indice n.127

nell’inferno libico
Amburgo: ribellione contro il G20
PER TANTE RAGIONI O PER UNA SOLA: CONTRO TAp
torino: arresti di agosto
Lettera dal carcere delle Vallette (to)
lettera dal carcere di Ivrea (to)
lettera dal carcere di trieste
lettera dal carcere di velletri (rm)
I VACCINI, IL GREGGE E LO STATO
Lettera dal carcere di agrigento
Lettera dal carcere di Paola (cs)
lettere dal carcere di Massama (or)
processata per aver turbato la “quiete” di un carcere
cartolettera dal carcere di augusta (sc)
Lettera dal carcere di Napoli-Poggioreale
Grecia: IN CONFLITTO CON IL REGIME D'EMERGENZA
la resistenza del popolo mapuche
lettere dal carcere di roma-rebibbia
Lettera dal carcere di san michele (Al)
Lettera dal carcere di Sulmona (aq)
San Ferdinando (rc): in assenza di ruspe ci pensano i sindacati
LOTTA PER LA CASA A ROMA


nell’inferno libico
Mercoledì 9 agosto 75 attivisti nelle Organizzazioni Non Governative (NGO), soprattutto della Spagna, hanno lanciato un appello riguardo alle crescenti minacce adottate ai confini dell'UE contro chi cerca di superarli. Occasione della dichiarazione è stata la minaccia di morte diretta a Helena Maleno Garzón attiva nella NGO “Caminando Fronteras” lungo il confine fra il Marocco e l'enklave (*) spagnola di Ceuta.
Una pericolosa acutizzazione è stata provata negli stessi giorni anche dalla NGO “Proactiva Open Arms”. La sua nave di salvataggio “Golfo Azzurro” è stata fermata in acque internazionali dalla guardia costiera libica. Immediatamente “Golfo Azzurro” è stato esortato a seguire la nave libica in direzione Tripoli. Di fronte al rifiuto le è stato sparato addosso. Dopo diverse ore due studenti spagnoli hanno spiegato alle guardie libiche di voler ritornare verso il nord ed è quello che è avvenuto, incontrando però le ostilità dei razzisti del “Movimento Identitario” che con la nave “C Star” hanno cercato di sabotare il lavoro di salvataggio dell'NGO.
Già la settimana scorsa la stessa NGO aveva comunicato di essere stata assediata e presa di mira anche con le armi dalla guardia costiera libica. Sabato le NGO Sea Eye, Medici Senza Frontiere e Salviamo i Bambini hanno concluso di interrompere provvisoriamente gli interventi di salvataggio. L'annuncio ufficiale della Libia di estendere la propria “zona di ricerca e salvataggio” alle acque internazionali, rende più rischosa l'opera delle NGO.
Dall'autunno dello scorso anno la guardia costiera libica viene sostenuta dall'UE finanziariamente e materialmente, anche con l'addestramento. E' comandata dal “governo di unità” insediato a Tripoli che non dispone di nessuna legittimazione democratica. Ma ciò nonostante l'ONU e l'UE lo considerano “legittimo”. Quel governo invece è politicamente responsabile degli oltre 20 lager in cui vengono stipate le persone che vogliono raggiungere l'UE e oltre. In quei lager, come racconta chi ci è passato, sono di casa la tortura, lo sfruttamento e la violenza sessuale, bastonate, omicidi eseguiti anche a colpi d'arma.
L'UE non ha compiuto nessun gesto per mettere fine a queste violenze. Nei fatti, invece, all'inizio di agosto Roma ha stabilito con il governo di Tripoli l'intervento della marina militare italiana nelle acque libiche. L'NGO “Pro Asyl” mette in guardia che in gioco c'è un'accurata divisione del lavoro: “L'Italia interviene, la guardia costiera libica rimorchia i navigli dei profughi per ripotarli nell'inferno”.
A Bruxelles e Roma si è contenti di questa dimostrazione di forza nel Mediterraneo della marina libica. Frontex (**), nel difendere la collaborazione militare fra UE e Libia nella guerra all'immigrazione nell'UE, negli stessi giorni dichiara senza difficoltà, che la collaborazione Libia-Italia “scoraggia il contrabbando e i profughi a mettersi in direzione dell'UE”.
Quest'anno nel Mediterraneo hanno perso la vita già più di 2.400 persone, dati esposti dall'IOM (Organizzazione Internazionale per l'Emigrazione).

***
Lo scopo deve giustificare i mezzi: sempre meno profughi dall'Africa raggiungono l'Europa. La cancelliera Angela Merkel non vuole responsabilità rispetto alle cause del “successo”. La fortezza Europa vuole servirsi di altri posti di guardia all'estero per respingere profughi e migranti africani.
Di questo si è discusso nei giorni scorsi in un incontro a Parigi organizzato dal presidente della Francia Macron. Sono intervenuti i/le capi di governo di Germania, Spagna e Italia come pure Federica Mogherini responsabile per la politica estera dell'UE. Erano presenti anche rappresentanti di Paesi africani: i presidenti del Niger e del Ciad ed anche Fajes Al-Sarraj, capo (quasi senza potere) del governo di Tripoli. L'Inghilterra, nel contesto dell'uscita dall'UE, si è tenuta lontana dall'incontro di Parigi, e comunque segue una propria via. Il suo ministro degli esteri, Boris Johnson nelle ultime settimane è stato a Tripoli dove ha promesso sostegno finanziario di diversi milioni di sterline. Della 'crisi dei profughi' non ha fatto parola.
Scopo centrale dell'UE, definito già prima dell'incontro a Parigi, è stabilito dalla costruzione e messa in funzione di “Centri di Accoglienza” in Niger e Ciad, considerati i più importanti Paesi di transito dei profughi e dei migranti da altri Paesi africani diretti in Europa. In queste 'succursali', distaccamenti, gli Stati dell'UE vogliono trasferire i procedimenti in cui compiere il riconoscimento dei richiedenti asilo. Un percorso che indebolirà la forza giuridica-legale di chi richiede, rendendole sempre meno persone, allontanando ancor più ogni trasparenza, dato il procedimento giuridico che, al pari delle condizioni che imprigionano le persone richiedenti asilo, viene sempre più allontanato da l'occhio dell'opinione pubblica europea.
La dichiarazione comune seguita all'incontro di Parigi non contiene nessuna intesa concreta o passi pratici; annuncia soltanto l'invio di gruppi di lavoro scrutatori e preparati in Niger e Ciad. Entrambi questi Stati sono costretti a sottomettersi, più o meno, alle potenze europee, dato l'aiuto finanziario che appunto le condiziona.
Ma il recente “successo” sembra dare “ragione” a Macron e alla Merkel: il numero dei profughi che dal NordAfrica raggiungono l'Italia, nel mese di luglio si è fortemente contratto e ancor più in questo mese (agosto). Dall’1 al 25 agosto sono sbarcate in Italia appena 3.000 persone. Nello stesso spazio di tempo l'anno scorso ne erano sbarcate sette volte di più. Il leggero aumento del numero dei profughi giunti in Spagna, negli stessi mesi, non bilancia la grossa diminuzione registrata in Italia.
Le cause all'origine di questa situazione non si trovano soltanto in Libia. Nel Niger, Paese di transito, negli ultimi mesi, paragonandoli allo stesso periodo dell'anno scorso, il numero delle persone richiedenti asilo si è abbassato dell'80-85 percento.
In Libia si fa sentire innanzitutto l'impiego enormemente rafforzato della guardia costiera libica, potenziata dall'UE – innanzitutto dall'Italia – con la fornitura di armi, battelli veloci e corsi di addestramento che l'hanno messa in mare.
Oltre a ciò, informano parecchi media internazionali, da una settimana si è formata una nuova squadra composta da poliziotti, soldati e miliziani che nel territorio di Sabrata, città sulla costa marina della Libia occidentale, dà la caccia a profughi e scafisti professionali. I retroscena restano opachi.
Questa Brigata 48 e la guardia costiera fanno sparire nei lager numerose persone richiedenti asilo da loro fermate, per le quali nè Merkel nè Macron avvertono, sentono nessuna responsabilità.

(*) 'Territorio appartenente a uno stato ma incluso nel territorio di un altro: Campione è un'enclave italiana in territorio svizzero'.
(**) Frontex (nome completo: Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera) è un'agenzia dell'Unione europea istituita nel 2004, il cui centro direzionale è a Varsavia, in Polonia. Il suo scopo è il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne, aeree marittime e terrestri degli Stati della UE ...

agosto 2017, da jungewelt.de


Amburgo: ribellione contro il G20
Ad Amburgo si sono incontrati, il 7-8 luglio scorso, i capi degli Stati economicamente più forti e più popolati del mondo: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sud Africa, Corea del Sud, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti d’America e Unione Europea.
È la parte del pianeta dove vivono quasi i due terzi della popolazione globale e che produce l’80% del Pil mondiale, Cina in testa, seguita da Usa, India e Giappone.
La Germania ha ospitato i lavori perché nel 2017 ha avuto la presidenza di turno del G20 di cui il titolo “Dare forma a un mondo interconnesso”. Come d’abitudine il Paese che ha la presidenza del summit, la Germania in questo caso, ha invitato anche i responsabili delle istituzioni internazionali più importanti: l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), il Fondo monetario internazionale (Fmi), il Financial Stability Board (Fsb), la Banca mondiale, l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) e le Nazioni Unite. La cancelliera Angela Merkel, presidente dei lavori, ha voluto fosse presente anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Il vertice dei capi di Stato del G20 è stato istituito nel 2008, nel mezzo della crisi finanziaria globale, per aumentare la cooperazione internazionale.
Venerdì 7 luglio migliaia di manifestanti hanno preso parte ad Amburgo alle azioni contro il vertice G20. Le/gli organizzatori della campagna “Block G2O=Bloccare il G20” dicono che erano almeno 5.000 le/i manifestanti che in diversi posti della città hanno partecipato ai blocchi delle vie d'accesso al palazzo Messenhallen dove si svolgeva il vertice. “Noi abbiamo raggiunto il nostro obiettivo ed abbiamo esposto un chiaro segno contro il G20. Tutte le persone decise e organizzate ad attuare il 'Block' sono riuscite a raggiungere la 'Zona Blu', i luoghi così chiamati d'incontro del vertice mondiale. Alcune delegazioni del G20 sono dovute tornare indietro e sono riuscite a raggiungere i luoghi del vertice soltanto percorrendo vie traverse.
Così abbiamo messo sabbia negli ingranaggi del vertice. Attivisti e attiviste – sottolinea J. impegnata nel movimento – si sono riprese le strade del vertice. Non hanno avuto nessuna paura. Anche chi ha organizzato i blocchi attorno al porto di Amburgo si mostra soddisfatto. I blocchi sono iniziati di primo mattino, sui pontili di sbarco del porto si sono incontrati 400 manifestanti. La gran parte dei-delle manifestanti è rapidamente andata in direzione della zona consacrata dove sono state impedite a proseguire dalla polizia. In seguito hanno superato gli sbarramenti. Solo verso le 8,30 la polizia è riuscita a fermare i piccoli gruppi di manifestanti che penetravano nella città. In uno di questi sbarramenti sono state arrestate 150 persone. In generale le azioni sono state compiute da persone di buon umore, sciolte e agili… Invece le forze dello stato hanno fatto uso degli idranti d'acqua e dei gas lacrimogeni. “In parecchi luoghi la polizia ha proceduto con strumenti da guerra civile” hanno scritto le organizzazioni pacifiste, in seguito alle quali 14 manifestanti sono rimasti feriti e ricoverati in ospedale. Nelle scuole è stato dichiarato lo sciopero, cosi quando verso le 10,30 1.500 studenti hanno mosso i primi passi sono stati affrontati dalla polizia sulle camionette pronte a travolgere ogni avanzata. Il corteo comunque non ha abbandonato la strada, riuscendo così a percorrerla, seppure con lentezza. Da questa componente della manifestazione è uscita l'esortazione a non limitare gli scopi della giornata all'obiettivo dell'abbattimento del lavoro salariato. Di fatto sugli striscioni venivano reclamate alternative al capitalismo, alla libertà di riunirsi e muoversi per un futuro che valga la pena di essere vissuto. […]

Prime condanne al carcere di manifestanti contro il G20
La ‘mano dura della giustizia’ avevano chiesto il sindaco di Amburgo Olaf Scholz (partito socialdemocratico, SPD) e il ministro dell'Interno Thomas De Maizière (Unione Cristiano-Democratica, CDU), l'8 luglio a conclusione del vertice. La giustizia di Amburgo non se l'è lasciato dire due volte. Ancor oggi sono in carcere 28 manifestanti con motivazioni incerte.
L’11 agosto vengono rese pubbliche le motivazioni della corte d'appello di respingimento della richiesta di liberazione di un compagno giovanissimo italiano, arrestato nella manifestazione contro il G20. La motivazione di base assunta dalla corte è che “ha preso parte a gravi azioni violente che chiariscono un comportamento caratteriale che, a sua volta, giustifica la sua colpevolezza... mostrano le sue pericolose inclinazioni”. Da ciò i giudici hanno tratto la conclusione che “sono manifeste carenze riguardo a prospettive ed educazione che, senza una lunga rieducazione generale (totale), rafforzano il pericolo di successive azioni penali… La dignità umana, il diritto all'incolumità fisica e alla proprietà per l'accusato non hanno alcun significato.” Il ragazzo italiano è parte delle e dei 70 manifestanti arrestati nelle giornate del 6-7-8 luglio durante le manifestazioni contro il G20. Nel 'rapporto' scritto dalla polizia che ne motivava l'arresto, c'era scritto che prima dell'arresto era impegnato a tirar su ostacoli, barricate con sassi e bottiglie.
Come la corte d'appello sia riuscita a rintracciare possibili “inclinazioni sbagliate” nel compagno, è difficile dirlo. L’avvocato del compagno italiano ha richiesto alla corte costituzionale federale la revoca immediata della carcerazione preventiva. Nel frattempo è stato trasferito, su decisione sempre della stessa corte, nel carcere per giovani adulti sull'isola d'Elba situata (però) nel golfo vicino ad Amburgo.
Giovedì 10, Maria è invece stata liberata dalla decisione di un altro tribunale della stessa corte d'appello...
Lunedì 28 agosto è stato portato davanti ai giudici il primo prigioniero. La sentenza: due anni e sette mesi. Inoltre è stato ordinato il prelievo del DNA. Nell'aula 300 del Palazzo di giustizia è stato portato il 21enne olandese accolto con un applauso da sue-suoi compas. La campagna “United we stand” (Siamo uniti), che sostiene i manifestanti arrestati, ha tenuto all'ingresso del palazzo di giustizia una manifestazione sostenuta da una trentina di persone. L'avvocato ha contato una mezza dozzina di paragrafi su cui si basa l'accusa, da “gravi ferite fisiche e resistenza contro funzionari di polizia fino a grave turbamento dell'ordine pubblico”. E' apparso subito chiaro che il carico delle prove nei confronti del ragazzo olandese era ed è debole. In breve, è accusato di aver lanciato contro un poliziotto due bottiglie. Il lancio non è mostrato né da video né da foto, l'accusa si fonda soltanto su dichiarazioni del poliziotto colpito e di un suo collega. […] Gli arresti del manifestante, dice il poliziotto, sono stati possibili grazie “a un grosso sforzo fisico”, perché l'accusato “ha assunto un comportamento minaccioso. C'era buio, il gruppo dei lanciatori di bottiglie agiva alla luce delle lanterne stradali”.
Martedì 29 agosto secondo processo, stavolta contro un ragazzo polacco per avergli trovato nello zaino 7 mortaretti, 1 spruzzatore di sostanze urticanti, una corda e un giubbotto nero, durante la manifestazione dell'8 luglio. E' stato condannato dalla pretura di Amburgo a “6 mesi di carcere, con sospensione”. Secondo il pretore il ragazzo ha infranto le leggi sul porto di armi, esplosivo e di manifestazione.
In Italia, in particolare nelle città abitate dai compagni e compagne arrestati ad Amburgo (Feltre, Genova, Catania e Palermo) sono state organizzate e realizzate manifestazioni di solidarietà ben riuscite. Per esempio a Palermo, il 3 settembre, si è tenuto in Piazza Verdi un presidio “per l’immediata scarcerazione dei manifestanti arrestati ad Amburgo” durante le giornate di protesta del G20. La manifestazione si è svolta in contemporanea a quella organizzata davanti al carcere di Billwerder (Amburgo). Sullo striscione in testa al corteo si legge: «Emiliano, Orazio, Alessandro liberi subito! Tutti liberi!», compagni rispettivamente di Palermo e Catania.

Luglio-agosto 2017, da jungewelt.de

***
Di seguito due lettere dal carcere di Billwerder (Amburgo) la prima del 22 luglio di un compagno italiano, la seconda del 14 agosto di un compagno francese.

