Il
Comunismo è la Comunità Materiale Umana:
Amadeo
Bordiga Oggi
di
Loren Goldner
Per molti decenni, i
rivoluzionari marxisti hanno pensato che la realtà sociale dell'Unione
Sovietica, della Cina e delle altre cosiddette società socialiste fosse Ia
negazione del programma di Marx di emancipazione della classe operaia e
dell'umanità. Molti teorici, cominciando da Rosa Luxemburg, nel suo libro del
1918, La rivoluzione russa, per proseguire con Mattick, Korsch, Bordiga,
Trotsky, Schachtman e CRL James (per nominarne solo qualcuno) hanno dedicato le
loro maggiori energie a sistemare Ia famosa «questione russa»: il significato
specifico per i marxisti della sconfitta della rivoluzione russa e il successo
internazionale dello stalinismo. La varietà dei punti di vista in questo
dibattito sembra sopratutto confermare la definizione di Winston Churchill,
molto lontano dal marxismo e dalla sinistra, secondo cui il sistema sovietico
era «un arcano avvolto in un mistero all'interno di un enigma)". Gli eredi
contemporanei delle teorie dello 'Stato operaio degenerato', 'collettivismo
burocratico', 'capitalismo di stato' o 'società di transizione' hanno tutti le
loro analisi e spiegazioni - molte delle quali auto-consolatorie - dell'attuale
evoluzione del blocco dell'Est. Con il moderato ottimismo caratteristico della
tradizione marxista, molte di queste correnti tendono a pensare (come ha fatto
anche chi scrive) che il più grande avversario della moribonda burocrazia
stalinista sarebbe stata la classe operaia rivoluzionaria, che avrebbe lottato
alla fine per il vero socialismo. Pochi hanno previsto - e tra quelli che hanno
completamente sbagliato la previsione ci sono i trotskysti, secondo i quali il
blocco dell'Est si basava su fondamenta sociali superiori a quelle dell'Ovest -
che i maggiori pretendenti per una successione post-stalinista non sarebbero
stati i marxisti rivoluzionari ma i neo-liberali filo-occidentali ispirati da
von Hayek e da Milton Friedman e dalle correnti autoritarie di destra del
periodo tra le due guerre (con gli ex-stalinisti presenti in modo prominente in
ciascuna delle correnti). Ancor di meno à stato previsto che la morte delle
fondamenta sociali dello stalinismo avrebbe provocato una profonda crisi del
marxismo stesso. Poichè la crisi del blocco dell'Est non genera consigli operai
o soviet ma solo populismo della terra e del sangue, nazionalismo crudele,
regionalismo, fondamentalismo religioso e antisemitismo (correnti autoritarie
che sono lontane da qualsiasi residua opposizione di sinistra contro il FMI e
contro il mercato), è diventato piú chiaro di prima che la maggior parte degli
schemi concettuali a disposizione dei marxisti rivoluzionari, all'Est come
all'Ovest, che sono stati sinora impiegati per comprendere la storia mondiale
dal 1917 in poi, hanno bisogno di un profondo riesame. Questo articolo vuole
essere un modesto contributo a questo riesame. Esso presenta, al riguardo, le
poco conosciute idee del marxista italiano Amadeo Bordiga (meglio ricordato,
quando non è dimenticato del tutto, come uno degli ultrasinistri criticati da
Lenin in Estremismo, malattia infantile del comunismo), sulla natura
dell'Unione Sovietica. Piú in generale, il presente articolo considera la tesi
che la questione agraria, fondamentale per Bordiga nell'analisi del capitalismo,
per quanto poco discussa, sia Ia chiave effettiva della storia tanto della
social-democrazia che dello stalinismo, le due deformazioni del marxismo che
hanno dominato il ventesimo secolo. Intende esporre l'idea che la stessa
socialdemocrazia europea (e soprattutto quella tedesca), persino quando parlava
un chiaro linguaggio marxista, non era altro che una distorsione statalista del
progetto marxiano, e piú ancora una scuola per una fase piú avanzata del
capitalismo, l'emergente welfare state keynesiano. Suggerisce che quello che sta
scomparendo oggi è la deviazione statalista dell'emancipazione della classe
operaia, che effettivamente non è stata altro che poco più di una rivoluzione
borghese per l'industrializzazione delle societá arretrate, e nemmeno
lontanamente socialismo o comunismo. Infine, questo lavoro intende sostenere che
qualsiasi abbellimento di una visione a tinte rosee della socialdemocrazia
storica tedesca, come era prima del trionfo del 'revisionismo', deve portare ad
un completo impasse ed ad una assenza di prospettiva per il periodo
contemporaneo. La storia, sempre piú avanti della teoria, sta ripulendo i
detriti dell'eredità della socialdemocrazia e dello stalinismo. Oggi, Ia
questione di come il progetto marxiano si sia legato, dal 1860 in avanti, con il
progetto statalista dell'assolutismo illuminato e la sua versione dell'Aufklaerungè
piú presente che mai. Ancora piú pressante, naturalmente, è la questione di
come ce ne si possa districare.
1.
Neppure si possono considerare
del tutti nuovi i tentativi di mettere a fuoco la centralità della questione
agraria in Unione Sovietica. All'interno del mondo accademico, figure come
Barrington Moore hanno sviluppato un'analisi su queste premesse qualche tempo fa[1].
Ma l'attenzione negli anni '70, quando apparve il libro di Moore, era ancora
molto centrata sullo sviluppo industriale come essenza del capitalismo, e poiché
Moore sembrava essere l'eco di una pallida versione delle teorie di Trotsky
sulla rivoluzione permanente e lo sviluppo ineguale e combinato, il suo lavoro
non ebbe alcun impatto nella discussione marxista. Adam Ulam, ancor piú lontano
dalle idee marxiste, scrisse nel periodo della guerra fredda che il reale
contenuto del movimento marxista era la questione agraria[2];
il suo obiettivo era quello di screditare il marxismo (che egli considerava la
stessa cosa dell'ideologia sovietica) mostrando che si trattava di un prodotto
del sottosviluppo e non del capitalismo. Anche Gerschenkron, da un punto di
vista storico piú ricco di Ulam, sembrava essere una specie di ombra di Trotsky[3].
Indubbiamente, il piú
importante fra i libri del ventesimo secolo che abbiano influenzato l'opinione
dei marxisti sulla questione agraria nell'ambiente rivoluzionario
anti-stalinista è stato la Nuova economia di Preobrazhensky; opera che,
quantunque ricca di difetti, é essenziale per capire il destino
dell'opposizione internazionale di sinistra[4].
Preobrazhensky, che attinge abbaondantemente il suo concetto di 'accumulazione
socialista' nelle campagne da L'accumulazione del capitale di Rosa
Luxemburg, argomenta che 'lo stato operaio' puó realizzare coscientemente ed in
maniera umana quello che lo stato capitalista ha storicamente realizzato
irrazionalmente e sanguinosamente: la trasformazione dei piccoli produttori
agricoli in lavoratori dell'industria (fu lasciato poi a Stalin di realizzare
questa trasformazione coscientemente e sanguinosamente). Ai margini di questa
discussione, in cui Ia maggior parte della sinistra occidentale e stata
coinvolta, abbiamo le idee e il carattere affascinante di Amadeo Bordiga. Con
Gramsci, fra i piu' importanti membri fondatori del PCdI (divenuto poi PCI), e
sicuramente suo dirigente piu autorevole nella prima parte della storia di
questo partito, Bordiga fu l'ultimo rivoluzionano occidentale che definì Stalin
'becchino della rivoluzione' (1926) potendo poi vivere continuando a sostenere
questa tesi. Fu espulso dal PCI in 1930, portando via con sé diverse migliaia
di 'bordighisti'. Nel 1928 Ia 'sinistra comunista italiana' (come essi amavano
definirsi) elesse Trotsky a 'capo dell'opposizione internazionale di sinistra',
cui seguí un lungo scambio tra Bordiga e Trotsky, che finì abbastanza presto
in un completo fallimento. Bordiga in ogni caso rimane uno del più originali,
brillanti e completamente trascurati teorici marxisti del nostro secolo, (Ia sua
ereditá non poteva ovviamente essere fatta propria dal PCI del dopoguerra che
seguì la strada di Gramsci). Egli rimase in Italia durante Ia guerra (fu anche
espulso e calunniato dal Komintern con i soliti metodi, completamente isolato da
Mussolini, e seguì una sua carriera come ingegnere). Ma, in un certo senso è
dopo la seconda guerra mondiale che il lavoro di Bordiga diventa molto
interessante. Visse nell'oscuritá fino al 1970, e scrisse un paio di articoli
sul movimento del '68. La sua missione dopo la guerra fu, come egli la
intendeva, quella di salvare le 'lezioni teoriche' dell'ondata rivoluzionaria
del periodo 1917-1921. Bordiga sentiva, come quasi tutti i rivoluzionari
anti-stalinisti nel 1945, che questo salvataggio richiedeva di fare i conti con
'l'enigma russo', il che lo portò a scrivere una lunga serie di articoli,
riuniti poi in un grosso volume (tradotto in francese ma non in inglese), sulla
rivoluzione russa e l'economia sovietica[5].
A questi vanno aggiunti altri tre volumi di una storia della 'sinistra comunista
italiana' (un termine che definisce la sua corrente)[6]
e molti altri articoli successivamente collocati assieme in svariati volumetti.
Molti dei suoi scritti sono turgidi e illeggibili, ma vale la pena di studiarli.
Quello che è inusuale e sorprendentemente nuovo nel punto di vista di Bordiga
è molto semplicemente la sua teoria che il capitalismo significhi la rivoluzione
agraria [7].
Egli probabilmente sviluppó questa idea nel periodo precedente il 1914: alcuni
del suoi primi articoli riguardavano le posizioni dei socialisti italiani e
francesi sulla questione agraria. Non é sempre facile seguire la traiettoria di
Bordiga; egli credeva nella 'anonimitá rivoluzionaria', aborriva il culto della
personalitá e spesso non firmavai suoi scritti.I libri che raccolgono i suoi
lavori non furono editi e pubblicati da lui ma dai suoi seguaci. Una valutazione
di Bordiga della rivoluzione russa fu pubblicata sotto il titolo A margine
del cinquantesimo anniversario dell'ottobre del 1917 nel 1967[8].
