indice n.66

Afghanistan: Nuova ondata di resistenza contro l'occupazione
Un nuovo attacco colpisce la Striscia di Gaza
Dalla lotta dentro e contro i cie
Lettera dal carcere di san vittore (MI)
DEL CAI DI MANDURIA (TA)
lettera dal carcere di imperia
lettere dal carcere di velletri (rm)
Lettera dal carcere di San Gimignano (si)
lettera dal carcere di carinola (ce)
da una lettera dal carcere di cagliari
Lettera dal carcere di Porto Azzurro (LI)
lettera dal carcere di ivrea
lettera dal carcere di san vittore (mi)
lettere dal carcere si saluzzo (CN)
Lettera dal carcere di spini di gardolo (tn)
Il No Tav non si arresta (cronologia)
Quando il No TAV entra nel carcere
Presidio sotto il carcere di cremona
Presidio davanti al carcere di Velletri
Volantino contro ALSTOM distribuito a Bologna
I ministri banchieri delle Grandi Opere
roma: cariche e arresti contro il movimento di lotta per la casa
milano: ASSEMBLEA GENERALE DEL MOVIMENTO NO TEM
29 FEBBRAIO: RINVIO A GIUDIZIO PER GLI ANARCHICI
contro carcere e 41-bis: Resoconto assemblea 4 febbraio 2012
Milano: L'ospedale San Paolo deve andare in cancrena?
sul processo a trento
AGGRESSIONE FASCISTA A VOLANTINAGGIO PER CORTEO FIOM
Esselunga Pioltello (mi): la lotta incassa i primi due reintegri
UK: “lista nera” dei lavoratori indesiderati
Sciopero vero
ex atesia: verso licenziamenti collettivi
Dove finirà questo mezzo bilione di euro?


Afghanistan: Nuova ondata di resistenza contro l'occupazione
La resistenza in Afghanistan contro l'occupazione aggressiva e oppressiva degli Stati Uniti/Nato sta entrando in nuovo periodo. Le recenti coraggiose proteste popolari, che hanno mobilitato milioni di persone da est a ovest e da nord a sud dell'Afghanistan, dimostrano che la rabbia contro l’occupazione non solo non è diminuita, ma continua a crescere.
I guerrafondai americani e della NATO violano ogni legge e convenzione, commettono crimini efferati nei loro terribili centri di detenzione, quindi non possono pretendere di essere accolti con bouquet di fiori come "eroi e difensori della lotta contro la guerra al terrore" da parte delle loro vittime. Al contrario, essi saranno trattati e cacciati come criminali di guerra e responsabili per la distruzione fisica e culturale dell'Afghanistan.
Quando l'imperialismo USA e i suoi alleati della NATO uccidono civili nei raid notturni, umiliano le donne e terrorizzano i bambini, non devono aspettarsi che il popolo possa tollerare tutti questi crimini con il silenzio. Lo abbiamo visto: i disumani occupanti imperialisti non sono soddisfatti di uccidere, oltre ai combattenti, donne e bambini, hanno tagliato le dita, urinato sui loro cadaveri, costretto i bambini a sconcerie sessuali per il loro piacere. Così tutti gli afghani hanno compreso il vero significato della loro democrazia, dei loro diritti umani e della loro cultura.
L’8 febbraio attacchi aerei della Nato hanno ucciso decine di civili e bambini nella provincia di Kapisa, e nello stesso mese hanno compiuto un altro massacro nella provincia di Kunar. Il 22 febbraio gli elicotteri della Nato hanno bombardato una scuola per ragazze in provincia di Nangarhar, dove sono state uccise decine di bambine e decine di loro sono rimaste ferite. I capi di Stati Uniti e Nato a Washington, Bruxelles e Kabul si sono limitati a chiedere scusa!
Negli ultimi dieci anni il popolo afghano ha vissuto il periodo più terribile della sua vita.
Ora, il popolo afghano comprende chiaramente gli sporchi obiettivi imperialisti di USA e Nato in Afghanistan e non sarà più ingannato dai loro slogan ipocriti sulla democrazia, i diritti umani e lo sviluppo. Da un lato hanno rovesciato il tetro regime talebano, ma d'altra parte hanno imposto un regime corrotto, mafioso e irresponsabile, peggiore di qualsiasi altro. Le stesse organizzazioni per i diritti umani hanno confermato recentemente che, a causa della guerra, della povertà, della fame e del freddo, migliaia di bambini e persone hanno perso la vita e ogni giorno una media di 400 persone sono state costrette a fuggire dai loro villaggi.
L’Organizzazione Sinistra Radicale dell'Afghanistan (LRA) condanna i metodi incivili di americani e NATO in Afghanistan, sostiene le proteste e le azioni legali dei lavoratori, degli oppressi e di tutte le vittime della guerra in Afghanistan.
La LRA ha espresso le sue sentite condoglianze alle famiglie di centinaia di martiri e migliaia di manifestanti uccisi e feriti dagli occupanti e dalla polizia afghana lo scorso Martedì 21 febbraio e ha annunciato la sua solidarietà ai manifestanti. Le recenti manifestazioni hanno dimostrato che il popolo dell'Afghanistan non permetterà agli occupanti di giocare con il proprio futuro e i propri valori. Hanno dimostrato che le armi ad alta tecnologia, le distruzioni di massa, le centinaia di miliardi di dollari non riusciranno a fermare la determinazione eroica di una nazione che lotta per difendere i propri diritti legali e naturali.
La LRA fa appello a tutti gli antimperialisti, ai partiti, ai sindacati, alle organizzazioni e a tutte le persone che amano la pace, di chiedere al governo afghano di rilasciare i cittadini arrestati durante le recenti manifestazioni.
- Basta con l'occupazione!
- Poniamo fine all’oppressione e all'umiliazione!
- Viva la resistenza contro l'occupazione!

27 Febbraio 2012
Organizzazione Sinistra Radicale dell'Afghanistan (LRA)
da www.antimperialista.it


Un nuovo attacco colpisce la Striscia di Gaza
Dopo alcuni mesi di “calma” relativa , in cui comunque sono continuate le incursioni, sia aeree che via terra, un nuovo attacco israeliano ha colpito territori palestinesi.
La nuova fiammata di violenze è cominciata ieri quando, dopo il lancio di colpi di mortaio da parte di alcune organizzazioni armate palestinesi, il cielo di Gaza si è nuovamente riempito di Apache israeliani che hanno ripetutamente bombardato quella piccola striscia di terra, perennemente sotto assedio.
Netanyahu, primo ministro israeliano, ha affermato che i raid sarebbero stati la risposta al lancio di razzi da parte palestinese, MA netta è l’impressione che le forze armate israeliane fossero in attesa dell’occasione per uccidere Zuhair Kaisi, leader dei Comitati di Resistenza Popolare, colpito venerdì scorso mentre si trovava in automobile assieme ad un altro membro della stessa organizzazione, anch’esso deceduto a seguito dell’attacco.
Secondo quanto affermato dalle autorità israeliane l’attacco in questione sarebbe stato un “omicidio mirato” nei confronti di Kaisi, accusato di aver diretto l’attacco dello scorso agosto nel quale rimasero uccisi, tra coloni e soldati, otto israeliani. Secondo le fonti israeliane, la stessa organizzazione sarebbe poi stata responsabile del rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit, catturato nella Striscia di Gaza nel 2006 e rilasciato lo scorso ottobre, in cambio della liberazione di oltre mille palestinesi, molti dei quali in seguito nuovamente arrestati dalle autorità israeliane.
L’uccisone del dirigente palestinese ha scatenato la ripresa dei lanci di missili e di colpi di mortaio da parte palestinese contro le città israeliane vicine al confine con la Striscia, che hanno provocato il ferimento di otto israeliani. A questi lanci ha risposto esercito israeliano vomitando tutta la sua potenza di fuoco sulla popolazione della Striscia, sottoposta a bombardamenti.
Ad essere colpita intorno alla mezzanotte è stata Gaza City, mentre successivamente i combattimenti si sono spostati nell’area di Beit Lahia, a nord della Striscia: nelle prime ore del mattino si contavano già 12 palestinesi uccisi.
Mentre si svolgevano i funerali delle vittime degli attacchi di ieri, un nuovo bombardamento è stato effettuato questa mattina. Nel pomeriggio truppe israeliane hanno poi aperto il fuoco su alcune decine di ragazzi che, durante un altro funerale, hanno marciato verso il confine con lo stato israeliano per lanciare sassi alle postazioni militari.
Al momento si contano 15 morti e decine di feriti, tra cui molti bambini.
Così, proprio mentre il governo israeliano, destabilizzato dalla solidarietà con la lotta palestinese emersa a seguito della Primavera Araba, si prepara per una sempre più una guerra sempre più probabile contro l’Iran, attuando una sempre maggiore militarizzazione dei territori palestinesi e chiedendo agli USA nuovi equipaggiamenti militari, aerei da combattimento israeliani stanno massacrando ancora una volta la Striscia di Gaza, mentre al momento non si esclude un attacco di terra.
La Striscia, martoriata da oltre quattro anni di assedio, si trova in queste ore a dover fronteggiare un nuovo attacco che si va a sommare alla già precaria situazione che vive ogni giorno. Una “prigione a cielo aperto”, con frontiere ermeticamente chiuse, racchiusa su quattro lati da barriere militari che impediscono la pur minima libertà di movimento, che in queste ore sta vivendo una nuova interruzione energetica; un territorio al buio, costantemente sotto assedio, adesso vittima di un forte bombardamento, ma in cui altrettanto forte è la volontà di resistere ad una progettualità di sterminio sempre più marcata da parte sionista.

