Alcune
note circa il rifiuto comunista rivoluzionario del cosiddetto
marxismo-sociologico
Marxismo come
conoscenza diretta e trasformativa
La caratteristica fondamentale
di Marx ed è il tratto che lo distingue dai suoi predecessori (economisti
borghesi, socialisti utopisti) non è la teoria della successione storica dei
sistemi economici ma una nuova teoria particolare che oltre ai cambiamenti
evolutivi entro un sistema dato spiega le condizioni oggettive e soggettive
necessarie alla transizione da un sistema all’altro (capitalismo-comunismo,
nella nostra epoca): il fatto che nell’economia presente nasca e si sviluppi
una nuova forma economica, che queste entrino in conflitto sempre più violento
fra di loro e che attraverso la risoluzione violenta del conflitto alla fine
subentra la nuova economia.
All’interno
di questa teoria generale si articolano poi tre teorie particolari.
La teoria di una
-dinamica sociale universale- dei cambiamenti strutturali della società
validà per tutte le società -antagonistiche-
La teoria delle
tendenze oggettive dello sviluppo del capitalismo
La teoria delle cause
soggettive dei cambiamenti, cioè la teoria della lotta di classe
Ovviamente
la seconda diversamente dalle altre due tratta solo del particolare fenomeno
storico della trasformazione del capitalismo al comunismo
Marx
insegna che l’idea evoluzione deve essere applicata al futuro così come al
passato, perchè nei cambiamenti strutturali percepibili nel presente si devono
cercare le linee dello sviluppo futuro. Sin dal 1843 Marx scrisse ad A.Rouge che
non dobbiamo progettare -una costruzione
del futuro- o anticipare -dogmaticamente
il mondo, ma della critica del vecchio mondo [...] desumere quello nuovo-.
Ventanni più tardi Marx scriveva a Schweitzr che Prodhon e gli utopisti erano -alla
ricerca di una pretesa scienza- con cui risolvere a priori la questione
sociale -invece di attingere la scienza alla conoscenza critica del movimento
storico, movimento che deve esso stesso produrre le condizioni materiali
dell’emancipazione sociale-(Miseria della filosofia).
Marx
ha sviluppato una storia universale della Genesi di un sistema sociale. Ogni
nuovo sistema economico, egli pensava, nasce direttamente entro il vecchio e
attraversa un lungo processo di maturazione prima di poter rimuovere quello che
lo precede e divenire dominante. “Nuovi
e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate
in seno alla vecchià società le condizioni materiali della loro esistenza”(Marx,
Per la critica dell’economia politica). Marx sottolineo (maggio 1871) che la
classe operaia non si aspettava -utopie
bell’e pronte [...]. Essa non ha da realizzare un ideale ma solamente da
liberare gli elementi della società nuova di cui è gravida la vecchia società
borghese che crolla- (La guerra civile in Francia). La sostituzione del
vecchio sistema da parte del nuovo non è un processo arbitrario che possa
compiersi in qualunque momento; esso richiede l’esistenza e la lenta
maturazione di certi fattori soggettivi ed oggettivi necessari. “Essa
la classe operaia [...] sa che per realizzare la propria emancipazione [...]
dovrà passare attraverso lunghe lotte, attraverso tutta una serie di processi
storici, che trasformeranno completamente uomini e circostanze”(La guerra
civile in Francia).
Per
la prima volta nella storia delle idee vi è una teoria che combina, per formare
una significativa unità, elementi evoluzionistici e rivoluzionari in maniera
originale. Trasformazioni graduali delle forze produttive conducono ad un certo
punto del processo ad improvvise trasformazioni dei rapporti sociali di
produzione cioè alla rivoluzione politica. Sottolineando gli aspetti
evoluzionistici, il marxismo si distingue dal volontarismo e dal putschismo.
Nello stesso tempo, il marxismo non abbandona l’idea della rivoluzione ma la
considerà come la necessaria conclusione del processo evolutivo e il mezzo per
compiere la transizione ad una nuova struttura economica. Questa teoria poggia
fondamentalmente sul fatto che forze produttive, rapporti giuridici di proprietà
e potere politico sono soggetti alla legge dello sviluppo contradditorio.