Cari Compagni, oggi ho chiuso la quarta stanghetta (IIII). Sono infatti passati già 20 giorni da quando sono stato vigliaccamente e brutalmente preso e atterrato alle spalle da una delle unità speciali tedesche della Polizei ad Amburgo. Una volta fermato, hanno iniziato subito a frapporsi tra i tanti solidali che si avvicinavano per strada e a disturbare la comunicazione con chi si affacciava dai balconi, mentre iniziavano a perquisirmi gettando tutto per terra, dispiaciuti di non aver trovato niente se non un classico k-way Quechua, per altro appeso esternamente allo zaino. Innervosito, un energumeno di due metri è arrivato persino a recuperare una bottiglia ed un casco, pur di provare ad estorcermi una confessione davanti alla telecamera. Da lì è iniziato il valzer delle camionette, la prima perquisizione corporale in una caserma e poi il GeSa, prigione speciale costruita appositamente per il G20 e costata 5 milioni. Si trattava di un vecchio magazzino con all'esterno diversi container e all'interno di questi, unicamente illuminati con la luce artificiale dei neon, un innumerevole numero di celle prefabbricate. Entrato lì, sono stato prima denudato totalmente, hanno controllato anche le cuciture delle mutande e mi hanno tolto orologio e felpa, in nome della mia sicurezza; poi è arrivato il turno dell'alcool test; infine mi hanno fotografato e due poliziotti mi hanno condotto in cella, prendendomi a destra e a sinistra e piegandomi le braccia dietro la schiena (modalità di accompagnamento che poi hanno utilizzato per ogni spostamento). Prima di chiudermi in cella, mi hanno anche tolto scarpe e occhiali da vista, sempre in nome della mia sicurezza.
La cella era buia, insonorizzata, addobbata con una strettissima panca di legno e un bottone per le necessità. Non mi è stato concesso di chiamare un avvocato fino alle 4.30 circa del mattino, avvocato che ho visto molte ore dopo. Diversi gli abusi e la pressione psicologica esercitata in quel posto. Alcuni di noi sono stati chiamati in udienza dal giudice senza nemmeno che gli venisse concessa la presenza di un avvocato. Presenza che, loro malgrado, si è rivelata inutile dinnanzi a giudici, il cui unico interesse era sentire se ammettevi o no il tuo reato. Dopo molte altre ore al GeSa hanno iniziato i trasferimenti in carcere. Prima sosta Billwerder. Ci sono rimasto 2/3 ore prima di essere rimpacchettato e trasferito ad un altro carcere, un carcere minorile chiuso e riaperto solo per una decina di noi. Stanze singole, un'ora d'aria e di socializzazione al giorno, il resto delle 23 ore chiusi dentro (per concederci di più, il "capo" doveva prima accertarsi che ce lo meritassimo). Ci hanno permesso di chiamare l'avvocato dopo ben quattro giorni e dopo continue richieste.
Avendo iniziato a liberare i compagni tedeschi, dopo sei giorni ci hanno riportati tutti a Billwerder, dove ho trovato un altro compagno italiano (ero venuto a conoscenza del suo arresto uno/due giorni prima) e conosciuto gli altri compagni italiani e non. Anche qui, dopo la prima notte in un'ala ci hanno trasferiti in un'altra il giorno dopo, dove siamo stabili da una decina di giorni. Durante questa permanenza, tutti a giro, abbiamo presenziato al siparietto messo in scena per il riesame. A giudicarci, dei giovani giudici, uomini e donne, bramosi di far carriera sulle nostre spalle. Ci hanno confermato, ad uno ad uno (gli internazionali), la permanenza in carcere. A testa china, per non incrociare i nostri sguardi, leggevano verdetti già scritti in perfetto accordo con i PM. Nel mio caso, nello specifico, non sono nemmeno stati letti i motivi per cui veniva rifiutato il ricorso, essendo il mio caso uguale al precedente. E dire che in tempi "normali" al reato che ci viene contestato ai più, ovvero il lancio di una o più bottiglie, corrisponde una sanzione pecuniaria. Ma certi che avremmo raccolto la provocazione di un summit organizzato in via del tutto provocatoria ad Amburgo (dopo che la città si era già rifiutata con un referendum di ospitare le olimpiadi), a ridosso di quartieri sempre resistenti e insopprimibili (ST. Pauli, Altona, Sternschanze), le autorità tedesche si sono premurate di irrigidire le pene.
La pessima gestione "dell'ordine pubblico" tenuta da Dudde (capo della polizia di Amburgo) e i suoi sgherri nei giorni precedenti al summit, quando sono stati attaccati e manganellati degli attivisti che pernottavano in una decina di tende in campo tra l'altro autorizzato, doveva già lasciare intendere qualcosa circa quello che sarebbe accaduto nei giorni del summit. In ogni caso, quell'attacco ingiustificato non ha sortito l'effetto desiderato, non ha spaventato nessuno. Ed ecco che arrivati al giorno 6 luglio, giornata in cui la stampa tedesca preannunciava da giorni, mesi, l'arrivo del "più grande blocco nero della storia", ad Amburgo è esplosa la rivolta. In molti eravamo presenti quando la manovalanza di Dudde, dopo aver ricevuto i suoi nervosi e urlati ordini dall'altoparlante, ha attaccato con manganellate, idranti e spray urticanti un corteo non ancora partito. Forse davvero pensavano, si illudevano, che i 15.000 uomini impiegati sarebbero riusciti a mantenere l'ordine delle strade di Amburgo. Ciò che invece è realmente accaduto l'avete visto tutti. La violenza praticata dalla polizei tedesca non ha fatto altro che rimuovere la linguetta a quella granata a frammentazione pronta ad esplodere. E come tante schegge schizzate ovunque, diversi focolai di rivolta si sono accesi un po' dappertutto. Le continue invasioni della zona rossa hanno ridotto le aree protette e attaccato gli hotel che avrebbero dovuto ospitare i potenti, costretti a spostare con gli elicotteri e con la metropolitana le loro delegazioni mentre nel resto della città di Amburgo regnava l'inferno. Ad ogni tentativo di esacerbare la situazione, la rabbia collettiva si è ritorta contro. Alla clamorosa sconfitta subita è inutile dirvi che la polizei ha risposto attivando i più infami mezzi di repressione: fermi di massa, ingenti posti di blocco in tutte le città tedesche e detenzioni ingiustificate. Ad oggi i dati parlano di circa 35 compagni in galera e una cinquantina di denunce per abuso di potere per gli uomini di Dudde. Aver partecipato al G20 di Amburgo sarà per noi un'esperienza che ci porteremo dietro a lungo, non tanto per la detenzione, che non ha neppure intaccato minimamente i nostri ideali, quanto per la gioia di aver rovinato la festa ai potenti del mondo, che dietro i baluardi dello "sviluppo" e della democrazia, continuano a uccidere e imprigionare quanti si oppongono alle loro politiche, continuano a decidere sulla vita dei nostri fratelli e sorelle migranti. Convinti di essere nel giusto e con il vostro sostegno terremo duro fino alla fine. In molti detenuti, in questi giorni, ci hanno fermato e chiesto se fossimo qui per il G20, rispondendoci poi con sorrisi e strette di mano. D'altronde, cos'è un ladro per necessità se non una vittima dell'andamento dei cicli del capitale? E a cosa servono le galere se non a difendere i ricchi? Complici e solidali con gli altri compagni nelle galere del mondo e vicini a quanti danno la vita giornalmente, mossi dagli stessi ideali. Con l'augurio di riabbracciarvi tutti presto. A pugno chiuso, Ale.
Ps. A molti dei professori ed estimatori dell'Unione Europea vorrei chiedere a cosa serve la supremazia del diritto europeo su quello degli stati e a cosa serve esserne cittadini se poi ne hai in cambio disparità di trattamenti, se creano problemi per le visite in carcere ai tuoi amici quando come documento presentano "solo" la carta d'identità e la patente e gli viene chiesto il passaporto. Noi la nostra risposta ce la siamo già data da tempo.

AMBURGO ESTATE 2017: CI SONO, CI RESTO!
È passato quasi un mese e mezzo da quando sono stato arrestato durante il dodicesimo vertice del G20, ad Amburgo, in una città assediata e presa in ostaggio dalle forze dell'ordine, ma che ha anche visto nascere per l'occasione una contestazione locale e popolare molto importante. Decine di migliaia di persone, se non di più, affluendo da tutta l'Europa, se non da più lontano, si sono incontrate, organizzate e si sono trovate insieme a discutere, sfilare per più giorni in un grande slancio di solidarietà e coscienti di poter subire in ogni momento la violenza e la repressione della polizia. Per l'occasione è stato costruito, addirittura, un immenso tribunale di polizia, in un prefabbricato, allo scopo di sanzionare nel più breve tempo possibile ogni tipo di contestazione contro questo vertice internazionale. Il mio arresto, come quello di molti/e compagni/e, si basa solo sulla sacrosanta parola della polizia, quella di una brigata addestrata per infiltrarsi, osservare e pedinare "le sue prede" (quarantacinque minuti nel mio caso, per un supposto lancio di oggetti), finché una volta isolate, trovano la possibilità di arrestarle mandando colleghi che intervengono velocemente, violentemente, senza lasciare nessuna scappatoia. Eccomi quindi rinchiuso in questo luogo primordiale per il buon funzionamento di un ordine sociale globale, utilizzato come strumento di controllo e di gestione della miseria, essenziale per il mantenimento della loro "pace sociale". Il carcere agisce come spada di Damocle al di sopra di ogni individuo cosicché sia pietrificato davanti all'idea di trasgredire le regole e al diktat di un ordine stabilito "metro, lavoro, consuma, dormi", al quale nessun dominato dovrebbe sfuggire per così essere alienato dalla propria vita, sempre in orario, senza mai battere ciglio. Così anche durante il secondo turno delle presidenziali, nel corso delle quali si aspettavano da noi che stessimo "En Marche" oppure che morissimo, preferibilmente in maniera lenta e silenziosa. Il diritto non avendo vocazione ad assicurare il bene generale e nemmeno a essere neutro è l'espressione di una dominazione sempre più aggressiva, istituita dai potenti per garantire loro proprietà e sicurezza e quindi paralizzare, sanzionare, emarginare chi non vede le cose allo stesso modo o chi non si piega. Al di là dei casi di militanti/e detenuti/e, in genere abbastanza sostenuti e messi in primo piano in queste situazioni, perdurano anche e sopratutto i casi di uomini e donne abbandonati alla brutalità e alla crudeltà della reclusione carceraria. Qui il lavoro è retribuito un euro all'ora, di cui la metà è percepibile solo una volta liberati. Nella mia sezione i detenuti in detenzione provvisoria o per pene brevi (dai sei mesi ai quattro anni) sono principalmente rinchiusi per un motivo solo: la loro condizione e origine sociale. A parte il personale, pochissimi provengono dal paese ospite, tutti sono stranieri, rifugiati e/o precari, poveri, indeboliti dalla vita. Il loro crimine: non sottomettersi alle "loro" regole del gioco, nella maggioranza dei casi rivolgendosi alla vendita di stupefacenti o commettendo scippi, truffe, in solitaria o in gruppi organizzati a diversi livelli. La reclusione è un pilastro primordiale di questo sistema e non si può criticarla senza attaccare la società che la produce. Il carcere, non funzionando in autarchia, è il tassello perfetto di una società basata sullo sfruttamento, la dominazione e la divisione sotto svariate forme. "Il lavoro e la prigione sono due pilastri essenziali del controllo sociale, il lavoro essendo la migliore delle polizie e il reinserimento, un ricatto permanente." Un pensiero per i compagni e le compagne italiani colpiti da un'ennesima ondata repressiva, in particolare agli imputati nell'indagine sull'"ordigno esplosivo" innescato davanti ad una libreria legata a Casapound. L'estrema destra così utile e complementare agli Stati che si nutrono delle sue aspirazioni, dei suoi deliri securitari e dell'incessante stigma dello "straniero" deve essere affrontata con una risposta organizzata, popolare e offensiva. Un pensiero anche ai compagni che a settembre affronteranno il processo relativo all’episodio avvenuto il diciotto maggio dello scorso anno in cui una macchina degli sbirri è stata bruciata, a Parigi, durante il movimento sociale contro la "loi travail". Molte persone sono passate dal carcere e tuttora due sono ancora dentro. Forza a loro!
Ringraziamenti ai compagni di qui che a volte organizzano presidi davanti al nostro carcere, iniziative molto apprezzate, che spezzano la routine e lo stato di letargia al quale siamo costretti. Ringraziamenti anche a tutti/e quelli/e che, da vicino o da lontano, ci sostengono. Per i Bro’, 161, MFC, OVBT, jeunes sauvages, quelli che BLF e altri/e amiche/i...
Compagni, forza! Liberiamo i/le detenuti/e del G20 e tutti/e gli/le altri/e! Non siamo soli!

Un detenuto tra tanti altri
Milano, settembre 2017

***
TORINO: TRE GIORNI DI ASSEDIO AL VERTICE G7
Si è appena concluso il corteo unitario contro il G7 dell'industria, della scienza e del lavoro. Un vertice cronometrato per evitare al massimo ogni tipo di contestazione, di fatto un summit-nato-morto, barricato in una reggia, protetto da 1.500 poliziotti, mentre un corteo di diverse migliaia di manifestanti assediava il ministro del Lavoro Poletti. La manifestazione di sabato 30 settembre conclude tre giorni di moblitazione contro il vertice costellati da azioni notturne, cortei selvaggi e appuntamenti studenteschi.
Lavoratori aderenti ai sindacati di base, facchini, lavoratori delle cooperative e settore terziario impoverito. Sfrattati, occupanti di case, famiglie in emergenza abitativa; giovanile, studenti delle scuole superiori, precari delle ristorazione. Questa tre giorni ha mostrato che c'è voglia di riconoscersi e di riconoscere la propria parte, di fare chiarezza riguardo agli obbiettivi, di valorizzare piccole minoranze ma rappresentative di una condizione sociale più ampia.
Due compagni, Antony di Pesaro e Andrea (militante dell'Askatasuna) sono stati tradotti in carcere al termine della giornata conclusiva di mobilitazione contro il summit sul lavoro tenutosi a Venaria, alle porte di Torino. Antony è stato fermato da alcuni agenti della digos al termine dell'assalto alla zona rossa, poco prima che il corteo riprendesse il percorso per tornare a Torino. Andrea è stato invece fermato a corteo concluso, mentre rientrava a Bussoleno (dove abita e lavora) con l'accusa di aver colpito un poliziotto mentre cercava di liberare un manifestante bloccato dalle forze dell'ordine.
Entrambi i compagni sono stati tradotti al carcere torinese delle Vallette. Domenica ci sarà una prima iniziativa di solidarietà: appuntamento alle 18 sotto il carcere delle Vallette per portare un saluto a Andrea e Antony e chiederne l'immediata liberazione.

1 ottobre 2017, liberamente tratto da infoaut.org


cagliari: si è concluso A FORAS CAMP 2017
Si è conclusa domenica, nella Marina di Tertenia, la seconda edizione dell’A FORAS CAMP, il campeggio contro l’occupazione militare. Alla 6 giorni di assemblee, seminari di autoformazione, tavoli di lavoro tematici e socialità hanno partecipato oltre 200 persone, provenienti da tutta la Sardegna e non solo. Di rilievo il contributo (nell'organizzazione e nella presenza ai lavori) della componente locale dell'assemblea di A FORAS, il KOS (Kumone Ozzastra Sarrabus), oltre che di altri partecipanti provenienti da Tertenia e dintorni.
Il campeggio, tenuto nel camping Tesonis, aveva l’obiettivo di rilanciare il percorso di A FORAS, attraverso i tavoli di lavoro e l’autoformazione. Inoltre si voleva allargare la partecipazione al campeggio e in generale la lotta contro le basi nei territori interessati dal Poligono di Quirra: l’Ogliastra e il Sarrabus.
Quest’ultimo obiettivo si è concretizzato grazie a ben due iniziative portate avanti con successo a Tertenia, durante il primo e il quarto giorno di campeggio. Martedì 5 settembre è stato presentato il campeggio in piazza Martin Luther King, nella stessa piazza, venerdì 8, si è tenuta una cena popolare, accompagnata da proiezioni, teatro e concerti.
L’assemblea plenaria e i tavoli di lavoro, riuniti in campeggio, hanno raggiunto una sintesi e programmato le prossime attività e mobilitazioni. La presenza di A FORAS nella scuole e nelle università sarde si intensificherà, sia con le iniziative già in essere (come il progetto “Sardigna terra de bombas e cannones”, già presentato a Sassari e a Olbia), che con nuove idee, progetti e concorsi.
Il tavolo sulle relazioni internazionali proseguirà l’analisi degli scenari di guerra dove sono impegnati i diversi eserciti presenti nella basi sarde, oltre che curare i rapporti con le diverse realtà impegnate contro l’occupazione militare al di fuori dell’isola.
Come già fatto per il Poligono di Quirra, a breve uscirà un dossier che approfondirà gli effetti dell’occupazione militare sul Poligono di Teulada (curato dal tavolo economia).
Si citano anche i lavori del nuovo tavolo, dedicato allo studio e all’azione diretta contro la logistica della filiera bellica (trasporto via terra, aria e acqua di veicoli, ordigni e militari). Una della novità rispetto alla scorsa edizione è stato lo spazio dedicato all'auto formazione: il seminario interno sul Poligono di Quirra.
All’interno del campeggio l’assemblea delle donne si è appropriata di uno spazio di discussione come momento di confronto e riflessione sul sessismo, le differenze sessuali e di genere con la messa in discussione dell’autoritarismo patriarcale.
Non sono mancate le iniziative collaterali: oltre alle due serate a Tertenia e l'escursione di mercoledì 6 al Nuraghe Nastasi, i partecipanti al campeggio e i terteniesi, che hanno risposto al nostro appello, hanno potuto passare ben 5 serate con dj set e concerti. Queste attività sono state possibili grazie ad artisti locali e del resto dell'isola che hanno dato il proprio contributo ad A FORAS. Teniamo pertanto a ringraziarli e citarli a uno a uno: Alberto Agus e Angelo Murgia di Tertenia, B.O.B. Crew dall'Ogliastra, Pronto Intervento Show di Alghero, Matteo Zuncheddu di Burcei, Dr Drer e i CRC Posse da Cagliari, gli Stranos Elementos di Porto Torres, Dj Nigola di Tertenia e Djesso di Cagliari. Grazie anche a Cladinè Curreli e UBREC (per il documentario “Oltre l'Aporìa”) e al Football Liberation Front di Cagliari per il torneo di calcetto antirazzista.
Durante il campeggio si è svolta anche la mostra dedicata ai simboli e alle immagini che ci sono state inviate in seguito al nostro appello, volto alla costruzione dell'immaginario collettivo di A FORAS. In questi mesi ci sono giunti 15 elaborati grafici, quasi tutte immagini, che presto inizieremo ad utilizzare attraverso diversi canali comunicativi (banner, locandine, magliette). Tra le varie proposte pervenute, una in particolare si è distinta per la sua forma, semplicità e riproducibilità. Quest'ultimo simbolo, sarà pertanto adottato da A FORAS come proprio, oltre ovviamente a tutte le altre immagini pervenute. Tutti gli elaborati - unitamente agli altri che ci perverranno - saranno presenti in una mostra itinerante che girerà tutta la Sardegna.
Nell'ultima giornata del campeggio, si è svolta la plenaria generale di A FORAS, dedicata interamente alle mobilitazioni previste per il prossimo autunno.
Il prossimo mese di ottobre sarà denso di iniziative che presto verranno rese pubbliche e dettagliate. In particolare, l'assemblea ha deciso di aderire all'appello per una mobilitazione globale contro le basi militari, indetto dal Movimento No Dal Molin e previsto per la settimana dal 7 al 14 ottobre.
A FORAS proseguirà le proprie iniziative, in quanto dal 14 al 29 ottobre si terrà nel sud della Sardegna (sopratutto nel Poligono di Teulada) l'ennesima prova di forza della nostra controparte: la mega esercitazione Joint Star. Saremo pertanto presenti con tante iniziative diffuse, di azione diretta e di sensibilizzazione, organizzate dai tavoli tematici e dai gruppi territoriali di A FORAS. Una prima importante data che iniziamo a lanciare fin da ora sarà quella di sabato 14 ottobre, a Cagliari, che vedrà attraccate nel suo porto le navi militari impegnate nella Joint Star.
Vanno purtroppo segnalati alcuni episodi che hanno connotato negativamente il campeggio. Abbiamo assistito a diversi episodi di stampo sessista, prevaricatore e LGBT- fobico dai quali A FORAS si dissocia e condanna. L’assemblea di A FORAS, unitamente all’Assemblea delle donne, si impegna non solo a discutere e sensibilizzare sulle tematiche di genere, di prevaricazione e di discriminazione sessuale, ma nel futuro ad attivare metodi e pratiche per affrontare e contrastare questi episodi.
Il campeggio si è tenuto a ridosso di un radar facente parte del Poligono di Quirra, che per 6 giorni è stato "simbolicamente" assediato.
Durante la sei giorni, come ampiamente comunicato, non si intendeva in alcun modo violare tale zona militare, bensì lavorare in prospettiva, ponendo le basi perché in un futuro quelle reti si taglino e si superino tutt* assieme, in massa, con il contributo della popolazione locale. Nonostante ciò abbiamo assistito a un inspiegabile dispiegamento di forze dell'ordine: diversi blindati, tra cui la celere in antisommossa, posti di blocco e decine di unità schierate, sia nella Marina di Tertenia, che nel paese stesso (che dista oltre 10 km dal campeggio). Inoltre, ogni notte circa 10 poliziotti e/o carabinieri sostavano fuori dal campeggio. Per 6 giorni i diversi militari disposti lungo le reti hanno spiato e controllato (con binocoli, camere e tele obiettivi) tutt* i partecipanti del campeggio. Se da una parte denunciamo e condanniamo questo ennesimo tentativo di intimidazione, dall'altra ribadiamo il fatto che A FORAS opera e agisce alla luce del sole, con l'obiettivo di raggiungere e includere nella lotta contro le basi militari più persone possibili. Per questo rilanciamo la nostra lotta contro l'occupazione militare, dando appuntamento al prossimo mese, quando ci mobiliteremo contro la Joint Star e tutte le servitù militari presenti in Sardegna e non solo, a partire dal 14 ottobre a Cagliari.