10 marzo 2012
da infoaut.org


Dalla lotta dentro e contro i cie
Milano, domenica 5 febbraio
Una ventina di compagni/e sono ritornati/e sotto il Cie. di via corelli a Milano per dare il proprio sostegno attivo a coloro che da dentro non esitano a rivoltarsi contro questa struttura detentiva, che li rinchiude fino ad un massimo di 18 mesi. L'ultima sommossa, in ordine di tempo, risale al 15 gennaio quando alcuni degli internati diedero fuoco a un'intera sezione, rendendola completamente inagibile. Il presidio,organizzato e stabilitosi di fronte all'ingresso del Cie, si è svolto per circa un'ora con un susseguirsi di musica e interventi a sostegno dei reclusi in lotta. Dall'interno della struttura si sono levate grida di entusiasmo e complicità da parte dei prigionieri, che hanno avuto modo di sentire e farsi sentire dai compagni fuori. Il presidio è stato interrotto dall'arrivo di una ventina di carabinieri in tenuta antisommossa, i quali hanno intimato ai partecipanti al presidio di spostarsi all'imbocco della via che conduce al Cie., ovvero in un angolo di strada dove sarebbe stato impossibile farsi udire dai detenuti.
Date le esigue forze di chi era presente e le inaccettabili condizioni di prosieguo del presidio imposte dai carabinieri, i partecipanti hanno deciso di smobilitare ritenendo comunque che si fosse riusciti a raggiungere l'obiettivo della giornata, ovvero quello di rendere concreta e tangibile la propria solidarietà a chi da tempo lotta all'interno dei Cie.

Modena, mercoledì 22 febbraio
I reclusi del Cie di Modena sono in sciopero della fame e della sete da due giorni. Alla protesta partecipano tutti i 56 reclusi della struttura.
Il Cie di Modena è l'equivalente di un supercarcere per senza documenti. Le condizioni di detenzione sono peggiori che altrove, l'isolamento molto più rigido. Ormai da un paio d'anni anche in altri Cie è stato impedito agli "ospiti" di tenere i propri telefoni cellulari, a Modena non è mai stato possibile comunicare con l'esterno se non dietro stretta sorveglianza dei gestori del Centro, la Misericordia di Giovanardi, fratello gemello dell'ex ministro del PDL.
Nonostante l'isolamento questa volta le notizie sono filtrate all'esterno. A scatenare la protesta, durissima e compatta dei prigionieri, l'inganno messo in atto dalla Questura modenese, che aveva promesso, che, nonostante il recepimento da parte del governo italiano della direttiva rimpatri, allo scadere del sesto mese di detenzione, nessuno sarebbe rimasto nel Cie.
Nei giorni scorsi diversi immigrati sono passati dal giudice di pace che ha prolungato di altri due mesi il soggiorno forzato a Modena. Chi entra in un Cie passa sempre dal giudice di pace che, di volta in volta, aggiunge due mesi a quelli iniziali. I reclusi sono decisi a resistere finché non otterranno la libertà.
Circolano indiscrezioni su un possibile cambio della guardia nella gestione della struttura emiliana, poiché la Misericordia che l'ha in gestione sin dall'apertura, potrebbe non presentarsi per la prossima gara di appalto. La riduzione del contributo diario per ogni prigioniero renderebbe meno redditizio l'affare. Secondo le stesse fonti tra i possibili concorrenti ci sarebbe la francese Gepsa, che un anno fa sarebbe dovuta subentrare al consorzio Connecting People nella gestione del CIE di Gradisca d'Isonzo, ma per una serie non troppo chiara di inghippi amministrativi, di fatto è rimasta fuori.

Trapani, venerdì 23 febbraio
C'è stata una grossa evasione dal Cie di Trapani. Da quel poco che siamo riusciti a sapere, tutto è cominciato con una sommossa. La polizia, dopo aver inizialmente tentato di sedare i rivoltosi con botte, idranti e lacrimogeni, si è infine ritirata. Da quel momento, i primi reclusi che sono usciti dalle sezioni hanno aperto le porte agli altri. Alla fine, pare che a scavalcare quelle orrende sbarre gialle ce l'abbiano fatta in sessanta.

Torino, domenica 4 marzo
Dopo due mesi di relativa tranquillità si riaprono le danze dentro al Cie di corso Brunelleschi a Torino. Questa sera, poco prima delle nove, un bel po' di prigionieri dell'area rossa hanno tentato la fuga, uscendo dall'area e provando a raggiungere il muro. Intercettati dalla polizia, sono stati riportati nell'area. Da lì in poi, il casino: anche nelle altre sezioni è iniziata la rivolta, con la gente che spingeva sulle reti e le danneggiava nella speranza di guadagnarsi la libertà. In mezzo alla confusione sono stati appiccati anche degli incendi. Ottenuti i rinforzi, la polizia ha circondato il Centro con le volanti e una qurantina di agenti in tenuta antisommossa hanno fatto irruzione nell'area blu, per tranquillizzare gli animi a forza di manganelli e lacrimogeni.
Il 6 marzo verso le 23 vi è stato un nuovo tentativo di fuga, questa volta dall'area gialla. In una decina riescono ad uscire dall'area, ma vengono ripresi poco prima del muro.
L'indomani è stato bloccato dalla polizia un nuovo tentativo di fuga. Intorno alle 22 dodici reclusi dell'area gialla hanno divelto un pannello e tentato di scavalcare il muro di cinta ma sono stati fermati dagli agenti.

Agrigento, mercoledì 7 marzo
Diciotto nigeriani richiedenti asilo hanno occupato il centro di detenzione in cui sono reclusi a Palma di Montechiaro (Agrigento) e si sono barricati all'interno. Inizialmente era stata anche divulgata la notizia che il titolare della struttura fosse stato sequestrato dagli immigrati che invece nelle prime ore di stamane hanno concesso all'uomo di uscire liberamente dall'edificio. I profughi, da 10 mesi a Palma di Montechiaro, hanno chiesto di essere trasferiti nel centro di Mineo (Catania), per raggiungere congiunti e connazionali che vi si trovano.
L'indomani prosegue la protesta degli immigrati del centro. Dopo che questa mattina si sono rifiutati di salire sul pullman per il trasferimento in un'altra struttura, i diciotto nigeriani si sono riversati sulla strada statale 115 bloccandola temporaneamente fino all'arrivo dei carabinieri. La loro richiesta rimane quella del trasferimento a Mineo. Il dirigente del dipartimento della Protezione civile di Agrigento, Maurizio Costa, ha però fatto sapere che il centro catanese è completo dando la disponibilità dei centri di Giarre, Gela e Piazza Armerina.

Milano, marzo 2012
***
Modena: Presidio Contro i CIE
Dopo anni che la gestione del Cie di Modena è in mano alla Misericordia una nuova gara d'appalto deciderà le sorti della futura gestione del lager... il pio e caritatevole Daniele Giovanardi fa sapere che, se i soldi stanziati per la gestione saranno quelli previsti dal nuovo "contratto di gestione", 30 euro a detenuto, non accetterà; questo è il vero volto cristiano Misericordia: business e nulla più!
Me se fosse vero che Giovanardi mollasse le redini dell'infame carrozzone, chi sarà il nuovo aguzzino che metterà a profitto le vite degli uomini e delle donne detenuti nei campi di concentramento di Modena...?
A noi non interessa minimamente il colore della bandiera sventolata dall'eventuale prossimo "pretendente" alla gestione del Cie, con i nemici della libertà e della dignità noi siamo abituati ad ingaggiar battaglia!
Sabato 10 marzo ore 17: presidio contro i Centri di Identificazione ed Espulsione in piazza Matteotti a Modena. Per ribadire che non sarà certo un cambio di gestione a rendere più umano un lager, per ribadire che la lotta contro i Cie ci riguarda molto più da vicino di quanto non ci possa sembrare, perchè sono l'ennesimo ingranaggio che ben fa funzionare la macchina del Capitale che opprime ed umiglia gli individui e le genti quotidianamente, per continuare a gridare TUTTI E TUTTE LIBERI!!

