AZIONE RIVOLUZIONARIA
SENZA DATA
APPUNTI PER UNA DISCUSSIONE INTERNA ED ESTERNA
IL MOVIMENTO '77 E LA GUERRIGLIA
Le difficoltà in cui si trova il movimento dopo la grande ondata del'77 sono in alcune analisi imputate alla guerriglia che avrebbe espropriato la violenza di massa, aumentando i consumatori dello spettacolo della violenza, snaturato il movimento dandogli un contenuto solo politico. Innanzitutto lo stesso movimento del '77 non nasce dal nulla, ha una sua storia alle spalle su cui hanno influito, è difficile negarlo, anche le azioni di guerriglia. Se ci si fosse limitati all'ironia, a Roma Lama avrebbe tenuto il suo comizio all'Università e quello che è stato un fatto storico, la cacciata di Lama dall'Università, sarebbe stato più modestamente un comizio disturbato, magari con intelligenza, ma pur sempre un comizio, quindi una vittoria di Lama e dei suoi accoliti. È difficile scindere il movimento del'77 da tutto ciò che si è detto e fatto in questi anni, specie dai gruppi armati e dalla guerriglia autonoma. Da allora il movimento ha perso progressivamente la piazza; l'apparato repressivo, nato e sviluppato contro le manifestazione di piazza, è sceso in campo con tutta la sua forza. Era prevedibile. Il tentativo da parte dell'autonomia di riconquistare la piazza sul piano militare si è rivelato subito impraticabile. Dopo aver eroso la piazza, il potere ha chiuso sedi, giornali, radio, ha cominciato la caccia sistematica all'autonomo. Era anche questo prevedibile. La critica critica di Milano (ci riferiamo agli autori di " Insurrezione"[4] esalta il movimento del '77, com'è giusto, ma contraddittoriamente se ne nasconde le conseguenze. Si vuole la cacciata di Lama, l'assedio di Bologna, ma non si vogliono le conseguenze repressive. Queste se ci sono vanno imputate alla guerriglia. E una bella inversione! Come l'altra, che la guerriglia toglie spazio legale al movimento, accelera la sua criminalizzazione. Abbiamo già detto che le leggi eccezionali sono state varate dopo il '68, contro il movimento, in un periodo in cui le merci erano ancora un solido veicolo di consenso. Oggi il potere ha bisogno di ideologizzarsi, di far arrivare alla gente messaggi concordanti e convergenti verso il consenso. Il dominio del fittizio non può che essere totalitario, come in una sinfonia basta una nota stonata per rompere l'incanto, come in un bel comizio di Tronti sulla classe operaia che si fa Stato basta un poderoso pernacchio. Si può allora azzardare l'ipotesi contraria: il movimento sarebbe stato già sbaragliato, nelle sue sedi, nei suoi giornali, nelle sue radio, se la guerriglia non facesse da parafulmine, attirandosi addosso tutto l'apparato repressivo. Obiettivo del potere in questa fase è isolare la guerriglia, sradicarla dal movimento e quindi snaturarla dei suoi contenuti e delle sue radici sociali e culturali e per far questo non può criminalizzare il movimento perché questo oggi troverebbe ad accoglierlo una società sotterranea in sviluppo. Il movimento ha lo spazio della guerriglia, se questa crolla lo inghiottirà. Immaginate gli uomini del generale Dalla Chiesa liberi dai loro compiti "istituzionali". La critica critica che tende a isolare la guerriglia dal movimento è perfettamente funzionale al piano di repressione il quale usa la violenza contro la guerriglia e usa la critica (da Asor Rosa ai cinici senza passione) per isolarla. La critica critica, che sa tutto, non sa che isolando la guerriglia prepara anche le condizioni della propria precipitazione nella clandestinità, a meno che il capitale, nella sua grande ingenuità, come non sa riconoscere oggi i suoi amici e tortura, ammazza, perseguita i terroristi, domani non sappia riconoscere come sua unica nemica la critica critica e garantisca a essa cattedre e palcoscenici. La critica critica di Milano non è l'unico neo nel panorama dell'autentico, esiste anche la critica critica di Catania la quale, a differenza della prima, ha deciso di occupare "editorialmente" l'area di propaganda armata: ci riferiamo all'articolo apparso sul n. 21 di "Anarchismo" che dopo aver constatato il generalizzarsi del comportamento illegale e il carattere prerivoluzionario della fase attuale, vuole alfine dire una parola chiara su quelli che devono essere i compiti rivoluzionari degli anarchici. Date le premesse ci si sarebbe aspettati una risposta del tipo: gli anarchici devono cominciare a ribellarsi. Niente di tutto ciò: gli anarchici devono spingere gli sfruttati a ribellarsi. Nell'interpretazione malevola ciò può voler dire: è la vecchia solfa, i leninisti, gli stalinisti, gli operaisti si ribellano, perché gli anarchici devono limitarsi a spingere gli altri? Chi spingerà gli anarchici? Non si troveranno fuori dalla storia ancora una volta? Nell'interpretazione benevola: spingere gli sfruttati a ribellarsi nell'unico modo in cui è possibile, ribellandosi, non con fiumi di inchiostro. (...)