E una trattazione del tutto estranea al dibattito Stalin-Trotsky cosi come si e
svolto negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia e in Germania. (Per
esempio Bordiga non usó mai il termine 'capitalismo di stato', e raramente citó
il termine 'Unione Sovietica' perché i soviet erano stati distrutti molto tempo
prima). Per lui, era semplicemente il capitalismo russo, non molto differente
dagli altri capitalismi. Bordiga aveva un vigoroso desiderio di 'derussificare'
le preoccupazioni del movimento rivoluzionarlo internazionale. Così,affermó
che il movimento operaio era già stato scosso nella storia da una
controrivoluzione precedente (dopo il 1848 con Luigi Napoleone) e che non vi era
nulla di speciale in Russia. Tuttavia, la sua preoccupazione per l'economia
russa durata 25 anni smentisce iI suo sangue freddo. (Ancora piú interessante
è il fatto che nel 1949 egli abbia predetto un lungo periodo di espansione
capitalistica e di riformismo operaio, che doveva finire con Ia successiva crisi
mondiale, che si è poi verificata nel 1975)[9].
L'analisi della Russia di Bordiga (come é stata sviluppata dopo il 1945) è Ia
seguente. Mentre la sua corrente appoggiava Trotsky totalmente nella disputa
degli anni '20, in larga parte dovuta alla politica estera del Komintern,
l'analisi di Bordiga prese le distanze dalla strategia della
superindustriallzzazione dell'opposizione di sinistra, per ragioni simili a
quelle di Bucharin. Egli percepi dopo il 1945 che solo una strategia come quella
di Bucharin avrebbe potuto preservare un carattere rivoluzionarlo e
internazionalista al regime sovietico (che per Bordiga era un fattore piú
importante dell'industrializzazione russa) perche' non avrebbe distrutto il
partito bolscevico. Bucharin nella disputa tra il 1924 e il 1928 sostenne che lo
svlluppo della superindustrializzazione voluto dalla sinistra trotskysta avrebbe
prodotto il piú elefantiaco stato burocratico che la storia avesse mai visto[10].
Quando Stalin fece suo il programma della sinistra e lo mise in pratica, ciò
confermó completamente le previsioni di Bucharin, come Trotsky stesso
riconobbe, contrariamente a quanto ci si potesse aspettare quando la maggioranza
della sua corrente in Russia capitolò davanti a Stalin[11].
Bordiga prese ancor piú sul serio di Trotsky l'idea del carattere
internazionale della rivoluzione e del regime sovietico; per lui l'idea del
'socialismo in un paese solo' era un'assurdità, gravissima per tutto il
marxismo. Nel confronto finale con Stalin a Mosca nel 1926, Bordiga propose che
tutti i partiti comunisti del mondo dirigessero collettivamente l'Unione
Sovietica, come dimostrazione del carattere sovra nazionale del movimento
operaio[12].
Questa proposta, inutile dirlo, fu accolta molto freddamente da Stalin e dai
suoi amici.
2.
Ma questo è solo l'inizio. Gli
scritti di Bordiga sulla natura capitalista dell'economia sovietica, in
contrasto con le cose scritte dai trotskysti, si concentrano per gran parte sul
settore agrario. Egli cercó di mostrare come le relazioni sociali capitaliste
esistevano nel kolkhoz e nel sovkhoz, il primo una sorta di cooperativa agricola
e il secondo una fattoria statale con lavoratori salariati[13].
Bordiga sottolineò come molta della produzione agraria dipendesse dalla piccola
proprietà agricola (egli scriveva questo nel 1950) e riusci a predire molto
accuratamente i tassi a cui l'Unione Sovietica avrebbe cominciato ad importare
grano, dopo esserne stata una grossa esportatrice dal 1880 al 1914.
Abbiamo gia visto come le
ragioni che portarono Bordiga a sottovalutare il settore industriale ed ad
enfatizzare l'agricoltura riguardino il periodo precedente Ia rivoluzione russa.
Ancora una volta, per Bordiga il capitalismo era prima di tutto una rivoluzione
agraria, la trasformazione capitalistica dell'agricoltura; motivo che, tra gli
altri, lo portava a valutazioni dei rivoluzionari anti-stalinisti diverse da
Bucharin. Bordiga introdusse una nuova distinzione tra Lenin e Trotsky. Molti di
coloro che distinguono Lenin da Trotsky sono stalinisti o maoisti. Ma Bordiga
rovescio completamente le carte degli stalinisti. Usando una formulazione di
Lenin, defini la rivoluzione russa una 'doppia rivoluzione'[14],
in cui la presa del potere da parte del proletariato aveva reso possibile la
realizzazione dei compiti della rivoluzione borghese, soprattutto la distruzione
delle relazioni sociali precapitaliste in agricoltura. Il grande prototipo di
quest'ultima rivoluzione era indubbiamente costituito dall'agosto 1789 in
Francia. I trotskysti hanno sempre sostenuto che nell'aprile 1917 «Lenin
divenne un trotskysta» accettando la tesi della rivoluzione permanente. In
realtà Lenin era d'accordo con Trotsky solo su delle sfumature, e questo
divenne chiaro nelle sue formulazioni sulla natura del nuovo regime del
1920-1922, principalmente nel suoi importanti discorsi al congresso del partito
del 1921, nella polemica contro Ia Prima Opposizione Operaia e la sua accusa che
lo stato sovietico fosse 'capitalismo di stato'. In risposta, Lenin disse che il
capitalismo di stato sarebbe stato un gigantesco passo in avanti rispetto a ció
che la Russia effettivamente era, vale a dire un capitalismo del piccoli
produttori con un partito politico operaio che controllava lo stato[15].
Secondo Bordiga, l'espressione politica della classe operaia venne distrutta
dallo stalinismo, quello che venne lasciato fu il capitalismo dei piccoli
produttori. L'uso di Lenin del termine 'stato operaio con deformazioni
burocratiche' all'inizio degli anni '20 era molto diverso dall'uso che fece
Trotsky dello stesso termine nel 1936. Non e' possibile o necessario
ricapitolare qui l'intera evoluzione di chi disse qualcosa su questa questione.
Quello che si nasconde dietro questi differenti giudizi tattici sono due opposte
concezioni del marxismo. Quello che è importante per Trotsky e i trotskysti è
che il carattere permanente della rivoluzione fu congelato in date 'forme di
proprieta'' e piú tardi si espresse nello sviluppo delle forze produttive[16]. Per Bordiga, lo sviluppo
delle forze produttive era semplicemente la prova del carattere borghese del
regime sovietico. Egli capovolge il ragionamento degli stalinisti affermando che
il problema di Trotsky non era stato quello di sottovalutare i contadini, ma
quello di sopravvalutare Ia possibilita che i contadini e la rivoluzione agraria
dei piccoli produttori potessero avere qualcosa a che fare con Ia rivoluzione
proletaria[17].
Nella concezione di
Bordiga, Stalin, e piú tardi Mao e Ho Chi-min sono stati 'grandi rivoluzionari
romantici' nel senso del XIX secolo, cioé rivoluzionari borghesi. Egli percepi
che i regimi stalinisti che vennero alla luce dopo il 1945 avevano soltanto il
compito di estendere la rivoluzione borghese, cioé l'espropriazione degli
Junker prussiani da parte dell'Armata Rossa, attraverso la loro politica agraria
e lo sviluppo delle forze produttive. Contro le tesi ultrasinistre del gruppo
francese 'Socialisme ou Barbarie' che denunciò come capitalismo di stato il
regime sovietico dopo il 1945, Bordiga replicò con l'articolo dal titolo
'Avanti barbari!' che definì l'aspetto rivoluzionarlo borghese dello stalinismo
come il suo unico contenuto reale[18].
(Non é necessario essere d'accordo con Bordiga per riconoscere che questo era
un punto di vista piú coerente della stupidità dell'anallsi trotskysta dopo il
1945, che considerava gli stalinisti dell'Europa delI'Est, in Cina o in Indocina
come tremolanti 'riformisti' ansiosi di vendersi all'imperialismo).
3.
II progresso dell'impianto
teorico di Bordiga rispetto a quello di Trotsky è soprattutto la sua critica
dell'assunto, contrabbandato all'interno del trotskysmo e di quelli che si
spacciano per trotskysti, che Stalin e lo stalinismo rappresentino il
"centro" tra la destra di Bucharin e la sinistra di Trotsky. E quanto
mai arduo immaginare come la vittoria della destra di Bucharin nel dibattito
sull'industrializzazione avrebbe potuto danneggiare maggiormente il movimento
internazionale dei lavoratori di quanto non abbia fatto il trionfo del
"centro" di Stalin. Chiunque desideri tracciare una linea acritica
della continuità marxista di Trotsky dopo il 1924 tacitamente accetta questa
distinzione tra destra e sinistra e le sue conseguenze. Trotsky scrisse nel 1936
«II socialismo ha dimostrato il suo diritto alla vittoria non nelle pagine del
Capitale, ma con il linguaggio deIl'acciaio, del cemento e deIl'elettricità»[19].
Estendendo la teoria della rivoluzione permanente dalla formazione dei Soviet
(1905, 1917) alle forme di proprietà statale, allo sviluppo delle stesse forze
produttive (la prova del carattere socialista deformato del regime è la sua
abilità allo sviluppo dell'industria nella «era della decadenza
dell'imperialismo»). Trotsky arrivó al culmine di ció che io chiamo il
carattere «di rivoluzione borghese sostitutiva» del marxismo della Seconda e
della Terza Internazionale.
I trotskysti del dopoguerra (per
i quali naturalmente Trotsky non puó essere responsabile) considerarono
l'industrializzazione dei regimi stalinisti durante il periodo in cui il Terzo
Mondo non stava dando alcun segno di sviluppo come la prova definitiva del loro
carattere socialista deformato. Contro questa posizione Bordiga sostenne che: «Il
comunismo non si puó costruire». Il compito dello 'sviluppo delle forze
produttive' non è un compito dei comunisti. Egli aggiunse anche: «E proprio
vero che in Unione Sovietica si stanno gettando le basi per il socialismo»; per
lui questa era esattamente la prova del carattere borghese di quella società.