15 settembre 2017, da aforas.noblogs.org


***
14-15 ottobre convegno a rovato (bs): BASTA GUERRE, BASTA MASSACRI
I “rappresentanti dei governi di tutto il mondo che organizzano conferenze di pace e parlano della «Lega delle Nazioni» e di «Pace internazionale», contemporaneamente si preparano al riarmo mondiale in vista di un nuovo massacro.”
Queste parole, del pacifista anarchico ed antimilitarista Ernst Friedrich, scritte nel 1924 di quasi un secolo fa, furono profetiche per quanto iniziò a realizzarsi poco più di 10 anni dopo, ma sono ancora oggi drammaticamente attuali: i massacri infatti continuano e l’indifferenza, il fatalismo e la rassegnazione regnano sovrani.
Su questo punto la narrazione strategica, vera e propria disciplina accademica e arma effettiva dell’arte della guerra, svolge un ruolo fondamentale e continua ad essere efficace nell’anestetizzare la coscienza collettiva. A questo scopo concorre non solo l’esercito dei mercenari della stampa e di altri media ma, ben al di sopra di essi, con maggiore e criminale colpevolezza, altri attori decidono quali verità nascondere o deformare, e quali falsità diffondere. Sono grande parte degli intellettuali, delle gerarchie religiose, e della sinistra politica, almeno quella che è o è stata in parlamento, oltre ad alcune associazioni che si autodefiniscono pacifiste ma che talvolta sostengono interventi militari.
L’ex segretario generale dell’ONU Boutros Ghali (poco amato dagli Stati Uniti) ebbe a dire, a metà degli anni ‘90, che mentre per secoli le decisioni politiche fondamentali erano legalmente prese da élite, con l’esclusione della grande maggioranza della popolazione, ora a decidere è l’opinione pubblica, ovvero è l’opinione pubblica a dare legittimità all’autorità. Da qui l’importanza della narrazione strategica affidata agli intellettuali ed alle altre istituzioni. Da qui le delinquenziali responsabilità che costoro si sono assunti e continuano ad assumersi.
Fino ad un secolo fa gli intellettuali, che già tradivano la propria missione originaria di ricercatori e difensori della verità sostenendo tesi adatte a compiacere i potenti, si rivolgevano solo alle classi dirigenti; ora invece le menzogne costruite ad arte con l’aiuto di gruppi multidisciplinari di “esperti” sono somministrate direttamente alla intera popolazione per convincerla ad assumere posizioni diametralmente opposte ai suoi interessi; e spesso queste mistificazioni hanno successo. Una vera e propria trappola democratica. Analoga involuzione rispetto ai fini originari hanno avuto altri soggetti: politici, religiosi e sociali, istituzionali e non.
Questa è la situazione, e in questa situazione ci è dato il compito di diradare le nebbie della falsa coscienza inculcata da infidi amici e da infidi e cattivi maestri.
È un compito molto oneroso e di lungo percorso in cui il primo passo è quello di iniziare una contro-narrazione di quanto sta avvenendo da un quarto di secolo. Per fortuna vi sono ancora alcuni intellettuali, politici di sinistra, religiosi e pacifisti non corrotti e non cinici, disponibili a quest’ impresa. È a costoro che ci siamo rivolti per un contributo in questo primo incontro pubblico, che si concluderà in un’assemblea per costruire una manifestazione a Ghedi contro le guerre in corso, e quelle in programma, e contro la costruzione e la detenzione di tutte le armi a partire da quelle, nucleari ma non solo, destinate a generare orribili olocausti. I quali saranno elogiati dai cortigiani e dai tifosi dei massacri filantropici, alla maniera di come si espresse l’Unità all’indomani dell’olocausto giapponese, il 10 agosto 1945, quando titolò che le due bombe atomiche erano state sganciate “Al servizio della civiltà”.

2 ottobre 2017, da forumcontrolaguerra.org


PER TANTE RAGIONI O PER UNA SOLA: CONTRO TAP
Una nuova opera sta investendo il Salento: il gasdotto TAP (*) che dall’Azerbaijan, attraverso Turchia, Grecia, Albania e il fondale dell’Adriatico, approderà con un lavoro di trivellazione nel litorale di San Basilio (Melendugno – Lecce), per poi proseguire interrato fino a un Terminale di Ricezione dell’estensione di circa nove ettari. Da qui, si allaccerà alla distribuzione gestita da Snam Rete Gas per raggiungere i mercati europei. Condotte sottomarine, navi, trivelle, ruspe, camion e cemento apriranno verso l’Europa il Corridoio Sud del gas proveniente dalla zona del Caucaso e del Mar Caspio. A volerlo le ragioni del mercato e dell’economia, che guardano al nostro pianeta unicamente come a un’immensa riserva da spolpare fino all’osso; un’occasione dietro l’altra per incrementare i propri introiti economici e di potere, senza preoccupazione alcuna per le macerie che ogni nuova realizzazione si lascia dietro. Nel caso in particolare, uno degli obiettivi della costruzione del nuovo gasdotto – e dei rigassificatori in progetto in altre zone d’Italia – non è portare il gas, che non manca, ma acutizzare la competizione tra i Paesi produttori per abbassarne il costo. È attraverso questa politica che il gas delle regioni mediorientali entrerà in “concorrenza” con quello di Russia, Algeria e Libia che già arriva con altre condotte: beninteso a esclusivo vantaggio delle multinazionali. Quello che non vediamo, o preferiamo non vedere, è la devastazione ambientale, il saccheggio delle risorse, lo sfruttamento della manodopera – nei Paesi detentori di materie prime – che le politiche concorrenziali scatenano per consentire di produrre a basso costo. Comprese le guerre di occupazione camuffate da interventi umanitari che i centri di potere occidentali – anche italiani – hanno mosso palesemente in Iraq, Afghanistan, Libia, Siria per il controllo diretto delle fonti energetiche lì presenti. Un progetto come il TAP non è separabile da tutto questo.

(*) Trans Adriatic Pipeline (TAP) è una joint venture creata per progettare, sviluppare e costruire il gasdotto. Ha sede a Baar (Svizzera) e dispone di uffici ad Atene, Roma, Tirana, Bruxelles e Istanbul. Gli azionisti del progetto TAP sono: Snam spa (20%), BP (20%), Socar (20%), Fluxys (19%), Enagás (16%), Axpo (5%).
Il percorso del gasdotto TAP si svilupperà lungo circa 870 chilometri. Approssimativamente: 550 km in Grecia; 210 km in Albania; 105 km nella sezione offshore del mar Adriatico. Previste tre postazioni dotate di compressori: nei pressi della città greca di Salonicco, sul confine greco-albanese e sulla costa albanese.
La sezione sottomarina che attraversa l’Adriatico inizia nei pressi della città albanese di Frier. In Italia il punto di approdo è nella provincia di Lecce, sul litorale di San Basilio del comune di Melendugno. Poi proseguirà interrato fino ad un Terminale di Ricezione situato a 8 km dalla costa, struttura che occuperà circa nove ettari di suolo. Da qui, con un altro percorso interrato fino a Mesagne (BR), si collegherà alla rete italiana di trasporto del gas, gestita da Snam Rete Gas.
In Grecia il TAP sarà interconnesso al DESFA, il sistema di gasdotti già esistente che, continuando verso est, si connette con le infrastrutture turche per garantire l’accesso al giacimento di gas naturale di Shah Deniz in Azerbaijan.
Il consorzio di gestione del giacimento di Shah Deniz in Azerbaijan si propone di estrarre 16 miliardi di metri cubi di gas all’anno dal Mar Caspio. Sei miliardi di metri cubi andranno in Turchia dal 2018 e il resto andrà in Europa dal 2019.

Le ragioni dell’economia non sono le nostre
Opporsi al TAP non è solo difendere un pezzo della nostra costa dall’aggressione di un’opera che serve unicamente a chi la progetta e realizza, ma può diventare l’opposizione al sistema globale dello sfruttamento, per metterne in dubbio la pretesa di imporre dall’alto i propri progetti mortali considerati indiscutibili, contrastare le sue guerre di conquista, nonché la devastazione e il saccheggio dell’intero pianeta.
Un’opposizione da portare avanti senza compromessi e mediazioni, senza deleghe, autonomamente da istituzioni e partiti politici, auto-organizzando la propria lotta.

Considerazioni da La Caura occupata - Roca (Le)
Il 26 luglio è stato reso disponibile uno spazio sulla litoranea di Roca Vecchia (Lecce) con un punto informativo e di documentazione in cui confrontarsi con dibattiti, presentazioni e proiezioni sulle questioni che più stanno a cuore. Si è parlato di nocività, di lotte contro lo sfruttamento, contro le diverse facce della reclusione e della repressione, contro la ferocia agita verso chi arriva qui provenendo dai paesi “sbagliati”. C’è molto interesse per quanto sta accadendo in questo territorio, per capire quale nuova opera nociva e devastante vogliono costruire calpestando persone e ambiente naturale, per la lotta contro il nuovo mostro Tap che ha già avuto momenti molto intensi e che richiederà forza nella durata. Lo spazio è servito ad ospitare chi, arrivando da luoghi distanti, è interessato a conoscere e a autorganizzarsi per l’opposizione al Tap. E’ stato scelto di farlo senza dover soggiacere ai costi e alle regole del mercato del turismo, per socializzare con chi già lo conosceva e utilizzava da tempo.
La sera del 28 luglio, in occasione dell’inaugurazione de ‘La Caura’, è stato esposto un pannello informativo in solidarietà a Davide Delogu.

Siamo in chiusura di un'esperienza che ha dato tanto. Parlo a titolo strettamente individuale per dire quello che ho sentito di aver vissuto in questo mese abbondante. Abbondante di impegno e anche di soddisfazione per la condivisione di fatiche e di piaceri, per le iniziative realizzate, per il tempo passato insieme, per gli incontri con la gente del posto, con i passanti, con chi è interessato alla lotta No Tap contro la costruzione del gasdotto. L'autogestione delle fatiche quotidiane non ha avuto veri intoppi, tutti e tutte quelle che sono rimaste giorni o settimane qui hanno fatto ciò che era necessario insieme senza nemmeno subire troppo la mancanza dell'acqua corrente, acqua che abbiamo recuperato in modi diversi giorno per giorno. Lavori domestici, cucina, pulizie, chiacchiere sparse e scambi più impegnati di analisi su quanto ci sta attorno, sui problemi che affliggono le nostre situazioni di lotta o sulle possibilità che intravediamo, hanno scandito le giornate. Tuffi al mare che ci stava di fronte, bellissimo nella variazione dei colori data dai venti. Ad orari inusuali, per sfuggire alla folla che inonda il Salento ogni anno, e quest'angolo in particolare. Davvero un'invasione.
Non abbiamo raggiunto chissà quale traguardo con idee per il futuro, che sono veramente difficili almeno per me da individuare, ma abbiamo messo in campo quello che avevamo unendo l'interesse per la lotta NO TAP alle tante altre questioni a noi care. Intanto quella del turismo vorace di profitti da trarre a scapito di territori, risorse e abitanti dei luoghi. Rendendo disponibile uno spazio affacciato sul mare abbandonato da anni, abbiamo assicurato a noi e a chi è passato per condividere questa occupazione la possibilità di godere di un paesaggio meraviglioso. Non è sempre obbligatorio prendersi posti abbandonati dal capitale industriale, magari a volte anche quelli lasciati andare dai nobili. Questa era la residenza estiva della baronessa di Melendugno, passata in eredità alle due dame, serve, di compagnia e in seguito ai loro parenti. Posti così esistono. Gli incontri con gente di passaggio proveniente da luoghi disparati sono stati spesso molto interessanti, ci hanno portato racconti di lotte anche lontane come quella, giusto per fare un esempio “esotico”, in Brasile contro la deviazione del corso di un fiume e la costruzione di una diga nel territorio del nord est. Informazioni scambiate nel tempo di una cena o di una colazione insieme. Non sono mancate ovviamente visite fastidiose o di gente mandata appositamente per spiare.
All'alba del 3 agosto gli UOPI (Unità Operativa di Pronto Intervento di polizia) sono entrati, con la loro squallida violenza, per portarsi via un compagno, Pasca. In questo momento (28 agosto) ancora in carcere a seguito dell'operazione fiorentina scattata dopo il ferimento di un artificiere la notte di capodanno. Aggiornamenti sulla situazione e presidi sotto il carcere di Lecce si stanno ancora succedendo.
Nel poco tempo che ci siamo dati, qualcosa più di un mese, le iniziative che siamo riusciti a organizzare hanno riguardato le terribili sorti di chi cerca di raggiungere questo paese partendo dai paesi esclusi dal consesso dei potenti, le sorti degli immigrati e delle immigrate che quando si salvano dalla morte in mare si trovano di fronte alla ferocia di un mondo che li vuole solo schiavi quando servono e in caso contrario devono sparire. Un incontro è stato dedicato a tecnologia e controllo, un compagno si è reso disponibile a spiegare i rischi del web e i possibili modi per difendersi nella comunicazione via internet o cellulare.
La presentazione del libro, “Esiste un mondo a venire saggio sulle paure della fine”, è stata fatta da chi ne ha curato la traduzione. Avremmo voluto parlare anche di xylella con chi segue da tempo la questione, ma non si è riusciti a farla rientrare in questo scarso lasso di tempo.
In chiusura una serata sulla Palestina, mettendo in primo piano i parallelismi con questa terra pugliese e con le forze che Tap ha messo e metterà in campo servendosi, tra le altre, delle tecniche e delle armi che Israele sperimenta nel terribile laboratorio dell'occupazione sionista. Gli aggiornamenti sull'opera Tap e sull'opposizione si sono ripetuti nelle varie iniziative, mentre una mostra è stata allestita nella stanza di entrata insieme al materiale, libri, opuscoli, note e volantini, in distribuzione. Ogni serata ha avuto il suo aperitivo benefit, molto partecipato, che ci ha dato la possibilità di mandare un po' di solidarietà in denaro direttamente ai prigionieri. Questo per raccontare in breve un'esperienza sulla quale vorrò continuare a ragionare, per capirne la portata, il senso, gli scambi di idee e i problemi che ha evidenziato.

Arresti a Firenze, Roma e Roca Vecchia (Le)
Giovedì 3 agosto, alle 6.30 del mattino la Digos di Lecce e una squadra speciale dell’antiterrorismo (UOPI) hanno fatto irruzione, armati di mitra e con i passamontagna, alla Caura occupata (Roca-Lecce). Dopo aver costretto faccia-a-terra chi era presente in quel momento, hanno portato via un compagno, Paska, che attualmente è in stato di fermo presso il carcere di Lecce. Il fatto è avvenuto in contemporanea all’irruzione alla Riottosa di Firenze e agli arresti di altri 7 compagni e compagne di cui uno anche a Roma. L’operazione repressiva si riferisce all’attacco esplosivo contro la libreria Il Bargello, legata a Casapound, a Firenze (1 gennaio 2017), dove rimase ferito un inetto artificiere e per una bottiglia incendiaria contro la caserma dei carabinieri di Rovezzano sempre a Firenze (21 aprile 2017). Il questore di Lecce ha colto immediatamente l’occasione per minacciare di sgombero questa nuova occupazione, nata da appena una decina di giorni, come è successo per la Riottosa.
Intorno alle 14 una trentina di solidali ha fatto un veloce saluto davanti al carcere di Lecce, così anche il giorno seguente.
Il 5 agosto si è svolta l’udienza di convalida degli arresti. Sei dei compagni arrestati la mattina del 3 agosto sono stati scarcerati quest’oggi. Resta nel carcere di Firenze Salvatore Vespertino, e nel carcere di Lecce Pierloreto Fallanca (paska).
Martedì 22 agosto alle 19 c’é stato un presidio davanti al carcere di Borgo San Nicola a Lecce per un saluto solidale molto partecipato e rumoroso, così anche la risposta degli altri detenuti dalle sezioni che è possibile intravedere dalla strada.
Solidarietà a Micol, Marina, Sandro, Nicola, Roberto, Paska, Giovanni, Vespertino. Tutte libere, tutti liberi.
Milano, agosto 2017

***
lettera dal carcere di lecce
Ciao a tutti/e, come va? Vi aggiorno sulla mia situazione detentiva, così almeno saprete come sto. Mi hanno tolto dall'isolamento il giorno 16, in realtà spostato di sezione il 17 (di agosto); per due rapporti solo, 4 e 8 giorni di punizione, la signora direttrice vuol far la benevola…
Ho sempre la censura alla posta; all'oggi faccio l'aria con gli altri detenuti, 9-11 e 13-15, e saletta (socialità) 16-17; la saletta è l'equivalente di 3 celle vuote con solo un biliardino. Nè tavoli né sedie. Nemmeno all'aria, niente pallone. La sezione è quella dei transiti, quindi di “fissi” ne sono/siamo pochi, 7/8; inoltre con molti ci sono divieti di incontro o restrizioni per il diverso regime a cui sono sottoposti.
Io sto sempre in cella singola; volevo comunque anche aggiornarvi sul fatto che per quanto riguarda il tentato omicidio e la fabbricazione e blablabla, mi sono state levate le misure cautelari, quindi dovrei essere libero senonché il pm ha chiesto la mia custodia in carcere per l'associazione a delinquere dei fiorentini, il 416, reato in cui mi hanno inserito “ad honorem” a quanto pare. Tutto ciò mi è stato notificato ieri.
E quindi continuo la mia carcerazione, con stato di semiisolamento (perché rispetto alle altre sezioni non ci sono le celle aperte), nella cella 11 del Blocco 62 prima sezione.
Sempre a testa alta, non mi affosseranno!
Un saluto ed un abbraccione a tutti/e i/le compagni/e e eclusi/e.
DAJE FORTE, PASKA.