6 marzo 2012
Anarchici e Anarchiche, da informa-azione.info


Lettera dal carcere di san vittore (MI)
Da Corelli a San Vittore
Carissima sto ricevendo le tue lettere con grande piacere e grazie mille per tutto quello che fate, spero che un giorno ti regalo anch’io una cosa. Per il Cie di via Corelli ci sono persone che stavano malissimo, non parlano italiano e ci sono persone anche malate mentalmente, ci sono altri che preparano sempre una corda per impiccarsi.
Io sono stato per circa 40 giorni a corelli e ho visto di tutto e vedi lì è peggio del carcere, hai poco spazio per camminare, non fai nessuna attività sportiva. Lì dentro ho fatto lo sciopero della fame per tre giorni, non sono stato chiamato da nessuno anche se ho dichiarato lo sciopero all’infermiera del Cie.
Tutti i giorni la polizia faceva perquisa e buttano i nostri vestiti e materassi per terra, quando entrano hanno in mano il bastone e quell’altra cosa di plastica per proteggersi e in testa hanno dei caschi, come se fossimo noi in guerra con loro.
Qui in carcere è malissimo, siamo 6 detenuti in una cella di 2 metri per 4, come vedi nel disegno che ti ho inviato, se uno si mette in piedi, gli altri devono stare nel letto e per il bagno è un disastro. Abbiamo letti a castello a forma di L 3x3 e un solo tavolo per mangiare, solo per due persone e abbiamo solo due sedie, come vedi nel disegno, oltre a questa condizione siamo tutti stranieri senza soldi e non abbiamo in cella 6 piatti, ma solo 4 che vengono usati per due persone alla volta e per pulire il pavimento noi usiamo soltanto acqua e uno straccio dell’anno x.
Cara per i botti e fuochi d’artificio abbiamo sentito e abbiamo gridato tutti libertà! Hourria! La libertà hourria non ha prezzo. A presto cordiali saluti.

1 marzo 2012
***
Rispetto al Cie di via Corelli una buona notizia è che la sezione colpita dall’incendio dell’ultima rivolta del 15 gennaio (dove arrestarono l’intera sezione di 27 persone, successivamente alcuni trasferiti in altri Cie, altri in libertà e per 9 il carcere di San Vittore) è tuttora inagibile.


DEL CAI DI MANDURIA (TA)
Da una lettera di alcuni compagni di lecce
[…] Quel posto surreale e allucinante ormai è stato dismesso. Pare che le ditte che lo hanno realizzato, messo le tende, montato la recinzione, non siano state nemmeno pagate. Spero che abbiano imparato che fare affari con lo Stato è sempre controproducente. Quel posto e la situazione che si era creata era veramente incredibile, e se solidarizzare e resistere insieme agli immigrati può essere più semplice, riuscire anche a realizzare un contatto e una relazione costante con loro è molto più difficile, almeno qui dove vivo io. Dopo le grandi fughe da Manduria della primavera scorsa, quel centro ha funzionato per alcuni mesi come Centro di Accoglienza Temporanea, dove le persone venivano portate alcuni giorni e poi subito trasferite in CIE o in Centri per richiedenti asilo o rimpatriati. Anche a Otranto, in provincia di Lecce, esiste un posto analogo, ma riuscire, in queste condizioni, a stabilire un contatto con chi è comunque recluso è quasi impossibile. Se si aggiunge il fatto che chi sbarca nel Salento vuole poi raggiungere altre mete, riuscire a portare il piano della solidarietà su quello della lotta insieme agli immigrati è veramente complicato. E sarebbe anche lontano dalla realtà "mentale" ed emotiva che molti degli immigrati si vivono. Credo che tutta la questione dei centri di reclusioni debba necessariamente essere affrontata insieme a tutte le altre questioni, lavoro, guerra, sfruttamento, merce, devastazione ambientale.
Nulla di nuovo naturalmente, ma una consapevolezza che si accresce. Le campagne del Salento ad esempio e dell'intera Puglia, continuano ad essere devastate e riempite di pannelli fotovoltaici. L'energia prima di tutto. E poi si vogliono impiantare numerose pale eoliche, centrali a biomasse; una vera emergenza! La cosidetta energia alternativa (che chiaramente non è per niente pulita) qui da noi è un'emergenza reale e non si riesce a far fronte alle decine di progetti che vogliono devastare campagne, ambiente, costa. Una gran parte dell'ambiente è ancora intatto, ma il cemento e il silicio avanzano sempre più. Alcuni mesi fa venne fuori che una ditta che impiantava questi pannelli fotovoltaici, utilizzava immigrati e li sfruttava fino all'osso in condizioni schiavistiche. La stessa cosa accade per le raccolte estive che ci sono da queste parti. E' forse in tutto questo che si può inserire la questione della reclusione degli immigrati, almeno da queste parti. Ed è forse in tutto questo (nella questione della devastazione ambientale) che si può inserire, sempre da queste parti, la solidarietà con la resistenza in Valsusa. […]

febbraio 2012


lettera dal carcere di imperia
Carissimi compagni e compagne di Ampi orizzonti è ormai un mese che non vi scrivo e questo mi spiace molto, perchè qui abbiamo avuto un brutto lutto, è morto un caro amico Fabio Parodi. E' lui che mi aveva fatto conoscere il vostro giornale. La sua mancanza ci ha distrutto, ha avuto un arresto cardiaco a soli 27 anni, mentre dormiva. Strano ma vero la direzione ha dato modo di una sensibilità inaspettata, si sono comportati benissimo, al contrario di altre carogne che compagni non si possono chiamare, zero sensibilità. Invece il carcere si è messo a disposizione tutto, pensate c'era un ragazzo tunisino che aveva nel conto un euro e 14 centesimi, ha messo come offerta 1euro e 10 cent., gli ho detto di tenerli per telefonare alla famiglia e lui mi ha risposto che la famiglia aspetterà una settimana in più per la telefonata, lui non può aspettare. Questo mi ha stretto il cuore, questo detenuto era in questo istituto solo da una settimana, questo vuol dire a parere mio che ormai non ci sono più confini.
Vi allego alcuni suoi pensieri che lui aveva scritto un paio di giorni prima di mancare, solo un ultima cosa Fabio ci manchi e ti vogliamo bene.

Imperia, 13 febbraio 2012
Marco Tassone, via G. Agnesi, 2 - 18100 Imperia

Segue uno scritto di Fabio:

ECCOMI ANCORA QUA...
Quel grosso portone di ferro si chiude di nuovo alle mie spalle,
sospiro una, due, tre volte, ecco, pensi dentro te
è successo nuovamente nonostante ti fossi riproposto tante belle cose..
Cosa ci vuoi fare? amico mio, così va la vita.
I corridoi, le celle, le voci, le persone, i gesti
mi è tutto così famigliare
mentre il tintinnio delle chiavi alle cinture delle guardie inizia a picchiarmi in testa.
Eccomi sono ancora qua pronto per un'altra battaglia!!!!!


lettere dal carcere di velletri (rm)
Ciao a tutti/e vi comunico che domani, 3 febbraio, è previsto qui, nel carcere di Velletri, la visita della presidente della Regione Lazio, ill.ma signora Polverini.
L'amministrazione dell'istituto, direttrice in testa, si sta quindi adoperando a sistemare i luoghi ove "donna" Polverini poserà i suoi infausti e fascisti occhi; chi tinteggia, scrosta, profuma; chi con devozione e paraculismo pulisce gli schizzi di merda dai muri.
L'itinerario sarà teleguidato come quello dei robot, quelli degli immensi magazzini delle grandi industrie, che grazie ai loro lettori fasce seguono le tracce appositamente dipinte nel pavimento e che spesso creano indescrivibili disastri.
Come si può notare le similitudini non mancano, voci ufficiose affermano inoltre, che il quoziente intellettivo (se di tale si tratta) tra "donna" Polverini e le macchine non si discosti poi di molto, non ho ben capito in favore di chi!
A parte l'esercito di lacchè che salta subito agli occhi, i paragoni con altri eventi simili non mancano, per esempio, perché alla prevista visita del vescovo a Natale, non si è allestita la stessa rappresentazione teatrale?
Poi ci si lamenta perché ci ha tirato il bidone e ci ha lasciato tutti a bocca asciutta, infatti, a lui era toccato solo un mazzo di fiori sull'altare raccattato chissà dove, probabilmente non gli è andata giù questa discrepanza di trattamento, alla faccia delle radici cristiane europee. Pazienza!
Guardando il lato positivo, il divertimento è assicurato nell'osservare il comportamento umano con i suoi rituali, aveva ragione Marx? È l'economia che crea la condizione sovrastrutturale del rito, od il rito può sussistere a priori e modellare inconsciamente le coscienze come la divisione del lavoro?
Perché sì, questo teatrino è divertente, ma fa anche un po' schifo notare tutta questa ipocrisia inconscia (ma non troppo) che si cela in taluni e quindi l'essenza della politica, figlia dell'opportunismo con i suoi parametri di valutazione utilitaristici. [...]

