Estate Fredda, Autunno caldo…
E poi? L’inverno del nostro scontento!
Con il nuovo accordo, “Patto per l' Italia", si delinea una radicale trasformazione del nuovo sindacato a cui CISL e UIL ambiscono: non solo, sono previste la negazione dei diritti per i nuovi assunti e lo stravolgimento dello statuto dei lavoratori, con la conseguente scomparsa nei fatti dell'articolo 18, ma si delinea il ruolo di un nuovo sindacato che si trasforma in forza imprenditrice, gestore di manovalanza presso le proprie sedi di collocamento e difensore corporativo, unicamente dei propri affiliati.
Si completa quindi, quel percorso che comunemente Cgil Cisl e Uil hanno perseguito prima, con il governo di centro-sinistra e ora, completato col centro-destra.
Un percorso che ha portato alla classe di noi lavoratori, umiliazioni e regressi in termini salariali e di diritti: leggi di regolamentazione dello sciopero, pensioni decurtate con allungamento del periodo lavorativo , flessibilità oraria e salariale, introduzione di pensioni private, che vedono come gestori i sindacati stessi.
Con il Patto per l'Italia, si accelera sensibilmente la gestione bilaterale tra Sindacati e Governo: gestione nel sistema formativo; sussidi di disoccupazione; liste di mobilità; cassa integrazione; agenzie di collocamento, ecc...
La legittimazione non proviene dalla forza reale di rappresentanza dei lavoratori, ma dal semplice riconoscimento della controparte, innescando, così, un sistema neocorporativo.
La CGIL, solo e unicamente in questa ultima fase, si è chiamata fuori organizzando prima scioperi locali e di categoria, poi quelli Regionali, ed infine una manifestazione generale a Roma.
Risulta evidente come intenda ridisegnarsi un nuovo ruolo di paladino e difensore dei diritti dei lavoratori, di oggi e del domani, cercando di proporsi come salvagente al centro-sinistra.
Nel periodo vacanziero si è impegnata con raccolte di firme, lungo le coste di villeggiatura e sulle spiagge, ma non possiamo dimenticare che, poco o nulla ha fatto in difesa dei lavoratori tutti, in particolare verso i lavoratori immigrati e la xenofoba e razzista legge Bossi-Fini che prevede la permanenza nel nostro paese legata unicamente al periodo di lavoro, sancendo, di fatto, sotto il ricatto dell'espulsione, uno sfruttamento massiccio dei lavoratori immigrati.
...E anche le ultime posizioni pacifiste assunte sul possibile nuovo conflitto in Iraq, non cancellano certo, le ferme posizioni di contingente necessità pronunciate da Cofferati sul conflitto in Kossovo e i silenzi sull' Afghanistan.
Nella sostanza, alle numerose manifestazioni e mobilitazioni di piazza, che hanno visto migliaia di lavoratori/trici incrociare le braccia dal nord al sud del paese, unica, debole risposta perseguita dalla Cgil, risulta la raccolta di firme e la proposta di nuove leggi a sostegno dei diritti.
Le grandi conquiste, ottenute con la lotta di più generazioni di lavoratori, trovano oggi unicamente nel percorso istituzionale e parlamentare un possibile sbocco!
Mentre è la piazza che più di ogni altra cosa questo governo, come tutti i governi temono, i luminari del sindacalismo riformista, pensano di alternare la lotta ora con le firme, ora con una manifestazione al sabato, ora con una conferenza stampa ad effetto.
Ad ottobre, la CGIL convocherà mobilitazioni e uno sciopero generale in difesa dei diritti... per la concertazione(!), con quelle stesse forze politiche che proponevano esse stesse un nuovo statuto dei lavoratori o, meglio ancora, una mancata applicazione dell' articolo 18 per le aziende fino a 50 dipendenti ( tempi d'oro del governo D'Alema?)!
La categoria dei metalmeccanici, più di ogni altra, ha dovuto subire il conflitto tra le sigle sindacali: innumerevoli le mobilitazioni legate, negli ultimi periodi, alle vicende contrattuali di categoria, più su posizioni di forma che non di contenuti.
Un contratto di categoria che oltre a non aver restituito le perdite salariali subite dai lavoratori in questi ultimi anni, ha svilito, nella sostanza, il ruolo stesso dei lavoratori, non rendendoli partecipi dei contenuti raggiunti dall'accordo-spazzatura.
A sostegno della partecipazione attiva dei lavoratori, è stata organizzata una manifestazione nazionale di categoria e sono state raccolte oltre 360 mila firme, ma il contratto ha trovato comunque le sue forme di applicazione con le firme della Fim e Uilm.
