E’
da tempo che sull’attività dei compagni che danno vita a nuclei armati
proletari, il potere borghese ha scatenato una collaudata campagna di calunnia
di diffamazione e di terrorismo; la stessa stampa padronale e parafascista ha
assunto in questa operazione una parte di notevole rilievo.
Più
volte a questi squallidi figuri si sono affiancati compagni che avendo troppo
bene imparato il mestiere di giornalista, preferiscono confrontarsi con le
veline delle questure piuttosto che con le esigenze reali del movimento
rivoluzionario.
Troppe
volte si sono ignorate le vittorie ottenute con queste iniziali esperienze di
lotta armata in Italia.
Troppe
volte ci si è allineati agli sciacalli borghesi e riformisti nel diffamare ed
insultare i compagni caduti combattendo.
Troppe
volte si sono montate pretese vittorie degli sbirri di ogni arma preferendo
ignorare la reale forza e la reale portata politica che la generalizzazione di
esperienze di lotta armata riveste nella crescita del movimento rivoluzionario.
La
scelta di rendere pubblici alcuni documenti elaborati dai compagni del nucleo
“29 ottobre” non rientra assolutamente in una logica di propaganda e la
scelta dei diversi giornali cui sono stati inviati ha logicamente motivazioni
differenti.
Oltre
ai comunicati che hanno accompagnato le azioni portate a termine, questi
documenti tendono a chiarificare ancora meglio le posizioni dei compagni dei
nuclei armati proletari.
Chi
ancora preferirà muoversi sulle veline delle questure o sulle confidenze dei
“corpi separati” si sarà assunto oggettivamente il ruolo che preferisce.
LOTTA
ARMATA PER IL COMUNISMO
CREARE
ED ORGANIZZARE 10 100 1000 NUCLEI ARMATI PROLETARI
Nucleo
Armato 29 Ottobre
Come
sono nati e che scopi si propongono i Nuclei Armati Proletari?
I
NAP sono nati da precise esperienze di massa in vari settori, che hanno spinto
alcuni compagni a porsi completamente il problema della clandestinità. Per noi
clandestinità significa conquistare strutture politiche e organizzative che ci
mettano in grado di sviluppare e consolidare tutte quelle esperienze di lotta
violenta illegale che sono state e sono un momento centrale per la crescita
della autonomia proletaria e dell’alternativa rivoluzionaria nello scontro di
classe in Italia, oggi.
Per
lotta violenta illegale intendiamo sia esperienza di massa quali l’occupazione
della FIAT, San Basilio, le giornate di aprile a Milano; sia la lotta condotta
da avanguardie armate clandestine che autonomamente compiono tutte quelle azioni
che, pur rispondendo a profonde e generalizzate esigenze del movimento
rivoluzionario, in una fase come quella attuale, che secondo noi non si può
considerare pre-insurrezionale, non è possibile organizzare a livello di massa.
Queste sono per noi le punte emergenti di una pratica politica quotidiana, di
una vera e propria prassi alternativa che in questi anni si è diffusa in Italia
a un livello abbastanza di massa e rappresenta un primo abbozzo di un programma
comunista generale.
Per
noi l’unico terreno di crescita comune e omogeneizzazione è stato la
costruzione di esperienze di lotta armata la cui continuità è stata garantita
da una continua crescita organizzativa che è stata un momento essenziale del
nostro sviluppo.
E’
questo l’unico terreno su cui è stato possibile realizzare al nostro interno
un livello di unità non formale. Gli sviluppi delle varie esperienze hanno
portato alla creazione di nuclei di compagni che agiscono in luoghi e situazioni
diverse in maniera totalmente autonoma e che conservano tra di loro un rapporto
organizzativo e di confronto politico.
Noi
vediamo la sigla – NAP – non come firma che caratterizza una organizzazione
con un programma complessivo ma come una sigla che sintetizza i caratteri propri
della nostra esperienza. Per definire ancora meglio l’autonomia dei vari
nuclei, i compagni che hanno risposto a queste domande hanno firmato le loro
azioni “Nucleo Armato 29 Ottobre”
Quali
rapporti si hanno o si vogliano avere con organismi di massa non clandestini?