Velletri, 6 gennaio 2012
Andrea Orlando, via Campo Leone 97 - 00049 Velletri (RM)

***
Ciao a tutte/i, mi è giunto l'ultimo opuscolo, ho potuto rintracciare alcuni indirizzi di dove si trovano imprigionati dei compagni e così scrivergli. Mi auguro che le imputazioni relative all'operazione del 26 gennaio, che ha visto coinvolti tanti compagni del movimento NOTAV, non siano pesanti e non si calchi troppo la mano.
Proprio ieri ho ascoltato al TG delle condanne inflitte a due compagni per i fatti di Roma, tra non molto pagherà meno un omicidio, si sa infatti che il diritto è proporzionale ai rapporti di forza insiti nella società.
Poi ci si mette anche Caselli e compagnia bella a demonizzare tutto il movimento [...] Siamo giunti ad un tale livello d'ipocrisia talmente sfacciato come solo può trovarsi in una dittatura totalitaria fascista.
Qui a Velletri l'amministrazione ha pubblicato un avviso in bacheca, non ci sono i soldi per i lavoranti, già il lavorante è pagato due ore al giorno ed ora dovrà compiere più mansioni. Da una parte non mi interessa perché non c'è nulla di più avvilente di lavorare in carcere, io in due anni e mezzo non ho mai lavorato, anche se ho sempre mantenuto una regolare condotta, lo ritengo un onore, il mio valore è direttamente proporzionale al loro disprezzo.
La Severino fa però finta di nulla, scherziamo! Ha appena varato la carta del diritto del detenuto. Ah ah, quale diritto? quello del suo buco del culo? E poi, sempre secondo lei, negli USA e in Inghilterra, paesi civilissimi, le condizioni dei detenuti sono peggiori delle nostre, ma scherziamo? Tutto sommato qui con tanti problemi da risolvere siamo un paese più avanzato di tanti altri [...]
Vabbe', basta con gli scherzi [...] Un abbraccio fraterno a tutte/i voi.

23 febbraio 2012
Andrea Orlando, via Campo Leone, 97 - 00049 Velletri (RM)


Lettera dal carcere di San Gimignano (si)
Carissime/i compagne/i , ho ricevuto l'opuscolo del mese di gennaio, come sempre utile a sapere le forme di lotta che si portano avanti in vari fronti contro il regime totalitarista del capitalismo e, nel caso di Antonio Ginetti, indispensabile a decifrare l'operato sempre più strumentalizzato dei mezzi di comunicazione di massa; schierati a fianco al regime di turno.
[...] Il movimento NOTAV sta a cuore a migliaia di prigionieri [...] Se non ci fosse stato l'opuscolo e la presentazione dello stesso Antonio (Ginetti), io (e tanti come me) sarei stato molto condizionato dal modo in cui TG5 ha dipinto Antonio.
Per quanto riguarda me, io sto bene e qui a San Gimignano la vita procede come negli altri lager. Sono giorni che non ci passano più i sacchetti dell'immondizia e ci si arrangia (si butta dalle finestre) [...] Nella sezione in cui mi trovo ci sono 6 docce ma ne funzionano solo 4 e in pessime condizioni igieniche [...]
Il lager di San Gimignano è sovraffollato e, sei hai fortuna, quando arrivi ti fai una settimana di isolamento in attesa di trovare un posto letto [...]
Un saluto a voi e ai prigionieri che lottano. A testa alta fino alla fine!

26 febbraio 2012
Mirgen Krepi, loc Ranza, 20 - 53037 San Gimignano (SI)


lettera dal carcere di carinola (ce)
[...] dal periodico Invece apprendo che Franco Ionta, capo del Dap, sulla nuova circolare che dovrà uscire verrà separata la popolazione detenuta, con la divisione dei detenuti conflittuali da quelli che si mostrerebbero maggiormente concilianti.
Così, dopo la ristrutturazione dei circuiti di Alta Sicurezza, la differenziazione all'interno delle carceri verrebbe estesa anche ai, così detti, detenuti comuni.
La seguente circolare porterebbe la firma di Sebastiano Ardita, da anni alla guida della direzione generale dei detenuti, e prevedrebbe l'utilizzo di alcuni codici attraverso i quali saranno catalogati i detenuti. I codici aspetterà ad una specifica equipe dell'istituto penitenziario che, attraverso periodiche riunioni, potrà rivedere in senso positivo o negativo le valutazioni sul livello di pericolosità dei detenuti.
Il codice bianco verrà utilizzato per individuare i detenuti che non sono stati autori di reati di violenza e chi al tempo stesso abbia mantenuto una buona condotta ed abbia risposto al trattamento penitenziario. Il codice verde potrà essere individuato per identificare i soggetti autori di reati di violenza, che abbiano risposto bene al trattamento e che abbiano mantenuto buona condotta. Il codice giallo è per i detenuti resisi responsabili di violazioni disciplinari. Il codice rosso per gi autori di reati in carcere e tentativi di evasione.
I codici bianchi dovranno essere tenuti a celle aperte e tendenzialmente anche i codici verdi. I codici gialli potranno essere tenuti a celle aperte dopo l'osservazione. Al codice rosso dovranno essere mantenute le celle chiuse.
La possibilità di avere il blindato aperto durante il giorno, che dovrebbe essere la regola per tutti i detenuti in media sicurezza, diventerebbe così un premio da conquistarsi attraverso un comportamento docile ed ossequioso delle disposizioni delle autorità.
Morale della favola, questo provvedimento è fatto per soffocare le piccole rivolte nei carceri ed indurre a portare i detenuti alla sottomissione del ricatto di questo beneficio.
Un saluto anarchico.

Carinola 05 febbraio 2012
Rossetti Busa Mauro, via San Biagio, 6 - 81131 Carinola (CE)


da una lettera dal carcere di cagliari
[...] Gira voce che nel piano terra, dove sono io, vorrebbero mettere un cancello in mezzo alla sezione per tenere le celle aperte in orari prestabiliti! Ennesima truffa.

Cagliari, 28 gennaio 2012
Davide Delogu, via Boncammino 22 - 09134 Cagliari

Lettera dal carcere di Iglesias (CI)
Carissime/i compagne/i di Ampi Orizzonti. Qui è tutto un inferno, adesso ci è stata tolta l'ora di aria pomeridiana, due ore al mattino e poi chiusi in cella. Su 130 detenuti sono stato l'unico a reclamare i nostri diritti. La risposta è stata immediata, dopo due ore avevano già fatto tutto, lo stesso giorno 23 febbraio ore 14.30 sono venuti a prendermi per condurmi in isolamento.
Il verdetto del direttore: 15 giorni "gratis". L'unico conforto che ho in questa lurida piccola cella, sono: carta, penna, corrispondenza e i due libri che voi compagne/i mi avete spedito. 1. La libertà è possibile solo nella lotta per la liberazione, 2. Il grande riscatto. Entrambi molto apprezzati, li ho letti e riletti, sto rifiutando il cibo e le visite mediche che servono solo a loro per pararsi il culo.
Compagne/i grazie per avermi tenuto compagnia anche oggi e come dice Ricardo Palma Salamanca: "Morite con il pensiero tutte le mattine e già non avrete più paura di morire".
Vi porgo distinti saluti e auguro una presta libertà a tutti.

27 febbraio 2012
Davide Matta, c/o C.C. Loc. Sa Stoia, 16 - 09016 Iglesias (CI)


Lettera dal carcere di Porto Azzurro (LI)
Di seguito riportiamo alcune parti del comunicato inviatoci il 20 dicembre scorso dalla sezione 14, reparto 3, del carcere di Porto Azzurro, indirizzata ad Alessandro Margara garante dei detenuti per la Regione Toscanadal carcere di Porto Azzurro firmato da quindici detenuti. Abbiamo riportato i contenuti generali delle rivendicazioni senza soffermarci sugli aspetti specifici.