25 agosto 2017 (la lettera porta il timbro 'Visto per censura 28 agosto 2017')
Pierloreto Fallanca, via P. Perrone, 4 - 73100 Lecce

La mattina del 20 settembre è stata notificata dal tribunale del riesame la sentenza di rigetto della richiesta di scarcerazione di Paska, accusato di associazione a delinquere mentre era già in carcere dal 3 agosto.
Ribadiamo la nostra solidarietà con Paska e il nostro “rigetto” verso i meccanismi meschini messi in atto dal potere e dalle istituzioni per tentare di avvilire lo spirito di rivolta.. Non ci riusciranno. Inoltre, nella stessa mattinata abbiamo appreso della revoca della censura sulla corrispondenza.


Torino: ARRESTI D’AGOSTO
Il caldo agostino non è l’unico a rendere soffocante l’aria. Dopo gli arresti a Firenze, Roma e Lecce, la mannaia estiva è arrivata anche a Torino: Digos e celerini si sono presentati il 4 di agosto poco dopo le 6 del mattino all’occupazione di corso Giulio Cesare 45 e in alcuni appartamenti privati per effettuare cinque arresti e notificare due divieti di dimora. I compagni che vivono nello stabile occupato sono saliti sul tetto e là sotto si è formato un gruppo di sostegno, anche perché nell’immediato non era ben chiaro il motivo dell’operazione. Poco dopo sono arrivati anche i mezzi dei vigili del fuoco a coadiuvare l’azione poliziesca e in virtù di questo hanno ricevuto i giusti insulti.
Il loro meschino lavoro di monitoraggio dei compagni sul tetto è durato però poco, fintantoché, compreso che non si trattava dello sgombero, Lorenzo - l’unico in casa a cui era destinato l’arresto - non è sceso. Notizie più precise sono arrivate tuttavia dalle case in cui Cam, Fran e Antonio stavano già scontato gli arresti domiciliari per altro procedimento, e ahinoi torneranno in carcere per quest’ultimo; a loro si aggiunge anche Beppe, mentre per altre due compagne è stato comminato il divieto di dimora a Torino e provincia.
Le carte tribunalizie, con l’ipotesi accusatoria del consueto Pm Rinaudo e la firma siglante del giudice Agostino Pasquariello, motivano le misure cautelari con l’opposizione a una retata nel 6 aprile scorso ai giardini Ex-Gft e imputano ai compagni i reati di resistenza aggravata, concorso per un fatto compiuto in più di dieci persone, violenza a pubblico ufficiale e danneggiamento.
Segue una lettera scritta da Antonio, arrivata prima che il Tribunale del Riesame modificasse le misure (arresti domiciliari per tutti e tutte).

***
Ed eccoci di nuovo qui, nelle celle di un carcere. Siamo accusati nuovamente di esserci messi “in mezzo”, di aver tentato d’impedire l’ennesimo rastrellamento d’immigrati nel quartiere in cui viviamo. Bloccare una retata è un obiettivo molto arduo e le forze dell’ordine, ormai, si presentano in tenuta anti-sommossa, a cavallo addirittura, come successo a Milano, e svolgono una vera e propria operazione militare. Solidarizzare con in fermati e rendere “visibile” il rastrellamento sono, ahimè, il magro risultato che si riesce ad ottenere. Può sicuramente sembrare strano sentir parlare di “visibilizzazione” di un evento enorme come una retata della polizia nel pieno centro di un quartiere, un contesto in cui volanti, camionette, celere con caschi e manganelli non passano certo inosservati. Ed è proprio questo il punto. In questi tempi bui, i militari armati fino ai denti che passeggiano nelle nostre strade e i rastrellamenti su base etnica che tanto hanno fatto inorridire la democrazia del dopo guerra, sono le consuetudini della vita di tutti i giorni. La normalità, si sa, è fatta di barbarie. È quella stessa normalità che aleggiava nei cieli dell’Europa del passato, quel mondo degli aguzzini “che eseguivano solo gli ordini” e delle soluzioni tecniche. Le piazze sono le stesse dove l’indifferenza dei passanti di allora fa eco alle finestre chiuse dei palazzi di oggi.
La caccia all’immigrato non serve solo a mantenere sotto la morsa una porzione della popolazione, essa è un aspetto della più generale guerra ai poveri di cui la polizia è il braccio armato. Inoltre, la securizzazione dell’emigrazione, che sta raggiungendo negli ultimi anni vette inimmaginabili, ha lo scopo di individuare nell’immigrato, attraverso la narrazione politica e mediatica, il falso colpevole della miseria in cui lo stato ci ha impantanato.
È proprio nei quartieri periferici delle città, dove le famiglie sotto sfratto vengono sbattute fuori casa e dove si arranca in lavori iper-sfruttati, che serpeggia l’incubo della guerra tra gli esclusi. La grande truffa è servita e troppi ci sono cascati. Impedire che tutto ciò avvenga, da parte di chi ha deciso di non vivere da miserabile, è il motivo per cui si è costantemente incarcerati e allontanate, il motivo per cui si viene pestate e umiliati nelle questure.
Nessun problema tuttavia; è lo stesso motivo per cui resistiamo digrignando i denti e ci organizziamo contro la brutalità che ci circonda. Un detenuto della mia sezione mi ha detto: “A fare la guerra allo Stato si perde sempre”, certo, sono d’accordo, si perde tutto, proprio tutto, ma non la dignità. Tutti e tutte libere, Antonio.

agosto 2017, liberamente estratto da da autistici.org/macerie

Lettera dal carcere delle Vallette (to)
Ciao carissimi amici/he, scrivo dal carcere di Torino “Lorusso e Cutugno”, sono detenuto nel padiglione B nella 12a sez. e posso dirvi che qua è uno schifo proprio.
Innanzitutto sono in una cella senza la televisione, sono passato dai NUOVI GIUNTI (NG) a qua dopo due mesi senza TV con la speranza di vedermi un po' di televisione e invece arrivo qua e niente.
Poi non mi passano la fornitura igienica per lavare la cella, praticamente ti dovresti comprare tutto, spazzolone del wc, scopa, spazzolone, straccio per lavare a terra, detersivo ecc: non si può andare avanti dentro 'sto schifo.
Sono stufo di queste prepotenze mascherate da una divisa o da leggi che non vengono eseguite. Fino all'altra settimana ai NG facevo un'ora d'aria al mattino e una e mezza al pomeriggio e poi 22 ore di cella chiusa.
Le docce fanno schifo, piene di muffa e l'acqua che al 3° piano non arriva; il mangiare non ne parliamo perché è una cosa indescrivibile, senza gusto e niente; il latte allungato con l'acqua a colazione.
Non funziona niente di niente, due settimane fa è morto un cinese, si lamentava con le guardie che aveva male, alla fine l'hanno messo isolato ai NG; questo di notte muore riverso sul pavimento, la guardia che è passata per la conta pensava dormisse a terra per il caldo, al mattino si sono accorti che era morto. Ma la notizia come mai non è uscita da 'ste quattro mura di merda?
Sono degli indegni tutti, la penitenziaria, la giustizia e lo Stato!!
Con questo chiudo e mando i miei sinceri saluti a tutti gli amici-e.
Con stima Alessandro.

18 agosto 2017
Alessandro Perosino, v. A. Aglietta, 35 - 10151 Torino

***
Se è vero, voi potete sicuramente informarvi! Dicevo se è vero che un detenuto del blocco C. del carcere “Le Vallette” di Torino si è suicidato, bisogna che il direttore dott. Minervini Domenico inizi a farsi delle domande sulla maledetta e inesistente gestione di questo posto infausto. Il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che lentamente ti abitua a non avere più nulla, qui funziona così!!! Sempre a testa alta.
PS: A Davide Delogu dico sono con te spalla a spalla.

fine agosto 2017
Cristina Bossi, via M. A. Aglietta, 35 - 10151 Torino

***
Ciao Olga, vi scrivo per farvi sapere dello spettacolo ridicolo che si è tenuto presso il 'Lorusso e Cutugno' l' 8/09/2017. Hanno proiettato un filmato girato nel reparto di custodia attenuata ICAM dove vivono come in un appartamento, difatti è evasa una detenuta non dal permesso ma dal cancello. E hanno concluso che qui si sta bene.
Persone che il giorno prima hanno parlato delle gravi problematiche del carcere Lorusso e Cutugno, il giorno dopo leggevano su un foglietto, dichiarando tutto il contrario di ciò che avevano detto prima. E la mia concellina è stata ripresa per aver detto le sue opinioni, sollevando il problema della salute in riferimento a una domanda nella quale si chiedeva ai cittadini del quartiere “Le Vallette”, come vivono il fatto che il carcere si trovi nella loro zona. Tali cittadini rispondevano che sentono le battiture e le grida di festa a Capodanno.
Le conclusioni del giornalista sono state che sì c'è il problema della salute per i detenuti, ma anche per il personale penitenziario. E che cazzo perché un agente o un assistente o il direttore aspettano 10 giorni per una visita urgente o vanno da uno specialista a stento? Il rapporto dell'Associazione Antigone è stato una farsa. Le Vallette dovrebbero chiamarsi Dachau.
Comunque sempre a testa alta e muso duro. Io compagna di chi lotta Cristina Bossi.
PS: non ricevo da 2 mesi l'opuscolo con le lettere, come facciamo a far sapere le cose se non lo stampate più?

9 settembre 2017
Cristina Bossi, via M. A. Aglietta, 35 - 10151 Torino

***
Carissimi/e compagni/e, sono nel carcere di Torino, Padiglione femminile. Però vorrei scrivervi dell'esperienza fatta nel carcere di Succava in Romania.
Mi hanno arrestata il 10 marzo 2016. Ero incinta. Del carcere fino a quel momento non sapevo niente.
Vi posso dire che sono stata in una cella con due letti, un cesso. In bagno non c'era manco la finestra. La porta tutto il giorno chiusa, ogni tanto veniva uno a guardarmi, se stavo bene ecc. ecc. Il televisore potevo guardarlo soltanto un'ora al giorno – se mi comportavo bene. L'aria era sotterranea, sopra c'era il parcheggio della polizia penitenziaria. Il mangiare faceva schifo e posso dire anche tante galline non sono state uccise per colpa mia. In tre settimane ho visto la carne una volta. In quel carcere c'eravamo i giudicabili.
Avendo dolori in pancia, hanno chiamato la dottoressa che non sapeva parlare bene la lingua rumena. Non mi ha fatto niente. Le dissi che ero incinta. Nella cartella clinica hanno scritto un sacco di bugie, per esempio che avevo la pressione 120/60. Appena arrestata, agitatissima, nervosa, stavo in un'angoscia mai sentita prima.
Poi il 27 di marzo cominciai a sanguinare. Il capo di turno mi disse che non sapeva cosa doveva fare. Gli dissi di chiamare un'ambulanza e di portarmi in ospedale; invece mi hanno rinchiusa in cella. Dopo qualche minuto mi ha chiamato di nuovo per dirmi che lo stato rumeno non aveva niente contro di me. Risposi dicendo: allora per lo stato rumeno io posso anche morire.
Il 29 marzo mi hanno portata in ospedale perché feci un casino con la dottoressa, che mi aveva detto: “Ti è venuto il ciclo”. Potete immaginare come mi sentivo. Mi hanno portata in ospedale ammanettata come un animale e senza anestesia. Quel deficiente non mi ha pulito bene.
Dopo l'estradizione a Rebibbia, avvenuta il 31 marzo 2016, mi hanno curata. Questo era soltanto l'inizio del mio calvario. Da Rebibbia mi hanno trasferita a Castrogno, Teramo. Lì poi ho capito che cos'è il carcere in Italia. Un posto depressivo, vedi soltanto muri alti. L'aria piccolissima. Spesso non mangiavamo; la carne era puzzolente. Le assistenti abbastanza gentili. Però la sanità non funziona per niente.
Riempiono la gente con gli psicofarmaci. Spesso l'infermiera diceva di non ricordarsi quante gocce aveva messo. Io grazie a Dio non prendo calmanti, tranquillizzanti. Non mi faccio prendere dalla depressione.
Poi il 7 di novembre 2016 mi hanno trasferita a Torino. Il caposquadra secondo me era un uomo senza cuore. Non potevamo fumare manco una sigaretta. Abbiamo viaggiato 10 ore quasi.
Qui altri problemi. Ma il più grande è che anche qui non funziona niente. Il conforto me lo dà la sorella dei Testimoni di Geova, con lei sto studiando la Bibbia. Vedo innumerevoli ingiustizie che succedono fra queste mura. A me sembra di vivere in un sistema totalitario, fascista.
La gente fuori non sa com'è qui dentro. Ma vorrei mettere qui i parlamentari per un mese. Per tutte queste cose brutte ho perso la mia fiducia nella giustizia umana. Può essere che mi crederete una pazza.
Però sì! Io credo nel regno di Dio e spero che questo mondo finisca al più presto.
Penso a tutte le persone che sono nei carceri di tutto il mondo e prego per tutti noi, sperando in una vera libertà.

fine luglio 2017
Pap Iren Zsuzsanna, via A. Adelaide Aglietta, 35 - 10151 Torino


lettera dal carcere di Ivrea (to)
Carissimi amici oggi mi è arrivata la vostra lettera e subito vi rispondo. Spero che possiate fare qualche cosa per far luce per la morte di questo giovane padre di due bambini. Il suo nome e cognome é: ATHMINI HAITME.
Quello che vi posso dire è che qui non c'è giorno che qualcuno faccia l'autolesionismo, perché non funziona niente e sono vani i tentativi di fare le denunce alla procura di Ivrea oppure a quella di Torino. La direzione non ha paura perché sicuramente sono coperti.
Io personalmente ho fatto una denuncia alla procura di Ivrea a Torino e a Roma senza nessuna risposta, anzi adesso la direzione mi sta rendendo la galera più dura. Io qui posso fare solo cella e passeggio.
Sono precario di salute con parecchie patologie e mi dovrebbero dare una dieta speciale, ma spesso non mi viene data e quando vado a fare reclamo mi ridono in faccia. Ma purtroppo sono vani pure i miei tentativi di essere trasferito.
Mi ero dimenticato di scrivervi che il giovane che è morto era qui da 2 mesi e siccome era un po' depresso che era stato trasferito qui lontano da casa non poteva fare spesso il colloquio con la moglie e i figli, per questo si imbottiva di farmaci.
Adesso vi saluto, il vostro amico Francesco.

5 settembre 2017
Francesco Maccarone, Corso Vercelli, 165 - 10015 Ivrea (Torino)


lettera dal carcere di trieste
Ciao cari compagni di OLGa, voglio ringraziare voi e tutti i presenti al presidio di febbraio per la forza che mi/ci avete dato e trasmesso attraverso le mura!!!
E' stato come un forte abbraccio che vorrei ricambiare!!! Mi dispiace di aver ritardato così tanto nello scrivervi, ma ho avuto qualche problema nel tratto in cui sono, vari cambi di cella e pochi francobolli. Vorrei ribadire che nonostante i maltrattamenti di cui anche un altro compagno del mio stesso tratto vi ha scritto nei mesi scorsi e il fatto di essere paragonato a un animale per aver stretto e baciato la mia compagna a colloquio non sono ferito né scalfito e non colgo il paragone come un insulto perché da animale sono ancora sensibile agli istinti di amore e passione e senziente della realtà (da schifo) che mi circonda, come ho detto a loro sono felice di rimanere una bestia agli occhi di chi invece diventando un automa ingranaggio, al servizio della repressione, reprimendo gli uomini nelle galere e reprimendosi emotivamente sino al punto di condannare con pestaggi i gesti d'amore tra compagni, forse non proveranno mai quel sentimento di passione per la libertà e la libertà delle passioni che ci contraddistingue.
In ogni caso sono pieno di rabbia per quello che succede qua dentro ogni giorno: dal menefreghismo dei medici e delle guardie che nei mesi scorsi hanno lasciato morire un ragazzo perché come al solito, quando i suoi compagni di cella li hanno chiamati per telefonare al 118, erano a farsi i cazzi loro e sono arrivati dopo mezzora… intanto lui soffocava nel vomito.
Un altro detenuto è stato all'ospedale per 8 ore in seguito a un pestaggio avvenuto perché stava solo scendendo a chiedere informazioni sull'espulsione di cui ha diritto e che gli ritardano a 1 anno e portava la richiesta di sconto dei giorni. Solo alcuni esempi.
Quì è pieno di cimici dei letti e altri scarafaggi, il mangiare arriva scotto ed è sempre pasta o brodo di niente con foglie di cavolo che chiamano insalata, i medici dovrebbero essere chiamati assassini piuttosto, quando qualcuno lamenta un dolore prima la guardia decide se stai abbastanza male da andare dal medico, poi in ogni caso il medico (quando c'é) ti rimanda indietro dicendo che non è niente, che passa con la tachipirina qualsiasi dolore sia, neanche ti visita… l'unica cosa che danno senza problemi sono gli psicofarmaci che hanno zombificato parecchie persone del tratto e del carcere come ben risaputo. Probabilmente per loro siamo cavie, ci vogliono schiavi o morti; dall'interno c'è poca solidarietà e ognuno pensa a sé, è difficile trovare uno spunto per fare qualcosa di efficace.
Ora vi saluto con calore, solidale con chi cerca di annullare l'isolamento di animali e persone avversi alle logiche e leggi di sfruttamento e specismo. Un enorme grazie per aver continuato a recapitarmi l'opuscolo e un fortissimo abbraccio.
A (cerchiata) presto. Kabu.

fine agosto 2017
Alberto Casonato, via Coroneo, 26 - 34133 Trieste


lettera dal carcere di velletri (rm)
In questa lettera e in una successiva di dieci giorni Claudio racconta le difficoltà che riscontra nelle visite mediche e psichiatriche, dove lo psichiatra sostiene che Claudio non ha problemi psichiatrici, mentre invece le guardie cercano di sottoporlo ai farmaci psichiatrici. L'hanno portato in ospedale dopo che per protesta avrebbe ingoiate delle piccole lame. Conclude la prima lettera specificando il tentativo di sabotaggio dello sciopero della fame da parte dei carcerieri con la consegna della spesa, che comprende anche alimentari.

Ciao carissimi amici, compagni/e, da oggi (16 agosto) sono in sciopero della fame in solidarietà con tutti coloro che lo fanno e mi affianco allo sciopero che stanno conducendo i radicali, lottano per noi.
Comunque io sono in sciopero della fame ad oltranza finché non aumentano le ore di piantone al detenuto che mi fa da piantone per i miei problemi psichiatrici.
E' uno schifo, hanno passato la spesa fatta precedentemente ora che stiamo in sciopero anche della spesa. Questi servi per dispetto le sigarette avevano detto che le avrebbero date il giorno dopo, invece abbiamo fatto un po' di casino e le sigarette le hanno portate dopo le ore 16. Non sanno dove attaccarsi e cercano di creare la violenza facendo i dispetti. Pochi di noi abbiamo anche fatto resistenza passiva al rientro in cella.