Le
trasformazioni delle forze produttive liberano una componente relativamente
dinamizzante e dinamica dalla quale si sviluppa l’assalto contro la struttura
della vecchia società nel suo insieme. I rapporti giuridici di proprietà,
d’altra parte, e il potere politico che poggia su di loro costituiscono
l’elemento passivo, conservatore, statico che protegge la società esistente
dal cambiamento. Quest’ultimo elemento cambia lentamente molto dopo le
trasformazioni delle forze produttive e come risultato di queste trasformazioni.
Le nuove forze economiche si scontrano con gli antiquati rapporti politici e di
proprietà che non corrispondono più ai nuovi bisogni e impediscono
l’ulteriore progresso. -E allora
subentra un’epoca di rivoluzione sociale-(Marx), in cui gli antiquati
rapporti giuridici e politici vengono rotti e sostituiti dai nuovi, adeguati
alle nuove forze economiche. Poichè le leggi antiquate esprimono solo gli
interessi travestiti dei loro creatori e poichè questi non rinunceranno mai
volontariamente ai loro privilegi, la scomparsa delle vecchie leggi comporta
l’annientamento dei loro creatori, le antiche classi dominanti.
Nella sua seconda teoria
particolare, che tratta delle tendenze obiettive dello sviluppo nel capitalismo,
-le leggi di natura del proprio movimento-(Il
capitale), Marx cerca di dimostrare che c’è
un limite allo sviluppo del capitalismo, che necessariamente deve
raggiungere un apice dopo il quale ci sarà una fase di declino e che a un certo
punto l’ulteriore funzionamento del sistema diverrà impossibile e il suo
collasso inevitabile. Il sistema dev’essere trasformato non solo perchè lo
respinge la classe operaia ma anche perchè la classe dominante non può trovare
nessuna via d’uscita.
Durante
questo periodo critico, nonostante il progresso in settori delimitati
(tecnologia, chimica, genetica, ecc...), il sistema nel suo insieme perde il suo
carattere progressivo, e i sintomi della sua disintegrazione diventano sempre più
evidenti; il sistema diventa un ostacolo all’ulteriore sviluppo e può
conservarsi solo con la violenza e aumentando la spietata repressione delle
forze sociali emergenti. Alla fine, tuttavia, esso dev’essere sconfitto nel
conflitto con queste e arrendersi ad esse. Così il progresso è ottenuto solo
al prezzo della miseria e dell’umiliazione degli individui.
Marx
s’incarico di dimostrare la necessità storica del declino e della
disintegrazione finale del capitalismo. Quando il processo di accumulazione
raggiungerà un certo punto, egli dimostra, ci sarà una trasformazione di
quantità in qualità. Si avrà una condizione di sovraccumulazione di capitale
e non si avranno nuove altre possibilità adeguate di investimento di capitale.
Ogni ulteriore accumulazione di capitale diverrà impossibile e la società
entrerà in un periodo permanente di accumulazione crescente di capitale
inattivo, da un lato, e di disoccupazione permanente su larga scala,
dall’altro. Così inizierà il processo di disintegrazione. La paura dei
proletari di perdere i loro privilegi conferirà con una situazione politica
reazionaria. In breve, tutta la struttura del capitalismo sarà scossa alle sue
radici e si porrà la base per grandi trasformazioni politiche e economiche.
Il terzo elemento nella teoria
generale di Marx è che nessun sistema economico, per quanto indebolito, cade da
sè automaticamente. L’analisi teorica delle tendenze oggettive che portano
alla paralisi del sistema serva a scoprire gli -anelli deboli- e a utilizzarli
come una sorta di barometro che indica quando il sistema diventa maturo per il
cambiamento. Anche quando quel punto è raggiunto, si avrà il cambiamento solo
attraverso l’opera attiva dei fattori soggettivi. Questa parte della teoria
Marx la sviluppo nel suo studio sulla lotta di classe. In tutti i suoi scritti
Marx sottolinea in modo particolare l’unità di teoria e pratica. La
cosiddetta -necessità storica- non opera automaticamente ma richiede l’attiva
partecipazione della classe operaia al processo storico. Questa partecipazione,
tuttavia, non è essa stessa qualcosa di arbitrario ma è conseguenza della
presenza di fattori obiettivi. Si deve dunque considerare questo fattore
soggettivo come di fatto un’altra condizione oggettiva del processo storico.