La vertenza Fiat chiarisce meglio di ogni altro esempio qual'è il ruolo richiesto ai lavoratori e verso quali direzioni anche il sindacato metalmeccanico si vuol dirigere.
Prima del periodo vacanziero la FIOM non firma l'accordo con la FIAT: un'intesa raggiunta unicamente con Fim e Uilm, come molti altri accordi separati che si sono susseguiti in parallelo alla sigla del Patto per l'Italia.
Un accordo che non prevedeva alcuna prospettiva sul futuro dell'azienda e del notevole indotto ma, anzi, aggiungeva ulteriori licenziamenti in aggiunta ai 2.887 già annunciati.
Ora il caso FIAT è esploso in tutta la sua drammaticità: tagli occupazionali per più di 8.100 lavoratori che sommati all'indotto, toccano cifre da brivido; disimpegno totale degli stabilimenti di Arese, Cassino e Termini Imerese, con la probabile chiusura di tutte le attività produttive, trasferite in Polonia e Turchia.
L'intero futuro produttivo del comparto automobilistico entra in una crisi annunciata da tempo.
Gli accordi-bidone, firmati in questi anni con i vertici Fiat, annunciavano una una vera resa nei confronti del padronato, proprio quando erano riprese le mobilitazioni con forte partecipazione agli scioperi, quando anche i lavoratori stagionali e a termine si erano resi protagonisti e partecipi alle mobilitazioni in corso.
Ora tutti parlano di "nuovo autunno caldo", e non mancano certo le argomentazioni affinchè si possa esser protagonisti di un vera riscossa come classe lavoratrice; molti i contratti in attesa di esser rinnovati o peggio applicati: il pubblico impiego ,come i trasporti, il settore chimico e i metalmeccanici.
Se si prende unicamente come riferimento i lavoratori metalmeccanici, oltre la vicenda Fiat, che segnerà nel prossimo futuro una strategia di risanamento, vi sarà la scadenza del contratto generale: un contratto che, stando alle anticipazioni annunciate da più parti, dovrebbe recuperare quanto è stato perso negli scorsi accordi; il primo, dopo lunghi anni, che vedrà presentare ai lavoratori due differenti piattaforme, la Fiom infatti, andrà per proprio conto.
Queste le priorità contenute nella piattaforma Fiom:
un rilancio nella richiesta salariale che non tenga conto del riferimento dell' inflazione, ma che punti al recupero del potere d'acquisto dei salari;
una seria lotta a precariato e flessibilità, non assumendo le nuove modifiche riguardanti i contratti a tempo determinato come proposte dal governo;
una lotta alle ore straordinarie con una conseguente proposta di riduzione dell'orario di lavoro.
Si ricorda, che nello scorso contratto firmato anche dalla Fiom, era stato ampliato il numero di ore straordinarie e inserita la banca del tempo, altro regalo ai padroni (!) .
Queste in sintesi le linee programmatiche, negli obiettivi della Fiom.
Ma le vicende di questo ultimo periodo mettono profondamente in discussione, mai come in questa fase, le regole di democrazia e di partecipazione dei lavoratori per la costruzione delle piattaforme e delle forme di lotta .
Anche chi, oggi, sostiene maggiori regole democratiche che possano portare al voto i lavoratori, mantiene comunque, nella prassi comune di tutti i giorni, metodi di lavoro e partecipazione che escludono il ruolo dei lavoratori: vengono riuniti unicamente attivi di delegati che hanno come unico scopo quello di discussioni sul tesseramento o sulla partecipazione alle manifestazioni organizzate dai vertici, mai una discussione su come articolare le forme di lotta a livello territoriale, approfondendo le singole situazioni locali.
In questo modo non riusciamo a rapportarci tra noi lavoratori, analizzare la situazione formulando un pensiero autonomo e critico, verificare modi e forme di lotta prolungate nel lungo periodo, lanciare sul territorio proteste visibili come il blocco delle produzioni e/o, lo sciopero degli straordinari.
Sembra paradossale, ma in tutto questo periodo di lotte, a livello di vertici sindacali, nessuno ha lanciato in maniera decisa, forme di lotta che mettessero seriamente in crisi il padronato.
E' solo dalla partecipazione diretta di chi vive e subisce quotidianamente le forme di sfruttamento, dentro e fuori i luoghi di lavoro, che può nascere una risposta reale al padronato.. è solo fuori dalle logiche di potere sindacale di cui, noi tutti, troppo spesso, siamo vittime.
da Inflessibili, n.1 - 2002