[…] con la presente vorremmo renderla partecipe di varie difficoltà […]
- la fornitura che spetta al carcere garantire al detenuto mancava del tutto o in parte da circa due mesi e anche adesso non è arrivata completa;
- il riscaldamento è stato acceso da due settimane e prima ci si copriva come meglio si poteva;
- l'aria educativa è latitante o inesistente;
- vari detenuti non sono ancora stati chiamati a colloquio anche dopo due o tre mesi,
- orari prefissati per le varie attività mai rispettati, persone che arrivano a colloquio alle 5.40 e vedono il detenuto alle 11.40 casi limita ma non singoli;
- "oggi non si va al campo" ma lo dicono 5 minuti prima che si uscisse per andarci;
- cambio continuo di situazioni per contatti telefonici con regole che oggi erano in un modo e domani vengono cambiate tramite delle info in bacheca;
- per le telefonate esterne ci sono al massimo due tre linee per circa quattrocento detenuti di cui Agosto erano circa 300.
Ora i due punti che vanno trattati e rifiniti in primis perché ledono la salute e la dignità della persona.
- da metà ottobre la 14° sezione sta facendo la doccia fredda;
- il vitto oltre essere scarso è anche immangiabile.
[…] questi esempi gradiremmo esporli di persona. Termino a precisare che alcune persone sono già andati da veri ispettori o coadiuvanti o direttore sia di persona che per lettera o locandina ma niente è cambiato ma anzi in alcuni casi sono stati denigrati oppure spinti a fare in fretta perché non avevano solo loro da ascoltare. Le firme di cui sotto le confermano la necessità di un suo intervento nel primo tempo utile visto che gli animi si scaldano piuttosto in fretta [...]

20 dicembre 2011 - Porto Azzurro
Riccardo Vannucchi Via S. Giacomo n° 1 - 57036 Porto Azzurro (Li)


lettera dal carcere di ivrea (TO)
Ciao, ho ricevuto la tua lettera, grazie per il libro e le pubblicazioni che mi hai inviato e per il vaglia postale. Grazie per avermi scritto di questi compagni di Milano, che mi possono spedire materiale. In questi giorni mi hanno scritto tanti compagni, fra questi gli antimilitaristi che mi hanno dato la loro solidarietà e che lottano per impedire la costruzione della base militare di Mattarello ed é possibile che chi mi ha scritto, ci siamo visti in Valsusa.
Anche se non segui un'alimentazione vegetariana, ti perdono ovviamente anche perché io lo sono da 2-3 anni, cercando di cibarmi di pochi latticini. La mia scelta é derivata perché la carne che mangiamo proviene da uno sfruttamento nell' allevamento dell'industria zootecnica (interessi economici), dove gli animali vengono stipati in spazi molto stretti, non potendosi muovere, e fatti solo ingrassare per essere uccisi.
Riguardo al mio reato, non mi é chiaro neanche a me, in quanto ho imbrattato con delle scritte, il muro dell' Alenia Aereonautica (gruppo Finmeccanica), ma mi hanno contestato un altro reato. Devo vedere l'avvocato per capire bene la mia situazione giudiziaria.
Il libro che mi hai inviato, "Liberi dalla Civiltà" ho conosciuto l'autore alla festa di Radioblackout, ed é un libro importante perché é una critica radicale al sistema capitalista (anche prima dell'avvento dell'era industriale), che intende solo sfruttare la Terra e gli esseri viventi che la abitano.
Riguardo la mia detenzione, per un mese ho lavorato a pulire le scale, con il ricatto che se rifiutavo, mi davano un rapporto di 45 giorni e forse l'isolamento. Si parla spesso di amnistia e dello svuotamento delle carceri, ma io sono per l'abbattimento di queste mura. Ti saluto, continua a scrivermi, anche se spero che quando riceverai questa lettera, non mi trovo in questo posto di merda.

Carcere di Ivrea, 20 febbraio 2012
Mangione Stefano, Corso Vercelli, 165 - 10015 Ivrea (Torino)


lettera dal carcere di san vittore (mi)
Il vostro calore e la vostra solidarietà riscaldano queste mura fredde. Non mi sono mai sentito solo, sapere che la nostra lotta non è stata invano mi dà la forza che serve in momenti come questi. Ciò che non ci distrugge ci rende più forti.
Questa operazione di polizia non è stata fatta a caso, è stata studiata per cercare di attaccarci su due fronti.
Da una parte cercano di criminalizzare la lotta No TAV per colpire e fare paura a chiunque abbia avuto la pretesa di difendere il suo territorio, la sua vita, il suo presente. Questo perchè sanno bene che la rivoluzione è contagiosa. Tra il Cairo, Tunisi, Atene, Londra, Roma, i partigiani di ieri e i forconi di oggi, la Val Susa, c'è tanto in comune: i funerali dell'indignazione e la presa di posizione collettiva.
Abbiamo mangiato, vissuto e lottato insieme a quella bellissima gente che sono i valsusini. Tutti insieme giorno per giorno, metro per metro, così si sono venuti a creare dei legami affettivi solidi e indistruttibili, è qui che ci attaccano ancora com'è successo qui a Milano con "la banda delle fotocopie", a Bologna con Fuori Luogo, a Firenze con tutto il movimento studentesco, a Cuneo con gli antifascisti.
In Val Susa si è creata una comunità in lotta che ha messo in atto la critica più radicale al sistema capitalistico degli ultimi anni in Italia e non solo. Il TAV è più che una grande opera inutile e nociva, in Val Susa si giocano le sorti della democrazia, non possono permettere che la volontà di un'intera popolazione vinca davanti agli affari sporchi delle quattro mummie che ci governano.
La militarizzazione del territorio è lo specchio della loro prepotenza, vogliono costringerci con la forza al silenzio e alla sopravvivenza cercando di annullare qualsiasi dimostrazione di autonomia e di riappropriazione della vita.
La Libera Repubblica della Maddalena e tutti i campeggi che ne sono seguiti erano proprio questo: riappropriazione della vita e autonomia, rifiuto del silenzio e della sopravvivenza, per questo il TAV è guerra alla vita.
Abbiamo imparato a non cadere nelle loro trappole. Hanno occupato la nostra Valle, ferito giovani e vecchi con lanci di CS ad altezza uomo, distrutto il nostro territorio, ma abbiamo imparato a non avere paura.
L'evidenza è davanti agli occhi di tutti e mi dispiace deludere le forze dell'ordine, i magistrati e i giornalisti ma nella lotta No TAV non ci sono pacifisti da una parte e "black bloc" venuti da Saturno dall'altra. L'unica divisione che c'è è una bellissima barricata che divide i No TAV da chi fa carriera con l'infamia e il potere.
Un caloroso abbraccio ai No TAV che sono in carcere in giro per l'Italia, a chi ha altre misure cautelari, un abbraccio a tutt*.
La legge non è altro che la cristallizzazione dei rapporti di forza esistenti, per questo mi permetto con modestia di finire questa lettera con una frase che qualcuno dall'altra parte del mondo pronunciò davanti ad una giuria tanti anni fa: CONDANNATECI PURE, SARà LA STORIA AD ASSOLVERCI. A SARÀ DURA!

