LO SCIOPERO DEI DOCKERS A LIVERPOOL

Lo scacco dello sciopero dei portuali inglesi del luglio 1989 aveva segnato l’abolizione dell’NDLS (Nacional Dock Labur Scheme) e l’obbligo conseguente per i portuali (che rifiutavano il licenziamento volontario indennizzato) di lavorare come salariati ordinari per imprese di manutenzione, con spesso salari equivalenti ma sempre con la perdita delle condizioni di lavoro vantaggiose garantite dall’NDLS(Su questo sciopero e sui cambiamenti che ne conseguono vedere Echanges n°62 ottobre dicembre 1989 pag. 23). A questo punto dopo che il lavoro aveva ripreso il 24 luglio per ordine del sindacato TGWU, i portuali di Liverpool, rimasti in lotta soli e contro tutti non cederanno fini al sette agosto sotto diverse minacce, provenienti sia dal padronato del porto sia dal TGWU. Da allora, a Liverpool come in altri porti numerose scaramucce hanno portato alla creazione del nuovo statuto che, come si poteva prevedere, ha accelerato la ristrutturazione del traffico portuale e modificato profondamente le condizioni di lavoro precedenti. Si è anche visto riapparire, a fianco dei portuali fissi salariati, il cui numero era largamente diminuito sull’altare della produttività, dei portuali occasionali pagati all’ora, ma senza la protezione di altri tempi per fare fronte del lavoro imprevisto che gli effettivi, ormai ridotti, non potevano svolgere, neanche con una retribuzione straordinaria. Dato che il tasso di disoccupazione a Liverpool (15% della popolazione attiva con delle punte del 30%), il risultato logicamente conseguente consiste in questi sbocchi complementari e occasionali, sbocchi diretti da agenzie di lavoro interinale senza ricorso al pool dei portuali come nel vecchio sistema, rappresenta una pressione sui salari e sulle condizioni di lavoro dei portuali fissi. Gli impiegati del porto hanno sempre cercato di mantenere vivo lo scontro sociale. Questa situazione era ancora più terribile per i portuali fissi poiché il sistema di leggi che regolamentano lo sciopero proibiva, da quel momento in poi e per sempre, gli scioperi di solidarietà: non soltanto tutti gli scioperi, per essere legali, dovevano riguardare uno scontro con il proprio datore di lavoro e dovevano essere preceduti da un voto segreto, ma era illegale fare sciopero anche per sostenere dei lavoratori che svolgessero lo stesso lavoro nello stesso posto e la cui lotta vi concerneva direttamente, semplicemente perché lavoravano per un altra impresa. Nella misura in cui la deregolamentazione aveva lasciato installarsi nello stesso porto più compagnie di manutenzione con portuali salariati, diventava difficile per i portuali in lotta di una compagnia poter contare sulla solidarietà dei portuali dello stesso porto e ancor meno dei portuali degli altri porti britannici. La forza dei portuali, nel corso delle loro lunghe lotte, veniva dalla possibilità di una pressione immediata tramite lo sciopero nel momento in cui sorgeva un problema sul lavoro e dall’esistenza di un potenziale di solidarietà altrettanto immediato. Le leggi antisciopero votate dal governo Thatcher miravano in primis a rendere totalmente illegali queste forme di lotta. Non bisognava nemmeno contare su un eventuale sostegno del sindacato, poiché questo rischiava pesanti sanzioni penali, e anche fisiche, per i dirigenti. Se i lavoratori passavano il limite, potevano essere licenziati immediatamente salvo ovviamente se la solidarietà sorgeva, e malgrado tutti gli ostacoli ristabiliva i rapporti di forza dalla parte dei lavoratori in lotta(Vedi Echanges n°79 pag. 35, I conflitti tra scioperanti selvaggi e sindacato in uno sciopero dei postali). L’abolizione del NDLS aveva significato per i portuali l’abbandono di un certo controllo di base sulle condizioni di lavoro, sul ritmo, sulla remunerazione. Il conflitto dei portuali a Liverpool è sorto proprio su queste condizioni di lavoro. Lo scopo di questo conflitto, come la sua estensione nella piena illegalità, era ed è ancora un tentativo di ristabilire un rapporto di forza rispetto alle armi di cui dispongono i padroni del porto per far regnare la loro unica legge. (Conflitti della stesso genere sono sorti recentemente nelle poste di Londra dove lo sciopero selvaggio si è esteso rapidamente, cosa che ha fatto cedere la direzione malgrado il conflitto e la sua estensione si siano svolti nella piena illegalità; un altro conflitto sta sorgendo sempre nelle poste in Scozia, ma ancora non si conosce il risultato). Le condizioni di lavoro e i salari di una parte di portuali, dei giovani, che lavoravano in un’impresa di manutenzione creata dopo l’abolizione dell’NDLS, Torside, erano fissate in base alla pressione della situazione di Liverpool:

