la presenza dei lavoratori sindacalizzati. Molte di queste, hanno creato aziende consociate, entrando in un mercato altamente competitivo e redditizio, senza vincoli contrattuali e con salari largamente inferiori.

Tale  processo, in piena evoluzione, partito con la vertenza piloti, si è esteso a tutto il personale aereoportuale, inclusi manutenzione e assistenza tecnica. Questo giro di vite ha inciso, pesantemente, sui carichi di lavoro, sulla qualità e sicurezza dei passeggeri. I grandi colossi come Twa e Pan Am, di cui nessuno ha più memoria, sono state talmente ridotte all’osso, da fallire. Oggi sono in bilico US Airways, United Airlines e, American Airlines ha annunciato 7000 licenziamenti, senza contare l’indotto. In totale, le compagnie americane hanno tagliato 100.000 posti di lavoro; in Europa, le cifre si aggirano intorno alle 40.000. Nel frattempo nascono alleanze, fusioni e acquisizioni (come ad es. Sky team di cui fanno parte Alitalia, Air France,  Delta, Korean, Aeromexico, Czech Airlines  e,  da qui a poco, Klm), con il tentativo di accapararsi il dominio su alcune tratte commerciali, risparmiando sui mezzi e sul personale, facilitando e velocizzando il passaggio del controllo e della gestione pubblica al privato.  In Belgio, tale passaggio, ha portato alla chiusura di Sabena che ha riaperto, privatizzata, dopo pochi giorni; in Svizzera, la Swissair fallisce e rinasce sotto il marchio Swiss. In entrambe i casi, sono stati operati tagli al personale interno ed esterno (l’indotto aeroportuale) e l’abbassamento delle garanzie salariali e normative. Se si pensa che ogni perdita di lavoro in compagnia aerea, si ripercuote con la perdita di 4 posti nel perimetro aeroportuale (ristorazione, manutenzione, servizi di sicurezza, gestione bagagli) e di 3, fuori dal perimetro (alberghi, trasporti terrestri), si fa presto a raggiungere la quota di 7000 dipendenti di compagnia a cui vanno aggiunti alcune migliaia dell’indotto. Ed è proprio l’indotto ad essere maggiormente colpito dalle privatizzazioni, essendo quello che, per  primo, ha subito tale processo attraverso l’esternalizzazione. Non ultima è stata la vertenza Ligabue, 377 lavoratori della ristorazione (catering) di Roma che sono stati licenziati a causa del fallimento della società. Con tre mesi di salario arretrato e nessuna garanzia occupazionale, questi lavoratori hanno indetto asssemblee, bloccato i binari ferroviari, riuscendo a coinvolgere, nello sciopero, anche i lavoratori aeroportuali: un primo passo significativo verso la, spesso dimenticata, solidarietà di classe, in un settore, tra l’altro, che è abituato a far sentire la sua voce in modo corporativo.

Tra le miriade di scioperi che si sono susseguiti quest’anno, interessante è stato quello dell’ATC-EUC (nuova associazione sindacale europea dei controllori di volo), che il 19 giugno, in ben 10 paesi, ha indetto uno sciopero di 4 ore contro lo spazio aereo unico, utile solamente, secondoi lavoratori, a privatizzare e ristrutturare questo servizio (in molti paesi come in Italia, l’Enav è ancora un ente pubblico). Bisogna tenere conto che tale categoria è incidente, soprattutto, perchè riesce a bloccare l’intero trasporto. Infatti, lo sciopero ha paralizzato il traffico in tutta Europa, ma il dato significativo è che, per la prima volta, i lavoratori hanno scavalcato le barriere nazionali, comprendendo come tale processo avanzi in ogni paese. In Italia, tale sciopero, è stato ridotto ad una sola ora dal Ministro dei trasporti Lunardi. Non è la prima volta che uno sciopero viene annullato o differito, non ultimo lo sciopero dei piloti Anpac di Alitalia e Alitalia Express contro la cessazione di Eurofly (gruppo Alitalia) a Volare e quindi dei suoi dipendenti, differito per ben 3 volte. Tali procedimenti sono in linea con il “patto delle regole”, siglato, subito dopo al patto sociale, da governo, aziende trasporti del settore e sindacati confederali. Il Patto prevede l’impegno dei firmatari a prevenire i conflitti, l’introduzione dello sciopero “virtuale”, l’obbligatorietà a rarefare gli scioperi congiunti o concordati tra diversi settori. Anche i sindacati di base come il Sulta, l’alternativa ai confederali, hanno lanciato un codice anti-sciopero, certo meno restrittivo, con un modo diverso di  regolarlo ma... nessuna indicazione di lotta contro governo e padronato. La conquista della rappresentatività sindacale, con le relative garanzie ( permessi, distacchi…) e la presenza al tavolo delle trattative, valgono bene la mediazione sulle norme anti-sciopero e sui contratti di lavoro.

