lettere estratte da quieora N.1, maggio 2001
OGGETTO: DENUNCIA DELLE CONDIZIONI DEL CARCERE DI PARMA
Morti
a catena nel carcere di via Burla
Testimonianza
di un infermiere
Ritorsione
della direzione contro un "detenuto scomodo"
Si
può evadere per fame
Incompatibilità
col carcere
Urine
a Parma
La
strana sezione 1B
Detenuti
al lavoro esterno?
Scheda sui decessi avvenuti nel carcere di Parma
OGGETTO:
DENUNCIA DELLE CONDIZIONI DEL CARCERE DI PARMA
Con la presente si vogliono denunciare e rendere di
pubblico dominio le condizioni disumane della vita di un detenuto nel Carcere di
Parma, in particolare della "Casa Circondariale".
Ho voluto cogliere l'occasione di un momento di proposte
per il miglioramento della pena detentiva fatte dai detenuti da sottoporre alla
Direzione del carcere, per descrivere, nel modo più oggettivo a me possibile,
la lunga serie di inadempienze, soprusi, abusi e violenze che caratterizzano
questo istituto.
Le richieste inoltrate da singoli detenuti o da gruppi di
questi vengono normalmente non prese in considerazione, ma cestinate e, in quei
rari casi nei quali si riesce ad ottenere una risposta, questa è sempre molto
vaga e comunque non porta mai a niente. I promotori delle stesse vengono
emarginati, isolati e viene loro resa la vita all'interno del carcere
impossibile, in alcuni casi (7 morti "sospette" nel 2000) sono stati
spinti al suicidio o trasferiti in un ospedale psichiatrico giudiziario.
Voglio inoltre sottolineare che diverse persone sono
detenute nonostante la loro innocenza, o perlomeno nonostante una non provata
colpevolezza, e che la maggior parte dei detenuti di questo Istituto ha commesso
reati comuni e minori e che è costretta per oltre 20 ore al giorno in una cella
di 12 m2 scarsi per 2 persone (comprendenti 2 tavoli di 1 m2 l'uno, 2 armadi di
1 m2 l'uno, 2 letti di 2,5 m2 l'uno e un bagno di 2 m2). Si verifica una
assoluta inadempienza delle basilari norme igenico-sanitarie:
1) locali doccia mai disinfestati, alcova di batteri,
muffe, funghi e parassiti;
2) iniezioni e prelievi del sangue eseguiti in locali non
idonei (la cella);
3) risposte a richieste di aiuto, per malesseri in genere e
tentativi di suicidio, dopo diversi minuti, accompagnate normalmente da:
"uno di meno che rompe i coglioni";
4) materassi in gomma piuma ormai appiattiti con
conseguenze gravi sulla salute, non cambiati da almeno 5 anni;
5) una "Commissione vitto", che avrebbe il
compito di controllare qualità e quantità delle materie prime, assolutamente
fantasma: se un membro della stessa si rifiuta di firmare il registro, perché
non ritiene i prodotti qualitativamente e/o quantitativamente validi, viene
immediatamente sostituito;
6) qualità del vitto in costante netto peggioramento.
Mi voglio anche soffermare su alcuni problemi strutturali e
gestionali:
7) in ogni sezione esiste una "saletta socialità"
di circa 40 m2 per 50 detenuti. Forse la qualità e la quantità del vitto sono
studiate a tavolino: più magri sono più ce ne stanno;
8) non esiste acqua calda nelle celle;
9) tutte le attività, quali l'utilizzo della lavanderia e
delle docce, devono essere svolte durante le "ore d'aria";
10) la mancanza di acqua corrente e servizi igienici nelle
aree di passeggio;
11) la presenza di "aree verdi" destinate ai
colloqui con i bambini mai utilizzate, cosicché gli stessi, già privati della
figura di un genitore, debbono sopportarne oltre misura le conseguenze, dovendo
incontrare il genitore detenuto in un ambiente assolutamente non idoneo e al
limite della legalità.
Questo mio scritto descrive solo la punta dell'iceberg, ma
ha la velleità di voler smuovere qualcosa nell'ambiente carcerario di Parma,
perché le condizioni di vita di un detenuto, grazie alla gestione militaresca
del carcere, sono disumane e umilianti la dignità della persona, degne di cose
da Sud America dei tempi passati, non di una nazione europea avanzata e attenta
ai problemi sociali. Una scuola di rabbia e violenza, ottimo sistema per il
futuro reinserimento di chi, dopo aver "sbagliato", vuole lavorare per
reintegrarsi nel tessuto sociale.