16 e 27 agosto 2017
Claudio Perrone, via Campoleone, 97 - 00049 Velletri (Roma)


I VACCINI, IL GREGGE E LO STATO
Sulla questione vaccini si è innescato, come spesso avviene su problematiche che riguardano la massa, il vortice complottismo e anti-complottismo fra le parti in causa, che diventa comunque funzionale al potere in quanto più attrezzato a difendersi: i media, la propaganda e la paura.
La leva principale del sistema è quella di mettere nel piatto della bilancia l’importanza della valenza scientifica con i suoi straordinari progressi anche e soprattutto in campo medico e farmacologico contro chi vorrebbe ostacolarne questo corso, secondo la vulgata imperante, con teorie anti-moderne, strumentali e di regresso anti-scientifico, appunto, per oscuri fini o per mediocrità nelle analisi, trasformando così la diatriba in un gioco facile da gestire, per il potere costituito, ovviamente.
Le teorie scientifiche e le scoperte fatte negli ultimi decenni in campo medico e nello specifico anche dei vaccini, rappresentano sicuramente un effettivo progresso per il genere umano, ma come qualsiasi innovazione sia scientifica sia materiale, essendo per forza di cose sotto l’egemonia del sistema capitalista e quindi del profitto, tracciano un percorso deviandolo da quello che dovrebbe essere per il benessere dell’umanità  e la sua messa in pratica nella società.
Mettere in discussione i vaccini o qualsiasi sviluppo innovativo senza mettere in evidenza lo sfruttamento della/sulla scoperta per fini puramente di potere economico e con mezzi coloniali e imperialisti – basti pensare ai conflitti per la conquista di materie prime necessarie per lo sviluppo e il progresso – si rischia di essere oltrepassati facilmente dalla verità del sistema. Mettere in dubbio i vaccini, appunto, come metodo di prevenzione di malattie infettive è sbagliato e metterne in discussione il principio probabilmente è assurdo e qui si sta giocando la partita importante e infatti le argomentazioni che stanno a metà strada vengono oscurate scientemente per rendere la discussione più fumosa, mistificata e spesso inconcludente.

I vaccini
L’immunizzazione attiva è stata praticata fin dal diciottesimo secolo con la vaccinazione anti vaiolo, secondo il principio di introdurre una malattia artificiale per indurre una risposta difensiva del corpo attivandone la memoria immunitaria, quindi cellulare, ma studi recenti hanno dimostrato che non sempre tutto fila così alla perfezione e che a livello cellulare subentrano altri fattori che ne falsano la certezza immunitaria del farmaco; esistono a livello molecolare equilibri delicati e insospettati fino a qualche tempo fa, ossia cellule di un organismo che reagiscono a vettori esterni in modo autonomo e diverso da organismo a organismo, rendendo le conseguenze o la riuscita attiva di esso, diversa da soggetto a soggetto, mettendo seriamente in discussione la teoria “dell’immunità di gregge” da imporre con la semplicità di un decreto legge.
Tutte le cure per le malattie più importanti e gravi come il cancro, ormai, si basano sulla specificità di ogni organismo in quanto la reazione cellulare di ogni individuo per le cure e diversa come son diverse le reazioni in negativo per innumerevoli fattori; le scoperte mediche storiche, dalla penicillina fino agli antibiotici, hanno tracciato una evoluzione sulle cure per malattie importanti e gravi ma oggi col progresso avanzato in campo medico si è appurato che lo stesso eccesivo utilizzo degli antibiotici, ad esempio, causa mutazioni nelle reazioni immunitarie e cellulari che prima erano sconosciute, anche perché non usati massicciamente come ora, con questo nessuno mette in discussione il loro utilizzo ma semplicemente si mette in discussione la mercificazione, con conseguente consumo forzato e indotto dal/per il profitto, come un qualsiasi altro prodotto, di medicinali fra cui gli stessi vaccini; intanto si continua a perseverare per le vaccinazioni di massa, come dicevamo, dove le stesse casistiche mediche smontano con dati e cifre ufficiali la nullità della loro efficacia in tantissimi casi e la mediocre riuscita in tantissimi altri. Questo, a nostro avviso, è uno dei punti più importanti. La sicurezza dei vaccini viene data da una fase pre clinica, di solito fatta in laboratori privati, che dura circa due anni, in cui sono previsti esperimenti sui topi e scimmie per valutarne la capacità di produzione di anticorpi e la dose da somministrare ai volontari sani.
Parecchi studi scientifici attuali, prontamente oscurati dal potere istituzionale, sono molto cauti da questo punto di vista, perché non esiste affidabilità nell’estrapolare dati certi da una specie ad un’altra, non garantendo la certezza assoluta.
Dall’esperimento animale si passa alla “costruzione” del vaccino gestita dall’industria che non solo da vita al prodotto ma ne certifica la sua attendibilità tramite e insieme all’EMA, l’Agenzia Europea dei Medicinali. Per farsi un idea del “prodotto finito” basta sapere che  la stessa EMA è finanziata per l’83% dall’industria farmaceutica; insomma qualche dubbio sull’autenticità del prodotto e sulle garanzie certificate, probabilmente è reale.

Il gregge
Come accennato prima, la vaccinazione di massa, del gregge, è sempre più messa in discussione e lo dimostrano anche le sparate della ministra – l’utile idiota della situazione – che cerca in tutti i modi di aggrapparsi alla sua verità, quando cita cifre senza fondamento, spudoratamente false, come la panzana dei 270 morti per morbillo in Inghilterra nel 2014 per non aver fatto la vaccinazione di massa, mentre i dati ufficiali inglesi parlano di 1 (uno) morto nel 2013,  un giovane di 28 anni morto per una polmonite acuta. L’utile idiota che citavamo, non solo l’ha sparata grossa, ma la sua panzana ha ulteriormente rimarcato, per chi avesse ancora qualche dubbio, l’infondatezza del teorema vaccini per tutti; i dati inglesi infatti parlano del contrario: nei primi tre mesi del 2013, in Inghilterra c’è stato un incremento a 587 casi di morbillo, nonostante il livello di copertura da parte del vaccino trivalente MMR, per parotite, morbillo e rosolia, non sia mai stato così alto, con il 94% dei bambini fino ai 5 anni che ne avevano già ricevuto due dosi; in sostanza la copertura vaccinale è stata altissima, ciò nonostante l’epidemia si è sviluppata ugualmente, anche se ovviamente i morti citati  non ci sono mai stati. L’altro dato riportato dalla ministra è quello riguardante alcune zone della Romania dove dalla fine del 2016 e l’inizio del 2017, i casi di morbillo sono stati più di tre mila con 17 morti, ma gli stessi addetti sanitari romeni hanno rimarcato il fatto che i maggiori focolai della malattia si sono riscontrati in zone poverissime, dove si vive in mezzo al fango, al freddo, ai detriti e fogne a cielo aperto e che ovviamente passare dal morbillo alla polmonite in queste situazioni è molto più facile che altrove, ma certamente il vaccino contro la miseria non è all’ordine del giorno, né in Romania né in nessun’altra parte del mondo. Che i fattori ambientali agiscono sul controllo delle epidemie è evidente e provato dal fatto che nelle civiltà con maggior benessere alcune gravi malattie come la lebbra, il colera o la malaria non esistono più e non certamente grazie ai vaccini, visto che in questi casi non ci sono o sono poco efficaci, ma grazie agli antibiotici, a fattori ambientali, nutrizionali ed igienici.
Credere alle istituzioni e ai suoi burattini è avere poca memoria dei suoi ingranaggi e dei suoi tentacoli affaristici, anche sulla pelle dei malati. Nel 1994 l’ex ministro della Sanità De Lorenzo fu arrestato in relazione a tangenti per circa nove miliardi di lire ottenute da industriali farmaceutici dal 1989 al 1992, durante il suo ministero. Parte della corruzione fu dovuta alle pressioni della GlaxoSmithKline – la società britannica del settore farmacologico, che guarda caso, sponsorizzata da Renzi ed il Pd, sarà la promotrice dei vaccini di massa, messi in discussione –  per far inserire la vaccinazione contro l’epatite B tra quelle obbligatorie. Le vaccinazioni obbligatorie in Italia oggi sono quattro: difterite, tetano, poliomielite ed epatite B che con la nuova legge in discussione diventeranno 10, tra cui quello per la varicella e il morbillo, un’assurdità certificata dalla storia. Quanto all’epatite B, in Italia questo vaccino è obbligatorio dal maggio 1991; De Lorenzo e l’allora responsabile del settore farmaceutico del ministero, Duilio Poggiolini, intascarono dall’azienda produttrice del vaccino Engerix B, 600 milioni di lire per renderlo obbligatorio, nonostante l’assenza di sufficienti sperimentazioni. Certo De Lorenzo e Poggiolini son caduti nel dimenticatoio, ma il vaccino rimane obbligatorio per tutti i neonati. Un vaccino di cui non c’era e non c’è alcuno studio clinico che ne provi l’efficacia. Non si capisce perché mai si debbano vaccinare i bambini al 3° mese di vita – con richiamo al 5° e 11° mese – per una malattia che si trasmette esclusivamente per via sanguigna da sangue infetto o per rapporto sessuale. I bambini nati da madri infette sono invece sottoposti al vaccino anti Epatite B già alla nascita, con i successivi richiami. Non c’è possibilità che un neonato contragga questa malattia per iniezione di droga con siringhe infette o per via trasfusionale; non si capisce quindi perché vaccinare i neonati per l’epatite B se non perché i vaccini o almeno alcuni vaccini sono semplicemente un affare, come è dimostrato dalla stessa sentenza De Lorenzo – Poggiolini, che oltre loro due, riguardava segretari ministeriali addetti alla sanità e ditte farmaceutiche fornitrici del “prodotto”, lo stesso che ancora oggi lo Stato spara in vena ai neonati.
“Prodotto” non solo messo in discussione per la sua dubbia efficacia e per gli affari che accennavamo prima, ma anche e soprattutto per la sua pericolosità, per i sui adiuvanti aggiunti: sali di alluminio, formaldeide, etanolo, organismi nano molecolari, ovviamente non presenti nelle schede dei prodotti, sostanze che ormai con una certezza assoluta, sono portatrici di mutazioni cellulari con conseguenti gravi malattie perché essendo bio resistenti e non bio degradabili rimangono nell’organismo non  essendo né modificati da esso né tanto meno smaltiti; costringere il genitore a correre questo rischio  è da folli, ed è irragionevole che lo accetti solo per spirito di obbedienza e sottomissione o perché non conosce le “contro indicazioni”, com’è assurdo accettare di pagare una sorta di pizzo innaturale per salvaguardare l’amore per il proprio figlio, un amore classista, per chi può praticarlo, per chi può permetterselo.
L’affarismo sanitario è ormai evidente e non si tratta solo di sporadici casi di corruzione o di mala sanità ma è l’affermarsi sempre più come strutturale al sistema capitalista, dove gli ospedali sono aziende e gli addetti sono amministratori, che redigono bilanci, cercano sponsor, costruiscono profitti e il malato è alla stregua dell’utile consumatore; gli allarmi e le paventate epidemie sono investimenti per possibili malati del futuro costretti a “consumare”nel presente, mentre i malati veri cresciuti negli scarti del sistema sono sempre più numerosi, basti pensare alle malattie da inquinamento urbano che causano 70 mila morti all’anno, a quelle causate da discariche industriali o militari e tutte a carico delle casse pubbliche.
Lo stato
La parentesi dei vaccini obbligatori è solo l’ultima sterzata autoritaria, c’e qualcosa di veramente fastidioso in questa fase di obblighi e divieti insinuati e non urlati dallo Stato ultimamente; fastidioso è il metodo subdolo in verità non nuovo, è un metodo non afferrabile, sfuggente eppure reale e devastante. Se mai ce lo fossimo dimenticati, lo Stato ci rimarca che esistono delle classi sociali e che tra esse c’è un divario sempre più grande c’è una distanza da tenere sempre più ampia. Il valore primariamente tutelato è il benessere dei ricchi, di chi fa circolare i soldoni o anche i soldini e che in nome di questo si barrica anche fisicamente contro chi i soldi non ce li ha. Per carità tutto può passare ma non che un cittadino chino al regime capitalista o fautore dello stesso, possa dover vedere da vicino le conseguenze del suo agire sia esso attivo o passivo. Tenere lontano da loro la puzza dei poveri ha due finalità: conservare l’idea di un benessere inattaccabile e  conservare la verginità dalla colpa… Quindi più aumentano i poveri e il loro grado di povertà, più i benestanti si chiudono, si isolano e tengono fuori la miseria visibile. Ecco quindi le nuove frontiere: la proprietà elevata a dimensione sacra, in nome della quale è sacrificabile tutto comprese la libertà e la vita, non è una novità e non lo è neanche la necessità di difenderne l’aspetto... eppure pur odorando di tristi passati, la norma che inneggia al decoro prevedendo divieti di avvicinamento alle strade e ai quartieri bene è un passo avanti. E questa necessità paurosa e schifiltosa di allontanare la si legge anche nel tentativo di obbligare i genitori a far vaccinare i propri figli.
La malattia, il terrore del contagio, l’insinuazione che i migranti siano i nuovi untori, l’ansia di proteggersi, l’ansia di uniformarsi, l’ansia di non correre il minimo rischio, tutto questo ci ricorda la divisione dei quartieri, la necessità di vivere fianco a fianco solo con i tuoi pari. Ma c’è un altro aspetto: Il decreto vaccini prevede che il TSO che tu dovrai imporre a tuo figlio, se non eseguito comporta una sanzione pecuniaria. L’ultimo fastidioso divario, l’ultimo isolamento sarà il tuo corpo, ma una possibilità di scelta ce l’hai: paga.

11 luglio 2017, da moras.noblogs.org


Lettera dal carcere di agrigento
Amici miei grazie per la vostra solidarietà. Vi informo che ad Agrigento vi sono di nuovo celle a 3 persone; considerate che il cubicolo normalmente adibito per 2 persone è già fuori norma secondo sentenza di cassazione (Corte di Cassazione sez. 1 num. 52819 ANNO 2016 mese Sett. Giorno 09) nella quale si afferma che toccano 4 mq calpestabili ESCLUSO la mobilia. Purtroppo il detenuto medio è indolente e disinteressato a volte alla sua stessa sorte, sicché, invece di fare rifiuto netto ad andare esso stesso alle celle, accetta la soverchieria.
Così per ogni cosa! L'ordinamento penitenziario dispone un “beneficio” ma ahimè il detenuto non conoscendolo è soggetto alle prepotenze dell'amministrazione penitenziaria. Un'altra cosa mi angustia profondamente, è la consapevolezza che l'opinione pubblica non conosce la realtà carceraria (non può quindi provare empatia per la condizione umana ivi degradata) ma soprattutto non può fare un conteggio dei danni economici e sociali che tutto questo comporta.
Parlando in termini giustizialisti (che non mi competono ma servono a dare l'idea dell'incoerenza stessa del metodo) il detenuto, il reo, che non viene adeguatamente “rieducato” con scuola, indirizzamento al lavoro e via dicendo, nell'uscire, delinquerà con più impeto di prima, è una cosa ovvia ma il cittadino medio, il borghesuccio, l'operaio leghista e via dicendo non è abbastanza intelligente da indignarsi, ma soprattutto non è abbastanza lungimirante da capire che a farne le spese sarà per primo il suo orticello e non quello del magistrato, del politico o del capo della DIA.
Debbo ammettere che neanche io comprendevo il reale disagio carcerario quando ero fuori benché avessi una chiara idea politica.
Se riesco a settembre vorrei scrivere a qualche quotidiano una lettera aperta sulle carceri, sull'incoerenza del sistema carcerario e sulla necessità da parte del cittadino di provare vergogna per tutto questo. Le proteste e le manifestazioni non hanno la risonanza che si meritano se non esiste un'opinione pubblica ricettiva al problema in questione, non escludo anche uno sciopero della fame dimostrativo, ma devo trovare un modo non violento per farmi portare in isolamento. Avrete comunque mie notizie.
Ci si scrive, a presto.

1° agosto 2017
Valerio Crivello C.C. Petrusa - 92100 Agrigento


Lettera dal carcere di Paola (cs)
Amici e fratelli dell'associazione, vi mando mille saluti, chiedo a Dio che stiate bene e spero che vi arrivi questa lettera. Io sto bene e non mi manca che vederci, incontrarci dietro le sbarre nella sala colloqui.
Qui sembra che i guardiani siano laureati in pscicologia. Hanno costruito un cerchio del silenzio entro il quale si muovono. Le 24 ore trascorrono senza rumori, parole: i guardiani sembrano usciti dalla facoltà del silenzio, ma negli occhi hanno un'attenzione continua. Con noi non parlano mai, solo il necessario, domanda e risposta, poi basta. La vera sofferenza perciò che viviamo non ha né risposte né domande, è un continuo senza nome, senza identità, gli occhi non vedono né le chiavi né la porta. Sono muri che uccidono e un silenzio senza domande né risposte.
Non riesco a parlare, a fare rumore, perché rischio il rapporto che toglie i 'giorni', tre mesi di liberazione anticipata (l'anno). Così i giorni corrono, tagli la tua lingua, non vedi le chiavi, esci all'aria rientri nella cella e prendi il mangiare. In 3 anni non è venuto davanti alla mia cella un responsabile o un ufficiale che mi abbia chiesto se ho bisogno di qualcosa e se sto bene. 3 anni che vivo da solo, attorno fanno solo silenzio e ordine.
Devo essere corretto, ho difficoltà a telefonare a mia figlia. Come gli altri vivo senza domande né risposte.
Qui è come uno specchio, tutto brilla e la routine uccide più della morte, come l'orologio, non avanza e non arretra e le lacrime sono più grandi perché sono detenute nel silenzio. Viviamo tutti i colori della routine.
Vostro fratello Awad Abd El Nasser.
Vi mando questa poesia [riportata in copertina dell’opuscolo, ndr] scritta per i bambini di Palestina, perché vengo da lì e io sono palestinese nato a Jenin nel 1964, mi chiamo Awad Abd Al Nasser e sono stato incarcerato con l'accusa di essere uno scafista e sono stato condannato a dieci anni, ma io ero solo un passeggero.

