LA PRASSI RIVOLUZIONARIA PROLETARIA E IL DIRITTO BORGHESE

Intervento del prigioniero comunista Maurizio Ferrari (Carcere di Biella, Settembre 2000)

 

Nelle ricorrenti manifestazioni in Italia accese dalle condanne a morte emesse dalla magistratura degli Stati Uniti (SU) ed eseguite nelle carceri di quel paese, si nota l'assenza della posizione pratica e teorica del movimento comunista; mentre, al contrario, esse sono ispirate e dirette dal pacifismo, dalla disarmante, arrendevole e criminale conciliazioni fra le classi, propria delle religioni, del cattolicesimo in particolare. La lotta contro la pena di morte non può che essere parte della lotta contro il diritto e lo stato borghesi o cade nel paralizzante innocentismo o, in ogni caso, nel variegato spazio dell'ipocrisia. Di seguito esporrò le ragioni di questa affermazione.

Prendere posizione è allora necessario, innanzitutto, 1) per non venir fagocitati, compressi o addirittura annullati dalla propaganda del solerte, onnivoro e potentissimo stato del Vaticano - parte integrante del sistema di dominio degli stati imperialisti; 2) per rilanciare, invece, la capacità critica di chi deve combattere per far avanzare la lotta per l'abbattimento dei rapporti di produzione capitalisti. Ossia, per abbattere lo stato che li impone attraverso il diritto, vale a dire il carcere, le condanne, il boia.

Gli stati quando incarcerano e anche uccidono un presunto o un reale stupratore, non si pongono la domanda: dove abbiamo sbagliato? Non lo possono fare poiché dovrebbero riconoscere che dietro lo stupro c'è la concezione della donna intesa esclusivamente come sesso, come semplice corpo. Secondo questa concezione la donna non può decidere di sé da se stessa o con chi essa decide, passo invece considerato "naturale" per l'uomo. No, lei, deve essere posta sotto strettissimo controllo, per avere la certezza di dominio sugli embrioni, sui bambini, la gioventù, la società. Una concezione propria ad ogni stato capitalista, tant'è che nelle fasi di bassa marea della lotta, come in parte oggi, tutti gli stati capitalisti alzano numerosi ostacoli nei confronti della donna quando deve entrare e restare nella produzione, nel commercio e nella scienza. Mentre, al contrario, sono prodighi a versare milioni affinché le donne stiano a casa a fare bambini e a coccolare i mariti, che si vuole siano i pilastri della famiglia, e via dicendo.

Lo stato, sopprimendo lo stupratore, sbarra ogni critica verso se stesso, la butta sulla morale; la "società" gli dovrebbe essere riconoscente per questa operazione chirurgica che taglia il piede invece di aggiustare o produrre altre scarpe. Questa concezione patriarcale della donna e del sesso è fondamento da cui la classe capitalistica trae la ricchezza per la sua condizione materiale e politica superiore su quella del proletariato.

Perciò, il diritto borghese condanna con ancora più determinazione, al carcere e anche alla morte, chi esercita l'esproprio; soprattutto se fa questo uccidendo chi difende con le armi il denaro e lo stato, se fa questo in nome della definitiva vittoria della classe espropriata sulla classe espropriatrice. Quest'ultima non esercita il dominio in ogni singolo stato, ma si coalizza con la borghesia di altri stati per succhiare lavoro altrui in ogni parte del mondo. Agisce, ormai da quasi un secolo, come classe imperialista internazionale. In questa luce essa va compresa per potersi capire fra proletari e comunisti, e così lottare insieme con criterio collettivo e cooperativo internazionale, per vincere.

Nei più recenti anni gli stati imperialisti sono diventati un corpo sufficientemente concorde ed omogeneo nell'espropriazione di tanti paesi, nell'aggressione militare prolungata, nella violenza e nello sfruttamento della classe operaia, del lavoro salariato in generale, di tutto il mondo. Tutti gli stati, aderenti o vicini alla NATO, hanno preso parte nel 1991 all'aggressione contro l'Irak, per il controllo sempre più stretto sui giacimenti petroliferi. Qui, subito, hanno causato decine di migliaia di morti, poi, in ragione dell'arretramento produttivo dello stesso Irak, è sopraggiunto un micidiale immiserimento dell'intera regione adiacente. Le conseguenze sono state altri morti, emigrazioni di massa che hanno colpito altre decine di migliaia di persone - processo tuttora in corso.