(25 maggio 2001, lettera di un detenuto nel carcere di
Parma)
Morti
a catena nel carcere di via Burla
Quando scrivevo mesi fa a proposito dei morti all'interno
del carcere di Parma, pensavo che qualcosa sarebbe cambiato; in verità è
cambiato molto, infatti i morti sono aumentati. Come si può giustificare tutto
questo? Per primo, il malessere che vivono questi detenuti nel vedere che lì
dentro tutto è permesso, nessun controllo dal Ministero, il potere assoluto
nelle mani di un comandante e un direttore che fanno il bello e il brutto tempo,
a dire il vero fanno solo il brutto tempo, per me sono dittatori ma malgrado
tutti questi morti sono sempre lì, a questo punto credo che lo stato ha trovato
un'alternativa alla pena di morte, non per mezzo di una sentenza del tribunale
ma mandandoli in carceri come Parma dove si aspettano un tot di morti
all'anno... anche questo è un modo per combattere il sovraffollamento in
carcere. Niente male, questi boia del 2000 fanno un lavoro splendido e a catena,
non so quando tutto questo finirà, da parte mia combatteremo fino a quando
questi signori se ne andranno definitivamente. Lo stato non può permettersi di
avere delle persone di questo tipo che lavorano per loro ma se questo non cambia
vorrà dire che questi sono appoggiati dallo stato stesso, così la cosa sarà
più chiara a tutti, una dittatura a livello dello stato.
Questo non mi meraviglierebbe visto che fino ad oggi hanno
continuato a fare solo il brutto tempo e nessuno gli ha mai detto nulla, salvo
per elogiarli di quanto fanno lì dentro, una vergogna. Quanti morti ci devono
essere ancora prima che qualcuno vada a rimettere nella legalità il carcere di
Parma? Non lo so ma dal mio ultimo appello sono morti in pochi mesi altri 3
uomini che lo stato aveva condannato ad una pena che non era quella di morte. Vi
chiedo questo: che non si parli più degli americani, che i telegiornali non si
vergognino più delle loro esecuzioni, perché l'America è lontana e nel nostro
paese, a Parma, abbiamo la stessa cosa, che noi odiamo cioè la pena di morte.
Può cambiare il sistema ma i morti sono morti e questi sono morti nelle carceri
d'Italia. Pensateci.
(maggio 2001, lettera di un detenuto nel carcere di Parma)
Testimonianza
di un infermiere
Sono un infermiere professionale che ha lavorato
dall'agosto a dicembre 2000 presso l'istituto penitenziario sito in via Burla a
Parma, come libero professionista (civile). Ho letto con interesse il foglio
periodico di contro-informazione n.0 dicembre 2000 "quieora" e sono d'accordissimo
che nel suddetto istituto vi siano delle carenze e disfunzioni che secondo me
non sono da attribuire ai singoli ma al sistema penitenziario italiano. Qui a
Parma la colpa di questo malfunzionamento del suddetto istituto è da attribuire
non a chi ci lavora e si suda lo stipendio ma a chi è seduto in poltrona che
gestisce e amministra in ambienti climatizzati, puliti, ecc. Io purtroppo posso
solo affermare che i detenuti di tale istituto hanno una pessima assistenza
sanitaria. E sia per questo motivo che per motivi di disorganizzazione di chi
gestisce gli operatori sanitari, ho mollato questo lavoro nonostante le mie
proteste personali direttamente al direttore. Per quel che concerne l'assistenza
sanitaria in particolare posso affermare che nell'istituto penitenziario di
Parma:
1) non si fa prevenzione delle malattie, sia per tutelare i
detenuti che per chi ci lavora in prima persona;
2) prescrizione da parte dei medici di terapie per niente
adeguate;
3) collaborazione medico - infermiere - gestori del
personale sanitario totalmente assente;
4) esecuzioni di attività sanitarie con mezzi non idonei e
al quanto pericolose, ad esempio: medicazioni di ferite o piaghe con carrelli e
strumenti non sterilizzati; somministrazione di terapie enovenose senza la
presenza di un sanitario né di un ambiente idoneo per il pronto intervento;
scarso trattamento terapeutico/assistenziale di alcuni detenuti affetti da
patologie gravi; gestione di un centro clinico che farebbe inorridire il più