6 settembre 2017
Awad Abd El Nasser, via M. Quattrone, 1 - 87027 Paola (Cosenza)


lettere dal carcere di Massama (or)
Care/i compagne/i, mi scuserete ragazzi ma non ero a conoscenza che esistesse la cassa
antirepressione sarda […]. Mi chiedete di darvi una mano su cos'è la differenziazione dentro le carceri. Io credo che quella malsana idea chiunque l'abbia avuta è nata esclusivamente per annientare il detenuto […]. Non sono all'altezza di farvi un'analisi su questo, purtroppo i tanti anni di carcere hanno messo a seria prova la mia memoria.
[…] La differenziazione prima quasi non esisteva, al massimo i detenuti erano visti in due modi differenti, che potevano essere “pacifici” o “ribelli”, e non essendoci altre differenziazioni […] eravamo più uniti e c'era tanta solidarietà fra di noi. […] Ed ecco i dati
Politici etichettati come terroristici, e se da un lato possiamo ringraziarli perché con la loro cultura, con la loro lotta le carceri sono migliorate tanto, con loro sono arrivati i primi pentiti, un altro giorno 70 anni fa noi della provincia di Nuoro avremmo detto che erano arrivati uomini non degni di vivere in una comunità perché avevano perso onore e dignità […].
Si sono costruite le carceri speciali, vengono riconosciute le mafie come criminalità organizzata, arrivano gli arresti di massa, si fanno maxi processi, le sentenze non sono più basate su indagini usuali fatte dalla polizia, ma costruite su delazioni estorte con la tortura, e uno sotto tortura può inventarsi qualsiasi tipo d'infamia nei confronti di chiunque, anche degli stessi genitori che amorevolmente gli hanno donato la vita […]. Così in poco tempo le carceri sono piene di grandi masse di innocenti, e le città piene di persone altamente colpevoli, assassini veri di ogni calibro, ben protetti e stipendiati dallo stato.
[…] Dal 1992 in poi arrivano le differenziazioni a più non posso, […] lo scopo era quello di dividerci, di isolarci e così di avere più argomenti da usare per convincere le persone che i veri responsabili di tutto eravamo noi, e loro con le differenziazioni avrebbero risolto tutto, e la loro sicurezza sarebbe stata impenetrabile […] in nome della salvaguardia della società.
Il carcere è il luogo ideale dove poter nascondere tutte le cose sporche dello stato e così si sono inventati il mostro del 41bis, EIV, AS1, AS2, AS3, M.S. […] Oggi tutti siamo assillati da tre fenomeni: ambiente, guerre e paura e […] sono solo frutto dell'uomo. Io credo che non esista altra soluzione sia per le guerre sia per la paura, se non continuare a combatterle. Amici miei vi ringrazio per tutto ciò che fate.
Abbracciandovi vi stringo forte la mano, Mario.

Presone da Massama su 26 de lampadas de su 2017
Mario Trudu, Nuovo Complesso S. Soro - 09170 Massama (Oristano)

***
Ciao compagni, ho ricevuto i libri. Sto bene come mi auguro di tutti voi. Mi chiedete un contributo riguardo ai 'regimi penitenziari' oggi… sono cinque:
1) media sicurezza, i cosiddetti 'comuni';
2) AS-3, regime in cui viene collocato chi ha un reato che rientra nel 4bis (*);
3) AS-2, tutti i reclusi politici, suddivisi in quattro circuiti: politici rossi, politici neri, islamici, anarchici;
4) AS-1 in cui vengono collocati tutti quelli che escono dal 41bis;
5) regime del 41bis.
Questi sono i circuiti penitenziari. Tenete presente che al Ministero nell'ufficio del DAP ci sono burocrati che non conoscono le carceri, mentre le conoscono i pm che hanno occupato questi uffici, perché vi sono entrati per interrogare gli imputati che avevano fatto arrestare; pertanto del carcere conoscono soltanto gli uffici.
Il 14bis è un regime punitivo, viene applicato quando non riescono a contenere un detenuto, oppure quando succede qualcosa di grave: una tentata evasione, accoltellamento, rissa oppure l'organizzazione di proteste.
L'ho avuto due volte, entrambe per cercare di intimorirmi.
L'ordinamento penitenziario all'art. 14 parla chiaro quali sono i limiti restrittivi, ma approfittando dell'ignoranza dei reclusi, li mettono in isolamento totale. Questo art. ti esclude dalle attività in comune: saletta, campo sportivo, scuola, teatro ecc., tranne due ore d'aria assieme ai compagni della sezione e la messa; esclude inoltre di avere in cella la tv, la biancheria, libri, cibo ecc.
Credo che un lavoro che andrebbe fatto, sarebbe di informare i reclusi dei loro diritti, con un modulo informativo, divulgandolo e facendolo arrivare a tutti gli organi competenti, tra cui il garante nazionale.
Loro poggiano il loro arbitrio sull'ignoranza e il silenzio; come i vampiri hanno paura della luce, nell'oscurità continuano a perpetrare i loro abusi. Con la luce non possono più fare quello che gli pare.
Tempo fa vi avevo scritto che dal CPT (Comitato per la Prevenzione della Tortura) di Starsburgo mi avevano spedito una lettera dove mi informavano che le informazioni e la documentazione sulle carceri gli era stata utile e di continuare a spedirgliela. Vi invio qui la lettera. Avevo pensato, siccome ricevete tante lettere sui carceri, sarebbe utile spedirne una copia oppure farne un resoconto e spedirlo al CPT.
Se avete bisogno di altre delucidazioni fatemelo sapere.
Vi abbraccio forte a tutti ciao Pasquale.

24 giugno 2017
Pasquale De Feo, Località Su Pedriaxiu - 09170 Massama (Oristano)

(* ndr) art. 4 bis
1. L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell’articolo 58-ter della presente legge: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitto di cui all’articolo 416-bis del codice penale...


processata per aver turbato la “quiete” di un carcere che l’ha sepolta viva!
A L’Aquila il 7 luglio si è tenuta l’udienza contro la prigioniera rivoluzionaria Nadia Lioce processata per “Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone e oltraggio a pubblico ufficiale” contestatole per aver messo in atto battiture di protesta dopo l’applicazione delle circolari del DAP e la pronuncia della Cassazione del 2014, che hanno stabilito l’impossibilità, per chi è recluso in 41bis, di detenere libri o riviste in cella e di riceverne dall’esterno. Con la sentenza n. 122 della Corte Costituzionale dell’8.02.17, l’odiosa circolare è stata dichiarata definitivamente legittima.
L’udienza in video conferenza si è svolta verso le 11 al Tribunale dei minori. In assenza dei legali, Nadia é comunque comparsa in video conferenza dichiarando di aver avuto notizia dell’udienza solo tramite telegramma di uno dei suoi difensori (dei quali solo uno aveva ricevuto la notifica dell’udienza ed era assente perché in convalescenza) e di essere, quindi, completamente all’oscuro dei motivi per i quali la si vuole processare e dei capi di imputazione a suo carico.
In ogni caso aveva dato la sua disponibilità ad intervenire al processo, anche in assenza di comunicazioni bilaterali. Il permesso chiesto dal PM, di procedere comunque nella citazione dei testi, anche in assenza dei difensori di Nadia, è stato negato, rimandando l’udienza al 15 settembre ore 9:30.

Il 15/9/2017, a L’Aquila, riprenderà il processo contro la compagna Nadia Lioce, detenuta in 41-bis, colpevole di aver insultato uno sbirro della Penitenziaria e di aver “disturbato le occupazioni e il riposo delle persone” a seguito di una battitura di protesta che la compagna avrebbe effettuato circa tre anni fa dentro il carcere de L’Aquila.
La compagna, militante delle BR-PCC, dal 2005 è detenuta in 41-bis, massimo livello di coercizione carceraria che prevede isolamento totale e pesantissime restrizioni. Così come lei, anche altri due rivoluzionari prigionieri delle BR-PCC sono ristretti dal 2005 in 41-bis.
L’accanimento dello Stato contro questi tre compagni e contro tutti gli altri rivoluzionari prigionieri detenuti in Italia in regime di Alta Sicurezza (AS-2), alcuni dei quali imprigionati da più di 30 anni, è motivato dal fatto che la loro lotta rappresenta il punto più alto di conflitto contro lo Stato il quale, di conseguenza, mette in atto i dispositivi repressivi carcerari più elevati, sia per spingere i compagni a rinnegare i loro percorsi rivoluzionari e indurli a ricollocarsi negli equilibri del sistema dominante, sia come monito, all’esterno, per chi lotta al di fuori delle regole imposte dallo stato.
La solidarietà che dobbiamo sviluppare nei confronti dei rivoluzionari prigionieri deve essere finalizzata a sottolineare l’importanza della lotta rivoluzionaria che i compagni hanno condotto e che non hanno mai svenduto e della resistenza che tuttora attuano, perché questo rafforza tutti i compagni che oggi fuori lottano con una prospettiva rivoluzionaria per abbattere questo sistema che continua a produrre sempre più sfruttamento e precarietà per i proletari.
Sosteniamo la compagna Nadia Lioce con spirito di lotta e resistenza perché la SOLIDARIETA’ E’ LOTTA e rafforza anche i rivoluzionari prigionieri.
Solidarietà a tutti coloro che nel mondo vengono repressi perché protestano, lottano e si organizzano contro la classe dominante! Abbattere il capitalismo!

Collettivo Contro la Repressione per un Soccorso Rosso Internazionale
settembre 2015, da ccrsri.wordpress.com

***
il 41 bis si estende sempre più
In un articolo del 28 agosto il giornale la Nuova Sardegna, nella pagina locale di Sassari, porta l’attenzione sulla situazione delle carceri di Bancali e di Nuoro dove sono detenuti, rispettivamente, 25 e 7 cosiddetti “super-jihadisti”, riportando di minacce ricevute dalla polizia penitenziaria e segnalando il conseguente ampliamento delle competenze del Gruppo Operativo Mobile.
L’articolo citato ci dice che è divenuto operativo il decreto ministeriale del 28 luglio 2017 che tra le diverse novità introduce una modifica delle “Misure per la riorganizzazione delle strutture e per la ridefinizione delle funzioni esercitate del Gruppo operativo mobile al fine della razionalizzazione ed efficientamento delle sue attribuzioni, in attuazione dell’articolo 11, comma 2, lettera a), del Decreto del Ministro della giustizia 2 marzo 2016.
Il G.O.M ha provveduto fino ad ora:
- alla vigilanza e osservazione, in via esclusiva e nei casi disposti con provvedimento del Capo del Dipartimento, delle attività riguardanti i detenuti al 41 bis;
- alla vigilanza e osservazione dei detenuti che collaborano con la giustizia, individuati dalla Direzione generale dei detenuti e del trattamento, in quanto ritenuti di maggiore esposizione a rischio;
- alle traduzioni e ai piantonamenti di detenuti e internati ritenuti dalla Direzione generale dei detenuti e del trattamento ad elevato indice di pericolosità, anche in ragione della loro posizione processuale; tali servizi possono essere espletati, per motivi di sicurezza e riservatezza, con modalità operative anche in deroga alle vigenti disposizioni amministrative in materia.
Ad aggiungersi a quanto già prescritto il Gruppo Operativo Mobile provvederà anche (Art. 2, comma 3-d):
- alla vigilanza e osservazione di detenuti per reati di terrorismo, anche internazionale, specificamente individuati dalla Direzione generale dei detenuti e del trattamento, anche se ristretti in regimi diversi da quello previsto dall’articolo 41-bis, comma 2, della legge.
Cercheremo di approfondire prossimamente i contenuti del decreto in questione e della legge 23/06/2017 n.103 recante "Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario" (pubblicata in G.U. il 4 luglio 2017) dove tra le disposizioni a vigore differito, ovvero che entreranno in vigore entro un anno, “si annoverano quelle che introducono modificazioni alle norme di attuazione del codice di rito penale in materia di dibattimento a distanza (tranne le norme concernenti le persone che si trovano in stato di detenzione per i delitti di cui agli articoli 270 bis, comma I, e 416 bis, comma 2, del Codice penale, nonché di cui all'articolo 74, comma 1, del testo unico in materia di stupefacenti di cui al Dpr n. 309/1990), sulla partecipazione al procedimento in camera di consiglio a distanza, sulla partecipazione a distanza nel giudizio abbreviato e, con riferimento all'articolo 7 del Codice delle leggi antimafia, sull'esame a distanza dei testi.
Verrà ampliata la possibilità di utilizzare i collegamenti video nei processi di mafia, terrorismo e criminalità organizzata precisando che la partecipazione al dibattimento a distanza diverrà, nientemeno, la modalità ordinaria per chi si trova in carcere (e pure in caso di udienze civili), per i pentiti ed i testimoni sotto protezione, nonché per gli agenti infiltrati. L'eccezione diverrà perciò la presenza fisica in aula, e potrà essere prevista dal giudice con decreto motivato, senza mai coinvolgere i detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis. Il giudice, al di fuori dalle ipotesi obbligatorie, può disporre con decreto motivato la partecipazione a distanza anche per ragioni di sicurezza, per la complessità del dibattimento o per la testimonianza di un recluso”. (da diritto24.ilsole24ore.com)
Milano, settembre 2017

cartolettera dal carcere di augusta (sc)
Ti/vi confermo l'arrivo del graditissimo contributo di resistenza economico di cui ne avevo bisogno in questo specifico momento. Ringrazia quando potrai i compas della 'Caura' occupata. Ti scrivo in cartolina che dovrebbe arrivarti con più certezza e celerità. Come va fuori, (come dentro) in questa schifezza che si chiama realtà? Facciamo di tutto per non riprodurla partecipandovi, come dominio vuole. Anche una singola forma di rottura diventa un buon augurio per inseguire i nostri sogni. Ti/vi abbraccio con la forza di chi non è mai domo. Davide.

fine settembre 2017
Davide Delogu, Contrada da Piano Ippolito, 1 - 96011 Augusta (Siracusa)


da una lettera dal carcere di Napoli-Poggioreale
[...] Ho inviato due esposti in procura dove denuncio due pestaggi contro due poveri transessuali di cui uno/una è stato stuprato. Proprio così (violentato); le ho inviate anche al prof. Carlo Fiorio.
C'è stato un tentativo di mandarmi un'arma, un forchettone ad opera di un detenuto che collabora con la direzione. Un altro ha consegnato 4 lettere di detenuti massacrati.
A questi infami hanno concesso il trasferimento come premio, a me l'altro giorno un agente mi ha tirato la sigaretta accesa in faccia e ha cercato di colpirmi con un pugno. Tutto questo con il cancello chiuso, poi gridava: che se ero qui 2 anni fa mi ammazzavano, che devo ringraziare il direttore (altro infame) se no mi massacravano. Tutti lo tenevano per le braccia, il collo, perché aveva preso un bastone e voleva colpirmi ed io gli dicevo: “apri la cella uomo di merda vieni”.
Ora il DAP a Roma dopo le denuncie mi ha respinto la richiesta di trasferimento e vorrebbe farmela pagare. [...] Il 28 di questo mese c'è un'udienza al tribunale di sorveglianza di Napoli su diversi miei ricorsi, vi chiamo, se vi è possibile essere presenti.
Un abbraccio forte Maurizio.

5 settembre 2017
Maurizio Alfieri, via Nuova Poggioreale, 177 - 80143 Napoli

Il 4 ottobre abbiamo appreso dal suo avvocato che l’udienza del 28 settembre ha avuto un esito positivo per Maurizio che ha visto decadere il provvedimento di 14bis al quale era sottoposto.


Grecia: IN CONFLITTO CON IL REGIME D'EMERGENZA
PER LA SOLIDARIETà AI PRIGIONIERI POLITICI (parte prima)
Di seguito un contributo del collettivo Contrattaco di Classe (Gruppo di Anarchici e di Comunisti) di Atene sulla situazione dei prigionieri politici in Grecia. La seconda parte,per ragioni di spazio, verrà pubblicata sul prossimo numero dlel’opuscolo.

