Due
mesi a Bologna c’è stato un incontro tra una compagna della Corea del sud e
Precari nati.
La
compagna partecipa al movimento di estrema sinistra in Corea, e la sua
formazione, prevalentemente studentesca, si occupa di organizzare la solidarietà
alle lotte operaie, partecipando alle manifestazioni e offrendo analisi e
inchieste sull’attuale ciclo economico e sulla composizione di classe. Sono
antiparlamentaristi e antisindacalisti, come la stragrande maggioranza dei
gruppi operai radicali in Corea in questo periodo.
La
crisi finanziaria del 1997, colpì duramente la Corea del Sud, proprio in virtù
del grado di sviluppo industriale raggiunto in questa nazione (undicesima su
scala mondiale).
Sottoposta
alle ferree cure del FMI l’economia ha subito una forte recessione con
gravissime conseguenze per le fasce proletarie, che hanno ovviamente pagato gli
effetti della crisi, con un drastico abbassamento dei salari, aumento dei ritmi
di lavoro e un forte aumento della disoccupazione. Secondo i dati ufficiali, in
un solo anno i disoccupati sono aumentati di 1200.000 unità.
Le
elezioni presidenziali del 1997, portano a una svolta nello scenario politico
coreano portando alla ribalta il -riformatore- Kim Dea Juon, più volte
incarcerato precedentemente dal governo militare e da quello civile.
Va
in questo senso la nuova politica di pacificazione tra le due Coree. Bisogna
tenere in considerazione che tuttora nei territori coreani, stazionano truppe
americane, in assetto di guerra. Le truppe americane, controllano l’intero
centro di Seul, che è vietato ai coreani!. Gli americani fanno già sapere che
dopo una eventuale riunificazione delle due Coree, le truppe stanziate non
verranno rimosse.
In
questi ultimi anni con il sopraggiungere della crisi, le forze sociali si sono
mosse, scatenando una vera e propria guerra di bassa intensità. Scioperi e
manifestazioni si susseguono in Corea ogni giorno, i sindacati sono sempre meno
legittimati dalla classe operaia coreana, e nascono le prime federazioni operaie
rivoluzionarie, come la Federazione Potere al Lavoro, che raccoglie gruppi
operai nelle maggiori fabbriche del paese, e si dichiara apertamente
antisindacale e antiparlamentarista. Questi gruppi operai e le formazioni
politiche di estrema sinistra, sono in questi anni alla ricerca di
un’alternativa alla perdente soluzione politica di “sinistra” della Corea
del Nord, vanno in questo senso le molteplici traduzioni di libri e materiali
della sinistra radicale e autonoma europea e statunitense. Esiste una
pubblicistica, che non ha nulla da invidiare a quella europea, con l’unica
diversità che in tale ambito non vi è spazio per le correnti definibili
marxiste-leniniste, maoiste e vetero leniniste. Ci troviamo di fronte a un
giovane movimento comunista, fortemente attaccato alle lotte operaie, e che
nella stragrande maggioranza si concepisce come struttura d’appoggio alle
lotte che gli operai riescono a portare avanti. E’ un movimento che si
confronta con una classe operaia, inserita in un paese altamente
industrializzato e dove il problema contadino è secondario (la stessa cosa che
potrebbe avvenire in Europa o negli USA).
Questa
giovane classe operaia, avanguardia assieme al Giappone per lo sviluppo
capitalistico asiatico, si è posta con il sopraggiungere della crisi
all’avanguardia delle lotte operaie mondiali. La società coreana, pur
presentando aspetti fortemente pre-capitalistici, come l’influsso della
religione confuciana (che nella valutazione sulla donna, non ha nulla da
invidiare a quella cattolica e islamica), è una società complessa e
industriale. Presenta alcune anomalie: prima del 1990, il problema più sentito
era l’azzeramento dei diritti civili, in quanto il controllo militare degli
USA non permetteva la nascita dei sindacati e di altre forme di organizzazione
per i lavoratori. La parola comunismo è bandita dai libri di scuola!.
Dopo
il 90, anche grazie a numerose battaglie, la classe operaia coreana a potuto
costituire sindacati indipendenti, tuttavia mutata la fase di crescita
economica, la forma sindacale è risultata presto perdente e si assiste o ad una
politicizzazione dei sindacati o alla nascita di federazioni operaie
rivoluzionarie.
Gli
scontri, che molti di noi hanno visto alla TV, o letto sui giornali rispetto
alla Daewoo, sono normalità in Corea. Le stesse truppe americane non possono
intervenire, in quanto darebbe il via a una guerra civile in Corea. Prima di
ogni sciopero, i collettivi operai, si preparano militarmente, organizzando la
diffusione di bottiglie incendiarie, spranghe ecc.. Si organizzando dei veri e
propri corsi, e tale organizzazione permette di affrontare la polizia quasi alla
pari. L’uso delle armi è quasi bandito, in quanto la stessa polizia
difficilmente le utilizza, in quanto, cosi come vi è l’assenza delle truppe
americane, questo renderebbe ancor di più alto lo scontro e la preparazione
della classe operaia. E’ ben chiaro al governo, al padronato e all’esercito
americano, che il confronto è con una classe operaia, altamente preparata
sull’aspetto organizzativo, anche grazie all’inquadramento imposto
dall’organizzazione del lavoro capitalista. Lo scontro qui si pone in una
società complessa, dove le battaglie si porterebbero all’interno delle città
metropolitane. Lo stesso blocco sociale della classe operaia è impressionante
rispetto alla società coreana nel suo complesso.