Lo sciopero comincia nel settembre 1995, nel momento in cui 5 portuali salariati dell’impresa Torside (ottanta portuali in tutto) si rifiutano di fare ore supplementari perché non erano stati preavvisati e perché queste ore non sarebbero state pagate con la cifra pattuita.Vengono immediatamente licenziati.Altri quindici portuali di Torside che si trovavano sulla banchina in quel momento, cessano altrettanto immediatamente di lavorare: vengono licenziati anche loro.I sessanta portuali restanti dovevano scaricare una nave il giorno dopo: si rifiuteranno di farlo fin quando i 20 lincenziati non sarebbero stati riassunti.Furono lincenziati anche loro.Rapidamente, i portuali della Torside installeranno dei picchetti davanti a tutte le entrate del porto, soprattutto a Seaforth, il principale terminale all’esterno del vecchio porto di Liverpool,con un importante traffico di containers.Quando Torside, costituita dopo l’abolizione del NDLS, aveva reclutato dei portuali relativamente giovani  mentre l’organizzazione del porto di Liverpool - impresa privata e non servizio pubblico - MD&HC (Mersey Docks and Harbour Company)aveva conservato per la maggior parte i “vecchi dockers”, i 300 sopravvissuti del grande colpo di spugna che aveva seguito alla perdita della sciopero del luglio 1989; malgrado fossero stati duramente colpiti dallo scacco subito, rifiuteranno in massa di attraversare i picchetti e in un’assemblea , lo sciopero di solidarietà con i portuali di Torside.La notte seguente, ogni portuale salariato di MD&HC riceve una lettera consegnata a domicilio da un corriere speciale che dichiara che se alle sette della mattina successiva ognuno non avrebbe ripreso il suo posto sarebbe stato licenziato senza indennità e avrebbe perso tutti i diritti alla pensione e alle indennità speciali di buon uscita come portuale(In GB lo sciopero - questo era inoltre illegale - è una causa di rottura del contratto di lavoro che autorizza il licenziamento; tutto diviene quindi una questione di rapporti di forza tra lavoratori e datori di lavoro). La minaccia non era leggera per i portuali che avevano anche trenta anni di servizio. Molte centinaia di loro non riprenderanno il lavoro e verranno licenziati immediatamente. Era una doppia illegalità: gli scioperi di solidarietà erano illegali, che fossero stati votati o no in forme legali, e questo sosteneva uno sciopero selvaggio esso stesso illegale. In queste circostanze, la posizione del sindacato dei portuali TGWU non ha ambiguità: lancia un appello per la ripresa del lavoro per questi trecento portuali del MD&HC, ma 150 di loro si vedono rifiutare l’entrata al porto poiché licenziati precedentemente. Durante il fine settimana seguente, MD&HC offre ai portuali licenziati - non a tutti, si fa la cernita- di riprendere con dei contratti individuali con salari bassi, che li esula dal contratto collettivo che continuano a regolare i rapporti di lavoro.Gli unici ad essere tenuti alle condizioni precedenti sono i 60 portuali di     MD&HC che hanno attraversato i picchetti. Il TGWU mantiene la sua linea : rifiuta di sostenere lo sciopero che, a dire il vero, si trasforma in una lotta per la reintegrazione che si svolge all’esterno del porto. MD&HC vogliono approfittare della circostanza per sbarazzarsi delle condizioni post-NDLC, che comunque continuano a legarli ai portuali, e che bloccano in parte il sovrasfruttamento e i profitti. Lascia anche il campo libero, nella gestione del lavoro nel porto, ad un altra società privata di manutenzione, Drake Port Services, che ha l’incarico di formare tutto il personale del porto e di fornire anche i lavoratori occasionali. 150 posti sono così offerti per fare il lavoro di circa 400 portuali. I 60 portuali che hanno attraversato i picchetti restano in attività, ma i portuali licenziati hanno fino a venerdi alle tre per rispondere ad una offerta che comunque era stata egualmente lanciata nei giornali locali, provocando più di mille risposte per i centocinquanta posti. La ditta Torside, che fu all’origine del conflitto si è messa opportunatamente in fallimento, pretendendo di non potersi assumere l’onere dei salari che comunque aveva rifiutato di versare licenziando i portuali.