“Non conta cos'è giusto o ingiusto, ci troviamo in stato di guerra”, aveva spudoratamente dichiarato pochi anni fa l'onorato dal Federal Bureau Investigation (FBI) Μ. Chrisochoidis. L'ex ministro d'Ordine Pubblico può darsi che si riferiva ai memorandum, oppure alla collaborazione della polizia con i narcotrafficanti ad Exarchia, oppure ancora agli annegamenti virtuali dei prigionieri politici per strappargli il DNA.
Dopo il settembre 2009, quando viene svolta la prima operazione per lo smantellamento dell'organizzazione Cospirazione delle Cellule del Fuoco (CCF), con l'irruzione in una casa nel quartiere ateniese di Chalandri, inizia in Grecia un piano repressivo, complesso ed a differenti livelli, che continua fino ad oggi. Non parliamo dell'ennesimo pogrom di arresti ed inquisizioni. Ci riferiamo ad un completo piano anti-insurrezione, alla pianificazione della controrivoluzione preventiva da parte dello stato borghese. In quell'epoca, il regime si trovava con il suo sguardo rivolto alla crisi capitalistica mondiale, mentre aveva alle sue spalle i recenti eventi del Dicembre del 2008, la rivolta violenta e spontanea, scoppiata in tutta la Grecia dopo l'assassinio di Alexis Grigoropoulos ad Exarchia.
A partire dal 2009, viene imposto un regime d'emergenza permanente: la manifestante Aggeliki Koutsoubou si trova insanguinata in strada a Syntagma, colpita da una delle moto del corpo poliziesco Delta nel Dicembre del 2009. Il manifestante Giannis Kaukas si troverà ricoverato in “stato pre-mortale”, dopo una carica della celere (MAT) ad una manifestazione anti-memorandun il Maggio del 2011. Un anno dopo, manifestanti antifascisti vengono torturati nella questura centrale ateniese ed il ministro di Ordine Pubblico copre completamente l'accaduto.
Il 2013, gli anarchici arrestati alla cittadina di Velventos [1] vengono torturati, ed in seguito la polizia pubblica le loro foto che saranno riprodotte dai canali televisivi. “Non cosi tanto per riportare un equilibrio, quanto per far vedere, fino al punto estremo, la diseguaglianza che esiste tra il suddito che ha osato infrangere la legge ed il fortissimo padrone dei padroni che mostra la sua forza”. La brutalità poliziesca viene completata con le migliaia dei fermi preventivi e degli arresti di massa, con il gonfiare delle accuse e l'industria delle incarcerazioni preventive, con l'esercito poliziesco di occupazione al quartiere di Exarchia e la taglia (di centinaia migliaia di euro) sopra le teste degli anarchici ricercati.
La sostanza della politica repressiva rimane uguale, anche dopo il Gennaio del 2015. SYRIZA, malgrado le sue finte sensibilità per i “diritti umani” e malgrado le sue differenziazioni parziali, rimane stabile nel obiettivo strategico della politica “anti”-terrorista: l'annientamento del “nemico interno”.
Appena qualche mese dopo l'elezione di SYRIZA, l'irruzione poliziesca al Rettorato dell'Università d'Atene, occupato in solidarietà con i prigionieri politici in sciopero della fame, lasciati arrivare al limite di morte. Torture contro i compagni detenuti in lotta Kostas Sakkas, Marios Seisidis e Panagiotis Aspiotis per strapparli senza la loro volontà il DNA. Marios viene condannato a 36 anni di reclusione mentre ad ergastolo viene condannato l'anarchico-membro dell'organizzazione Lotta Rivoluzionaria Nikos Maziotis, per l'esplosione alla sede della Banca di Grecia, dove ha sede anche il rappresentante permanente del Fondo Monetario Internazionale (FMI) ad Atene, e dove non si é ferito nessun cittadino o poliziotto. Dopo l'arresto dell'anarchica-membro dell'organizzazione Lotta Rivoluzionaria Pola Roupa, hanno tenuto per alcuni giorni come ostaggio il loro figlio di 6 anni. SYRIZA è arrivata al punto di negare anche i diritti più basilari ai prigionieri politici, come il permesso alle uscite (per pochi giorni), dal momento in cui lascia in vigore il diritto di veto per il pm alle decisioni del consiglio del carcere. Ha anche vietato un iniziativa pubblica, circondando con la celere la facoltà di Legge - in collaborazione con il rettore - nel Dicembre del 2016. In pratica, ha censurato un'assemblea politica con la tematica dell'ottenimento del permesso di uscita per il prigioniero politico Dimitris Koufontinas, che le viene negato durante gli ultimi 7 anni, dai 15 che si trova rinchiuso in carcere in condizioni speciali. Il giorno prima, il pm della Corte d'Assise aveva mandato al carcere di Koridallos un'ordine riservato tramite il quale vietava a D. Koufontinas d'intervenire telefonicamente all'iniziativa, minacciando che nel caso contrario non avrebbe più potuto presentare richiesta per permesso d'uscita per i prossimi due anni.
Nella stessa direzione, a quella della censura e della persecuzione anche delle idee, si sono indirizzati anche i nuovi articoli che ha tentato di introdurre di nascosto il ministero di Giustizia con un disegno di legge qualunque, dove chiaramente viene penalizzata l'espressione d'opinione. Si tratta di articoli ritirati momentaneamente, però saranno presentati prossimamente come ha dichiarato il ministro S. Kontonis, non lasciando spazio per fraintendimenti all'ambasciata statunitense e alle famiglie dell'alta borghesia indigena.
La continuazione della politica repressiva da tutti i governi dei memorandum, dimostra il fatto che l'isolamento, la penalizzazione e la repressione dell'azione rivoluzionaria e delle lotte sociali e di classe, non vengono prodotte dalla mania di qualche governo di estrema destra, ma soddisfano precisi bisogni del capitale. Oggigiorno, in un ambiente di crisi capitalistica, d'inasprimento delle contraddizioni di classe e con il personale politico borghese talmente screditato, si trovano dinanzi al bisogno di annientare le forze rivoluzionarie, gli anarchici ed i comunisti. Di spezzare le parole d'ordine per l'organizzazione della classe operaia e degli altri strati popolari, per il conflitto diretto con il regime, per la resistenza, per la solidarietà attiva, per la lotta antimperialista. Di spazzare via gli ideali della rivoluzione sociale, per l'anarchia ed il comunismo.
Ai giorni d'oggi, per poter l'Unione Europea fortificare la competitività dei suoi monopoli e per poter superare la sua crisi la borghesia indigena, devono essere colpite le avanguardie politiche. La crisi deve essere pagata dai lavoratori, senza però l'inasprimento della lotta di classe, senza lasciar il popolo alzare la testa. Altrimenti, come sarà salvato l'euro? Come saranno messe in atto tutte le proposte dei sindacati dei padroni indigeni? Come sarà diventato l'intero paese ad una Zona Economica Speciale? Come saranno trasportati ricchezza e valore - tramite i tassi d'interesse, i prestiti per il pagamento del debito statale e la svendita della proprietà pubblica - dalla periferia ai centri imperialisti?
Durante gli ultimi mesi, il governo ha lanciato in silenzio un attacco continuo e sistematico ai suoi avversari politici.
L'anarchico Marios Seisidis è stato condannato a 36 anni di reclusione, dopo un processo-farsa, basato soltanto ad un “foglio di analisi DNA”, uscito dai laboratori della polizia. Si tratta di una condanna vendicativa, una sorta di rivincita' per gli 11 anni di latitanza del compagno e per la sua dichiarazione politica davanti ai giudici: “Le banche sono gli strozzini legali, oppressori moderni che terrorizzano quotidianamente il popolo con le aste [per debiti bancari] di case [come unica proprietà], potendo cosi sfruttare il fatto che molti, in una fase della loro vita, si sono rivolti alle banche per poter acquistare una casa per le loro famiglie. Cosi rispedisco al mittente le accuse di terrorista e rapinatore, come per anni venivo chiamato io ed i miei compagni. Terroristi e rapinatori sono lo stato ed il suo personale politico borghese, loro terrorizzano il popolo quotidianamente con nuovi memorandum, nuove tasse, il continuo rialzo dei prezzi per beni di prima necessità. Quelli sono che li minacciano di prendere le loro case se non pagano una rata per i loro debiti. Quelli sono che hanno spinto al suicidio migliaia di uomini e donne con problemi economici e non noi che lottiamo al loro fianco”.
Atene, giugno 2017

Note del traduttore
[1] Per la doppia rapina (ad una banca ed la posta) nella citadina di Velventos del 1/02/13, sono stati condannati 6 compagni anarchici (G.Michailidis, N.Romanos, A.D.Bourzoukos, D.Politis, A.Dalios, F.Harisis) sono stati condannati (in primo grado) in pene da 11 anni e 9 mesi fino 7 anni e 2 mesi di detenzione.


la resistenza del popolo mapuche
In Argentina, come in Cile, da diversi mesi, la repressione contro le comunità mapuche resistenti alle devastazioni da parte delle multinazionali e dello stato ha raggiunto livelli drammatici. Gli interessi di sfruttamento delle varie risorse di cui i territori sono ricchi ha superato qualsiasi interesse verso la natura e tutti i suoi abitanti.
In giugno 2017, il lonko (rappresentante politico) del Pu Lof Cushamen, Facundo Huala, è stato nuovamente arrestato per un reato per cui era stato già assolto. Viene tuttora sequestrato in carcere nonostante i 30 giorni necessari per l'estradizione in Cile (luogo del reato contestato) siano passati da settimane. Nella stessa comunità mapuche di Cushamen, il 1° agosto, durante una manifestazione per la libertà di Facundo, c’è stata una violenta irruzione con pallottole di gomma e piombo, terminata con la sparizione di Santiago Maldonado, un solidale presente nella comunità in quei giorni. Da allora, di Santiago non si sa nulla e lo stato continua a negare la sua responsabilità per quanto successo. Il territorio dove Santiago è scomparso è sotto proprietà del gruppo Benetton dagli anni '90. Per denunciare la responsabilità del gruppo di moda veneto nella scomparsa di Santiago e per richiedere l'immediata libertà di Facundo, il 30 settembre ci sono state diverse iniziative in Italia e in Europa, davanti ai negozi Benetton.
I carcerati che volessero ricevere gratuitamente il bollettino trimestrale di informazione sulle lotte mapuche, possono richiederlo alla redazione di Ampi Orizzonti che è in contatto con la Rete in difesa del popolo mapuche di Milano che ha curato queste informazioni.
Di seguito il comunicato del lonko Facundo.

A tutte le Donne ed Uomini Mapuche.
A Tutto il mio Popolo Mapuche.
Alle persone Solidali.
Dalla Prigione Politica, Arbitraria, Illegittima ed Abusiva, Due volte Sottomesso allo stesso Processo, Perseguito da Due Stati, Colonialisti e Capitalisti, desidero comunicare:
Assumo la mia Condizione Integra Degna e Piena di Lonco (autorità politica) e Weichafe (guerriero) della Nazione Mapuche, Riaffermando la Linea Politica Filosofica del Movimento Mapuche Autonomo del Puel Mapu (M.A.P), le Comunità in Resistenza del Dipartimento di Cushamen, Comunità in Resistenza della Regione; ed Orgoglioso delle Azioni della RAM (Resistenza Ancestrale Mapuche) e di tutta la Nostra Gente Cosciente e di Altri Popoli Amici.
Comunico che da Otto giorni sono in Sciopero della Fame iniziato con un peso di 76,5 kg il quale ha diminuito di 4,5 kg , ho preso questa decisione avendosi terminate tutte le vie per il superamento di così evidente Ingiustizia, chiamando Aperta ed Esplicitamente alla Ribellione di tutto il Nostro Popolo.
Tutte le Forme di Lotta sono Valide ed inoltre Urgenti, non é più possibile tollerare così tanti torti, saccheggio, marginalità e violenza prevaricatrice. La Prigione e la Repressione cercano di seminare Paura nel Nostro Popolo, non dobbiamo cadere nella Trappola dalla loro Violenza, dobbiamo rispondere con la Legittima Difesa, con Coraggio, non come Codardi né Traditori.
Vogliono farci tacere, mantenerci sottomessi nel gioco impostore della burocrazia e la falsa ed ipocrita Legalità Borghese, leggi che non dubitano a violare quando il Ricco lo Ordina, in quel caso i Giudici si dimenticano dello Stato di Diritto trasformandosi in Sequestratori, e scagnozzi di Proprietari terrieri ed Imprenditori; Perché la moglie di Macri non é in prigione? Se è responsabile di Tratta di persone e Schiavitú, nel secolo XXI, perché Moldes si trova nel Consiglio della Magistratura? E non carcerato per narcotraffico, Fascista e Pro Golpista? Perché non ci sono Poliziotti in carcere per il tentato omicidio in gennaio nel Pu Lof Resistencia Cushamen?
Se si permette la Doppia Sentenza, si permette l’illegalità del Potere Formale, cioè, non solo non ci sarà Giustizia per Noi ma per nessuno, eludono le loro stesse Leggi, quando vogliono, come lo fecero le Dittature Militari negli anni ’70.
Perché le Leggi sono di Winka [nuovo invasore, ndt] Ricchi per salvaguardare le loro Proprietà Private ed il loro Capitale che è accumulato a costo del nostro Sangue e Sudore, e non per amministrare la giustizia.
L’escalation Repressiva si è intensificata, ancor di più in questi ultimi tempi. Come accaduto dalla mia ultima detenzione, a Buenos Aires sono stati picchiati ed incarcerati 7 manifestanti che reclamavano la mia Libertà. Nella città di Esquel, nella marcia organizzata da solidali e Mapuche, sono stati perseguiti costantemente dalla polizia fino a terminare con spari, botte ed il tentativo di detenzione di donne.
Il 27 Luglio 2017 due donne ed una bambina, membri del Pu Lof in resistenza dipartimento Cushamen si sono presentate nel tribunale federale di Esquel per poter dialogare col giudice federale Guido Otranto sulla sua responsabilità (Legge 24.767, articolo 114) nella nuova detenzione illegale condotta dal giudice federale Gustavo Villanueva nel quadro del processo d’estradizione che in quel momento era discusso alla Corte Suprema. Non hanno avuto la ben che minima volontà nel dialogare con le lamgen, che inoltre sono state maltrattate dalla sua segretaria personale María Silvina Salvaré che ha chiamato la polizia per allontanarle in forma minacciosa.
Manifestanti che chiedevano la mia libertà in Caleta Olivia in un’assemblea e corteo sono stati dispersi dalle forze di polizia, impedendo loro di passare per il centro cittadino.
Ed ancora, nella città di Bariloche, nel Tribunale Federale, mentre Autorità di differenti Comunità Mapuche dialogavano col Segretario del Giudice Federale Gustavo Villanueva, per ottenere informazioni essendo trascorsi 30 giorni dalla mia detenzione illegale, al di fuori l’area é stata militarizzata, con presenza di forze speciali, Polizia Aeroportuale, Gendarmeria Nazionale, Polizia Federale e Polizia di Rio Negro; hanno cominciato a perseguire e sparato a peñi e lamien, alcuni sono riusciti a trovar riparo, a rifugiarsi, senza importar loro le grida di dolore delle donne, le arrestano, picchiano, ad una di loro le rompono due denti, un’altra riceve spari al corpo, di questa situazione rimangono sei peñi/lamgen detenuti. Più tardi al diffondersi di questa aberrante notizia, fratelli di altre comunità si avvicinano per conoscere meglio la situazione e tre di loro vengono obbligati a stendersi al suolo, arrestati e trasportati allo Squadrone 34 di Bariloche.
Persecuzioni costanti con provocazioni, sparatorie all’alba per tenere la gente in allerta, incertezza, continue minacce nel territorio recuperato, la compagnia di Benetton, uno dei più gradi latifondisti in argentina, dispone della forza pubblica a proprio beneficio, con ingerenza nei mezzi di comunicazione, il potere politico, giudiziale ed economico del paese. Vari tentativi d’irruzione che sono sgomberi coperti, distruggendo case, sequestrando animali, attrezzi, libri, bruciando materiale edile, vestiti, scarpe, giocattoli, sementi, mobili, ecc…
Un militante solidale coi popoli in lotta Santiago MALDONADO, che si trovava nel Pu Lof è un’altro di quelli che corrono tra le pallottole tentando di proteggersi, ma è raggiunto, colpito brutalmente e fermato dalla gendarmeria nazionale, dal 1° di agosto lo stato non si responsabilizza nel dare una risposta sulla sua situazione. Qualunque peñi o lamien che si trovino resistendo sarebbe potuto essere Santiago, la Battuta di caccia al Mapuche é già cominciata.
Da quel momento il territorio continua ad essere fortemente militarizzato dalla stessa gendarmeria che ha fatto scomparire Santiago.
Da questa prospettiva l’unica via è la Ribellione, per Ristabilire Diritti Umani di tutti i Diseredati, ed affrontare l’Ultra Destra inumana, al Servizio dell’Imperialismo e del Capitale. Sono responsabili diretti della perpetuazione di questi conflitti i Giudici, Procuratori, Governatori Provinciali ed il Governo del Ranco, in Cile, la Giustizia Cilena, Ministri di Sicurezza e Presidenti.
Sì; Riconosco gli Stati, come Colonialisti, Genocidi, Capitalisti e Leccapiedi dei Gringo.
Tutti i Mapuche formiamo parte della Resistenza Ancestrale perché come i nostri antenati Resistiamo a Morire come Popolo Ancestrale.
Apparizione Con Vita Di Santiago MALDONADO, Sequestrato dalla gendarmeria.
LONCO FACUNDO JONES HUALA

Esquel, Chubut, Puelmapu, 7 Agosto 2017


lettere dal carcere di roma-rebibbia
[...] Come al solito l'estate accende gli animi assopiti dall'inverno quindi c'è sempre un po' di “movimento” che poi naturalmente causa partenze, rapporti disciplinari, ecc. ecc.
Qui poco tempo fa è successo un episodio spiacevolissimo, come al solito hanno portato da noi il classico “tipo problematico” fino qui va tutto bene, fatto sta che sto ragazzo dopo un paio di giorni ha cominciato a dare i numeri, ha preso tazza del water, lavandino, armadietti, e li ha distrutti nel corridoio scaraventandoli sul cancello (l'avessi fatto io sarebbero accorse subito le guardie), invece siccome sto ragazzo era bello grosso non hanno avuto il coraggio di intervenire, anche perché era più o meno mezzogiorno, le guardie erano andate a mangiare, morale della favola questo ragazzo ha cominciato a rompere anche altre cose all'interno della sezione, quando ha rotto la cassetta della posta alcuni ragazzi gli hanno fatto notare che finché ce l'aveva con le guardie andava bene, ma che non doveva distruggere le cose che usiamo tutti, anche perché qui non essendoci i “fondi” ti fanno restare senza.
Quelle rimostranze hanno fatto infuriare il ragazzo che ha continuato a rompere tutto, lanciava pezzi di porcellana da una parte all'altra, tutto per belli venti minuti, e delle guardie non si è vista nemmeno l'ombra! Alla fine questo ragazzo avrà forse ripensato a quello che gli era stato detto prima ed è andato verso quei ragazzi con un pezzo di porcellana in una mano e un lungo chiodo nell'altra!
Alla fine un ragazzo non conoscendolo e non sapendo di cosa era veramente capace è stato costretto a dargli due cazzotti e lasciarlo svenuto per terra. Poi il resto l'hanno fatto gli altri qualche calcio, qualche schiaffo, questo è finito in inferneria, l'hanno trasportato di peso!
Morale della favola se le guardie fossero intervenute subito quel ragazzo non avrebbe preso le botte e poi alcuni di quei ragazzi starebbero ancora qui!
Vabbé ora vi saluto come sempre con un forte abbraccio! A presto! Roberto

fine luglio 2017
Roberto Calia, via R. Majetti, 70 - 00156 Roma

***
Ragazzi, spero che stiate tutti bene, oggi è il settimo giorno di sciopero della fame, ho aderito all'iniziativa del Partito Radicale Transnazionale, ma come ogni volta mi giro intorno e non vedo nessuno, nessuno che è pronto a combattere per la propria libertà. Tante parole, tanti propositi e nessun fatto. Il ministro invece di pensare a fare i vari provvedimenti per i detenuti, si è preso ancora tempo, tutto è pronto, ci sono stati i Tavoli della Giustizia già voluti dallo stesso ministro.
Ed ora? Aspettiamo dicembre e se non si farà nulla, allora addio anche a questa innovazione dell'Ordinamento Penitenziario. I detenuti lo sanno che la delega che ha il ministro è solo per questo governo? Se si arriva alle nuove elezioni senza aver dato continuità a tutto questo, è stata un'altra occasione persa.
Detenuti svegliatevi, siamo solo noi la nostra forza, senza violenza facciamo sentire la nostra voce.