Un esempio importante di una
corrente che ha rotto con la deviazione filo stalinista del trotskysmo senza
esaminare l'eredità della disputa tra le diverse correnti degli anni '20, è
stato quello del gruppo di Schactman e della sua analisi del 'collettivismo
burocratico'. Quantomeno la versione degli anni '40, attribuisce allo stalinismo
un dinamismo che gli avrebbe consentito di conquistare il mondo[20]
che ne avrebbe fatto il sostituto del socialismo come epoca atta a soppiantare
il capitalismo, cosa che recentemente la storia ha dimostrato essere falsa.
Secondo la critica di Schactman l'intera enfasi è posta sulla questione della
democrazia che per lui è essenziale. II socialismo è effettivamente concepito
come un 'collettivismo democratico' così che la sua assenza, e la assenza degli
aspetti formali del capitalismo stanno a significare un 'collettivismo
burocratico'. In altre parole, tutto il disaccordo di questa tendenza con lo
stalinismo e il trotskysmo si risolve nel fatto che ció che avvenne in Russia
tra il 1917 e il 1921 ebbe un carattere antidemocratico. Naturalmente, questo è
molto importante, ma vedendola così si deve tacitamente accettare la 'linea di
continuita'' attraverso Trotsky e il Lenin di Trotsky, ed ignorare l'intuizione
di Bucharin e la sua predizione sul destino dello stato russo. In altre parole,
tutta questa prospettiva (la tendenza di Schactman è molto lontana dalla
critica marxiana dell'economia politica) si risolve attorno alla
contrapposizione burocrazia/democrazia e quindi, come Trotsky, introduce di
frodo una intera serie di 'compiti' della rivoluzione borghese, insinuatisi nel
marxismo della Seconda e della Terza Internazionale. Tranne Bordiga, nessuno
nella sinistra rivoluzionaria anti-stalinista ha mai menzionato il compito di «sviluppare
le forze produttive» come una prova che l'Unione Sovietica non poteva essere
affatto uno stato operaio; al contrario, per i trotskysti questa è la prova
definitiva, all'interno dello schema nazionalizzazioni-pianificazione, che
invece essa lo era.
4.
Ma Bordiga aggiunse anche di piú.
Ingegnere quale era, Bordiga manifestò una sorta di rigiditá teorica che fu
tanto esasperante quanto efficace per permettergli di vedere le cose in modo
differente. Egli essenzialmente riteneva che il 'programma comunista' fosse
fissato una volta per tutte da Marx ed Engels nel 1847 nel Manifesto e
confermato nell'anno seguente dalla nascita delle correnti comuniste nel
movimento operaio francese e in quello internazionale. Bordiga era convinto che
Marx ed Engels avessero elaborato una metodologia 'invariante', e che gli
innovatori dovessero prima o poi tuttti finire con diventare abili filistei
borghesi sulla strada del bernsteinismo o qualcosa di simile. Ma questo
commovente insistere sul principi fissati nel 1848 lo portó a conclusioni
stupefacenti riguardo alla dimensione complessiva della tradizione marxista che,
ancora una volta, è stata completamente dimenticata. Bordiga credeva che tutte
le cose importanti sulla questione russa fossero già state dette all'epoca
della morte di Marx nel 1881[21]:
la corrispondenza di Marx con i populisti negli anni '70, i due metri cubi di
note sull'agricoltura russa che egli lasció alla sua morte (egli non fini II
Capitale perchè nell'ultimo decennio della sua vita fu affascinato dalla
questione agraria in Russia), le varie nuove prefazioni del Manifesto e gli
altri scritti del periodo 1878-1883 nei quali Marx si interessó della Russia.
(Marx aveva perfino nascosto la dimensione del suo lavoro ad Engels, il quale
divenne furioso quando capì che il lavoro sulla questione russa era stata la
vera causa del mancato completamento del Capitale)[22].
La cosa importante per Bordiga era la scoperta che Marx aveva fatto della comune
rurale russa, e l'opinione di questi, elaborata tra il 1878 e ii 1881, che sulle
basi della comune russa si sarebbe potuto letteralmente saltare la fase
capitalista dello sviluppo storico, persino in assenza di una rivoluzione in
occidente, e che i contadini, prima della con versione capitalistica
dell'agricoltura, potevano giocare un ruolo centrale in questo processo. Marx
scrisse (nella famosa lettera a Vera Zasulich) che «Se la Russia seguira' la
strada intrapresa dopo il 1861 essa perderà la piú grande posslbilitá di
saltare la fatale alternativa del regime capitalista che la storia ha mai
offerto ad un popolo. Come tutte le altre nazioni essa sarebbe stata sottomessa
alle inesorabili leggi di quel sistema»[23].Con
la sua fine, Marx decise che la Russia aveva perso questa possibilità, e parló
in questi termini con i populisti russi. Secondo Bordiga, la citazione
precedente rappresentava l'eredità marxiana sulla 'questione russa', e 'il
processo sanguinoso dell'accumulazione capitalista' una profezia portata a
compimento da Stalin. L'intera parte della relazione di Marx con la Russia finì
in polverosi archivi per 80 o 90 anni, sebbene sia stata ripresa negli ultimi
anni da figure come Jacques Camatte e Theodor Shanin[24].
E difficile dipingere un
ritratto completo di Bordiga senza menzionare il suo atteggiamento nei confronti
della democrazia. Egli fieramente si definì un 'antidemocratico' e pensava che
anche Marx ed Engels lo fossero. (La sua relazione con la questione agraria
comincia a farsi piú chiara). L'ostilitá di Bordiga nel confronti della
democrazia non ha nulla a che fare con il banditismo staliniano. In realtà,
egli considerava il fascismo e lo stalinismo come punti culminanti della
democrazia borghese[25].
Per Bordiga democrazia significa soprattutto manipolazione della società come
massa senza forma. A questa democrazia egli contrappose la dittatura del
proletariato messa in atto dal partito comunista fondato nel 1847, basata sui
principi e i programmi enunciati nel Manifesto. Egli spesso fa riferimento allo
spirito dell'affermazione di Engels che «nell'epoca della rivoluzione tutte le
forze della reazione si coalizzarano contro di noi sotto la bandiera della vera
democrazia». (Come, invero, fecero tutte le fazioni opposte al bolscevichi nel
1921, dai monarchici agli anarchici, lanciando il motto «I soviet senza i
boiscevichi"). Bordiga contrastó fermamente l'idea secondo la quale lo
spirito rivoluzionario fosse il prodotto di un processo democratico di correnti
pluraliste; alla luce della storia degli ultimi 70 anni, Ia sua prospettiva,
quantunque non priva di problemi, ha il merito di sottolineare che il comunismo
(come tutte le formazioni sociali) consiste soprattutto nel suo contenuto
programmatico espresso attraverso diverse forme. Egli sottolinea che per Marx il
comunismo non e un ideale da raggiungere ma un movimento reale nato dalla
vecchia societá con una serie di obiettivi di programma[26].
Negli ambienti della nuova sinistra degli anni '60, in cui la questione
economica si presumeva fosse stata risolta dalla 'affluent society', il
dibattito si svolgeva esclusivamente attorno alla contrapposizione tra
burocrazia e democrazia e attorno alle forme di organizzazione,portando ad un
formalismo metodologico rivelatosi completamente privo di senso quando, dopo il
1973, la crisi economica mondiale avrebbe cambiato tutte le regole dello scontro[27].
In un contesto diverso, Bordiga
tentó di identificare la classe capitalista in Russia, sostenendo che esisteva
come classe in formazione negli interstizi dell'economia russa.
Per lui il concetto di capitalismo di stato era un nonsenso perché lo stato
poteva essere solo uno strumento per difendere e realizzare gli interessi di una
classe; sostenere che lo stato fosse in grado di fare qualcosa come lo stabilire
un modo di produzione era un abbandono del marxismo. Per Bordiga, I'Unione
Sovietica era una società in transizione verso il capitalismo[28].
Legata alla concezione di
Bordiga del ruolo del partito comunista, la critica di questo formalismo ebbe
conseguenze politiche. Bordlga si oppose risolutamente alla svolta a destra del
Komintern del 1921; come segretario generale del PCI egli si rlfiutó di
applicare la strategia del 'fronte unico' decisa dal terzo congresso. Egli
rifiutó, in altre parole, di unire il nuovo PCI 'bordighista' con l'ala
sinistra del PSI con Ia quale egli aveva appena rotto. Bordiga aveva una visione
completamente diversa del partito da quella del Komintern, che era stata
adattata al riflusso rivoluzionario nel 1921, attraverso iI trattato commerciale
anglo-russo, Kronstadt, l'instaurazione della NEP, Ia messa al bando delle
correnti e la sconfitta delI'azione di marzo in Germania. Per Bordiga, Ia
strategia dei partiti comunisti dell'Europa occidentale per combattere il
riflusso attraverso l'assorbimento dell'ala sinistra della socialdemocrazia con
il 'fronte unico' era una completa capitolazione nei confronti della
controrivoluzione. Questo era il nodo della critica alla democrazia. Perché
proprio nel nome della 'conquista delle masse' iI Komintern sembrava pronto a
qualsiasi concessione programmatica alla sinistra socialdemocratica. Secondo
Bordiga, il programma era tutto, una scatola per raccogliere numeri non era
niente. Il ruolo del partito in un periodo di riflusso era quello di preservare
il programma e di continuare il lavoro di propaganda ed agitazione fino alla
successiva fase di ripresa, e non di diluirlo per dare la caccia ad una effimera
popolarità. Si puó pensare che questa concezione possa portare al mondo
ristretto di una setta, cosa che indiscutibilmente i bordighisti divennero,
tuttavia essa ha il merito di scoprire un'altra verità che l'ala trotskysta
dell'opposizione internazionale di sinistra ed i suoi eredi hanno oscurato: iI
fatto che i partiti di massa fuori dalla Russia assorbirono lo stalinismo alla
metà degli anni '20 trova le sue radici nella svolta del 1921. Non è
assolutamente necessario accettare il punto di vista anti-democratico di Bordiga
per rendersi conto di questo fatto: egli sbaglió completamente nel rifiutare il
ruolodei soviet e dei consigli del lavoratori in Russia, Germania e Italia. Ma
sulle conseguenze 'sociologiche' del fronte unico del 1921 sul futuro del
partiti comunisti occidentali - Ia loro 'bolscevizzazione' dopo il 1924 -
Bordiga fu nel giusto ed il Komlntern nel torto. Infatti, storicamente, la base
sociale della maggior parte dello stalinismo post-1924 entró nei partiti
comunisti occidentali attraverso la tattica del fronte unico del 1921[29].