Dopo più di sette settimane i 400 portuali licenziati non hanno altra risorsa che contare su una solidarietà che si deve esprimere o nella strada o deve prendere delle forme che non fanno rischiare delle sanzioni simili a quelle che gli hanno privati del loro lavoro. Delle manifestazioni in Liverpool hanno riunito migliaia di portuali e sostenitori; alcune sono terminate alle porte del porto, con picchetti che a più riprese sono riusciti a bloccare Seaforth e a fare deviare molti porta containers delle linee regolari (Fino ad ora, 15 di queste linee che toccavano Liverpool sono state deviate per proteste). Dei progetti di boicottaggio di navi così deviate possono toccare non solo gli altri porti inglesi ma anche dei porti Europei e americani. Delle trattative si sono aperte a più riprese tra l’MD&HC e i rappresentanti ufficiali del sindacato TGWU (Che, insistiamo su questo punto, non riconosce lo sciopero e non lo sostiene). Rotte più volte, ogni volta riprese, hanno portato ad un “accordo”che sancisce le posizioni di MG&HC solo accordando qualche “risarcimento” ai portuali licenziati. Ai primi di marzo questi si sono visti proporre l’accettazione della loro situazione contro un indennità di licenziamento equivalente circa a 200.000 F; l’84% dei 500 hanno rifiutato questa proposta: vogliono la loro reintegrazione. Sono coscienti che questa accettazione non significherebbe non solo una vittoria padronale che li concerne personalmente, ma anche la libertà totale dell’organizzazione del lavoro, non solamente nel porto di Liverpool ma anche in tutti i porti britannici.

Secondo le ultime notizie, nel maggio 96, il braccio di ferro seguitava ancora, senza che fosse possibile misurare l’impatto reale del boicottaggio internazionale sulle linee di containers che toccano il porto e scaricati dai crumiri. Questo boicottaggio sembra che ci sia stato effettivamente in certi porti americani, dove dei picchetti delegati da Liverpool hanno potuto far deviare a più riprese delle navi(Ci sono stati anche dei tentativi di far dichiarare questi picchetti illegali da dei tribunali americani, cio sembra mostrare la loro efficacia). D’altra parte, MD&HC ha minacciato di licenziare centinaia di altri lavoratori del porto se questo boicottaggio si fosse mostrato troppo efficace e avesse fatto declinare l’attività del porto. Da parte dei portuali di Liverpool, fuori da qualsiasi sostegno sindacale, proseguono delle manifestazioni che terminano con picchetti di massa davanti alle porte del terminale dei containers (Si sono anche rilevate regolarmente delle provocazioni di commandos padronali). Anche dei tentativi di associare al boicottaggio di altri porti, britannici e stranieri, e di far pressione sugli apparati sindacali hanno portato ad assemblee nazionali e internazionali. Ma fin a desso, non sembra che tutti questi sforzi di solidarietà siano stati sufficienti per cambiare qualcosa. Il movimento dura ormai da circa 9 mesi ed è evidente che i padroni di Liverpool contano sul declino, poiché anche per loro la scommessa non è limitata a questo porto ma a tutta l’attività portuale britannica, in particolare, MD&HC ha degli interessi in diversi altri porti britannici, cosa che gli lascia un margine di manovra e una ragione in più per continuare la prova di forza.

H.S.

Maggio 1996

Echanges n°81 gennaio-giugno 1996