18 febbraio 2012
Marcelo Damian Jara Marin

da informa-azione.info


lettere dal carcere si saluzzo (CN)
Cari compagni/e, in questi giorni, per cause di forza maggiore, ho dovuto confrontarmi non tanto con i processi collettivi che necessitano di un lavoro continuativo di comunicazione, di relazioni sociali, di organizzazione, ma con il tempo, spazio importante in luogo chiuso di per sé come il carcere. Dieci giorni alle vallette, dieci giorni a Saluzzo, con trasferimenti, cambi cella, udienze varie. Tocca allora annoiarvi con le mie piccole disavventure di prigioniero, cosa che non apprezzo per nulla, l’individualismo come autosoddisfazione esistenziale non mi appartiene, anzi al culto individualista preferisco di gran lunga la forza e il valore del collettivo.
Bando alle chiacchiere, andiamo ai fatti. Mercoledi sono stato convocato in un ufficio per il consiglio di disciplina. Oltre al direttore c’erano il comandante, il suo vice, due brigadieri, una dottoressa in camice (poteva essere anche una psicologa). Vi evito tutta la discussione, non esaltante, in cui mi sono trovato immerso. Non ci capivamo su nulla, nemmeno sui termini. Gli agenti carcerari io li chiamo guardie; per loro sono assistenti, quasi quasi sono delle crocerossine al servizio dei detenuti e siamo finiti alle comiche con i “rapporti” inviati dalle vallette che affermavano che avrei aizzato i detenuti con frasi ad effetto del tipo “basta, rivoltiamoci tutti, guerra allo stato”. Balle e frasi senza senso che né io né Tobia abbiamo mai detto. Dopo quindici minuti sono stato congedato. Alla sera mi hanno notificato la “sentenza”: 3 erano i rapporti punitivi, 5 giorni di isolamento per rapporto – totale 15 giorni di isolamento. Il bello è che sono già in una sezione di isolamento, che a causa del sovraffollamento sono state raddoppiate (si sta in due per cella).
Oggi venerdi l’ispettore mi ha fatto sapere che il provvedimento sarà esecutivo quando si libererà una cella. Dovrò stare da solo, chiuso tutto il giorno, senza nessuna “attività comune”. Qui vuol dire stare in corridoio alcune ore a giocare a carte e a chiacchierare. Nessun problema. Non sanno che sono ben temprato.
Molti anni orsono, nel 1979, quando avevo 16 anni sono rimasto 35 giorni in una cella di sicurezza al nucleo operativo cc alla caserma Cernaia (lato via Valfrè), in un seminterrato dove la cella (ma forse era meglio chiamarlo buco) con un tavolaccio in legno come branda che occupava il 90% dello spazio, una coperta, nessuna finestra, luce accesa 24 ore su 24, senza mai vedere la luce del sole, senza lavandino, bagno in cella, nessuna possibilità di fare una doccia, con il pasto che arrivava alle nove tutti i giorni e con un solo libro (Cent’anni di solitudine di Garcia Marquez).
A proposito, qui in sezione “isol.”, oltre al barbiere, viene il bibliotecario che stamattina ha portato la lista: c’era pure il libro di Marquez, domani lo porta e lo rileggerò volentieri, insieme al libro che ha spedito Gigi di Lukacs “Lenin teoria e prassi di un rivoluzionario”, quando mi metteranno (quando nessuno lo sa).
Mi porterò anche la radio che i detenuti della sezione che hanno sentito il presidio di domenica mi hanno fatto gentilmente avere. Dove siamo noi, dalla porte opposta, nessuno l’ha sentito ma grazie di cuore lo stesso. Chi mi conosce sa che non sono un complottardo, non vedo nessun trattamento persecutorio dietro questo. E’ il meccanismo carcerario che costruisce queste situazioni. Con una premessa però: tutto parte dalle quattro paginette del direttore Buffa. Nella prima mi dipingevano come un pericoloso sobillatore; nelle altre tre c’erano i rapporti punitivi dell’1-2 e 7 febbraio. Dopo tutto diventa automatico. O vai lì a piagnucolare, a elemosinare qualcosa e accetti il meccanismo della premialità, dei benefici, o vai incontro alla punizione. Quattro sono i livelli punitivi previsti dal consiglio di disciplina: 1. richiamo; 2. ammonizione; 3. esclusione dalle attività ricreative e sportive; 4. isolamento da tutte le attività in comune. Nel quarto caso, che è il mio, non può superare i 15 giorni. Dopo questi livelli punitivi si va al 14-bis regime di sorveglianza particolare fino a 6 mesi di durata, poi c’è il 41-bis.
A Saluzzo non c’è il degrado delle vallette, tutto è più lindo, professionale, efficiente e nella sezione a fianco ci sono detenuti a regime speciale. Se il nostro lavorante cerca di parlare con loro, rischia un rapporto (è già successo). Se uno litiga verbalmente con una guardia rischia un rapporto, e avanti di sto passo. E’ successo a metà dicembre che un detenuto ancora tra noi indagati/isolati, che esprimeva il suo disagio con gesti individuali è stato raggiunto da un gruppo di agenti (fans delle vecchie famigerate squadrette) che dopo avere chiuso tutti in cella con il blindo, gli hanno dato una “ripassata”, di cui ancora adesso si vedono i lividi sulla testa e un dito rotto. Alcuni giorni dopo lo sottopongono al consiglio di disciplina e gli danno una “ammonizione” per mettere tutto a tacere. Qualche anima pia si scandalizzerà, ma qui è tutto normale, fa parte del tran-tran carcerario. Simpatici o antipatici, buoni o cattivi, ignoranti (perlopiù) o no, con le guardie il mio atteggiamento è uguale: distacco e indifferenza. Solo con uno ho scambiato un po’ più di chiacchiere in dialetto (piemontese). Secondo lui l’unico simpatizzante no tav. Devo riconoscere che era preparato sull’argomento.
Da quelle poche cose che ho percepito, buona parte dei detenuti nelle sezioni è costituito da soggetti che scontano lunghe pene, da 10 anni all’ergastolo. Vi farò avere un loro documento nei prossimi giorni. Hanno un’idea fissa per la testa: Pannella e radio radicale, che ascoltano con ossessione. Quando hanno sentito la musica del presidio, hanno pensato subito che fossero i radicali (non sapendo della mia presenza). Ma poi hanno capito che erano i No tav. L’amplificazione si sentiva bene, sono stati molto contenti.
Ci sono compagni/e che si sforzano con tenacia e generosamente di seguire la realtà carceraria, sovente usando lenti offuscate dall’ideologismo e dalle facili certezze. Per non andare incontro a cocenti delusioni bisogna confrontarsi con il materialismo della realtà e con le contraddizioni che in carcere sono più vive che mai.
Chiudo con un aneddoto di Antonio Gramsci:
“La cella riceve una luce che sta di mezzo tra la luce di una cantina e la luce di un acquaio. D’altronde, non devi pensare che la vita mia trascorra così monotona e uguale come a prima vista potrebbe sembrare. Una volta presa l’abitudine alla vita dell’acquaio e adattato il sensorio a cogliere le impressioni smorzate e crepuscolari che vi fluiscono (sempre ponendosi da una posizione un po’ ironica), tutto un mondo incomincia a brulicare intorno, con una sua particolare vivacità, con sue leggi peculiari, con un suo corso essenziale. Avviene come quando si getta uno sguardo su un vecchio tronco mezzo disfatto dal tempo e dalle intemperie e poi piano piano si ferma sempre più fissamente l’attenzione. Prima si vede solo qualche fungosità umidiccia, con qualche lumacone, stillante bava, che striscia lentamente. Poi si vede, un po’ alla volta tutto un insieme di colonie di piccoli insetti che si muovono e si affaticano facendo e rifacendo stessi sforzi, lo stesso cammino. Se si conserva la propria posizione estrinseca, se non si diventa un lumacone o una formichina, tutto ciò finisce per interessare e far trascorrere il tempo”.
Un saluto a tutti e a tutte.

Saluzzo, 17 febbraio 2012
Giorgio Rossetto
da notavliberi.noblogs.org

***
[...] Ho incontrato Giorgio il ragazzo di Val di Susa NOTAV, siccome faccio il barbiere ho fatto al nostro amico un taglio di capelli stupendo; è un signore pieno di coraggio, magari ce ne fossero tanti come lui.
Io sto aspettando il trasferimento a Bologna per l'udienza preliminare il 2 marzo alle 9.30. Tribunale di Bologna, se volete vedermi sono lì. [...]

febbraio 2012
Maazouni Aymene, via Regione Bronda, 19/bis - 12037 Saluzzo (Cuneo)


Lettera dal carcere di spini di gardolo (tn)
Hola a tutti e tutte. Ho ricevuto l'opuscolo con molto piacere. Io sto "bene" e alto di morale e fiero e arrabbiato per quello che è successo a Luca, amico e compagno. Lo stesso giorno che è successo il fatto ho deciso di protestare senza entrare in cella il 27 febbraio alle 15. Sono stato 45 minuti fuori dalla cella, le guardie mi hanno detto che dovevo entrare, io mi sono rifiutato. Allora mi hanno detto di accompagnarle dal comandante e mi hanno portato giù, mi hanno lasciato aspettare per 20 minuti in un corridoio poi sono venuti in cinque o sei e mi hanno detto se sapevo a cosa andavo incontro, io ho detto di sì. Allora mi hanno detto che o con le buone o con le cattive mi avrebbero fatto rientrare; mi hanno preso per le braccia e mi hanno portato su, io non ho fatto violenza e neanche loro e si è chiuso tutto lì.
Il 2 marzo mi ha chiamato il subcomandante per il consiglio disciplinare, mi ha fatto entrare e mi ha chiesto quale avvocato volevo perché il rifiuto di entrare in cella viene considerato reato penale per resistenza (ho nominato l'avvocato), mi ha detto che ci sarà anche una punizione amministrativa e, inoltre, che non potevo farlo perché se lo facessero tutti i detenuti (io ho pensato: magari!) lui mi ha chiesto se avevo protestato per dare solidarietà a Luca Abbà, io ho detto di sì, non ha aperto bocca e non ho firmato delle carte che mi voleva far firmare e tutto è finito lì.
Tutto è stato veloce; cinque minuti. Tutto questo per dirvi che l'ho fatto di cuore, un piccolo segno, una piccola scintilla di ribellione per dire al mio cuore, a Luca e a quelli che lottano che nel mio sangue ancora scorre la ribellione!
Un saluto speciale e con affetto a quelli di Foggia, Mauri e gli altri ragazzi in carcere.
A cresta (testa) alta.