Bordiga forni una via per comprendere la degenerazione del movimento comunista
mondiale nel 1921 (piuttosto che nel 1927 con Ia sconfitta di Trotsky) senza
sprofondarsi in semplici vuoti richiami ad una 'maggior democrazia'. L'astratta
diatriba formale tra burocrazia e democrazia, con la quale la corrente
trotskysta tratta il periodo cruciale della storia del Komintern, si separó da
ogni contenuto di programma. Bordiga per tutta la sua vita si definì un
leninista e non polemizzó mai direttamente con Lenin, ma la sua valutazione
completamente differente della congiuntura del 1921 e delle sue conseguenze per
il Komintern, e la sua opposizione a Lenin e Trotsky a proposito del fronte
unico getta una luce precisa sulla svolta, che viene generalmente ignorata dagli
eredi dell'ala trotskysta dell'opposizione internazionale di sinistra degli anni
'20.
5.
L'idea di Bordiga che il
capitalismo consista nella rivoluzione agraria è forse la chiave della storia
del ventesimo secolo, essa è certamente Ia chiave di quasi tutto ciòe la
sinistra ha chiamato rivoluzionario del ventesimo secolo,ed è pure la chiave
per ripensare la storia del marxismo ed il suo coinvolgimento nell'ideologia
dell'industrializzazione delle regioni arretrate dell'economia mondiale.
Bordiga non ha ovviamente
fornito direttamente il mezzo della 'derussificazione' delle lenti attraverso le
quali il movimento rivoluzionario internazionale vede il mondo,ma lo sviluppo
ulteriore della concezione della questione agraria lo puó consentire. Alla metá
degli anni '70 la 'questione russa' e le sue implicazioni erano i'inespicabile
'paradigma' della prospettiva politica della sinistra in Europa e negli Stati
Uniti, e solo quindici anni dopo sembrano essere già storia antica. Questo era
l'ambiente politico dove gli studi minuziosi dello svolgimento, mese per mese,
della rivoluzione russa e del Komintern dal 1917 al 1928 parvero Ia chiave di
lettura di tutta la storia universale. Se qualcuno diceva di ritenere che la
rivoluzione russa era stata sconfitta nel 1919, nel 1921, nel 1923, nel 1927,
nel 1936 oppure nel 1953, si poteva sapere ciò che questi pensava su qualunque
altra questione politica mondiale: la natura dell'Unione Sovietica, della Cina,
la natura del partiti comunisti in tutti i paesi del mondo, la natura della
socialdemocrazia, la natura del sindacati, del Fronte Unico, del Fronte
Popolare, dei movimenti di liberazione nazionale, di estetica e di filosofia, la
relazione tra partito e classe, l'importanza dei soviet e dei consigli del
lavoratori, e chi avesse ragione tra Bucharin e la Luxemburg sull'imperialismo.
È sufficiente enumerare i
maggiori eventi della storia mondiale dopo il 1975 per osservare come è
cambiato profondamente il modo di vedere il mondo; dobbiamo solo evocare Ia
realtà degli anni '80 della Gran Bretagna della Thatcher, dell'America di
Reagan, della Francia di Mitterand, della Russia di Gorbaciov, della Cina di
Deng, cioé della crescente ondata neoliberista (nel senso del termine di von
Hayek e von Mises) che ha sommerso lo statalismo della socialdemocrazia, dello
stalinismo, del keynesismo e del bonapartismo del Terzo Mondo. Una completa
conoscenza della rivoluzione russa dal 1917 al 1928 e della 'visione del mondo'
da essa derivata, non ci puó aiutare molto a capire la Cina dopo la sua
evoluzione del 1976, la Russia sotto Gorbaciov, la crescita del paesi di nuova
industrializazione, la guerra tra Cina, Vietnam e Cambogia, ii crollo dei
partiti comunisti dell'Europa occidentale, la totale emarginazione del Partito
Laburista inglese, del Partito Democratico americano e della SPD tedesca da
parte della destra, l'evoluzione verso il neo-liberismo di Mitterand, la
comparsa di importanti correnti 'anti-stataliste' anche in regimi mercantilisti
come il Messico e l'India. Si puó anche aggiungere a questa lista il movimento
operaio in Polonia con una forte dose di nazionalismo clericale e il revival del
fondamentalismo islamico, nel giudaismo e nel cristianesimo, la
deindustrializzazione, l'alta tecnologia e la formazione di nuovi strati
borghesi. Nessuno di questi eventi discredita il marxismo, ma tutti essi
discreditano la universale tendenza della sinistra occidentale degli anni '70 a
vedere la realtà attraverso le lenti ereditate dalla rivoluzione russa e dal
suo destino.
Il meglio della fase eroica
della socialdemocrazia tedesca e del bolscevismo russo non è stato sufficiente
a servire da guida per questa nuova realtà, sebbene, alla luce dei fatti, una
'terza via' conseguente non aveva mai avuto illusioni sulle formazioni politiche
stataliste che hanno cominciato a crollare dalla metà degli anni '70 in avanti.
Questa 'terza via', accettando L'imperialismo di Lenin in connessione con
altre analisi del primi tre congressi del Komintern, ha condiviso con lo
stalinismo le ipotesi sotterranee di una incapacità del mercato mondiale
capitalista di industrializzare una qualsiasi parte del Terzo Mondo, venendo
quindi ugualmente gettata nella confusione dalla nascita del paesi di nuova
industrializzazione[30].
Ma c'è una confusione ad un livello piú profondo, quella che colpisce al cuore
l'identitá rivoluzionaria derivata dalla II e dalia III Internazionale. Se noi
guardiamo la mappa dei partiti comunisti di massa o dei regimi esistenti in
Europa tra il 1920 e il 1975, essa coincide quasi esattamente con la mappa degli
stati dispotici illuminati tra il 1648 e il 1789. Vale a dire: Francia,
Germania, Russia, Spagna, Portogallo, Svezia (dove era il piú importante
partito comunista scandinavo, il solo che sopravvisse alla seconda guerra
mondiale senza diventare una setta). Partiti comunisti di massa sono assenti in
Gran Bretagna, Stati Uniti, Olanda, Svizzera (e nel paesi colonizzati di lingua
inglese come l'Australia, la Nuova Zelanda e il Canada). L'unica evidente
eccezione è il PCI. Ma l'Italia produsse i prototipi degli stati assolutisti
illuminati con le sue importanti cittá stato mercantili locali, e le basi
regionali del PCI sembrano correlarsi con le differenti esperienze regionali
durante la fase storica dell'ancien regime. Infine, il PCI è stato il piú
socialdemocratico dei grandi partiti comunisti occidentali dopo il 1956; questa
naturalmente è l'unica ragione per la quale esso è riuscito a sopravvivere. La
connessione tra la presenza di uno stato dispotico illuminato nel 1648 e quella
dei partiti comunisti di massa o degli stati stalinisti nel 1945 è la questione
agraria. Questi stati, con la Francia come prototipo, furono creati per
accelerare l'introduzione del capitalismo nell'agricoltura. Coscientemente o
meno, essi si comportarono con i loro contadini nello stesso modo dello stato
sovietico con i contadini russi dal 1928 in avanti, e dei regimi capitalisti
liberali nel XIX secolo. Gli stati assolutisti illuminati colpirono i contadini
attraverso le tasse per avere una fonte di accumulazione[31].
Questi metodi erano una risposta al successo delle società civile già apparse
nei paesi 'calvinisti', che si basavano sulla prima trasformazione capitalistica
dell'agricoltura, soprattutto e prima di tutto in Inghilterra. Il capitalismo è
prima di tutto una rivoluzione agraria. Prima che sia possibile avere industrie
e cittá e proletariato urbano è necessario rivoluzionare la produttività
agricola per ottenere un surplus che consenta di liberare la forza lavoro dalla
terra. Quello che non fu completato nel 1648 (la fine della Guerra del
Trent'anni e quindi la fine delle guerre di religione), dovette essere fatto
dallo statalismo con un'azione dalI'alto. Questo creó la tradizione mercantile
continentale che, dopo Ia rivoluzione francese, continuó nel ventesimo secolo
come mercantilismo piú maturo. Questo caratterizzó il Secondo Impero di Luigi
Napoleone (1852-1870) e soprattutto Ia Prussia di Bismarck e la Germania
dominata dalla Prussia[32].
Quest'ultima in particolare fu copiata da tutti I paesi di recente sviluppo in
tutto il mondo dopo l'unificazione della Germania nel 1870, iniziando dalla
Russia. Qui il quadro elaborato da Barrington Moore va al cuore del problema: il
decennio del 1860 è stato una congiuntura fondamentale. Infatti si ebbero i
seguenti avvenimenti: la guerra civile americana, l'unificazione della Germania,
l'unificazione dell'Italia, l'emancipazione dei servi della gleba in Russia, e
la restaurazione Meiji in Giappone. Si potrebbero aggiungere lo sviluppo
industriale del Secondo Impero in Francia e la creazione della Terza Repubblica,
ma sarebbe superfluo. Sembra che se una nazione non sia riuscita a
riorganizzarsi internamente nel 1870 essa non abbia poi avuto alcuna possibilità
di entrare nel ristretto cerchio delle nazioni industrializzate nel 1914. Dei
cinque paesi menzionati (a parte ancora una volta la Francia) quattro ebbero nel
1933 degli stati totalitari o autoritari. Tra i paesi piú grandi solo quelli
che parteciparono significativamente alla prima economia capitalista nord
atlantica (Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia) riuscirono ad evitare la
soluzione autoritaria degli anni '30, e solo gli Stati Uniti tra questi cinque
furono riorganizzati negli anni '60 del secolo scorso. (Questo è un
importanteindizio che dimostra la centralità dellesperienza storica
pre-industriale). Perché negli anni '60 del secolo scorso ci fu un evidente
punto di svolta? La risposta sembra essere: la depressione mondiale del 1873 ed
in particolare la depressione agricola[33].
