La
lotta dei portuali australiani
Riportiamo un intervista fatta ad un portuale-militante sindacale australiano, l’intervista è comparsa su Rank and File News, rivista che raccoglie militanti e lavoratori di base dell’estrema sinistra australiana. La rivista pur essendo influenzata da numerose correnti “democraticiste e riformiste” è ricca di numerose schede sul mondo del lavoro e ricca di cronache di lotte. Il compagno intervistato esprime il punto di vista sindacale di base presente nello scontro dei porti australiani, quindi mantiene fissi punti di vista “politici-gestionisti” e “democratici-legali” tali da non condividere che non ci sentiamo di condividere, la contraddizione più evidente è l’aperta fiducia nel sistema di gestione democratico-borghese della società, si apella a Nelson Mandela quando questo mantiene intatti i privilegi di classe in Sud-Africa[1], si dichiarono contro le manifestazioni “violente” non accorgendosi che sono un diretto rapporto dei processi della lotta di classe. Il punto di vista di questo compagno è quello del vecchio movimento operaio, tutto teso alla celebrazione dei propri apparati di controllo e mediazione (sindacati) e incapace di leggere la nuova composizione di classe e modificazione del modello produttivo[2]. Avendo curato un articolo sul numero precedente di Collegamenti Wobbly abbimo potuto osservare come il meccanismo di gestione padronale del porto di Liverpool è stato un banco di prova per tutti i porti. La sconfitta finale dei portuali Australiani è direttamente conseguente a quella di Liverpool, il terreno effittivo della lotta in Australia era quindi gia di per se perdente perchè incapace di modellarsi nell’attuale processo produttivo e distributivo del Modello di Porduzione Capitalista. Tuttavia è una ricca testimonianza diretta di una lotta che a avuto uno scarso eco qui in Europa, la distanza tra noi e il compagno australiano non toglie nulla alla franchezza e mette in luce un punto di vista spesso maggioritario nelle lotte anche qui in Italia.
un
gruppo di compagni di Bologna
Il
7 aprile 1998, nella ditta Patrick Steve il padronato
ha fatto una serrata contro la manodopera sindacalizzata, da quel momento
si è sviluppata una grande discussione nel mondo del lavoro. Rank File News ha
parlato con Dave Cushion, uno dei lavoratori che sono stati “serrati” fuori.
Qual
è la tua posizione nel sindacato Dave?
Sono
un delegato nella MUA (Unione Marittima Australiana) nella ditta Patrik.
Sei
stato licenziato?
Questo
è difficile dirlo: questo caso si sta discutendo nei tribunali. Secondo la
ditta non siamo stati licenziati dicono che stiamo lavorando per una ditta che
non ha “compiti” noi ci consideriamo licenziati. Tramite varie manovre
coorporaive la ditta ha potuto dire che non ha soldi, e ci ha trasferito in
varie ditte che affittono lavoro. Ma noi abbiamo scoperto questo solo quando
siamo stati portati fuori dal nostro luogo di lavoro da vigilanti in abiti neri
che ci hanno condotto fuori con i loro cani da guardia.
Allora
come ti senti?
Molto
bene. Turbato perchè ci hanno licenziati ma molto contento per la solidarietà.
Ha nessuno piace perdere il suo posto di lavoro, ma la solidarietà è come una
luce nel buio.
Qual
è il tuo lavoro alla Patrik?
Sono
un lavoratore adibito alle macchine di movimentazione e sono un istruttore di
queste.
E’
interessante?
Ora
non molto. Ho lavorato nel porto per 25 anni, quando ho cominciato eravamo
organizzati in “bande”: lavoravamo in gruppi. Ora con i macchinari la
maggior parte del tempo stai solo. Nel passato il senso di “unione” era più
forte.
Quando
guadagni?
Circa
$60.000 australiani l’anno. Negli Ultimi 5 anni il mio reddito è aumenttato
da $40.000 a $60.000 a causa
dell’incremento degli straordinari.
Perche
cosi tanti straordinari?
Perchè
la ditta ci impone gli straordinari. La ditta preferisce pagare straordinari
invece di assumere altri lavoratori. Siamo fortunaiti che ce li pagano, la
maggior parte della gente non viene pagata per gli straordinari. Per esempio,
gli impiegati degli uffici non vengono pagati. E’ un uso comune del
capitalismo mondiale. Questa ideologia dell’azienda ha invaso il modo di
vivere delle persone. E’ una cultura aziendale
molto comune in Giappone.