4 marzo 2012
Juan Surroche Fernandez


lettera dal carcere di ivrea (to)
Alla valle che resiste, al movimento NO TAV.
Mi fa sorridere questa “battaglia” mediatica di propaganda istituzionale che cerca di “screditare”, criminalizzare e dividere il movimento NO TAV. Non ci sono riusciti prima, come pensano di riuscirci adesso? Non sanno più ci chiamare in causa per giustificare la più grande opera inutile; ieri era l’Italia, ma le manifestazioni di questi giorni, sparse su tutta la penisola, gli ha suggerito un cambio di strategia… oggi c’è l’Europa ad essere chiamata in causa, ma anche qui abbiamo qualche sostegno. Mi chiedo… domani sarà il mondo intero? In questo senso la propaganda utilizzata tende a cercare attenti SI TAV un po’ ovunque, visto che sul territorio valsusino scarseggiano…
Anche la marcia PRO-TAV è stata annullata, mi pare siano un po’ in difficoltà.
Non so esprimere l’emozione che mi da, nel vedere le continue mobilitazioni del Movimento, le risposte determinate della valle contro le truppe d’occupazione. Sapere del continuo miglioramento di Luca mi permette di affrontare le mie giornate con maggiore tranquillità: spero si rimetta del tutto al più presto.
Sono fiero ed orgoglioso di far parte del Movimento NO TAV, dove le capacità di tutte e tutti vengono messe a disposizione per il bene comune; in valle giovani, meno giovani e anziani sono in prima fila pronti a fronteggiare poliziotti e carabinieri. In valle la paura non è di casa. Questo coraggio, questa determinazione non vedo come possa essere sconfitta.
Un saluto a quanti sono rimasti feriti dalla violenza delle forze dell’ordine, un saluto alla Valle ed a tutto il Movimento NO TAV. Non un passo indietro! NO TAV!

12 marzo 2012
Luca Cientanni
da notav.info
***
aggiornamenti
Ad oggi, 12 marzo, Tobia Imperato è in sciopero della fame da ormai 10 giorni. Arrestato il 26 gennaio per aver partecipato alla resistenza allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena, dopo un paio di settimane di carcere, prima a Torino, poi, per punizione, a Cuneo, si trova ai domiciliari. Il giudice gli ha imposto di non comunicare con l’esterno in nessun modo: niente telefonate, niente visite, niente lettere, niente mail. Non gli hanno concesso di uscire per andare a lavorare e, solo dopo ripetute richieste, ha potuto vedere sua madre, sua sorella e la nipotina di cinque anni.
Imposizioni odiose che rendono i suoi domiciliari quasi peggiori del carcere, dove poteva scrivere e ricevere visite. Se decidesse di disobbedire, magari scrivendo una lettera, sarebbe considerato evaso e per lui si riaprirebbero le porte dalla prigione.
Chi lo costringe a scegliere tra il silenzio e il carcere sarà obbligato a sentire la risacca profonda della sua protesta.
Solo dopo una settimana dall’inizio dello sciopero gli hanno concesso di vedere un medico. Tobia ha perso 9 chili, è un po’ affaticato, ma deciso a non mollare.
Alcuni amici e compagni hanno promosso un’azione di sostegno alla sua lotta di libertà.
Diamo voce a Tobia! L’invito a scrivergli per sostenerlo e offrirgli la nostra voce come
megafono è stato accolto da molti. Sono arrivate tantissime lettere, alle quali, siamo certi che appena potrà risponderà.
I fili della lotta e della resistenza No Tav si allacciano con la vicenda di Tobia e con quella di tanti altri compagni e compagne, che sono stati arrestati, denunciati, cacciati con il foglio vi via. La campagna “diamo voce a Tobia” continua.
Scrivete ad anarres@inventati.org e fate girare le vostre lettere.

Anche Jack (Fabrizio Maniero), irreperibile dal 26 gennaio 2012, è stato incarcerato a Torino per l'inchiesta contro la resistenza No Tav e messo ai domiciliari il 13 marzo a seguito dell’udienza di riesame delle misure cautelari.
Segue l’elenco dei compagni ancora in carcere:

Alessio Del Sordo, via Pianezza 300 - 10151 Torino
Matteo Grieco, Strada Casale 50 A - 15122 San Michele (Alessandria)
Marcelo Damian Jara Marin, Maurizio Ferrari, Niccolò Garufi, P.za Filangeri 2 - 20123 Milano
Gabriele Filippi, Piazzale Marassi 2 - 16139 Genova
Giorgio Rossetto, via Regioni Bronda 19/b - 12037 Saluzzo (CN)
Luca Cientanni, corso Vercelli 165 - 10015 Ivrea (TO)
Juan Antonio Sorroche Fernandez, via C. Beccaria, 13 - 38121 Spini di Gardolo (TN)


Il No Tav non si arresta
Cronologia degli ultimi avvenimenti
domenica 26 febbraio
Nel pomeriggio di domenica in un centinaio siamo entrati in autostrada all'altezza del casello di Avigliana, con maschere di carnevale e bandiere no tav. Abbiamo bloccato i caselli telepass con due striscioni di una ventina di metri, indirizzando tutte le macchine verso le altre uscite. Coprendo le telecamere con buste nere e alzando le sbarre di questi caselli abbiamo consentito agli automobilisti di passare senza pagare il pedaggio. I volantini e le grida contro il tav e in solidarietà ai compagni arrestati hanno raccolto la solidarietà di molti.
La lotta contro il Tav ha certamente bisogno della partecipazione di molti, ma oltre alle iniziative di massa ci si può organizzare anche con numeri minori. Il suggerimento emerge da questa e dalle tante iniziative in solidarietà con gli arrestati, svoltesi nelle ultime settimane in diverse città. In Val Susa i complici del Tav sono tanti e disseminati su tutto il territorio, mettergli i bastoni tra le ruote è possibile anche con queste modalità. La loro efficacia è direttamente legata a quanto queste riusciranno a diffondersi. Gli ampliamenti delle recinzioni, previsti nei prossimi giorni, saranno un primo importante banco di prova per sperimentare queste pratiche.
Segue il testo del volantino distribuito durante l'iniziativa:

Non pagare per non collaborare
Oggi i caselli dell'autostrada sono aperti. Non per creare problemi a voi automobilisti, ma per danneggiare gli interessi della Sitaf. La Sitaf è la società che gestisce questa autostrada ed è proprietaria dei terreni dove sorge il cantiere del Tav di Chiomonte. Questa via di comunicazione consente tutti i giorni, da mesi, alle forze dell'ordine di sorvegliare l'area dei cantieri. Durante alcune manifestazioni è stata riservata esclusivamente agli spostamenti di mezzi militari e di polizia. Per questo la Sitaf è responsabile tanto della devastazione della Valsusa quanto della violenza commessa dalle forze dell'ordine.
Impedire di incassare i pedaggi è allora un contributo alla lotta contro l'Alta Velocità e un'azione in solidarietà ai compagni arrestati a gennaio. Ma è anche un suggerimento di fronte all'avidità dei padroni. In un momento in cui i soldi mancano e la vita ripiega verso una faticosa sopravvivenza, smettiamo di pagare.