asino dei sanitari; scarsa informazione terapeutica da parte degli operatori
sanitari; la per niente voglia di migliorare l'assistenza medico/infermieristica
da parte degli operatori stessi, i quali, in tale istituto operano con tecniche
e mezzi non adeguati; il sovraccarico di lavoro del personale sanitario che fa
fronte giorno per giorno ad una carenza, voluta da chi comanda l'istituto, di
personale qualificato e mezzi idonei; scarsa tutela dei lavoratori sanitari e
scarsa e dilazionata retribuzione. Per tali e altri motivi di organizzazione
interna io ho mollato il lavoro nel suddetto istituto; però tale situazione è
maturata giorno per giorno dopo tante proteste sia ai miei colleghi e sia ai
coordinatori sanitari che al direttore stesso. In pratica non c'è la volontà
di migliorare sia le condizioni disumane dei detenuti, sia degli operatori
sanitari che degli agenti penitenziari. Nonostante
ciò, nessuno protesta, per non perdere il lavoro o ricevere una
ammonizione. Io molte volte ho affermato davanti a tutti che le prime persone
che dovrebbero denunciare tali condizioni di gestione del carcere dovrebbero
essere effettuate da chi ci lavora. Però quando sono andato a protestare dal
direttore mi sono accorto che ero da solo. Faccio il libero professionista perché
non voglio dipendere da nessuna struttura e vorrei esercitare il mio lavoro nei
tempi e nei modi che preferisco.In bocca al lupo e non mollate mai. Distinti
saluti da un ex lavoratore civile del carcere di Parma.
(gennaio 2001, lettera firmata)
Ritorsione
della direzione contro un "detenuto scomodo"
Ora vado a spiegarvi il fatto della perquisizione che ho
subito e quello che mi è successo dopo dicembre.
Sono passato davanti a varie celle per chiedere chi volesse
ricevere il giornale "quieora". Poi il giorno dopo ho subito una
perquisa in cella di quelle normali che spesso si fanno in carcere. In quella
perquisa hanno letto i miei scritti, poi a dire il vero non mi hanno detto
nulla. Il giorno dopo vado all'aria, mi chiamano in sezione, quando arrivo li ad
aspettarmi ci sono ispettore, appuntati e agenti che mi chiedono di seguirli. Mi
mettono in un'altra sezione, alla 1B reparto tipo punitivo, senza darmi alcunché
di vestito e altro. Il giorno dopo mi portano i miei vestiti e tutto il resto.
Si sono fatti delle fotocopie delle mie lettere, poi viene il bello: mi chiamano
dal capoposto, fa finta di non ricordarsi perché mi aveva chiamato, mi dice
"non è che hai fatto una domandina?", io capisco che qualcosa non
andava, poi mi dice che si ricorda, che devo andare al magazzino vestiario. Mi
porta li dove con varie entrate e uscite dell'appuntato del magazzino (pessimo
attore tra l'altro) mi fanno aspettare più di tre quarti d'ora; tutto questo
per far sì che nel frattempo un ispettore potesse recarsi nella mia cella per
controllare se c'erano ancora degli scritti. Dal magazzino mi chiamano
direttamente alla matricola dove mi fanno vedere l'ordine di perquisizione fatto
dal Pubblico Ministero di Parma alle ore 15.05. Non so se questo PM sia
d'accordo con loro oppure l'hanno solo preso in giro ma fanno la perquisa e il
sequestro delle lettere. In realtà hanno violato la legge in molti punti ma a
Parma è all'ordine del giorno. Vedendomi sempre compatto nelle mie idee non
sapevano come fare con me, avevo scritto a troppi uffici di competenza, ero un
detenuto senza alcun rapporto, non avendo appigli per farmela pagare e per la
loro paura di ciò che sapevo e che ho visto nel carcere di Parma per 5 anni ero
diventato una minaccia per loro. Anzi, dall'unico rapporto che mi avevano fatto
sono stato assolto dopo 6 mesi dal Giudice di Sorveglianza, la quale assoluzione
gli ha fatto ancora più male dopodiché si sono accaniti su di me in ogni modo
ma la mia reazione è stata sempre per iscritto a chi di competenza e a voi, così
davo ancora più fastidio fino ad arrivare alla vicenda della perquisa e del
sequestro delle mie lettere. Alla fine di tutto ciò mi hanno trasferito nel