Quando gli Stati Uniti, il Canada, l'Argentina, l'Australia e la Russia
entrarono nel mercato mondiale del grano come i piú grandi esportatori, si
ricreó essenzialmente la contrapposizione del 1648: gli stati continentali
reagirono alla depressione agricola dei 1873-1896 muovendosi tutti verso il
protezionismo per preservare le loro agricolture nazionali. Il caso piú
importante fu l'alleanza 'Ferro e Segale' realizzata in Germania tra gli
industriali e gli Junker nel 1879, che completò la sottomissione dei
capitalismo e del liberalismo tedesco allo stato prussiano dominato dagli
Junker. Ma scenari simili furono messi in atto in Francia, nella penisola
iberica, in Italia, nell'impero austro-ungarico. L'emergere sul mercato mondiale
agricolo degli Stati Uniti, del Canada, dell'Argentina e dell'Australia determinò
una linea di tendenza dello sviluppo del cuore del capitalismo avanzato per
oltre un secolo. Nel 1890 costava meno spedire il grano da Buenos Aires a
Barcellona che non trasportarlo via terra per 100 miglia in Europa. I settori
agricoli degli stati continentali persero qualsiasi rilevanza internazionale.
L'impatto di questo stato di cose sullo sviluppo del movimento del lavoratori
non ha finora ricevuto l'attenzione che meritava.
6.
La tradizione rivoluzionaria
socialista e comunista è cresciuta essenzialmente all'interno dell''esplosione
del Terzo Stato dopo la rivoluzione francese: in Babeuf, negli Arrabbiati e
negli altri elementi radicali che si collocavano alla sinistra del Giacobini;
soprattutto nella rivoluzione del 1848 in Francia e nel resto dell'Europa
(inclusi i Cartisti che ebbero il loro apice in Inghilterra nel 1848). La storia
sembra convincente: la linea dal 1793-1794 al 1917-1921 passó dalla Francia
alla Germania e alla Russia nelle rivoluzioni francesi del 1830, 1848 e con la
Comune; nell'ascesa dell'SPD del 1914; nel 1905 e nel 1917 della Russia;
culminando nelle fallite insurrezioni rivoluzionarie del 1917-1921 in Germania,
Italia, Inghilterra e Spagna e negli scioperi insurrezionali di quasi tutte le
altre parti del mondo. Quest'ultima fase è l'apice del 'movimento operaio
classico'. CLR James ha parlato di una necessità di superare il momento storico
del crollo del fronte russo-tedesco nel 1917-1918; vale a dire che nel
fallimento della rivoluzione tedesca e nella sconfitta dell'ondata
rivoluzionaria mondiale, la rivoluzione mondiale ha avuto il suo momento
migliore. Questa posizione è interna allo schema dell'ortodossia di Lenin e di
Trotsky, che prevede che se la rivoluzione in Germania avesse tolto la Russia
dal suo isolamento,ilventesimo secolo avrebbe preso un corso completamente
diverso. Questa visione della storia e un utile 'stratagemma euristico' per
evitare tutte le trappole della socialdemocrazia, dello stalinismo, del maoismo
e del terzomondismo. Per vivere all'interno di questa tradizione, sia come
trotskysta, come sostenitore dello "terzo campo" come ultrasinistro,
si deve misurare la storia dal punto di vista dei soviet tedeschi e russi del
1917-1921. Questo non è affatto un brutto banco di prova per un giudizio
storico; esso è certamente superiore al welfare state keynesiano, al successo
del primo piano quinquennaio staliniano, oppure alle comuni agricole ad alta
intensità di lavoro in Cina in quanto possibilità di una società socialista.
Ma porta ad un impasse. Porta a vedere la storia come se andasse riproposta una
sorta di 'strategia del Komintern del 1920', riprendendo in mano la situazione lá
dove le rivoluzioni dell'Europa centrale e orientale contro gli Hohenzollern,
gli Asburgo e i Romanov l'avevano lasciata. Tuttavia, un baratro storico separa
quelle rivoluzioni, e il loro carattere duplice, dalla situazione attuale[34].
La natura doppia della rivoluzione di ottobre sta nel fatto che una rivoluzione
che realizzó gli obiettivi delle rivoluzioni borghesi era sotto la leadership
della classe operaia, dopo di che il contenuto politico proletario fu
completamente distrutto dalla controrivoluzione stalinista. Tracciare
acriticamente una linea di continuità attraverso Lenin e Trotsky, come i piú
corretti continuatori di Marx nella prima parte del secolo ventesimo,
considerare la rivoluzione russa come la pietra angolare del ventesimo secolo («il
punto di svolta della storia dove la storia ha sbagliato direzione», come
qualcuno ha detto) significa sviluppare una visione complessiva della storia,
prima e dopo il 1917. Significa soprattutto accettare la mitologia che la
socialdemocrazia tedesca fosse un partito rivoluzionarlo prima che, nel 1890,
oppure nel 1898 o nel 1914, divenisse preda del revisionismo. Se c'è un solo
mito al fondo della prospettiva della «parte migliore della socialdemocrazia
tedesca e del bolscevismo russo», che oggi è diventato particolarmente
problematico, questo è quello, tinto di rosa, degli inizi della SPD. E
attraverso questa visione che la sinistra internazionale è stata colonizzata
dalle lenti dell'Aufklaerung che ebbero origine negli apparati degli stati
dispotici illuminati.
È possibile osservare questo
impasse a diversi livelli. Cominciamo con il materialismo volgare non marxista,
che era il pane quotidiano del movimento operaio classico, originariamente
incentrato attorno alla SPD, e piú tardi al partito bolscevico, e alle III (e
IV) Internazionale.
Come molti si chiedono dopo la
scoperta dei Manoscritti del 1844 e del Grundrisse, delle
'impronte' di Hegel nel Capitale, delle "Tesi su Feuerbach", di
Lukacs, Korsch, ecc.: come ha potuto il movimento operalo classico essere
assorbito dal 'marxismo volgare'? Perche il materialismo pre-kantiano (cioé il
materialismo che, diversamente da quello di Marx, non é passato attraverso il
dialogo con l'idealismo tedesco e con Feuerbach) assomiglia così tanto al
materialismo del diciottesimo secolo e all'Illuminismo anglo-francese, cioè
all'ideologia della borghesia rivoluzionaria? Come si può arrivare alla
spiegazione dell'egemonia storica del marxismo volgare, dato che il marxismo
rigetta il giudizio psicologico-moralista che «essi hanno delle idee sbagliate»?
La risposta non sembra cosi complicata: se il materialismo del movimento operaio
storico è centrato sulla SPD dal 1860 al 1914, e poi sulla rivoluzione russa,
è epistemologicamente poco diverso dal materialismo rivoluzionarlo di carattere
borghese, quindi il movimento operaio storico dell'Europa centrale ed orientale
non è altro che l'allargamento della rivoluzione borghese. Se ci mettiamo nella
posizione degli ammiratori della prima eroica SPD, è difficile trovare un'altra
spiegazione sensata. Questo, dopo tutto, non è molto lontano dalla teoria di
Trotsky dello sviluppo combinato ed ineguale: dove la borghesia è debole ed
incapace di uscire dall'ancien regime, il compito tocca alla classe
operaia. (L'errore di Trotsky fu di credere che la classe operaia stesse facendo
la rivoluzione socialista). Questo marxismo volgare fornì la 'visione del
mondo' espressa nel pamphlet popolari dell'ultimo Engels e degli scritti di
Bebel, Kautsky, Wilhelm Liebkneckt, dcl Bernstein pre-revisionista e di
Plekhanov - le eminenze grigie della Seconda Internazionale che educarono Lenin
e i bolscevichi. Non va dimenticato che Lenin non abbandonó la prospettiva di
Kautsky e della SPD prima del 1910-1912, e che nel 1914 non credette ai giornali
che riportavano la notizia che la SPD aveva votato per i crediti di guerra. Egli
era molto vicino a queste autorità. Scrisse L 'imperialismo appunto per
spiegare il collasso della SPD; Trotsky piú tardi disse che era l'assenza di
leadership rivoluzionaria' a spiegare la sconfitta in Europa occidentale dopo la
guerra. Il ritratto, dovuto a Raya Dunayevskaya, di un Lenin che si precipita in
una biblioteca di Zurigo nel settembre dcl 1914 per leggere la Logica di
Hegel per poter capire la debacle della SPD, puó essere o no un apocrifo[35],
non di meno l'ultimo Lenin non ha alcun impatto sul marxismo ufficiale dopo il
1917, compresa la Quarta Internazionale. Le visioni filosofiche di Lukacs e di
Korsch furono estromesse dal Komintern nel 1923. Negli ambienti intellettuali
della sinistra statunitense dalla metá degli anni '60 (prima della valanga di
traduzioni dal francese, dal tedesco e dall'italiano dopo il '68) forse il libro
piú sofisticato in lingua inglese utilizzabile sulla questione del retroterra
filosofico del marxismo era quello di Sidney Hook intitolato Towards an
Understandingof Karl Marx. Questo non era affatto un difetto; piuttosto
rifletteva il fatto che l'impatto della scoperta dei primi scritti di Marx, e la
reale dimensione del suo debito verso Hegel nella critica al materialismo
volgare nelle "Tesi su Feuerbach", e di opere come I Grundisse
andò oltre i piccoli circoli di specialisti solo dopo gli anni '50 e '60. Ma ci
deve essere una ragione storica per questo; non è solo la questione di cosa,
dove e quando furono pubblicati (I Grundisse per esempio furono
pubblicati per la prima volta in sole 200 copie in tedesco a Mosca nel 1941).