Le
ripercussioni che potrebbe provocare un alzamento del conflitto sociale in Corea
rispetto al mondo, sono facilmente visibili a tutti, visto che la Corea è fra
le nazioni più sviluppate nel pianeta.
Le
articolazioni produttive legano la classe operaia coreana con quella del resto
del mondo, e l’importanza produttiva di una simile nazione può danneggiare
l’economia finanziaria dei paesi europei e americani. In questo caso, non c’è
solo un’importanza geopolitica-economica, come può essere il problema del
petrolio per i paesi arabi, ma vi è una fascia sociale (la classe operaia) che
unifica il piano oggettivo ( il sistema di produzione capitalista) a quello
soggettivo (le lotte operaie). L’impatto di visibilità sarebbe dirompente, già
ora gli echi di questa guerra iniziano a giungere a noi.
La
scommessa che hanno davanti gli operai coreani, è quella di offrire
un’alternativa sociale valida, e di potenziare le forme organizzative che
possono permettere di arrivare a questa alternativa. A noi il compito di capire
questi passaggi e riuscire a veicolare questa forza sociale manifesta nello
scontro di classe nei nostri territori dove viviamo e lavoriamo. La crisi in
questo modo, sarebbe crisi per il padrone e possibilità di comunismo per noi!.
Sulla
Daewoo
La
Daewoo è uno dei più grandi colossi automobilistici del pianeta. La crisi, con
la relativa speculazione capitalista ha portato alla ristrutturazione di questo
colosso, e alla fusione con altre case automobilistiche.
Un
anno fa iniziarono le prime forme di lotta contro la ristrutturazione, che
portarono a scioperi nazionali di tutte le compagnie automobilistiche coreane (Hyundai,
Daewoo, Kia e Sangyong), con 73.000 operai mobilitati nella lotta.
La
crisi della Daewoo ha coinvolto anche i 300.000 operai dell’indotto di tale
azienda (che ammonta a questi 500 ditte). Mentre il sindacato si batteva per
trovare un padrone coreano, che acquistasse la ditta, iniziava la
ristrutturazione, i licenziamenti e il decurtamento degli stipendi (la riduzione
è stata del 30%), arrivando a non percepire il salario per due mesi.
La
cronaca recente parte dall’ennesima ristrutturazione, che ha portato al
licenziamento di qualche migliaio di operai.
L’azienda
ha portato avanti questa manovra con l’aiuto del governo, e sotto la sferzata
delle banche creditrici.
E’
stata anche decisa la riduzione della produzione degli stabilimenti polacchi,
dove lavoravano 24.000 operai.
A
metà febbraio l’azienda ha spedito 1700 lettere di licenziamento, annunciando
la chiusura per tre settimane della sua fabbrica più grande, quella di Pupyong,
30 km ad est di Seul e in grado di produrre 500.000 vetture all’anno e 46.000
veicoli commerciali.
I
licenziamenti, sono stati facilitati dalla nuova legislazione sul lavoro, varata
nel 1997.
Immediatamente
alcune centinaia di operai hanno iniziato a mobilitarsi, ereggendo barricate e
preparandosi allo scontro con la polizia.
Le
forze dell’ordine sono intervenute in fabbrica (più di 4000 poliziotti), con
ruspe e blindati. Lo scontro è durato a lungo, gli operai hanno fronteggiato i
poliziotti, utilizzando anche le pompe antincendio. Dopo un giorno di scontri,
la polizia è riuscita a impossessarsi della fabbrica e di altri stabilimenti
adiacenti, e sono partite 30 ordini di cattura contro i capi della rivolta.
Il
21 febbraio gli operai hanno organizzato blocchi stradali sull’autostrada e
sono stati dispersi dalla polizia dopo altri scontri.
Il
sindacato intanto proponeva solamente il boicottaggio della GM, se questa avesse
acquisito la Daewoo scremata dopo la ristrutturazione.
Il
ministro delle finanze coreano ha sostenuto che i licenziamenti sono
inevitabili, per permettere l’intervento di acquirenti stranieri. E’ cronaca
di questi ultimi giorni la ripresa del conflitto e di violente manifestazioni.
Quello
che è successo alla Daewoo si è ripetuto per centinaia di stabilimenti. Da
qualche anno il 1° maggio viene presa come data per la lotta contro la
ristrutturazione, e non è un caso che tra le manifestazioni più violente il 1°
maggio sia in vetta tra quelle per numero di partecipanti e violenza.
La combattività di questa classe e i livelli di solidarietà (nella lotta degli operai Daewoo si sono avuti partecipanti di altri stabilimenti non della stessa casa automobilistica) sono alti, così come la tenuta delle lotte, vi sono stati scioperi che sono durati anche 100 giorni, manifestazioni come marce per 70-100 chilometri, tuttavia ritorna sempre di più in modo massificante, la ricerca di un’alternativa complessiva alla crisi del capitalismo. Gli operai coreani, le organizzazioni politiche rivoluzionarie, stanno sempre di più avendo davanti ai loro occhi gli effetti della crisi sul proletariato, e l’impossibilità di trovare una via di uscita in questo preciso modello sociale, nelle future lotte vi sarà la possibilità di svelare la capacità di conquistare un altra società. Questo è l’ordine dei problemi che tocca affrontare alla classe operaia coreana.
Precari
nati-Bologna