Da
quanto tempo siete in sciopero?
Il
confronto è cominciato 12 settimane fa. Siamo stati “serrati” dal porto
inizialmente per una settimana. Questo è successo 12 settimane fa, per mezzo di
procedimenti legali è stato ordinato il nostro rientro. A parte uno sciopero di
48 ore al Est-Suanson Dock abbiamo lavorato fino a due settimane fa, quando è
avventuto il raid notturno per serrarci fuori. Ora potremmo dire che il
confronto dura da 12 settimane e che siamo stati serrati per due settimane.
Siete
ottimisti?
Siamo
molto ottimisti. Abbiamo la ragione dalla nostra parte. Moralmente siamo
corretti e la solidarietà della comunità ci fa ritornare nel nostro lavoro.
Avere
ragione non è sufficente per vincere una vertenza...
Questo
è vero. Ma possiamo vedere il livello di solidarietà e la nostra storia ed
essere ottimisti. Ci sono dei conflitti all’interno del sindacato come può
succedere in una famiglia. Ma quando c’è una crisi ci uniamo con disciplina.
Questo viene fuori dalla nostra storia. Badiamo a noi stessi. Ma in un confronto
grande come questo sarebbe impossibile vincere da soli.
Questo
lo abbiamo imparato dalla lotta dei portuali di Liverpool. La solidarietà
internazionale verso loro è arrivata troppo tardi come quella dei sindacati
Inglesi. Da ogni confronto puoi imparare qualcosa e la sconfitta dei portuali di
Liverpool questa è stata la lezione più importante.
Perchè
arriva tutta questa solidarietà?
In
Australia c’è un senso di giustizia morale. Il nostro stereotipo all’estero
è quello del “bullo” del “ladro” e del “teppista” e questi
stereotipi fanno schifo. Allora devi combatterli. Il governo ha fatto tutto il
possibile per descriverci come teppisti violenti. Come quando questo confronto
viene chiamato “guerra nei porti” dai media.
Questo
lo abbimo contrastato con la disciplina per esempio abbimo proibito l’alcol e
le droghe nei pichetti. Abbiamo rifiutato di reagire alle provocazioni violenti
e abbiamo arrualato la solidarietà
delle nostre famiglie e dei nostri amici.
L’autocontrollo
ci ha aiuto a trovare nuova solidarietà tra la gente. L’unico sindacato che
ha potuto avere cosi tanta solidarietà è quello delle infermiere quando hanno
scipoerato. Abbiamo avuto tantissima solidarieta in qusto scioppero. L’altra
ragione per spigare l’appoggio della comunità è che quando il governo ha
detto che siamo violenti la gente ha potuto vedere che la vere violenza veniva
dalla parte del governo: hanno usato i lacrimogeni, i cani, i passamontagna.
Hanno dati il permesso ad autobus, macchine e camion di passare sopra i pichetti.
Ma
le barricate sono vere...
Si
le barricate sono la come parte della nostra alleanza con la comunita, sevono più
per motivi teatrali che per motivi reali.
Hai
parlato della cultura aziendale giapponese, ma i sindacati giapponesi vi hanno
appoggiato molto attivamente. Quanto importante è stata la loro soliderietà?
La
solidarietà internazionale è stata molto importante per due motivi. Il motivo
più importante è stato il senso di “unione” pei i lavoratori licenziati
dato da altri lavoratori. Particolarmente all’inizio ci ha fatto superare il
sentimento dell’ isolamento. Nei primi giorni la solidarietà internazionale
ha tirato sù il nostro morale. I governi hanno molto potere, e per i nostri
membri la solidarietà internazionale era importante. Anche nelle vertenze di
Cairns e di Dubai abbiamo avuto una concreta dimostrazione del fatto che la
solidarietà dell’ International Transport Federation (Federazione
Internazionale di Trasporti) può ottenere dei risultati. Il secondo motivo è
in una economia internazionale è importante avere dei legami internazionali.
Come abbiamo visto con i boicottagi degli americani e dei giapponesi (anche se
ci sono problemi politici con i boicottagi), essi sono importanti perchè
esercitano pressioni sul governo. Il governo cerca di circoscrivere la questione
, come qualcosa che succede nei porti, ma la solidarietà internazionale la
rende più ampia e dà il senso che il governo viene punito per averla aperta.
Questa questione l’ hanno creata loro, non noi.