7.
La chiave di questo anacronismo
ideologico nella storia del marxismo e della classe operaia chiaramente non si
puó trovare, come abbiamo detto prima, sentenziando che «essi avevano idee
sbagliate». La risposta va ricercata a livelli piú profondi della storia
dell'accumulazione e delle sue influenze sulla lotta di classe a livello
internazionale. Ancora una volta la tradizione bordighista ha portato alla luce
prospettive che erano completamente marginali nel dibattito generale degli anni
'60 e '70, prospettive che io ritengo legate alla questione agraria, alla
periodizzazione dell'accumulazione capitalista, al ruolo storico della
socialdemocrazia e del bolscevismo, e al legame storico tra l'assolutismo
illuminato dei diciassettesimo secolo e i partiti comunisti di massa del
ventesimo secolo. La piú importante prospettiva sviluppata per chiarire queste
questioni è stata quella dei 'neo-bordighisti', correnti francesi non
dogmatiche influenzate da Bordiga; la migliore di queste cercó di sintetizzare
Bordiga, che aveva dimenticato il significato storico dei soviet, dei consigli
operai e della democrazia operaia e che collocava ogni cosa dentro il partito,
con l'ultrasinistra tedesca ed olandese che aveva glorificato i consigli operai
e che indicava con il termine di 'Leninismo' tutto quello che di sbagliato era
avvenuto dopo il 1917. Tutte queste correnti francesi considerano come elemento
centrale un testo di Marx che, nel lungo periodo, potrebbe risultare piú
importante di tutti gli altri materiali che vennero alla luce negli anni '50 e
'60: il cosiddetto Capitolo Sesto Inedito del I libro del Capitale[36].
Non si conosce la ragione per la quale Marx lo abbia rimosso dalla versione
originale del I volume. Ma esso è una 'fenomenologia dello spirito'
materialista. Dieci pagine sono sufficienti per rifiutare la proposizione
althusseriana per la quale nel suo ultimo periodo Marx avrebbe dimenticato Hegel.
Ma la questione della continuità con il metodo di Hegel è la cosa meno
importante; le categorie fondamentali elaborate nel testo sono la distinzione
tra il plusvalore assoluto e quello relativo e la distinzione tra quelle che
Marx chiama la fase estensiva ed intensiva dell'accumulazione, corrispondenti
alla sussunzione formale e reale del lavoro al capitale. Queste categorie sono
introdotte in modo molto teorico; Marx non tentó di applicarle alla storia in
generale. Ma l'ultrasinistra francese ha cominciato a periodicizzare la storia
con queste distinzioni. Le fasi estensive ed intensive della storia del
capitalismo non sono solo dei marxisti; esse sono state usate anche dagli
storici dell'economia borghese come elementi descrittivi. Una di queste correnti
riassume questa distinzione nella sua essenza come «la fase che svuota il
lavoratore per lasciare solo il proletario»[37].
In questa frase c'è la condanna di tutta la nuova scuola storica del processo
lavorativo di Gutman. La transizione all'accumulazione intensiva è presentata
nel Capitolo Sesto Inedito come «la riduzione del lavoro alla forma
capitalistica piú generale del lavoro astratto», la definizione concisa del
processo lavorativo di produzione di massa dcl ventesimo secolo nel mondo
capitalistico avanzato. La nuova storia del processo lavorativo è in realta un
lungo canto di nostalgia della fase della sussunzione formale del lavoro sotto
il capitale.
Il Capitolo Sesto Inedito ha
fatto luce anche sulla rinascita hegeliana nel marxismo, e sul fatto che un
serio interesse per le radici hegeliane di Marx apparve per la prima volta in
Germania negli anni '20 (Lukacs, Korsch e la scuola di Francoforte) e fu ripreso
in Francia solo negli anni '50. Infatti il marxismo volgare era diventato solo
una ideologia alla moda in Francia - tra l'intelligentia - negli anni '30 e '40,
cioè durante il Fronte Popolare e la Resistenza. Come spiegare questa
differenza di trent'anni tra la Francia e la Germania? La risposta ovvia è la
grande superiorità nello sviluppo industriale della Germania degli anni '20, al
cui livello la Francia giunse solo negli anni '50. Sembrano esserci alcune
connessioni tra il marxismo hegelianizzato e le condizioni di quella che
definiamo accumulazione intensiva e sussunzione reale. E pure curioso il fatto
che in Italia esisteva una cultura marxista 'germanizzata' molto prima che in
Francia. Questo deve essere posto in relazione in qualche modo alla condizione
dell'Italia di ultima arrivata, in contrasto con la partecipazione della Francia
alla prima economia capitalista nord-atlantica e all'ondata rivoluzionaria
borghese del 1770-1815. La tradizione Giacobina in Francia, espressa attraverso
il razionalismo associato a Comte, Saint-Simon e Guesde, l'idealismo kantiano di
Jaurès o il razionalismo della tradizione anarchica (con il suo credo nella
scienza anti-clericale) e infine il 'positivismo laico e repubblicano' della
Terza Repubblica, rimase inferiore al livello del pensiero tedesco
post-kantiano. L'Italia è stata 'germanizzata' negli anni '90 del secolo
scorso; la Francia solo negli anni '30 e '40.
La tradizione leninista e
trotskysta divide la storia del capitalismo in due fasi, separate dalla Prima
Guerra Mondiale, che inaugura l'epoca della decadenza imperialista. Le fonti
teoriche di questa posizione - resa popolare per lungo tempo dall'Imperialismo
di Lenin - provengono dall'analisi del capitalismo monopolistico prima della
Prima Guerra Mondiale: Hobson, Hilferding e Lenin. Il capitalismo, nei giorni
migliori della II Internazionale, appariva diverso dal sistema descritto da
Marx. (È importante ricordare che il secondo e il terzo volume del Capitale furono
editi solo negli anni '80 e '90 del secolo scorso; e la relazione della maggior
parte dei militanti socialisti con l'economia marxista fa riferimento unicamente
al primo volume e piú realisticamente ai pamphlet popolari come Salario,
prezzo e profitto).
Il capitalismo sembrava muoversi
da una fase concorrenziale o del 'laissez-faire' ad una fase di monopolio,
imperialismo, cartelli, intervento dello Stato, capitale finanziario, conquiste
coloniali, corsa agli armamenti; tutti elementi definiti da Hilferding come
'capitalismo organizzato' nel 1910 circa. La Prima Guerra Mondiale segnó un
punto di svolta. La rivoluzione russa dimostró che, secondo una frase di Lenin,
«la rivoluzione proletaria si nasconde dietro ogni sciopero" ed il periodo
1917-1921 sembrava molto vicino a confermarlo. Dopo una effimera
stabilizzazione, arrivó il 1929, la depressione mondiale, il fascismo, lo
stalinismo e la Seconda Guerra Mondiale, seguita a sua volta da incessanti
guerre di liberazione nazionali. Chi nel 1950 poteva negare che questa fosse
'l'epoca della decadenza dell'imperialismo'? Questi fenomeni reali cementarono
una visione del mondo che fu codificata nei primi anni del Komintern: la
continuitá con il marxismo volgare kautskiano del periodo pre-1914, la
caratterizzazione di capitalismo monopolistico per la nostra epoca, molto
abilmente espressa dalle teorie di Bucharin e Trotsky sulla rivoluzione
permanente e sullo sviluppo combinato ed ineguale, e la definizione di questa
epoca data dal Congresso del Komintern come quella della 'decadenza
imperialistica'.
Questa, almeno, fu l'espressione
condensata di quella eredità, ripresa nei migliori tentativi della fine degli
anni '60 e dell'inizio degli anni '70 come ricongiunzione con il potenziale
rivoluzionarlo del corridoio tedesco-polacco-russo del 1905 e del 1917-1921.
Questa periodizzazione della storia moderna ci consente di vedere il mondo dal
punto di vista della 'Mosca del 1920' e questo ancora una volta rende la
comprensione della storia della rivoluzione russa e del Komintern dal 1917 al
1928 cosi centrale e cosi piena di implicazioni. In questa storia sta la pietra
fliosofale sia dei trotskysti che di Schactman che dell'ultrasinistra. Questo
era pure il punto di vista di quelli che alla metà degli anni '70 non nutrivano
più alcuna illusione riguardo alla socialdemocrazia, allo stalinismo e al
bonapartismo del Terzo Mondo, cioè di quelli che vi si opponevano dal punto di
vista della democrazia dei lavoratori rivoluzionari dei soviet e dei consigli
operai. Ad un certo livello questo sembró una spiegazione assolutamente
coerente del mondo alla metà degli anni '70. La piú alta espressione del
movimento rivoluzionario dei lavoratori non aveva avuto luogo in Germania e in
Russia? Da allora non era stato tutto un disastro e un incubo burocratico?
Bordiga anticipò questo atteggiamento quando scrisse, ancora negli anni '50,
che «solo perché l'evoluzione sociale in una zona (che egli individuava
nell'Europa e gli Stati Uniti) è passata da una fase alla successiva questo non
significa che ciò che è successo al resto del pianeta non è di alcun
interesse sociale». Secondo quei punto di vista (condiviso in quel periodo
anche da chi scrive) ciò che stava succedendo nel resto del mondo era
precisamente di nessun interesse sociale. Si potrebbero proporre seriamente ai
lavoratori europei o americani come modello la Cina, la Corea del Nord o
l'Albania o i movimenti di liberazione nazionali con i loro stati? Certamente
no. Però questo punto di vista, pur essendo corretto, non era del tutto
adeguato.
8. PERCHÉ NO?
Perché esso tendeva ad ignorare
due realtà giá in pieno sviluppo alla metá degli anni '70: il doppio
movimento di industrializzazione del Terzo Mondo e il sviluppo tecnologico
intensivo ('high-tech') dei settori avanzati che avrebbe fatto andare in pezzi
il movimento operaio occidentale su cui si basava l'intera prospettiva iniziale.