Gli stessi stati hanno ripetuto la medesima campagna predatrice ed assassina nel 1989 in Somalia, generando anche qui conseguenze disastrose sulla popolazione e sul sistema produttivo. Sempre in Africa l'imperialismo è tornato a mettere fuori i denti, si è trovato ad essere padrone praticamente indisturbato dell'intero continente. Questo è successo in seguito al venir meno dell'influenza del Comecom e degli stati socialisti, dileguatisi con il crollo dell'Urss fra il 1989-1991. Esclusa la Libia e pochi altri paesi, il dominio dell'imperialismo sul continente si è esteso attraverso la violenza militare, il commercio e il credito.

Esso ha così potuto espropriare, aizzare l'odio interetnico, fino a giustificare il successivo dislocamento permanente di presidi militari dell'Onu. La miseria più cupa si è in tal modo estesa assieme alle morti per fame, per le malattie più semplici e complicate; assieme all'emigrazione interna e internazionale di milioni di africani, soprattutto di giovani. Valga, a sostegno di queste affermazioni, quanto è avvenuto in Monzambico e Angola, poi in Ruanda e Burundi, e ora, nell'immensa regione centrale ricca semplicemente di tutto a cominciare dall'acqua; qui è aperta la contesa per il Congo ex-Zaire, oggi ribattezzato Repubblica Democratica del Congo.

In Asia, Cina compresa, poiché anche qui i rapporti di produzione capitalisti stanno mettendo piede, la situazione è analoga. Nell'ultimo decennio gli stati imperialisti, sulla base della maggior produttività della loro industria e agricoltura, del credito così reso possibile, sono tornati a piantare il piede in Asia. Anche qui il crollo del Comecom e dei paesi socialisti facilita il ritorno imperialista, basti pensare che essi mantenevano cospicui rapporti commerciali e militari con quasi tutti i paesi asiatici, fatta esclusione del Giappone.

Ora gli stati imperialisti raccolgono i risultati: espropriano per quattro soldi imprese indebitate che fino a 3, 4 anni fa avrebbero dovuto pagare molto di più. L'esempio più vistoso di questa espropriazione può essere preso dalla caduta dell'impresa giapponese Mitsubishi nelle mani della multinazionale tedesco-statunitense Daimler-Craysler. Imprese e banche europee e yankee, inoltre, entrano nel capitale delle imprese locali o aprono filiali. In tal modo possono sfruttare le differenze salariali, la durata e l'intensità della giornata lavorativa, esistenti fra i paesi europei, gli SU e l'Estasia; differenze che sono siderali. Nei paesi dell'Estasia, in particolare in Corea del Sud, Thailandia e Indonesia si sono sviluppate sin dal 1997, anno in cui esplose l'ultima pesante crisi capitalistica, lotte di massa contro il FMI e il WTO. In Indonesia queste lotte sono sfociate in aperta lotta di classe, in insurrezione, innanzitutto voluta e condotta dalle giovani generazioni operaie e studentesche. Sono loro che hanno abbattuto la dittatura di Suarto - una dittatura sostenuta e mantenuta per ben 32 anni dagli SU e loro alleati.

Naturalmente nell'intera Estasia le condizioni di lavoro e di vita, per il proletariato, sono notevolmente peggiorate assieme alla estensione dell'emigrazione di massa. In ciò è compresa la stessa Cina, come ben documentato dai 54 cinesi morti assiderati nel camion-frigo scoperto a Dover nel giugno scorso.

Le stesse istituzioni imperialiste, con le stesse pratiche, hanno agito ed agiscono in America Latina. Basti l'esempio dell'Argentina a caratterizzare la situazione.

L'Argentina da paese più sviluppato del continente è caduto indietro di decenni. Come è potuto accadere? Un esempio: l'Argentina fino a pochi anni fa forniva 3 milioni di tonnellate di frumento l'anno al Brasile. Alcuni anni or sono la Francia offrì al Brasile tonnellate di frumento a 40 dollari la tonnellata contro i 100 dollari invece richiesti dall'Argentina - che per altro corrispondeva al prezzo di mercato mondiale. La stessa politica, stavolta dell'UE al completo, viene condotta rispetto alla carne.

Secondo stime OCSE, nel 1998 l'UE avrebbe distribuito ai contadini europei sovvenzioni per 362 mila miliardi di lire; una massa di denaro che ha consentito all'agricoltura dell'UE di portare i suoi prodotti sul mercato ad un prezzo inferiore il prezzo del mercato mondiale, anche del 35%. Nel frattempo, però, l'Argentina avrebbe perso entrate pari a 200 milioni di dollari. Ecco come un paese dell'America Latina ha perso quote di mercato.