Secondo
noi oggi in Italia ci si può organizzare ed agire efficacemente in maniera non
clandestina. Bisogna però tenere ben presente che la durezza violenta dello
scontro di classe richiedono da parte di tutti i compagni rivoluzionari in
qualunque settore della società essi operino, la coscienza della necessità da
parte loro della costruzione di livelli di clandestinità che li mettano in
grado non solo di resistere alla repressione che li colpirà ma anche di
praticare efficacemente e con il massimo di sicurezza possibile le forme di
lotta illegali e violente che il loro lavoro di massa qualunque esso sia,
necessariamente richiede e richiederà.
I
rapporti che noi abbiamo con compagni non clandestini, da una parte vogliono
mettere a loro disposizione gli strumenti pratici e teorici che ci vengono dalla
nostra esperienza di clandestinità, dall’altra ci servono per trovare,
attraverso un confronto il più ampio possibile con compagni rivoluzionari
esterni nuove forze alla nostre azioni, nuovi obiettivi da colpire, elementi che
affrettino lo sviluppo della nostra esperienza e quindi del movimento
rivoluzionario di cui poi siamo una componente.
Naturalmente
questi rapporti assumono varie forme dipendendo:
dal
reale livello di illegalità richiesto dalla situazione in cui operano i
compagni con cui ci confrontiamo;
dalla
maturità con cui essi affrontano il problema della clandestinità con tutti
i rischi che vi sono legati per loro e per noi;
dalla
nostra capacità di misurarci realmente con il livello della lotta di classe
nei vari settori con cui entriamo in contatto e di dare quindi un contributo
non formale alla crescita del movimento rivoluzionario in quel settore.
Bisogna
pure tenere presente che le esperienze e le situazioni di militanza in cui si
agisce in Italia oggi hanno ancora caratteristiche abbastanza particolari per cui non è detto che i tempi e le forme della
clandestinità che è necessario praticare siano omogenee tra di loro. Già oggi
però alcuni momenti come le giornate di aprile a Milano costituiscono una
scadenza per tutto il movimento nel suo complesso e quindi a anche per noi. E’
cosi che va vista l’azione contro Filippo De Jorio, agente del STC e
consigliere regionale DC da noi effettuata a Roma.
Il
confronto pratico e teorico con i compagni esterni deve farci conseguire
l’obiettivo di una reale unità d’azione in occasioni come queste sia per
svilupparle al massimo livello possibile, sia per sperimentare nuove forme di
azione e di organizzazione.
Che
cosa avete da dire in merito al quadro che la stampa borghese neoriformista da
della vostra esperienza?
Per
quanto riguarda la stampa borghese c’è da dire solo che essa assolve il suo
compito di provocazione e calunnia contro le avanguardie rivoluzionarie
meritandosi la paga dei padroni.
Alcuni
giornalisti e giornali che non dimenticheremo hanno eseguito con particolare
zelo questo compito; per quanto riguarda la stampa riformista e neo riformista,
entrambi nella loro paura di perdere il cantuccio legale che si sono creati, in
uno Stato dove la legalità è quella dei padroni sono abituate a gridare alla
provocazione ogni qualvolta si trovano di fronte la violenza proletaria armata e
tanto più, da veri sciacalli, quando si subiscono sconfitte.
Il
ruolo di costoro (Avanguardia Operaia in testa) si configura oggettivamente come
provocatorio. E il tempo che ciascuno si prenda le proprie responsabilità. Da
una parte si sono calunniati compagni caduti o arrestati, dall’altra,
accettando in pieno e anzi arricchendo di particolari, inventati di sana pianta
le versioni che la polizia forniva delle nostra azioni, si è insinuato il
sospetto di infiltrazioni per screditare una scelta e delle ipotesi politiche e
i momenti organizzativi che ne derivano. Tutto questo facendo sfoggio di un
atteggiamento professorale ed esperto su problemi della clandestinità,
atteggiamento profondamente ridicolo per tutti i compagni che conoscono il
passato di scalda sedie degli aspiranti consiglieri comunali Corsivieri e C.
nonché le eroiche imprese dei vari “servizi d’ordine” a cominciare da
quello di AO più noto come la “Brigata Lepre”.