Nel 1970, ad bel mezzo dell'euforia stalinista, maoista e terzo-mondista per le
rivoluzioni burocratico-agrarie, era corretto e rivoluzionario guardare alla
classe operaia occidentale come all'unica classe in grado di porre fine alla
società divisa in classi. Era necessario allora abbandonare quella robaccia
terzomondista, come oggi à necessario rigettare i suoi resti (per altro molto
limitati). Ma quello che è cambiato da allora è il fatto che la
deindustrializzazione all'Ovest e l'industrializzazione nel Terzo Mondo (due
facce della stessa medaglia) hanno creato veri movimenti di lavoratori nel Terzo
Mondo, di cui il piú importante esempio è quello della Corea del Sud. Alla metá
degli anni '70 il mondo sembrava molto simile a quello della descrizione
ricavabile dalla iniziale, eroica visione del Komintern che abbiamo prima
riportato. Le nazioni che erano il cuore del mondo industriale ad 1914 (Europa
occidentale, Stati Uniti e Giappone) lo erano ancora negli anni '70. Nei termini
della analisi precedente, se una nazione non era riuscita a 'riorganizzarsi
internamente' intorno agli anni '60 del secolo scorso,non sarebbe potuta entrare
nel club delle nazioni industrializzate nel 1914 e neppure attorno al 1975.
Inoltre, la percentuale dei lavoratori impiegati ad settore manifatturiero nelle
nazioni industrialmente avanzate, che raggiunse un massimo di circa il 45% in
Germania e in Inghilterra tra il 1900 e il 1914, ad primi anni '70 era ancora
vicina a questo valore per l'area di capitalismo avanzato ad suo insieme. Che
cosa era cambiato nel frattempo? Il mondo capitalista avanzato era passato da
una suddivisione (molto approssimativa) della forza lavoro di 45%
nell'industria, 45% nell'agricoltura e 10% tra i colletti bianchi dei servizi,
ad una ripartizione di 45% nell'industria, 5-10% nell'agricoltura e 40-45 % nei
servizi (per non citare Ia creazione di un vasto settore militare che si è
apertamente sviluppato solo dopo la metà del secolo).
Che cosa indica questo? Indica
che la storia dello sviluppo capitalistico e la seguente. Nella fase 1815-1914
del capitalismo classico e concorrenziale, il sistema trasformò per prima cosa
i contadini in operai, almeno in Inghilterra, Stati Uniti, Francia e Germania.
Nel periodo successivo al 1914 (In realtà iniziando circa nel 1890) la nuova
fase di capitalismo organizzato', 'capitalismo monopolistico', l'epoca della
decadenza imperialstica' continuó ad esaurire Ia popolazione della campagne del
mondo occidentale (e dell'America Latina,del Caraibi, dell'Europa meridionale e
dell'Africa), ma per completare cosa? Invece di continuare ad espandere la forza
lavoro industriale, esso usò il gigantesco aumento della produttivitá di un
numero di forze lavoro relativamente costante per sostenere una crescita
continua del settore dei servizi (e della produzione di armi). Ma per ritornare
al tema di base, i partiti comunisti ortodossi cominciarono ad essere erosi e
sostituiti da partiti di tipo socialdemocratico integrati proprio quando la
popolazione agraria dei paesi in questione venne ridotta ad una percentuale
trascurabile (5-10%) della forza lavoro. Questo è quello che è accaduto, ad
esempio, in Francia e in Spagna negli ultimi 15 anni. Questo è quello che non e
avvenuto in Portogallo proprio perché nella piccola produzione agricola
portoghese e rimasta una percentuale importante della forza lavoro totale.
Questo è stato il fondamento della trasformazione del PCI. Questo è quello che
è avvenuto tempo fa nel Nord Europa e negli Stati Uniti. Infine, si tratta di
qualcosa che è in stretto parallelo coi problemi incontrati nell'Europa
dell'Est e in Unione Sovietica, quando la fase estensiva dell'accumulazione fu
completata e si passò alla fase intensiva a cui l'Occidente arrivo attraverso
il periodo di crisi del1914-1945. In breve, dall'assolutismo illuminato del XVII
secolo ai partiti comunisti del XX secolo, la problematica è stata quella della
fase intensiva dell'accumulazione e della trasformazione dei contadini in
operai. L'ultima implicazione di questo è che una società e pienamente
capitalista solo quando una piccola percentuale della forza lavoro è impiegata
in agricoltura, cioé una societá è pienamente capitalista solo quando è
passata dalla fase estensiva alla fase intensiva dell'accumulazione. Questo
significa in breve che nel 1900 né l'Europa ne gli Stati Uniti erano paesi cosi
capitalisti come il movimento socialista pensava che fossero, e che il movimento
operaio classico, nella sua principale corrente, era anzitutto un movimento
per spingere il capitalismo verso la sua fase intensiva. Per riassumere:
l'avvento del capitalismo é da intendersi prima di tutto come la rivoluzione
agraria.
La questione agraria ha avuto
diversi significati nella storia della sinistra Internazionale. Essa è sorta in
connessione con le rivoluzioni dei contadini che accompagnarono le rivoluzioni
francese e russa; con la capitalizzazione dell'agricoltura nel sud degli Stati
Uniti attraverso la Guerra Civile; con la depressione agraria del 1873; con lo
svuotamento delle campagne europee dopo la Seconda Guerra Mondiale. Certo, si
tratta di fenomeni in realtà distinti, che non possono essere ammucchiati
insieme allegramente. Ma concentriamo l'attenzione sull'accumulazione intensiva
legata alla riduzione della forza lavoro agricola ad un 5-10% della popolazione,
considerando la definizione di una società pienamente capitalista.
Un'agricoltura capitalista è una agricoltura meccanizzata secondo il modello
americano. In questo senso 'la questione agraria' non fu risolta in Francia nel
1789, ma solo tra il 1945 e il 1973. La connessione tra l'agricoltura e
l'accumulazione intensiva nell'industria sta nella riduzione del costo del cibo
come percentuale del consumo dei lavoratori,riduzione che crea un potere di
acquisto per i beni di consumo durevoli (come l'automobile) che possono in
questo modo diventare l'elemento centrale della produzione di massa del
ventesimo secolo.
Riassumiamo,e quindi torniamo
ancora una volta a Bordiga e ai neo-bordighisti. Il marxismo volgare è stato
un'ideologia degli intellettuali dell'Europa centrale e orientale unitisi al
movimento operaio per una battaglia per il completamento della rivoluzione
borghese (il marxismo della II e III Internazionale). Il suo parallelo con il
materialismo borghese pre-kantiano e precedente al 1789 non è il risultato di
un 'errore' («essi hanno le idee sbagliate») ma una precisa espressione del
contenuto reale del movimento che lo sviluppó. Questo contenuto in definitiva
ha senso all'interno dello schema di una periodizzazione della storia del
capitalismo che è il complemento della 'epoca di decadenza imperialistica' di
Lenin e Trotsky con i concetti di accumulazione estensiva (dominio formale) ed
intensiva (reale). Tutta la teoria del 'capitalismo organizzato' e del
'capitalismo monopolistico' della II.Internazionale di Lenin ed Hilferding è
quindi un occultamento della transizione dalla fase estensiva a quella intensiva
dell'accumulazione. La prospettiva del 'marxismo ufficiale' è quindi la
prospettiva di una nascente elite statale, fuori o dentro il potere, il cui
movimento da origine ad un'altra forma di capitalismo (dominio reale) che viene
chiamato socialismo. Ciò che è interessante in questa analisi è che essa
evita moralizzazioni e offre per 'epistemologia' una spiegazione 'sociologica'.
Ancora una volta questo significa che questo strato sociale ha sostenuto una
forma illuministica di materialismo poiché esso costituival'amministrazione
pubblica di un proto-stato in un regime di sviluppo, e che la sua visione
economica, codificata nella teoria leninista dell'imperialismo, era anche la
visione economica di quello strato. Questo non può essere marxismo perché
tende a sostituire l'analisi delle relazioni e delle forze produttive con una
analisi delle 'forze' (che richiamano alla memoria Duehring). Da Lenin e
Bucharin, attraverso Baran e Sweezy, a Bettelheim e Amin, a Pol Pot (con una
degenerazione e una discontinuità enormi ma anche con una certa continuitá) la
teoria del 'capitale monopolistico' e' la teoria dello stato burocratico. Essa
è fondamentalmente una teoria contro la classe operaia. Considera il riformismo
della classe operaia occidentale come una espressione dei superprofitti
dell'imperialismo, ed oscura la differenza di interessi tra l'élite dello stato
burocratico é la classe operaia e i contadini nei paesi sottosviluppati dove
essa è al potere. I neo-bordighisti francesi, soprattutto Camatte, hanno
mostrato che, principalmente in Russia, il marxismo, di pura facciata, fu
trasformato da una teoria della comunità materiale umana, ossia di un movimento
reale che è nato dal capitalismo maturo, nella teoria di qualcosa che era
insito nel vecchio proto-capitalismo. Questo è particolarmente evidente dal
contrasto tra le 'posizioni marxiste' sulla questione russa sviluppate da Marx
nel 1878-1883 e la polemica bolscevica con l'ultima fase del populismo negli
anni '90 del secolo scorso. Qualsiasi cosa Marx avesse in mente nel suo studio
della comune russa come possibile base per un salto immediato nel comunismo,
egli non avrebbe mai scritto, come fece Trotsky nel 1936, che «II socialismo
ora puó confrontarsi con il capitalismo in tonnellate di acciaio e di
calcestruzzo». Questo non vuol dire che non vi sia alcuna base per un discorso
produttivistico nell'opera di Marx; ma significa semplicemente che l'abisso che
separa Marx dal marxismo della II e III (e IV) Internazionale è precisamente il
fatto che egli va oltre il materialismo 'pre-kantiano' e va oltre l'economia del
capitalismo monopolistico, che esprimono entrambi la visione del mondo della
classe degli amministratori pubblici. Nella battaglia tra Lenin e i populisti
negli anni '90 del secolo scorso per introdurre questo marxismo deformato della
II Internazionale in Russia, l'intera dimensione pre-1883 dell'analisi marxista
della 'questione russa', riscoperta da Bordiga, era andata completamente perduta
dentro un coro produttivista. L'affermazione lineare, meccanicista del progresso
che è il cuore del pensiero dell'Illuminismo storico, che fu assunta in una
teoria 'di fare' della storia dal marxismo volgare, non considera in alcun modo
la comune agricola russa, come invece fece Marx. La Gemeinwesen (comunità
materiale umana) scopo del comunismo viene soppressa dal produttivismo. Una
volta al potere, i Bolscevichi presero gli schemi di riproduzione e le categorie
del I volume del Capitale e le trascrissero nei loro manuali di economia
pianificata senza notare che queste rappresentavano una descrizione 'ricardiana'
del capitalismo che Marx capovolse nel III volume. Questo spianò la strada
all'ideologia 'mangiacciaio' dei pianificatori stalinisti dopo il 1928. C'è già
un mondo completamente diverso tra Marx, prima, e la II Internazionale e i
Bolscevichi poi, espresso nella filosofia e nell'economia, e queste differenze
corrispondono a differenti 'epistemologie sociali' che hanno le loro radici
nelle opinioni di due differenti classi, la classe operaia e la classe degli
amministratori pubblici. È in questo senso che è importante sottolineare che
il meglio della socialdemocrazia tedesca e del bolscevismo russo e avvinghiato
senza speranza allo stato. Una ripresa del punto di vista rivoluzionario non puó
piú identificarli come credi diretti, ma come una deviazione per mezzo del
quale il marxismo, fuso con lo statalismo, diventa estraneo a sé stesso.