carcere di Ferrara, come regalo mi hanno fatto l'ultimo dispetto, mi hanno
trasferito con poca roba scelta da loro ma i loro dispetti non sono mai riusciti
a farmi andare fuori di testa anzi mi hanno sempre dato lo spunto per scrivere
di più. La conclusione della storia è che sono andato a finire in un carcere
dove si può dire che a paragone di Parma è un albergo a cinque stelle, dove si
può scontare la propria condanna nel modo giusto che un essere umano dovrebbe
scontarlo in qualunque istituto di penale. Molti detenuti di Parma vogliono
andarsene da quel posto di tortura, se posso dare un consiglio ad ognuno di loro
è di lamentarsi, di scrivere presso gli uffici di competenza, Provveditorato,
Giudice di Sorveglianza, Tribunale di Sorveglianza, Ministro di Giustizia e
Direttore Generale dell'Amministrazione Penitenziaria con raccomandata con
ricevuta di ritorno. Non lasciatevi intimidire, nel giusto si deve andare
avanti, solo in questo modo il carcere di Parma potrà un domani ritornare
vivibile come era prima che venissero il nuovo comandante e con la speranza che
il direttore riesce ad avere una sua propria personalità, visto che fino ad ora
è influenzato dal comandante. Vi auguro a tutti voi detenuti di Parma che la
vita li dentro ritrova la strada dell'umanità e vivibilità per tutti voi.
(gennaio 2001, lettera di un detenuto nel carcere di Parma)
Si
può evadere per fame
Incredibile credere che un detenuto possa evadere per fame,
questo a Parma è successo. Un detenuto di nazionalità turca ha dovuto fare
questa scelta per paura di dovere denutrirsi fino alla morte. Devo precisare che
questo detenuto è di religione musulmana, per questo motivo poteva mangiare
solamente certi tipi di alimenti, era in articolo 21 interno, detenuto modello,
nemmeno la direzione del carcere sa (o finge di non sapere) il motivo
dell'evasione ma per quello che mi riguarda lo conoscevo bene, eravamo nella
stessa sezione. La sera lo vedevo li senza cibo, mangiava formaggio e latte, un
tipo di yogurt inventato da lui, per mancanza di mezzi e soldi, questo è
successo per il fatto che in ogni dittatura ci devono essere delle vittime
malgrado tutto è stato molto più fortunato di tanti altri, è evaso ma vivo. A
pensare a tutti i detenuti che sono morti a Parma e quelli che sono sempre li
nella loro sofferenza gratuita e inutile, senza che l'opinione pubblica ne
sappia nulla, posso assicurarvi che la vita all'interno del carcere di Parma è
da confrontare ad un campo di concentramento, quando si dice che la fame gioca
brutti scherzi lo diciamo come battuta ma in realtà è peggio. Si può dire che
per certi detenuti, Parma è come il terzo mondo. Per chi può nel frattempo
mangiate, mangiate e mangiate sempre, per quello che riguarda le diete ci
pensano i detenuti di Parma (ovviamente quelli che fino ad oggi non hanno ancora
avuto la possibilità di evadere).
(aprile 2001, lettera di un detenuto nel carcere di Parma)
Incompatibilità
col carcere
Ho 36 anni, mi chiamo Michele e sono gravemente ammalato di
miastenia gravis, una patologia del sistema neuro-muscolare. Il male è cronico,
una cura non esiste ancora e la terapia che prendo si dice di mantenimento.
Quando c'è un'emergenza si ricorre alla plasmaferesi, una specie di lavaggio
del sangue che ripulisce da questo anticorpo; se anche questa terapia non ha più
nessun effetto allora la situazione diventa incasinata. La plasmaferesi l'ho
fatta a settembre e ottobre 2000 e dopo un mese e mezzo, proprio mentre vi
scrivo la situazione è precipitata. Sto male, molto male, senza poter chiedere
aiuto a nessuno perché nessuno vuole sentire. Mi hanno trasferito qui a Parma
perché abito in Bologna e poi perché il Ministero crede che questo istituto può
curarmi. Qui mi hanno abbandonato, tanto che mi sto aggravando, rischio la vita,
senza l'interesse di nessuno. A volte mancano anche i medicinali, a volte devo
ricordarglielo io di acquistarli. I medici sono incompetenti e menefreghisti, il
dirigente sanitario, nonostante una richiesta, non si è degnato di chiamarmi.