Due
settimane fà i media dicevano che avremmo perso. Ma abbiamo capovolto questi
prognostici. Il governo sicuramente non si sente sicuro di sè come si sentiva
due settimane fà, o ancora una settimana fà quando ha annunciato che aveva
vinto.
Ma
non è ancora finita.
No,
non siamo stupidi come il governo. Non dichiareremo di aver vinto prima che
tutti ritornino nei loro posti. C’ è ancora un po' distrada da fare.
Perchè
gli agricoltori sono contro di voi?
Gli
agricoltori non sono contro di noi. L’ NFF (Federazione Nazionale degli
Agricoltori) rappresenta gli imprenditori agricoli. Country Victoria e l’
Australia sono state indebolite dai tagli del governo, ma l’ NFF non dice
niente. Mentre le piccole città vengono abbandonate e i giovani lasciano la
campagna, l’ NFF non dice niente. La base ideologica dell’ NFF che è quella
dell’ estrema destra, non ha niente a che fare con i’ agricoltura e le
difficoltà che incontrano gli agricoltori.
Il
governo sta cercando di vincere questo confronto per schiacciarvi e per dare una
lezione a tuttui noi.
Sì,
il governo vuole schiacciare la MUA. Prima ci hanno descritti usando stereotipi.
Sono sicuro che la MUA è diventato bersaglio per motivi particolari. Perchè
abbiamo appoggiato attivamente cause politiche progressiste.Questo può essera
verificato risalendo ai vecchi tempi della nostra storia. Dalla nostra
opposizione al Giappone prima dalla seconda guerra mondiale, all’ opposizione
alla guerra del Vietnam, scioperando insieme alla Seamen’s Union e la
Waterside Workers Federation contro la guerra il 1963.
Siamo
stati attivi alla lotta contro l’ apartheid e Nelson Mandela ci ha
rringraziati quando ha visitato l’ Australia. Abbiamo appoggiato le lotte per
un’ ambiente più pulito e più sano e le lotte per i diritti dei popoli
indigeni.
Crediamo
che un altro motivo per cui ci hanno attaccato è che nel passato abbiamo
ottenuto dei successi. I cosidetti privilegi, per qui hanno parlato sono in
realtà i risultati di lotte che siìono durate anni per migliori e più decenti
condizioni da quelle in cui lavoravano i nostri nonni e i nostri bis-nonni. Non
dimentichiamo le lezioni della storia.
Quanto
importante è avere la Radio 3CR in diretta dai pichetti?
E’
cruciale. L’ appoggio della 3CR e dei giornali della comunità è vitale
quando i media sono controllate da così poche persone.
Diresti
che qualcosa avrebbe potuto essere fatto in modo migliore all’ inizio di
questo confronto?
Sono
sicuro che è possibile criticare e dire che questo o l’ altro avrebbero
potuto essere fatti in modo migliore, ma durante la battaglia è difficile
pensare qualle cose sono.
E
se il governo decidesse di fare di tutto per vincere e organizasse crumiri o
portasse l’ esercito?
Questo
è già successo quando siamo stati serrati da Webb Dock. La cosidetta 999
P&C Stevedores (la quale ha le stesse inziali con la tentata operazione dei
crumiri il 1928) non è stata nient’ altro che un modo di organizzare i
crumiri, vecchio personale e altri. E i crumiri che si trovano ora nei porti
sono la prova di tutto ciò.
Non
hai paura?
Non
è una questione di avere paura o no. Devi fare ciò che devi fare.
C’
e stata una straordinaria unità politica nei picchetti e pochissimo settarismo.
Questo
confronto ha unito la gente, con unica eccezione per quelli della destra
estrema. Persino ellettori dei liberali ci stanno appoggiando. Questo è stato
un’ atto d’ infamia che ha unito tutte le persone coscienti. In qualche modo
la “guerra dei porti” è vera e vedi questo tipo di unità in una grande
lotta come questa. Questa è l’unità che ha svillupato. Ci saranno delle
critiche ma nel momento della battaglia non emergono
Grazie.
Questa intervista sarà pubblicata il Primo Maggio. Hai un messaggio per la
gente che la leggerà?
Sì.
Abbiamo l’ intenzione di continuare a lottare fino a tornare nei nostri posti
di lavoro.
Una
delle vere lezioni di questa lotta è stata che l’ unità e la solidarietà
sono cruciali quando il capitale globale attaca i lavoratori. E possiamo vedere
che quello che abbiamo in comune è più importante da quello che ci divide.