Così commenta la situazione un esperto del ministero dell'agricoltura argentino: "L'UE non difende soltanto i suoi mercati, al contrario, fa cadere con le sue sovvenzioni i nostri mercati". In seguito il paese sudamericano è entrato in crisi, il debito estero è diventato necessità per il creditore, il FMI, ha voluto garanzie. Quali? Il governo nella primavera del 2000 le ha tradotte così: straordinari quasi gratuiti, niente ferie, annullamento del contratto nazionale, scadenza dei contratti prolungata di due anni, periodo di prova portato da un mese ad un anno (riguardo l'ottenimento del salario totale, ecc.). Nello stesso periodo la miseria si è talmente estesa che ogni giorno muoiono di fame 55 bambini. Altri ne moriranno per le malattie più banali; figurarsi in quali condizioni siano caduti ospedali, scuole, pensionati.

Contro tutto questo, già il 21 aprile di quest'anno i sindacati hanno indetto uno sciopero generale. La lotta è perfettamente riuscita, nonostante, proprio a Buenos Aires il corteo sia stato assalito dalla polizia con manganelli e lacrimogeni.

Nell'Europa centro-orientale, con il crollo del Comecom, del sistema di proprietà sociale, della pianificazione produttiva e distributiva socialista, l'imperialismo è passato all'assalto diretto, fino all'aggressione armata, come è accaduto contro le popolazioni della Jugoslavia. Lo scopo dichiarato è di mettere piede stabile in questa metà del continente europeo.

L'esproprio di imprese, banche, terreni; la possibilità di poter sfruttare una classe operaia tecnicamente capace, ma molto meno costosa della corrispettiva in occidente, ha scatenato la brama del capitalista europeo, yankee e giapponese. Ungheria, ex Cecoslovacchia e Polonia sono diventate un loro particolare emporio, allestito e condiviso dalla borghesia locale in formazione, ma non meno rapace. La condizione materiale di milioni di persone è caduta indietro di un cinquantennio, in particolare in Russia, Ucraina e Romania. Qui, oltre a morir di fame, sono ricomparse, dall'humus della miseria, malattie come la TBC, la meningite, il colera; gli orfanotrofi, dove ci sono, si sono riempiti di bambini il cui destino in generale è segnato dal carcere o dalla prostituzione.

La borghesia di tutto il mondo considera gli SU il proprio modello. Le borghesie degli altri paesi, quando devono fare qualcosa contro il proletariato, dicono: "in America si fa così.", "da anni in America.". Non solo. Quasi tutte le maggiori e medie imprese e banche europee hanno aperto o acquistato fabbriche e filiali negli SU. I milionari e i miliardari europei investono denaro, cioè profitto espropriato alla classe operaia in Europa, nella loro patria reale: gli SU. Perché non dovrebbero? Qui i profitti sono maggiormente godibili perché i salari sono più bassi, le tasse sui profitti sono insignificanti rispetto a quanto fino ad oggi avviene nei paesi europei. Il fiume di denaro dall'Europa agli SU si ingrossa ogni anno di più. Da poche decine di miliardi di un decennio fa, nel 1998 dall'UE sono approdati negli SU, anche nella speculazione di Wall Street, 232 miliardi di dollari, una cifra pari all'83% del totale degli investimenti esteri negli SU.

D'altronde, l'euro, l'integrazione europea, che cosa sono se non il mezzo per spingere la produzione e la giornata lavorativa nell'UE ad essere concorrenti vincenti dei loro corrispondenti negli SU? Essi sono utili allo scopo di porre i rapporti di forza tra le classi e il diritto borghese ad essere esercitato, quanto meno alle stesse condizioni statunitensi. I vincoli al bilancio dello stato, affinché sia dipendente dal profitto, posti dalla famosa "carta di Maastrich" e successive perfezioni, l'euro stesso, determinano le condizioni per radicare in Europa il rapporto salario/profitto, il mercato del lavoro (lavoro interinale, ecc..), il mercato azionario, la tassazione sugli utili, la privatizzazione del sistema pensionistico-scolastico-mutualistico in linea con il modello yankee.