Nonostante una richiesta del neurologo fatta il giorno 11 dicembre 2000 per una
visita specialistica all'ospedale, ad oggi, nonostante i segni evidenti della
malattia, nessuno ha mosso un dito per me.
Sono disperato e non so più cosa fare, ho una famiglia che
mi segue e che viene trattata peggio di me, mia madre sta soffrendo molto più
di me e non ce la fa più. Ho referti medici che dicono che la mia patologia è
incompatibile col carcere e il Ministero mi sta sbattendo da un carcere
all'altro, forse nell'attesa della mia morte. Vorrei poter continuare a lottare
ma le forze stanno piano piano affievolendosi; se potete aiutarmi ve ne sarei
grato.
(dicembre 2000, lettera di un detenuto nel carcere di
Parma)
Urine
a Parma
Al rientro di ogni permesso un detenuto deve urinare
all'interno di due fialette per un esame sulla droga, così si può accertare se
un detenuto nel periodo del permesso ha fatto uso di stupefacenti, nulla di così
atroce in se stesso anche se questo dovrebbe essere fatto due volte al giorno,
il problema è che molte volte gli esami ritornano positivi e automaticamente il
detenuto viene chiuso di tutti i benefici, poi nel frattempo si può chiedere il
contro esami della seconda fialetta; in moltissimi casi questa è negativa, così
nel frattempo il detenuto è stato chiuso per un mese o più, senza colpa e
ovviamente non riceverà nessuna scusa. Questo è normale, dopo varie volte che
questo è accaduto una direzione normale chiederebbe spiegazioni al laboratorio
o almeno aspetterebbe l'esame della seconda fialetta ma visto che a Parma c'è
una dittatura, dove il detenuto deve solo subire tutto questo, resta come sempre
è stato, sbagliano pure, non importa, ma a noi non costa nulla?
Allo stesso tempo si sente alla TV che Parma fa i test del
DNA, che sono i migliori da un punto di vista scientifico; su ogni grosso reato
c'è Parma che indaga a livello scientifico, allora due sono i punti: o questi
fanno apposta che le urine risultino positive, oppure sono veramente incapaci.
Ma su questo chi darà una risposta? Nessuno. I detenuti non hanno il diritto
alle risposte, devono solo subire e stare attenti a non lamentarsi mai, per non
dovere subire anche delle ritorsioni, avere ragione a Parma può essere solo
pericoloso, i dittatori che comandano questo istituto non ammettono nessun tipo
di ragione da un detenuto. Sinceramente io le urine saprei dive farle. E voi?
Nella speranza che nel futuro si potrà urinare senza
temere il peggio, urinate psicologicamente dove penso io. Allo stesso tempo mi
sento obbligato a ringraziare il laboratorio che esegue esami e consigliargli di
cambiare mestiere, questo non è fatto per loro.
(marzo 2001, lettera di un detenuto nel carcere di Parma)
La
strana sezione 1B
Prima di scrivere a voi avevo già scritto ai giornali
locali, al sindaco, al vescovo, alla regione senza mai avere una risposta
diretta. Mi sono anche lamentato dei prezzi e del vitto che ci viene
somministrato, la risposta la potete leggere nella missiva che ho allegato,
tutto regolare dicono mentre non è così. Abbiamo una commissione che ci tutela
ma non può operare secondo legge, viene chiamata in cucina dopo che la merce è
già stata smistata giusto per firmare il registro mentre per i prezzi, è vero
che corrispondono ai prezzi esterni, ma ci fregano sulla qualità ad esempio se
1 Kg di prosciutto costa 50 mila lire a noi per lo stesso prezzo ci portano
quello da 30.000. E' così per tutto. So che per voi credere a certe cose può
essere difficile soprattutto quando vengono raccontate da emarginati come siamo
spesso considerati. Però mi chiedo e dico: se le cose fossero tutte regolari
come dicono, perché veniamo puniti o trasferiti quando intacchiamo il sistema?
Perché non ci fanno entrare e controllare personalmente le nostre lamentele?