I
NAP si sono finora caratterizzati dalla perfetta conoscenza reciproca di tutti i
militanti di ciascun nucleo che è politicamente e organizzativamente autonomo.
Attraverso
la discussione e il lavoro politico comune si tende ad avere il massimo
controllo reciproco sui singoli militanti e sulle strutture. Ciò non vuol dire
che non si commettono errori tecnico-militari e di valutazione politiche su
singoli azioni.
Questi
errori, pesantissimi da pagare sono difficili quando si pratica un terreno,
quello della costruzione di una organizzazione clandestina su cui le esperienze
sono enormemente limitate.
Noi
rivendichiamo come nostro patrimonio gli errori commessi e riteniamo
fondamentale risolverli: molte volte abbiamo pagato la nostra inesperienza e
troppe sono pure le volte che abbiamo pagato anche la leggerezza dei compagni
esterni alle nostre strutture sui quali non abbiamo avuto il controllo
necessario.
Infine
i compagni e specialmente quelli che si muovono o intendono muoversi nella
clandestinità devono avere ben chiare il continuo rafforzamento qualitativo e
quantitativo dell’apparato repressivo borghese e il costo politico,
organizzativo, umano che questo comporta.
Ad
ogni nostra azione noi ci rafforziamo politicamente e organizzativamente però
ci scontriamo con una repressione più forte e raffinata.
In
questa situazione è illusorio pensare di potere evitare gli errori e le
sconfitte che possono anche essere fatali per questo o quel singolo nucleo.
La
validità di una esperienza clandestina deve essere valutata solo per giudicare
se si presenta o non come una componente del progetto complessivo che il
proletariato rivoluzionario sta oggi elaborando in Italia.
In
base a quale analisi e verso quali prospettive intendete agire?
Precisiamo
innanzi tutto che secondo noi il movimento rivoluzionario in Italia non ha
ancora raggiunto un livello e una generalizzazione tali da possedere una reale
analisi che preveda sul piano tattico e strategico i tempi e le forme dello
scontro di classe e un programma comunista articolato a tutti gli aspetti della
società. Ci sono senz’altro alcuni punti fermi teorici e pratici che sono
patrimonio del movimento rivoluzionario quali: il rifiuto del lavoro nella sua
forma attuale, la lotta violenta alla oppressione capitalista, il diritto a
riappropriarsi del complesso della nostra esistenza.
Più
che di un programma teorico si tratta di un programma pratico che già ora viene
posto in atto a livello di massa. Alcuni compagni che sono più coscienti ne
vedono più chiaramente le implicazioni altri ne hanno una coscienza teorica
meno chiara ma la loro prassi politica non per questo è diversa. La dimensione
di massa di questi fatti e il potenziale rivoluzionario che possono esprimere ci
sembrano ampiamente dimostrati da decine di episodi particolari della lotta di
classe in questi anni e dai momenti di lotta generale che ci troviamo di fronte.
Noi
intendiamo all’interno di questo processo, di cui siamo una componente,
sviluppare al massimo le nostre capacità di intervento sia pratico sia come
contributo teorico sulla base della nostra esperienza.
L’aver
portato felicemente a termine alcune operazioni negli ultimi tempi non ci fa
pensare di essere invincibili.
La
morte dei compagni Sergio, Luca, Vito, il pesante prezzo dei compagni arrestati
e condannati spesso sulla base di prove false, con cui abbiamo pagato ogni
minimo errore non sono cose che si possono sottovalutare.
Ma
riteniamo di rispondere con la nostra azione e con le nostre esperienze a una
reale esigenza della lotta di classe e di contribuire allo sviluppo del
programma comunista.
Questo
fatto e questa prospettiva giustificano i rischi che corriamo.
Lotta
armata per il comunismo !
Creare
organizzare 10 100 1000 NAP !
NUCLEO
ARMATO 29 OTTOBRE
1975