Contemporaneamente, la borghesia europea cerca di farsi intendere dalla ben conosciuta e frequentata consorella yankee, con calma e neppure senza particolare fervore, quanto sia dannosa alla legittimazione del dominio borghese l'uccisione di persone già rese prigioniere. Questo si capisce seguendo le prese di posizione dell'UE e degli stati membri, in occasione delle condanne a morte a scadenza negli SU. La recente storia penale degli stati europei insegna, che lo stato può uccidere prigionieri e non, comunisti o comuni cittadini, e allo stesso tempo cercare di alzare le barriere psicologiche fra gli individui, fra le masse e il loro salto nella lotta. L'uccisione dei militanti della Raf nel carcere di Stammheim nel 1977, le morti di Pelli e Faina nel 1979 e nel 1981 nelle carceri italiane, l'uccisione di militanti delle Br in via Fracchia a Genova nel 1980, ad esempio, sono esecuzioni compiute da stati europei fondatori dell'integrazione europea capitalista. Come sono loro, le esecuzioni di chi non si sarebbe fermato ad un alt della polizia, di chi muore in carcere a volte assassinato, a volte per pura incuria; di coloro che vengono uccisi sul lavoro (nel 1994 in Italia le morti sul lavoro furono 709, in tutta l'UE 3.410; nel 1998 i casi mortali in Italia erano già saliti a 1.073); degli immigrati uccisi nei mari e presso i confini europei, nelle baraccopoli o garage in cui vivono proprio da cani.

Nella sostanza fra i due modelli non c'è differenza, ma, a conti fatti, il modello europeo distoglie l'attenzione dallo stato, riesce a disarmare fisicamente e ideologicamente la coscienza comunista possibile della classe operaia, in maniera più persuasiva del frastornante concorrente. Negli stati dell'UE fanno di tutto pur di non creare né eroine né eroi, cioè dal dimostrarsi in difficoltà nel trovare ragioni superiori a chiunque e capaci di "recuperare" a sé chiunque. Invece, negli SU, ad esempio, non soltanto i militanti delle Pantere Nere diventano simboli mondiali della lotta contro l'imperialismo e il razzismo - come accade oggi con la condanna a morte che penzola sulla testa di Mumia Abu-Jamal - ma anche l'uccisione di un presunto stupratore mette in difficoltà gli SU sul piano internazionale ed interno. Già alcuni stati degli SU stanno perciò introducendo criteri più rigidi prima di arrivare alla esecuzione della condanna a morte.

In seguito può allora darsi che le esecuzioni nei confronti di chi è accusato di atti legati alla alienazione, al feticismo, al sessismo, al razzismo, tutti fenomeni che si sviluppano entro i rapporti di produzione capitalistici, vengano, anche negli SU, ridotte ai casi più eclatanti.

Tuttavia, nei confronti di chi si adopera nella lotta di classe fra le fila del proletariato, là, come qui in Europa, non possiamo aspettarci che una durissima resistenza controrivoluzioanria, dunque anni di carcere, uccisioni. 

Basta osservare e ragionare su quanto avviene in Kurdistan o in Perù; o anche quanto è successo a Seattle nel 1999 e a Philadelphia nell'agosto recente contro le manifestazioni organizzate nei giorni della Convention del partito repubblicano. La mobilitazione, fra le altre, era anche guidata dalla parola d'ordine in favore dell'abolizione della pena di morte; contro il razzismo nelle carceri, la violenza della polizia: insomma contro lo stato.

Ma come sempre, il diritto segue quanto viene sostanziato nella realtà dei rapporti di forza fra le classi. La libertà umana concreta, materiale, che è la base di ogni altra, non può che essere risultato, esito, dello scontro violento fra le classi. Non accettare di combattere l'imperialismo, i rapporti di produzione sui quali esso si fonda, implica divenire suoi servi, assecondarlo, rafforzarne ilo dominio. Implica venire scomposti in una società che rende gli individui unilaterali, alienati, ideologicamente succubi, sessisti e patriarcali, razzisti.

Senza lotta aperta contro la borghesia imperialista e ogni altro strato borghese, in stretta unità proletari internazionalista, il dominio del capitale permane indisturbato. Senza creare ed esercitare un conseguente potere nella lotta di classe, il proletariato non riuscirà ad impossessarsi delle forze produttive e a cambiare i rapporti di produzione, del reciproco aiuto, della uguaglianza nello scambio fra paesi e nazioni di tutto il mondo. La resistenza che oppone la borghesia a questo cambiamento è il fatto che rende impossibile un processo pacifico della lotta di classe.

I comunisti sono fautori di questa lotta, dei suoi scopi, la sostengono perciò attivamente, altrimenti non sarebbero proprio se stessi.

 

Maurizio Ferrari