E sui contratti parla la vertenza Alitalia. Il suo consiglio di amministrazione (53% in mano al Ministero dell’Economia), ha varato il piano industriale 2002-2003 prevedendo un forte ridimensionamento degli organici (2100). L’intesa sottoscritta, a Gennaio, da governo, azienda e sindacati confederali (inclusa ancora la CGIL), ha stabilito che, per contenere gli esuberi, vengano istituiti i contratti di solidarietà; ovvero meno orario e meno salario. I lavoratori che avevano, attraverso manifestazioni, scioperi e assemblee, rifiutato la dilagante precarizzazione, lo smembramento aziendale, il ridimensionamento della compagnia, hanno pagato, ancora una volta, le strategie aziendali. Alitalia, come altri gruppi, rimpiazza dipendenti in pianta stabile con neo-assunti e manodopera usa e getta. Tali esuberi vengono usati dalla stessa, per flessibilizzare maggiormente il lavoro. Ma il sindacato, oltre a firmare patti scellerati, propone anche soluzioni come l'azionariato dei dipendenti: i famigerati Warrent. Così, ai lavoratori viene decurtato ulteriormente lo stipendio, con l'illusione di poter contare nelle scelte aziendali; soci d'azienda, promotori della sua salvaguardia , complici delle peggiori nefandezze che essa puo' compiere nei confronti di altri lavoratori meno garantiti, fino a trovarsi senza il nulla nel momento in cui l’azienda  fallisce o investe in altro.

L’eliminazione dell’art. 18 e le proposte contenute nel Libro Bianco che stabiliscono nuove regole di flessibilizzazione e precarizzazione nel mercato del lavoro, hanno portato migliaia di proletari a scendere in piazza per lo sciopero generale di tutte le categorie ad Aprile. I sintonia con quanto previsto nella nuova normativa , il Presidente Fossa della Sea, il diessino, ex Ministro Trasporti Bersani e il sindacalista della Filt-Cgil, Fedele, (già conosciuto nella vertenza dei lavoratori delle pulizie ferroviarie), nei confronti dei recenti avvenimenti di furto ai bagagli di Malpensa, si sono pronunciati, concordi, a favore della  riduzione degli spazi di discrezionalità presenti nei contratti di lavoro, in materia di licenziamento. Fossa oggi, con il superamento dell’art.18, intende accelerare le pratiche di cessazione del rapporto di lavoro senza attendere l’esito del procedimento penale (Sole 24h del 28/08), e coglie l’occasione per rimarcare l’inefficienza dei pulitori delle piste durante la nevicata del dicembre 2000, che bloccò e annullò i voli a Malpensa, dando loro responsabilità dell’accaduto, svincolando così la SEA dalle sue oggettive colpe e sottraendola  dal  risarcimento di danni, richiesti dall’associazione consumatori.  I furti e gli smarrimenti bagagli, da sempre fisiologici, vengono oggi strumentalizzati, per mettere sotto inchiesta tutti i lavoratori del settore e per reintrodurre, con tale pretesto, controlli ambientali sul lavoro.

In risposta alle molteplici manovre del padronato per disarticolare le risposte dei lavoratori del settore, si è tenuta, in Aprile, una assemblea, a cui hanno partecipato i lavoratori Sabena e Ligabue, organizzata da alcuni sindacati  di base europei, come il Lab dei Paesi Baschi, il Pame Grecia, la Cub Italia. Dalla discussione, sono emerse linee di lotta comuni per ostacolare il crescente precariato, in difesa dell'occupazione e della salvaguardia del servizio aereo come pubblico e sociale, per il diritto di sciopero e delle libertà sindacali ma, soprattutto, per individuare forme concrete di solidarietà in caso di attacchi ai lavoratori, anche in un singolo paese.

Altri, che pongono ostacoli, sono i lavoratori della Klm che chiedono un equiparazione degli stipendi ai loro colleghi americani della Northwest  (40% di aumento), o i dipendenti Air France che per frenare la privatizzazione hanno bloccato il trasporto aereo in Francia scioperando per 4gg.

Non ultimo, e non di minore importanza, è il collettivo dei lavoratori della Sea che lottano concretamente contro le normative anti-sciopero, sfidando e rifiutando le precettazioni governative e il ruolo del sindacato, quale gestore dei fondi pensione, contrastando le differenzazioni salariali e normative tra lavoratori a contratto indeterminato, precario e dei neoassunti.

E’ in merito agli scioperi, che bisognerebbe soffermarsi a fare qualche riflessione. Se questo è uno strumento di lotta, non può essere visto come punto di arrivo di chissà quali conquiste. Se da una parte, si firmano accordi sempre più onerosi per i lavoratori e dall’altra, si indicono scioperi programmati che logorano, non solo in termini economici, forse, a nostro avviso, qualcosa non ritorna. E’ per questo che rivendichiamo l’autonomia di classe non più sottoposta alla decisionalità di qualche bonzo sindacale, affermando che quando questa direttamente decide e sceglie, ha più volte dimostrato, con la propria combattività, di riuscire ad incidere in modo significativo. Lo sciopero, deve, per la classe, essere un punto di partenza dove crescere, confrontarsi e rafforzarsi; essere l’inizio di lotte politiche e sociali più vaste, soprattutto immaginate, non più solo all’interno di un singolo paese ma unite all’interno di un’unica area politica, economica e sociale come è oggi, l’Europa.

 

da inflessibili, n.1 - 2002