Questo dovete scrivere, fare capire ai mass-media che dei soldi che si spendono
per tenerci in gabbia, il 50% va nelle loro tasche, questo lo posso confermare e
provare visto che in questi 18 anni ho lavorato per le amministrazioni di vari
carceri caricando furgoni e bauli di auto per destinazioni ignote; ho visto
sciupare milioni di materiale per il solo scopo di comperarne dell'altro più
aggiornato e meglio commerciabile. Non sono chiacchere e non sono l'unico ad
avere vissuto queste esperienze. E' il marcio che si nasconde dietro alle alte
mura delle carceri.
Ma parliamo di Parma e di questa "strana sezione"
dove mi trovo, la 1B. Siamo rimasti in 5, secondo l'agente che monta in sezione;
non possiamo comunicare tra di noi o semplicemente passarci un caffè. Nella
cella affianco alla mia c'è un
paraplegico su una carrozzina, è 4 giorni che urla per avere la biancheria e un
piantone che lo assista, 4 giorni che gli promettono "più tardi ti
chiamiamo per il magazzino" e poi rimandano al giorno dopo; se avessi una
telecamera vi mostrerei i volti soddisfatti nel vedere un uomo trascinarsi dal
letto per raggiungere la carrozzina.
Più in là c'è un sospetto diabetico che è stato
trasferito in questa sezione dopo essersi lamentato ed aver denunciato i
sanitari per avergli fatto per 8 mesi
l'insulina mentre è sano come un pesce. Poi c'è un
ragazzo proveniente da Padova, per una rissa è stato chiuso un mese alle celle,
ora vive
da 3 mesi in questa sezione in una stanza con il solo
letto; è in una tale depressione che non mi stupirei di vederlo appeso.
C'è uno arrivato da poco il quale non sa il perché
di questo isolamento,
nessuno da spiegazioni. Di
tento in tanto, senza motivo, vengono e ti cambiano stanza
forse per
non farci annoiare,
Durante il giorno
dalle 6 alle 22 aprono e
chiudono il cancello una ventina di volte sbattendolo
sempre più forte, non puoi riposare che subito trovano il sistema per
svegliarti e tante altre piccole cose che alla sera ti hanno consumato il
cervello, forse è un nuovo sistema per rieducare le
persone. Ok ragazzi
scusate se vi ho annoiati ma questa è la vita. Aspetto con
ansia il vostro
giornale. Un caro saluto da tutta la "strana
sezione".
(gennaio 2001, lettera di un detenuto
nel carcere di Parma)
Detenuti
al lavoro esterno?
In generale sono i semiliberi ma ci sono anche quelli in
articolo 21, essi escono al mattino per lavorare e rientrano la sera, dormono in
carcere, questo è il passo più importante verso il reinserimento sociale di un
detenuto, proprio per quel motivo si dovrebbe fare di tutto per agevolare queste
persone all'interno della società ma a Parma molti detenuti hanno avuto e hanno
tuttora dei seri problemi per inserirsi, piuttosto di essere aiutati,gli vengono
addirittura messi vari bastoni fra le ruote, per citarvi qualche esempio, tempo
fa facevano controlli in divisa nelle scuole, nei campi da calcio, in mezzo alle
strade, presso gli uffici o fabbriche dove si trovava il detenuto al lavoro, così
non c'erano dubbi, tutti potevano subito capire che quella persona controllata
era un detenuto, senza parlare di chi si emozionava al vedere una macchina della
polizia penitenziaria con agenti in divisa, con dei metodi a dire poco da film
americano, dopo vari reclami è cambiato, ora sono in borghese, già meglio ma
non per questo hanno eliminato di metterci i bastoni fra le ruote, queste
persone che hanno un beneficio di questo tipo sono soggetti alla chiusura di
quel beneficio per il minimo problema, voluto o no, per ripicca, in molti casi
addirittura per voce confidenziale, basta che un detenuto racconti una storia
contro un altro detenuto che a Parma è sicuro che questo passa dei guai e viene
chiuso il pilastro del carcere di Parma. Sono le voci confidenziali, certe volte
meglio specificate con voci sicuro già conosciute... questo è il metro usato
dalla "legge" del più forte, meglio chiamata in democrazia una vera e
propria dittatura.