Naturalmente, la lotta di classe, è qui intesa non nel senso primitivo che i
lavoratori devono attaccare ciecamente la classe degli imprenditori dovunque
vengano a contatto con essa. Sia il contenuto che la forma dei conflitti di
classe sono essi stessi determinati dal livello raggiunto dallo sviluppo storico
e dalla concreta situazione storica previo cadere in un immobilismo di
valutazione, che porta a considerare la forma parlamentare, sindacale, mutalista
a-storica. L’abbandonare questo piano porta ad un critica sterile, basata più
sulla presenza o meno di soggettività rivoluzionarie, più che l’analisi
delle forme d’azione storica della classe rispetto al contesto oggettivo di
sviluppo. L’immobilismo cosi come il rimpiangere il passato vuol dire
abbandonare Marx e ritornare in mezzo alle paludi del socialismo utopista.
Per Marx il proletariato è
portatore del principio trasformatore e creatore del comunismo. L’attività è
una parte integrante del pensiero e la verità non può essere scoperta mediante
un atteggiamento puramente contemplativo, ma solo attraverso l’azione. -Finora
i filosofi hanno solo interpretato il mondo in differenti maniere: il punto è
di cambiarlo- (Marx). Se i filosofi prima di Marx, pensavano che l’uomo è
un prodotto dell’ambiente naturale e sociale, Marx osserva che in misura
ancora maggiore l’uomo è influenzato dalla sua azione su questo ambiente.
Cambiando l’oggetto storico, il soggetto cambia se stesso. Così
l’educazione della classe operaia alla sua missione storica dev’essere
raggiunta non con teorie portate dal di fuori ma con la pratica quotidiana della
lotta di classe, che non è una teoria, ma un processo pratico dei conflitti di
interesse esistenti in cui le teorie vengono messe alla prova e accettate o
respinte. Solo attraverso queste lotte la classe operaia si trasforma, rieduca
se stessa, e diviene cosciente di sé. Vi è un duplice senso della teoria
marxiana della lotta di classe. Da un parte, essa è un’espressione del
conflitto esistente tra le classi. Nello stesso tempo, trascende la semplice
esposizione di una condizione reale esistente, non in quanto attesa fatalista
dell’evoluzione, bensì come guida teorica che rimanda alla partecipazione
attiva della classe operaia al processo storico.
Con questa attività le tendenze oggettive possono realizzarsi e le forze di una minoranza, ma potente, che si frappongono allo sviluppo e al progresso ulteriori possono essere vinte. In quest’ultimo senso la lotta di classe è sempre stata un fattore decisivo nella storia. In Marx la lotta di classe non è semplicemente la descrizione degli avvenimenti attuali ma una parte di una elaborata teoria storica: egli spiega geneticamente la necessaria emergenza dei conflitti di classe nelle varie epoche storiche e spiega la loro origine, forma e intensità attraverso lo sviluppo delle forze produttive in quel periodo e la posizione che gli individui e le classi occupano nel processo produttivo. “La storia di tutte le società finora esistite è storia di lotte di classi” (Il Manifesto del partito comunista). Qui, la lotta di classe è considerata come una forza dinamica, il motore della storia. Combattendo per i suoi interessi contro la classe dominante la classe sfruttata e oppressa crea una nuova situazione storica. Nuovi diritti vengono strappati alla classe dominante e tutta la società è perciò sollevata ad un nuovo livello superiore. In questa concezione, la lotta di classe non finisce con l’abolizione del feudalesimo da parte della borghesia; essa è inerente anche ai rapporti tra la borghesia e la classe operaia. Il processo storico lungo la via del -comunismo-, lungi dal diventare sempre più pacifico, cresce in violenza con lo sviluppo del capitalismo, e i conflitti di classe diventano lo strumento decisivo della transizione dal capitalismo al comunismo.
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