27 agosto 2017
Marco Costantini, via R.Majetti, 70 - 00156 Roma


Lettera dal carcere di san michele (Al)
Ciao ragazzi/e ho ricevuto la vostra posta che è l'unica che mi arriva.
Qui ad Alessandria il clima è quello di detenuti in attesa di non si sa che cosa dopo l'ennesima buffonata di chi pseudo-governa questa penisola, perché chi comanda è nascosto dietro il paravento e i buffoni che marionettano in parlamento fanno più fumo di una grigliata al parco.
Il livello ormai si è abbassato più dei fiumi in questo periodo di siccità. Gli ultimi decreti-delega, che erano fermi nelle commissioni dai tempi di Giulio Cesare, sono passati… anzi no! Il governo deciderà se brandirli a suo piacimento dopo il voto definitivo alla Camera con più di due terzi dei votanti, che sarebbe il quorum giusto per far passare un'amnistia-indulto. E intanto qualche detenuto opta per il 'fai da te' con pratiche di evasione dai permessi (premio) o dai carceri. E visto che questi lager hanno l'autorizzazione a violare i diritti umani in tutti i sistemi possibili e anche di più, chi dirige la baracca “nazione” fa finta di litigare in faide interne con l'avvicinarsi delle votazioni politiche e poi dopo riallearsi e farti 'marameo', ci siete ricascati polli. Facevamo finta di litigare intanto stiamo scatenando il caos, facendo arrivare tutte le tribù africane dagli Zulù ai Watussi e i Pigmei, in modo di avere gli “schiavi negri” direttamente a domicilio.
E non dite niente perché abbiamo reso obbligatoria la vaccinazione per tutti, cosicché gli alunni, vista la mancanza di carta igienica, possono pulirsi con le mani e pure fare la battaglia con palle di merda a Natale.
In compenso qui ad Alessandria qualcosa si muove e se vuole il cielo ci siamo liberati di un giustizialista frustrato che per il momento è in ospedale, devo omettere le sue generalità.
Purtroppo non ci consentono l'acquisto di vino, birra e lieviti per torte o pizze, materiali troppo pericolosi per darli a chi li gestisce come motivo di attriti tra detenuti. Ma gli psicofarmaci vengono erogati con una precicione impressionante: mattino, pomeriggio, sera.
A proposito voglio esprimere la mia costernazione e solidarietà alla famiglia di quella signora che si è data fuoco negli uffici I.N.P.S. di Torino e a tutte le persone seviziate dall'infame burocrazia italiana.
Dobbiamo organizzarci per cambiare le cose perché non avremo un futuro. Io ci credo ancora che cambiare si può. Bisogna mettersi in gioco senza paura perché morire da vigliacchi è la cosa più indegna che c'è.
Ora vi stringo in un forte abbraccio e tenete duro. Roberto. Ciao

13 luglio 2017
Roberto Porcedda, via Casale, 50/A - 15122 S. Michele (Alessandria)
Lettera dal carcere di Sulmona (aq)
Carissimi compagni, ho ricevuto l'ultimo opuscolo n° 125, vi scrivo un mio pensiero in merito a degli argomenti che ho letto nell'opuscolo e su 'Sicilia Libertaria'.
Si parla tanto di guerre, di tanta gente che vive in povertà, di disoccupazione giovanile, sono sofferenze che subisce tanta gente.
Tanti non sanno che molti dei mali di questo mondo non sono causati da singoli individui ma da organizzazioni. Per esempio, possiamo citare le organizzazioni religiose che ingannano milioni di persone, mentendo sulla natura di Dio. Sull'attendibilità della Bibbia, sul futuro delle Terra e dell'Umanità e su moltissimi altri argomenti. Pensiamo inoltre ai governi e alle agenzie governative che promuovono le guerre e i conflitti etnici.
Opprimono i poveri e gli indifesi, e prosperano grazie a corruzione e favoritismi. Non dimentichiamo poi le grandi società che per avidità inquinano l'ambiente, saccheggiano le risorse del pianeta, s'approfittano dell'ingenuità dei consumatori. In questo modo pochi accumulano immense fortune mentre milioni di persone lottano contro la povertà.
Non c'è dubbio: le organizzazioni corrotte sono responsabili di molte delle sofferenze e dei disastri che affliggono la Terra e il mondo. Come mostra la storia, gli uomini hanno commesso atti orribili e causato enorme dolore e sofferenze. Questo non significa, però, che le persone devono sofftrire e subire per sempre, perché c'è una cosa che è importante: tutti gli esseri umani hanno l'intelligenza di scegliere come vivere e come agire verso gli altri e per loro stessi.
Altra cosa, il mio pensiero e spero di tutte le persone che lottano possa andare alle persone che subiscono l'ingiustizia del 41, che possano ricevere la solidarietà e il sostegno di tutti. Vi invio tanti saluti a tutti. Antonino.

20 luglio 2017
Antonino Faro, via Lamaccio, 2 - 67039 Sulmona (L'Aquila)


San Ferdinando (rc): in assenza di ruspe ci pensano associazioni e sindacati
Segue il comunicato di chi ancora abita dentro la tendopoli di San Ferdinando a due giorni dallo sgombero… volontario. Terremoto a L’Aquila 2009: ricordiamo ancora come fosse oggi quanto da più parti si era detto, con visione lungimirante e di certo non per veggenza chiromantica, e cioè che quelle tendopoli militarizzate erano né più né meno che un esperimento su campo. Allora a denunciare le condizioni di ricatto, di ferreo controllo militare, di privazione della libertà (persino ad unirsi in assemblee entro le quali confrontarsi!), di inadeguatezza di risposte ai bisogni materiali e tanto altro erano le persone costrette, dopo il terremoto, a vivere nei campi allestiti dalla protezione civile coadiuvata dalle forze militari.
Il 18 agosto 2017 gli e le abitanti della tendopoli di San Ferdinando dovevano essere “convinti/e” a spostarsi in uno di questi campi militarizzati. Sono le conseguenze delle politiche di facciata, quelle così dette antidegrado. Nessun cambiamento sostanziale delle condizioni di vita per i lavoratori e le lavoratrici delle campagne che assicurano sulle nostre imbandite tavole i tanto decantati prodotti made in Italy, sporchi del lavoro taglieggiato di chi raggiunge (per rimanervi o come luogo di passaggio) l’Italia. Eppure le loro richieste sono esplicite e non dissimili da quelle di chi qui ci è nato, cresce e lavora senza essere stato costretto a sfuggire da condizioni di vita drammatiche. Anche queste non certo dovute a fatalismi bensì a politiche economiche internazionali assassine. Il 18 agosto, apprendiamo dal comunicato di chi queste politiche le ha vissute e le vive sulla propria pelle, che anche molte associazioni “sinistre” hanno sostenuto le decisioni del ministero degli interni in un afflato di fiducia, proponendo il solito leitmotiv “per ora la tendopoli ministeriale è la situazione migliore, le cose si cambiano accettando compromessi con le istituzioni e lavorando dall’interno di esse”. Certo, ci vuole pazienza…
Soprattutto ci vuole una bella dose di arroganza e di razzismo (quello buono, ovvio!) per autoincensarsi sino a reputarsi autorevoli portatori di istanze sorte dai bisogni altrui. Ci vuole tutta la carogna della presunzione eurocentrica per farsi da mediatori tra lo Stato e chi da esso non ha ricevuto che insulti, sfruttamento e morte. Sembra che le sirene del potere abbiano ottenuto alcuni risultati: parte della gente ha deciso di spostarsi. Ma altri e altre resistono e proseguono nella loro lotta con determinazione anche perché di pazienza ne hanno avuta tanta! Ma ci sono i soliti pennivendoli il cui unico scopo sembra essere quello di sostenere le demofasciste politiche di Stato mal celate da improvvisi rigurgiti umanitari e i palesi, quanto concreti e ingenti, finanziamenti europei. L
a loro infame penna questa volta colpisce chi da tempo ha come unica responsabilità quella di non sostituirsi ai lavoratori e lavoratrici delle campagne, di non coprire le loro voci, di non pensare per loro quanto piuttosto di sostenere le loro decisioni. Ed è questo il contributo che “Campagne in lotta” e altri e altre solidali hanno portato avanti anche nella giornata del 18 agosto. Ieri pomeriggio, dopo la pubblicazione dei calunniosi articoli è puntualmente arrivata la repressione annunciata in quelle stesse righe. E’ stato da poche ore comunicato a due compagne che verrà loro notificato un foglio di via dalla Questura di Reggio Calabria. A chi lavora testa a testa e braccio a braccio con la repressione il nostro più sentito disprezzo. A chi lotta senza delega la nostra più profonda solidarietà!

Il 18 agosto dentro la tendopoli abbiamo aspettato l’arrivo di polizia e istituzioni in modo pacifico e molto determinato. La sera prima, in un’assemblea insieme anche ai solidali di diverse parti d’Italia, avevamo scelto i nostri portavoce per esporre ancora una volta le nostre richieste. Prima di tutto l’accesso ai documenti per tutti e tutte (permesso di soggiorno, residenza e passaporto), poiché senza non è possibile fare niente! Solo i documenti ci rendono felici! Le altre nostre richieste riguardavano il cambio delle regole nella gestione della nuova tendopoli: la possibilità di cucinare, no orari per entrare e uscire, no a telecamere e recinzioni! Vogliamo avere il controllo della nostra vita! Sono anni che viviamo in questo paese! Siamo qui per lavorare, ma non ci sono i contratti e le giuste paghe!
Le istituzioni davanti a queste chiare e dirette richieste hanno detto no ancora una volta. Hanno detto che loro non possono fare nulla e non possono cambiare le regole! Ma sappiamo che questo non è vero! Così, tante associazioni, la CGIL, l’USB e la Caritas hanno iniziato a fare pressione: “andate nella nuova tendopoli e cambiamo le cose una volta dentro”, “non vi preoccupate che dopo cambiamo le cose!” Mentre le istituzioni hanno proposto delle piccole modifiche per convincerci, come la possibilità di cucinare da soli in una cucina collettiva (per 550 persone!).
Dopo aver esposto le nostre intenzioni abbiamo detto alle istituzioni che sarebbero dovute tornare con altre proposte. Quindi a quel punto l’incontro ufficiale è finito e grazie alla nostra determinazione abbiamo ottenuto un buon risultato! A questo punto istituzioni e associazioni hanno intercettato piccoli gruppi di persone facendo ancora false promesse. Addirittura alcune associazioni hanno offerto dei soldi (10/20 euro) alle persone per convincerli ad andare nella nuova tendopoli. Nello stesso momento è stata tolta l’acqua nella tendopoli dove viviamo. Sappiamo bene che da subito la nuova tendopoli avrà molti problemi, sia perché non funziona sia perché già da adesso tanta gente sta ritornando dalla provincia di Foggia e dalla provincia di Cuneo. La nostra lotta non si ferma qui. Andiamo avanti giorno per giorno e il 30 agosto saremo a Roma per un incontro con il Ministero dell’Interno.
Gli e le abitanti della tendopoli

19 agosto 2017, da inventati.org/rete_evasioni

***
La polizia terrorizza e uccide: non possiamo stare a guardare
Venerdì notte due ragazzi che tentavano di passare la frontiera tra Francia e Italia attraverso il Colle della Scala sono stati inseguiti dalla polizia fino a cadere in un dirupo. Ora si trovano all’ospedale, uno dei due in gravi condizioni.
Da un po’ di mesi a questa parte sono in molti che provano ad attraversare le Alpi dopo che la via di Ventimiglia è diventata impraticabile a causa della militarizzazione della zona, dei controlli capillari e dei respingimenti forzati. Lo stato francese in collaborazione con quello italiano si sta muovendo per intervenire anche nelle valli piemontesi con presidi delle forze di polizia sulle strade che portano fuori d’Italia e controllando i sentieri sulle montagne. Da Bardonecchia, chi vuole passare il confine tenta attraverso il tunnel ferroviario del Frejus rischiando di finire sotto un treno o nelle mani dell’esercito francese che, da poco, ne presidia l’uscita. Chi invece prova a piedi spesso incappa nei check point sui monti.
A Bardonecchia da mesi la presenza di migranti alla stazione e per le vie della città è diventata costante e sotto gli occhi di tutti. Addirittura, da febbraio, la stazione è stata chiusa di notte per impedire che le persone vi si accampassero per dormire. Quello che invece spesso non si nota è l’atteggiamento della polizia nei loro confronti, arrogante, violento e intimidatorio. Niente di strano; dalla Libia a Calais, da Roma a Bardonecchia la polizia controlla, insegue, picchia, tortura e uccide chi trapassa frontiere e attraversa territori senza un visto regolare. La violenza della polizia non può essere tollerata.
Troviamoci alla stazione di Bardonecchia domenica 27 alle ore 16 per un presidio in solidarietà ai due ragazzi feriti e contro la polizia.

25 agosto 2017, da autistici.org/macerie


LOTTA PER LA CASA A ROMA |
A luglio arriva una direttiva del Ministero degli Interni, che senza troppi mezzi termini dispone che nel caso in cui non si procederà allo sgombero degli stabili occupati appartenenti ai privati, soprattuto quelli che hanno esposto diverse denunce alla procura, potranno risponderne i sindaci.
A Roma è facile pensare che le responsabilità/minaccia che ricadono sugli amministratori locali non siano, in realtà, che una provocazione concreta del Pd al suo nemico Raggi, nella città per eccellenza delle occupazioni abitative.
La gestione del comune di Roma è infatti la prova del nove del Movimento 5 Stelle (M5S) e anche la dove il Pd è stato responsabile del fallimento precedente evidenziato dall'inchiesta Mafia Capitale e a causa delle collusioni e delle mazzette, il Partito Democratico è stato commissariato...
Il 13 luglio in centinaia bloccano la Tuscolana (circonvallazione) per rispondere al distacco della corrente elettrica all’occupazione di via Quintavalle (Cinecittà).
Il 10 agosto avviene lo sgombero dello stesso palazzo di via Quintavalle: occupazione dei 'movimenti per il diritto all'abitare' aggrediti a manganellate dalla polizia fin dentro la chiesa S.S. Apostoli; resistenza sul tetto degli occupanti anche per la liberazione di Gigi e Sasha, come scritto su uno striscione, arestati al mattino, “Liberi! La lotta per la Casa non si arresta!”); occupazione della basilica di piazza santissimi apostoli.
Il 19 agosto centinaia di poliziotti sfondano l'ingresso di un edificio occupato in via Curtatone, dove vivevano migliaia di migranti, per la maggior parte eritrei ed etiopi; occupato dall’ottobre 2013. Il palazzo, alto nove piani, che si trova tra via Curtatone piazza Indipendenza vicino alla stazione Termini, in passato era stato sede di Federconsorzi e dell’Istituto superiore di protezione ambientale. All’inizio del 2016 la Guardia Costiera era penetrata nell’edificio per arrestare a sua detta, “alcuni scafisti” che si nascondevano nel palazzo: vennero arrestate dodici persone.
Nei giorni successivi la polizia attacca la “comunità di rifugiati e dei richiedenti asilo”, gettata in strada, senza scrupolo alcuno, comprese le decine di bambini che occupano piazza Indipendenza, trasformata in dormitorio a cielo aperto. A piazza S.S. Apostoli era stata organizzata una giornata dedicata ai bambini delle occupazioni con laboratori e giochi, la polizia interviene prendendo a calci e pugni i partecipanti e mandando all’ospedale una occupante di casa e arrestandone altri due per impedire, fra l’altro, che venisse utilizzata una piscinetta gonfiabile.
Lo sgombero di Cinecittà e di Piazza Indipendenza sono colpi di mano in nome della sicurezza e della legalità a cui il M5S non può sottrarsi. La mattina del 25 agosto, infatti, il prefetto Paola Basilone che scende in campo in difesa di Minniti e della Polizia dichiara che la legalità è stata stabilita ma è il ruolo del comune a venire meno in quanto non ha messo a disposizione le sistemazioni necessarie per i 107 rifugiati considerati “fragili”.
Il M5S dal canto suo, infatti, non ha risposte. Il servizio SOS (Servizio Operativo Sociale) è consistito, nei due giorni successivi allo sgombero, nell'offrire case famiglia ad un numero esiguo di persone separando i nuclei oppure proponendo una sistemazione, tramite la proprietà dell'immobile sgomberato, a Rieti. Ma perchè queste dovrebbero essere delle soluzioni? Secondo Di Maio prima vengono i romani, quindi i rifugiati si devono accontentare.
Gli uomini e le donne di Piazza Indipendenza vogliono stare insieme perchè smembrati sono soli in un paese che li vuole schiavi. Non vi sembra una risposta legittima?
Il sistema di accoglienza è nemico dei rifugiati. Ha rappresentato il business per cooperative e associazioni che speculavano sulla condizione migrante. Hanno deciso di autorganizzarsi come miglior risposta al business dell'accoglienza, come miglior risposta a Mafia Capitale e soprattutto come miglior risposta ai loro bisogni.
Il giorno stesso dello sgombero l'assessore (Pd) al bilancio Mazzilo con delega all'emergenza abitativa è stato mandato via dalla giunta. Il perchè sembra non lo sappia neanche lui ma una delle motivazioni più plausibili sarebbe la sua contrarietà al concordato per Atac. Si era opposto agli sgomberi? Non sarà facile capirlo ma emergono troppe coincidenze in pochi giorni. La legalità è la stessa arma con cui viene messa in difficoltà la giunta Raggi.
Dicono, urlano i rifugiati di piazza Indipendenza: “non c'è soluzione possibile se non che dobbiamo impedire che vengano piantati nuovi confini tra noi e le nostre conquiste e i nostri diritti. Ci stanno, prima di tutto, abituando alla resa. Ci stanno abituando che i tempi sono duri e che bisogna cedere per sopravvivere”.
Sono andati via dai loro paesi, in guerra a causa nostra, per vivere. Non sono opzioni plausibili sistemazioni abitative temporanee, non è plausibile per i loro figli che cambino scuola, non è plausibile che rinuncino al loro lavoro a Roma per trasferirsi in provincia di Rieti. Non è plausibile per tutti noi consentire un abbassamento verso il basso delle nostre aspettative e prospettive di vita.
Vincere una battaglia, fare un passo in avanti per i rifugiati, per tutti noi, migranti, italiani, gialli, verdi e rossi vuol dire ristabilire il senso dell'ordine del discorso. E qui non ci saranno razzismi o guerre tra poveri che tengano ma verrà a galla il solo e unico razzismo di Stato esistente. Abbiamo bisogno di questo, di risultati, perchè la dove cediamo alla sconfitta, agli sgomberi, alle retate, al piano casa, al jobs act, al decreto sicurezza cediamo il passo al nostro nemico quello che ci vuole obbedienti e silenti, quello che ci vuole sconfitti, deboli e buonisti agli occhi di chi dovrebbe essere nostro fratello e sorella. Non permettiamoglielo.
Il corteo di sabato 26 è stato un momento importante. Un ragazzo africano mette a davanti a sé un catellone con scritto: “dalla mia Africa prendete tutto: petrolio, gas, oro, ferro, diamanti, banane, soia, coltan ma rifiutate gli esseri umani e scatenate guerre”.
Il concentramento è in p.zza dell'Esquilino a partire dalle 16. Le/i manifestanti vengono marcatamente perquisiti.
Le prima grida della manifestazione sono dirette alla solidarietà verso le persone arrestate (almeno quattro) negli sgomberi dei giorni scorsi: l'urlo è “LIBERI”.
Il corteo si mette in moto molto presto, conta almeno diecimila manifestanti che rivendicano la resistenza gli sgomberi, contro i traffici sull'“accoglienza”, per la dignità. Si fa sentire l'urlo: “Vergogna Raggi (la sindaca), Minniti e Polizia. La lotta non ha confini”. Percorrendo via Cavour il corte cresce ulteriormente anche di numero: ora si contano 15 mila manifestanti. Ci sono tanti bambini che si siedono, corrono in strada, anche portati nelle braccia, portano cartelli, striscioni.
Raggiunti i Fori imperiali il corteo trova un blocco molto spesso di mezzi e sbirri messi lì per impedire l'accesso in piazza Venezia. La testa del corteo rifiuta ogni arretramento anzi chiarisce a polizia & Co. che “non se ne andrà finché non avrà risposte concrete” (sono già le 19,30). Dopo oltre un'ora, le/i manifestanti chiariscono che: “Noi da qui non ce ne andiamo. Non possiamo tornare a casa perché una casa non ce l'abbiamo, resteremo qui finché dalle autorità non viene trovata una soluzione abitativa.”
Nei fatti da quel momento in piazza Venezia a sostegno della lotta per la casa, per la liberazione delle persone arrestate durante gli sgomberi a piazza Indipendenza e via Curtatone, è stato costruito un vero e proprio accampamento che si estenderà fino a lunedì 28 agosto.

Milano, agosto 2017