(aprile 2001, lettera di un detenuto nel carcere di Parma)
19 gennaio 2000 Muore per infarto Giuseppe Mammoliti, 63 anni. La moglie
che aveva incontrato il marito 4 giorni prima dichiara che
"l'improvviso decesso è avvenuto per cause del tutto a noi
sconosciute e alquanto inspiegabili, perché lo stesso godeva di ottima
salute e appariva in ottima forma all'ultimo colloquio". 21 gennaio 2000 Viene ritrovato impiccato nella propria cella Antonio
Fabiani, 45 anni, detenuto paraplegico, trasferito per punizione da
Civitavecchia a Parma il 14 gennaio 2000. Pochi giorni prima di morire
aveva scritto un fax alla famiglia in cui diceva che era stato sottoposto
a regime di carcere duro (articoli 14 bis e 14 quater) ma che era
all'oscuro dei motivi che avevano portato la direzione a peggiorare le sue
condizioni detentive e di "avvertire l'avvocato perché era in
sciopero della fame e della sete". Avvisava la famiglia di
"ricordarsi delle rotte" ovvero delle botte che aveva preso
dagli agenti di polizia penitenziaria negli altri carceri in cui era stato
detenuto e che qualsiasi cosa fosse avvenuta in seguito, di "fargli
fare l'autopsia". Il 19 gennaio, la moglie si reca al carcere di via
Burla per il colloquio ma le viene detto che il marito non vuole riceverla
senza che le venga mostrato il documento di rifiuto del colloquio,
previsto dalla legge, recante la firma del marito. La moglie e il figlio
non sono per niente convinti dell'ipotesi del suicidio: "come è
possibile che un disabile colpito da una grave malattia ai menischi,
sopraggiunta durante la detenzione, che gli impediva di reggersi in piedi
senza le stampelle abbia potuto alzarsi da solo per legare la corda? Le
stampelle, a quanto ci risulta, in cella non c'erano e non ci sono state
consegnate... Siamo convinti che l'idea del suicidio non lo sfiorasse
proprio. Inoltre, in carcere doveva restarci altri 5 anni, 8 li aveva già
fatti in numerosi penitenziari... A Civitavecchia lo hanno pestato e pure
spedito al manicomio criminale di Aversa. Se avesse voluto togliersi la
vita, l'avrebbe fatto prima, in situazioni ancor più disperate". Antonio Fabiani è stato ritrovato morto 7 giorni dopo il
suo arrivo a Parma, 5 giorni dopo la rivolta avvenuta nel carcere. La
famiglia è stata informata del decesso solo dopo 2 giorni, ovvero
domenica 23 gennaio. 9 agosto 2000 Muore Adel S., 30 anni, tunisino. Il silenzio della stampa
ufficiale viene rotto dalla magistratura di Tunisi che ha aperto
un'inchiesta in seguito alla denuncia del settimanale tunisino "Adhoua"
che ha rivelato "tracce di violenza e gravi lesioni interne in parti
del corpo" del detenuto in via Burla. Adel stava scontando 13 mesi
per possesso di sostanze stupefacenti e mancavano 20 giorni al suo
rilascio. 10 novembre 2000 Un detenuto di 45 anni, viene ritrovato impiccato con la
testa incastrata fra le sbarre, è stato necessario l'intervento dei
vigili del fuoco per liberare il corpo. Da 10 giorni era stato rinchiuso
in via Burla, in una cella isolata (probabilmente nella famosa sezione
1B), sottoposto a custodia cautelare dopo un lungo periodo si semilibertà,
sulla base si alcuni indizi di reato non troppo chiari. Sulle ragioni del
nuovo arresto ci sarebbero infatti due ipotesi, una per furto, l'altra per
droga. Improbabile anche l'ipotesi del suicidio: per impiccarsi in tal
modo avrebbe dovuto, incastrare la testa, salire su uno sgabello e
lasciarsi cadere a peso morto. Sembra più probabile che la testa sia
stata schiacciata dalla chiusura della seconda porta che delimita la cella
provocando la morte per soffocamento. Nel 2001, stando a quanto NON riportato dagli organi si
stampa cittadini, sembrerebbe che non si siano verificati altri decessi
all'interno del carcere di massima sicurezza di Parma ma nelle lettere
inviate dai detenuti e dai loro familiari alla redazione di "quieora"
si legge invece il contrario. In questi primi mesi del 2001 sarebbero 3 le
morti di cui abbiamo avuto conferma da più persone, detenuti, familiari e
personale civile interno ma sembra che ve ne siano altri. |