In occidente, oggi, al contrario dei rivoluzionari del 1910, noi viviamo in un mondo completamente capitalista. Non c'è uno sviluppo capitalistico dell'agricoltura da completare, non c 'è alcuna questione contadina che stia di fronte al movimento operaio. Nello stesso tempo, nel bel mezzo di una profonda depressione economica delle dimensioni di quella degli anni '30, tutte le vecchie visioni rivoluzionarie sono svanite, e il senso di cosa possa assomigliare ad un mondo positivo oltre il capitalismo è meno chiaro che mai. (La storia recente ha fornito molti esempi di alternative negative). Quando abbiamo capito che molto di quello che sta crollando oggi è in ultima analisi l'eredità degli stati assoluti illuminati e della loro estensione moderna, possiamo vedere che gli strumenti concettuali in uso fino a poco tempo fa erano strumenti per il completamento della rivoluzione borghese, sviluppati da movimenti che in definitiva erano guidati da una classe di amministratori pubblici, effettivi o potenziali. Per liberare Marx da questa eredità statalista noi possiamo almeno iniziare a cercare di comprendere il mondo dal punto di vista «del movimento reale che si sta svolgendo sotto i nostri occhi". (Manifesto del Partito Comunista).
[1]
B.Moore (1966) Social Origins of Democracyand Dictatorship, Boston.
[2]
A.Ulam (1960) The Unfinished Revolution, New York.
[3]
A. Gershenkron (1962) Economic Backwardnes in istorical perspective, Boston.
[4]
E. Preobrazhensky (1971) La nuova economia, Milano, capitolo II.
[5]
Si veda Struttura economica e sociale della Russia d'oggi (1976),
Edizioni il Programma Comunista, Milano.
[6] Si vedaStoriadellasinistracomunista(1964), Edizioni il Programma Comunista, Milano.
[7]
L'esposizione matura sul legame tra questione agraria e capitalismo si trova
in A.Bordiga (1979) Mai la merce sfamerá l'uomo: la questione agraria e
la teoria della rendita fondiaria secondo Marx, Firenze.
[8]
Confronta "Bilan d'une revolution" in Programme communiste,
nn.40-41-42, Ottobre 1967-Giugno 1968.
[9] L'evoluzione della previsione di Bordiga di una grossa crisi mondiale nel 1975 è presentata in F.Livorsi (1976) Amadeo Bordiga, Editori Riuniti, Roma, pp.426-444.
[10] Per una analisi puntuale della critica di Bucharin a Preobrazhensky, vedi "Bilan d'une revolution", pp.139-140. Contro i superindustrialisti di sinistra Bucharin sosteneva che la classe operaia sarebbe stata "costretta a costruire un apparato amministrativo colossale... II tentativo di sostituire tutti i piccoli produttori e i piccoli contadini con burocrati produce un apparato cosi colossale che le spese per il suo mantenimento sono incomparabilmente piú grandi delle spese improduttive dovute alle condizioni anarchiche della piccola produzione: in definitiva, l'intero apparato economico dello stato proletario non solo non facilita ma anzi ostacola lo sviluppo delle forze produttive. Esso porta direttamente all'opposto di ció che si prefiggeva".
[11]
L'aspetto 'bucharinista' della valutazione di Trotsky della sinistra
statinista dopo il 1928 e rilevato in "Bilan d'une revolution", op.
cit. , p.148.
[12]
Questo intervento fu fatto al Sesto Comitato Esecutivo allargato del
Komintern nel 1926, Ibidem, p.38.
[13]
Sulla natura capitalista del kolkhoz, confronta "Bilan d'une révolution",
pp.172-179.
[14]
II concetto di Bordiga di 'rivoluzione doppia' è disseminato in tutti i
suoi scritti. Per un esempio si confronti A.Bordiga (1975) Russie et
revolution dans la theorie marxiste, Spartacus, p.192 e seguenti.
[15]
V.I.Lenin (1921) "Sull'imposta in natura (Importanza della nuova
politica e sue condizioni)" in Opere Complete, volume 32, pp.309-344,
presenta 1'analisi di Lenin della relazione tra capitalismo di piccoli
produttori e capitalismo di stato nel 1921.
[16]
Le formulazioni, molto liriche, di Trotsky sulla crescita delle forze
produttive nello 'stato operaio stalinista si trovano nella sezione di
apertura de La rivoluzione tradita.
[17]
Questa è Ia formulazione di «Bilan d'une revolution",p.95.
[18]
Citato in L. Grilli (1982) Amadeo Bordiga: capitalismo sovietico e
comunismo, Milano, p.282.
[19]
L.Trotsky (1968) La rivoluzione tradita, Roma, p.8.
[20]
Confronta M.Schactman (1962), BureaucraticRevolution, New York, per
una piú completa esposizione di questo punto di vista.
[21]
Confronta A.Bordiga, Russieet revolution dans la theorie marxiste,
pp.226-297, per una analisi dell'evoluzione del pensiero di Marx sulla
comune russa e la perdita da parte della Russia della 'chance storica' di
saltare la fase capitalista.
[22]
Sul profondo coinvolgimento di Marx nel problema dell'agricoltura russa
negli ultimi dieci anni della sua vita, confronta il saggio di T.Shanin
"Late Marx" in T.Shanin ed. (1983),
Late Marx and the Russian Road, New York. Vedi anche J.Camatte "Bordiga
et la revolution russe: Russie et necessite du communisme" in Invariance,
anno VII, serie II, num 4.
[23] La lettera di Marx del
novembre 1877 è pubblicata in tedesco in M.Rubel ed. (1972),
Marx-Engels: Die russische Kommune, pp.49-53.
[24] Vedi nota 22.
[25]
Le analisi del fascismo italiano del periodo 1921-24 da parte della corrente
di Bordiga, senza dubbio in parte opera di Bordiga stesso, si trovano in Communisme
et fascisme (1970), Ed. Programme Communiste, Parigi.
[26]
Come Marx disse nel Manifesto, il comunismo non e un ideale che deve essere
realizzato, al Contrario esso non e "nient'altro che il movimento reale
che si sta svolgendo sotto i nostri occhi." Per un'analisi del
comunismo come movimento reale confronta J.Barrot (1972) Le mouvement
communiste, Ed. Champ
Libre, Parigi.
[27]
Per una critica del formalismo che consegue alla visione del problema del
socialismo come un problema di 'forme di organizzazione', confronta il
saggio di J.Barrot (1972) «Contribution a' la critique de l'ideologie
ultra-gauche (Leninisme et ultra-gauches)” in Communisme et question
russe, Ed. de la Tete de Feuilles, Parigi, pp.139-178.
[28]
Questo è elaborato da L.Grilli, op. cit., p.38.
[29]
Un parallelo nella stessa Russia fu la 'leva di Lenin' attraverso la quale
il partito fu inondato da membri malleabili, inesperti o semplicemente
carrieristi facilmente manipolati dagli stalinisti contro la Vecchia
Guardia. La controparte internazionale di questa trasformazione nell'
Internazionale Comunista furono figure come Cachin nel PCF oppure Thaelmann
nel KPD.
[30] Sulla nascita dei paesi di nuova industrializzazione e il loro impatto sull'ideologia dominante, confronta N.Harris (1986) The End of the Third World, Penguin, Harmondsworth.
[31]
Sulla capitalistizzazione dell'agricoltura inglese, vedi R.Brenner (1985)
"The Agrarian Origins of European Capitalism" in T.H.Ashton e
C.H.E.Philpin (a cura), The Brenner Debate,Cambridge University
Press, Cambridge, pp.217-327.
[32]
Sulla tradizione mercantile e il suo impatto confronta R.Szporluk (1988) Communism
and Nationalism. Karl
Marx vs. FriedrichList,
Oxford.
[33]
Perunadiscussionedell'impattopost-1873delladepressioneagricola confronta
H.Rosenberg (1967) Grosse Depression und Bismarckzeit, Berlino.
[34]
L'ultrasinistro olandese Herman Gorter confusamente, ma correttamente, già
nel 1921 colse l'assenza della questione agraria per i lavoratori
occidentali come l'essenza della differenza tra la rivoluzione russa e ogni
possibile rivoluzione nell'occidente, una differenza minimizzata da Lenin
nel suo L'estremismo malattia infantile del comunismo. Confronta
H.Gorter (1921) Offener Brief an den Genossen Lenin, Berlino.
[35]
R.Dunayevskaya (1975), Philosophy and Revolution, New York, capitolo
3.
[36] K.Marx (1969), II Capitale: Libro I capitolo VI inedito, Firenze.
[37]
Confronta ii pamphlet del gruppo francese Negation (1975), Lip and the
Self-Managed Counter-Revolution, (tradotto in inglese da Black and Red,Detroit).