Sul call center di BLU a Calenzano (FI)

 

E’ da metà febbraio che i lavoratori del call center di BLU, a Calenzano  (Firenze), sono in lotta contro la chiusura dell’azienda e la conseguente perdita dell’occupazione.

BLU è nata circa due anni fa, un’azienda in piena espansione e anche, grazie ad una buona e diffusissima pubblicità, ben piazzata all’interno del mercato.

Nessuno dei lavoratori si sarebbe aspettato una cosa del genere, perché l’azienda è sempre stata prodiga di promesse per il futuro ed esigente sui ritmi di lavoro, a causa di un continuo aumento dei clienti.

Ma allora perché una così repentina chiusura? La risposta ce la fornisce un lavoratore:

E’ sempre più chiaro, infatti, che Blu è nata per morire, per riempire le tasche di qualche ricco che, accampando la scusa di dare occupazione, ha chiesto sgravi, contributi e omertà che il passato governo ha elargito puntualmente.

I proprietari della società: Benetton, Banca Nazionale del Lavoro, Italgas, Gruppo Caltagirone e Brithish Telecom, sono nomi ben noti, che per mantenere famose le proprie etichette sono pronti a qualsiasi cosa, figuriamoci lasciare senza lavoro “pochi e inutili” lavoratori!

I dirigenti di Blu hanno utilizzato contratti di formazione lavoro per la maggior parte delle assunzioni, anche per i lavoratori più preparati, promossi team-leader. La garanzia di un lavoro sicuro per due anni e  la stessa situazione contrattuale tra lavoratori con diverse mansioni hanno creato all’interno dell’ambiente lavorativo rapporti rilassati e di fiducia, anche con i managers, sempre disposti a riconoscere l’impegno e la bravura dei dipendenti.

 

La mattina del 12 febbraio circa 20 lavoratori, tra cui alcuni team-leader, con il contratto in scadenza il giorno dopo, hanno ricevuto una comunicazione, con la quale venivano informati che non sarebbero stati riassunti dall’azienda. Increduli di fronte a tale notizia hanno cercato i loro superiori per avere spiegazioni, ma questi, sempre disponibili ad ogni esigenza, quella mattina
(stranamente!) non si sono  presentati a lavoro.

La decisione immediata di bloccare il lavoro con uno sciopero spontaneo è stata condivisa da tutti i lavoratori, così l’intero call center si è bloccato per tutto il secondo turno. Il fatto di non essere stati avvisati prima; il silenzio dei managers, con i quali fino a quel momento si era condiviso un rapporto quasi d’amicizia; l’essere stati presi in giro dall’azienda con false e allusive proposte: sono state le principali motivazioni di questa lotta.

Il giorno dopo i sindacati confederali hanno organizzato un’assemblea durante la quale hanno difeso il comportamento dei dirigenti, intimato i lavoratori a non scioperare senza appoggio sindacale e non hanno riportato le motivazioni dei licenziamenti… Lasciando i lavoratori sempre più all’oscuro di tutto!

Il 15 febbraio, durante lo sciopero nazionale dei Sindacati di Base, alcuni militanti della CUB e lavoratori Telecom hanno tenuto un presidio di protesta davanti al call center di Blu. Dopo aver visto dalle finestre che si era formato un gruppo di persone a discutere della situazione, più della metà dei lavoratori è scesa ad ascoltare, ha abbandonato il posto di lavoro ed ha raggiunto gli ex colleghi per unirsi all’iniziativa.

I licenziamenti, che sono continuati ad aumentare, di settimana in settimana, hanno spinto i lavoratori a chiedere appoggio al sindacato di base CUB per continuare la lotta con scioperi, manifestazioni e presidi di fronte alla sede della Provincia e della Regione.

L’ultima vi è stata il 19 marzo in piazza S. Marco a Firenze, dove un centinaio di persone, tra cui i lavoratori e gli ex di Blu, i lavoratori del call center del 187 e del 12 di Telecom (che hanno scioperato in solidarietà), alcuni compagni del CPA e della CUB di Firenze, hanno sfilato per alcune vie della città verso la stazione; il percorso è stato studiato in modo da passare davanti a diversi negozi Benetton, di  fronte ai quali si è allungato uno striscione per impedire alle presone di entrare e per rendere un po’ più visibile la protesta.

 

La situazione attuale è abbastanza critica, da 400 lavoratori sono rimasti in 150, con i contratti in scadenza a fine anno, molti sono rimasti senza team-leader (a loro il contratto è scaduto prima!). Nel frattempo quasi tutto il lavoro è stato spostato al call center di Palermo, che a detta dei dirigenti, costa di meno all’azienda. Girano voci che forse ci sia la possibilità che la Tim  ne acquisti una parte, perché è sfornita di un centro per le chiamate in quella zona. Ma parlando con loro ti accorgi che non sarebbe comunque la soluzione ideale, perché il lavoro nei call center, con la cuffia e il computer davanti, non è mai stato un sogno, è visto come una possibilità per fare esperienza e migliorare le proprie capacità e dopo come ha detto un lavoratore: “ O fai carriera o te vai! ”.

L’esperienza del call center di Blu è soltanto uno dei tanti esempi di ristrutturazione e riorganizzazione del lavoro, che i capitalisti adottano come palliativi per un’economia sempre più in crisi e malata. La situazione lavorativa sta cambiando, per adesso si tagliano i rami secchi e si riduce l’organico, spingendo a fare in due quello che, prima, veniva fatto in tre; ma domani saremo così sicuri di trovare un lavoro, lasciandone un altro?

Come risposta i lavoratori di Blu hanno dimostrato la forza che può esprimere una lotta quando è unita e determinata. E’ importante sottolineare che lavoratori tutti precari e con poca esperienza sindacale, hanno scioperato spontaneamente, mostrando, così, che i lavoratori possono e devono lottare senza essere strumentalizzati e soffocati dai sindacati, ormai spudorati sostenitori delle esigenze aziendali.

Ma il limite della lotta è stato non avere prospettive, la sicurezza di trovare un posto migliore ha fatto scemare la rabbia, la lotta non era rivolta contro il lavoro ma contro un lavoro poco gratificante, come se ci fossero persone che possono tollerare situazioni disagevoli e altre no!!! 

 

da Inflessibili n.0 - 2002