Libertà per i compagni arrestati
Alcuni oppositori dell'alta velocità

lunedì 27 febbraio
Questa mattina intorno alle 8 la polizia in assetto antisommossa è uscita dalle reti ed ha circondato la Baita Clarea, intimando ai No Tav di andarsene. Intendono prendere la Baita e occupare l'intera zona per avviare i lavori del tunnel geognostico. Un compagno salito su un traliccio dell'alta tensione, per rallentare l'azione della polizia viene inseguito da un carabiniere. Il compagno, Luca, lo invita ripetutamente a desistere, perchè mette a rischio la sua incolumità. Poco prima era in diretta a Radio Blackout. Il carabinere ignora l'avvertimento e continua ad arrampicarsi. Luca sale più in alto, cade da una decina di metri dopo essere stato folgorato. Dopo 45 minuti non è ancora arrivata l'ambulanza. La polizia impedisce ai compagni di avvicinarsi.
Manganelli ha detto che i No Tav vogliono il morto, questa mattina l'intervento di un carabiniere ha quasi ucciso un No Tav. L'intervento criminale della polizia è l'indice della volontà di stroncare ad ogni costo una lotta popolare che sabato 25 febbraio ha portato in piazza diverse decine di migliaia di persone, che hanno detto in modo chiaro e forte di non volere il Tav, di non volere le grandi opere inutili, che arricchiscono i soliti pochi con solide amicizie al governo come all'apposizione.
Un movimento unito nella solidarietà agli arrestati del 26 gennaio, un movimento che il giorno dopo in assemblea a Villarfocchiardo ha ribadito la propria volontà di mettersi in mezzo di impedire che i lavori abbiano inizio.
La polizia per timore della resistenza popolare ha anticipato l'attacco a questa mattina.
L'ambulanza ha caricato Luca per portarlo al CTO di Torino. Luca è cosciente, ma grave. Lo hanno sedato e intubato.
Sulla strada delle Gorge c'è un check point che blocca chi arriva. Alla Baita i compagni sono circondati, le ruspe si sono messe al lavoro. A Chiomonte la polizia ha bloccato l'accesso a strada dell'Avanà dalla statale 24 e ha chiuso il ponte prima della centrale idroelettrica. Dal lato Giaglione tutti i sentieri sono bloccati.
I Cobas della Azimut di Avigliana proclamano sciopero. Anche la CUB e i Cobas ha dichiarato sciopero generale. Gli studenti del liceo Des Ambrois di Oulx stanno bloccando i treni. A Bussoleno i No Tav stanno bloccando la statale 25, altri manifestanti stanno salendo sull'autostrada con l'intenzione di bloccare i cambi della polizia.
A Bussoleno in località Vernetto è tutto bloccato: l'autostrada, e le statali 24 e 25. I poliziotti per i cambi devono passare dalla Val Chisone e dal Sestriere. Ci sono barricate, gomme, masserizie.
I 15 compagni che erano in Clarea sono stati rilasciati dalla polizia e hanno raggiunto Giaglione. Un compagno racconta a Blackout di una giornata durissima. Le truppe bivaccano in Val Clarea. I No Tav e tutti i resistenti d'Italia sono in piazza, in Val Susa l'autostrada e le due statali sono bloccate.
Il blocco dei No Tav in località "Vernetto" ha paralizzato il traffico sull'autostrada, infliggendo grandi danni alla Sitaf, la società che gestisce la Torino-Frejus, complice attiva della militarizzazione della Val Susa. Solo grazie allo svincolo costruito a Chiomonte, le truppe di occupazione hanno avuto una corsia privilegiata.
La statale 25 è chiusa da un blocco a Bussoleno: i No Tav deviano le auto sulla ciclabile per Bruzolo. Sulla statale parallela, la 24, i No Tav hanno barricato solo metà della strada: le auto passano, le truppe no.
All'1 di notte, un'imponente colonna di blindati arriva da entrambi i sensi di marcia a Salbertrand, dove c'é il blocco No Tav. Gli uomini in assetto antisommossa scendono e usano gli idranti: i compagni resistono. I poliziotti sparano i gas, obbligando i No Tav allaritirata. Il cambio turno è stato ritardato per oltre tre ore.

Lunedì sera, un Eurostar partito da Roma perde una porta a 250 chilometri orari, mentre percorreva un tunnel in prossimità di Chiusi (Siena). Trenitalia coglie l'occasione per tramutare una fetida figuraccia in mossa mediatica: "è un fatto che il Frecciargento sia proprio quello imbrattato dai manifestanti No Tav, durante la protesta di lunedì alla stazione di Roma"... lo avranno anche danneggiato, suggeriscono! Ci hanno messo un po' a diffondere la notizia, dovevano meditare gli strateghi, per capire come operare con la propaganda di regime, ma sembra difficile credere che un gruppo di manifestanti inseguiti dagli sbirri trovi il tempo di sbullonare una porta pneumatica tra una scritta a bomboletta e uno slogan. Banalmente, Trenitalia ha ancora una volta anteposto il profitto (e la fretta) a ogni altro imperativo.

Martedì 28 febbraio
I giornali di martedì si distinguono nella disinformazione e nella calunnia, utilizzando, censurandola, la diretta a radio Blackout di Luca dal traliccio. Da ieri l'autostrada A 32 è occupata dai manifestanti che hanno eretto barricate e allestito cucine da campo. Le statali sono congestionate, le auto procedono a fatica, ma la gente imbottigliata esprime solidarietà ai No Tav ai blocchi. Questa notte a Salbertrand, in alta Valle, il blocco per ostacolare il cambio dei mezzi provenienti dal Sestriere, è stato attaccato da oltre quaranta blindati della polizia. Hanno usato idranti e sparato gas sino a saturare l'aria, inseguendo i No Tav sin dentro il paese. Non hanno però fermato nessuno: le porte delle case si sono aperte per dare rifugio ai resistenti. Una tazza di the e il calore di una casa, che si apre di fronte ai partigiani della Val Susa, a quelli del paese e della bassa valle come a quelli venuti da lontano.
Luca resiste al CTO, le sue condizioni continuano lievemente a migliorare, anche se la prognosi resta riservata.
La polizia prova a sgomberare il blocco di Vernetto sulla A32. La gente si siede in terra mentre alcuni ragazzi suonano musiche tradizionali. La polizia usa gli idranti e le ruspe per sgomberare il blocco. Nel pomeriggio i No Tav rioccupano entrambe le carreggiate dell'autostrada, che è nuovamente bloccata da Avigliana a Susa.

Mercoledì 29 febbraio
Il blocco sulla A32 prosegue da ormai due giorni e due notti. Nella serata di martedì 28 l'assemblea del blocco ha deciso di andare avanti a oltranza.
Luca sta meglio, non è ancora fuori pericolo ma i bollettini medici incoraggiano ad un cauto ottimismo.
Nel primo pomeriggio un folto gruppo di No Tav ha bloccato la ferrovia a Bussoleno, rallentando il passaggio del TGV, bloccato dalle ferrovie a Oulx.
Verso le 17, la polizia attacca i No Tav sull'autostrada. Le barricate sono incendiate, la polizia lancia lacrimogeni, spinge c'è una ruspa che avanza. La polizia è a pochi metri dalle persone sull'autostrada, ma nessuno si muove. La polizia ha circondato i No Tav sullo svincolo.

Giovedì 1 marzo
Poco dopo le 3 del mattino, si è appena conclusa una lunga giornata di resistenza. Una di quelle che resteranno impresse nella memoria. Per oltre quattro ore i No Tav hannoresistito sull'autostrada e sulle rampe di accesso. Seduti in terra, tra slogan e canti. Il più gettonato, pressati dai poliziotti in tenuta ninja, è stato "Vamos alla playa".
Poi la polizia porta via di peso, uno ad uno, i No Tav seduti sul'autostrada.
Anche i giornalisti vengono allontanati con modi un po' bruschi dalla polizia. Il dispiegamento di polizia era impressionante, le luci blu dei blindati rompevano la notte. Il fronteggiamento è andato avanti per ore e ore. Intorno alle nove di sera era tutto un brulicare di bandiere e persone. Poi hanno piazzato gli idranti, calato le visiere, indossato le maschere antigas. Hanno bagnato e picchiato e ancora picchiato. Si sono accaniti su tutti con determinata ferocia. Poi hanno sparato i gas: la notte si è fatta densa di fumo bianco, acre, velenoso. Hanno sospinto la gente giù dalla rampa, sino al bivio con la statale 25. Una marea di uomini blu.
Non paghi hanno sparato i lacrimogeni nella case della frazione Vernetto: in una di quelle case c'era un anziano che si stava spegnendo. Come vere truppe di occupazione hanno proceduto sin dentro il paese, dando la caccia a chi cercava rifugio. Tante case e tanti cortili si sono aperti ad ospitare la gente. Diversi No Tav sono stati rastrellati lungo il percorso, malmenati e caricati a forza su un furgone. In sei verranno poi condotti in questura a Torino.
Alcuni No Tav avevano trovato rifugio in un bar ristorante lungo la strada: una ventina di uomini dell'antisommossa spaccano a calci e manganellate la vetrata di ingresso ed irrompono urlando con il volto mascherato da passamontagna. Sbattono la gente contro il muro, la tirano fuori dal bagno, mentre una bambina scoppia a piangere.
Le auto lungo il percorso vengono danneggiate a colpi di manganello, le gomme vengono tagliate.
Intorno alle 10,30 alla rotonda che immette sull'autostrada la polizia carica ancora un ultimo gruppo che si stava radunando in zona. Bussoleno sembra un paese in guerra. È un paese in guerra.
Intorno alle 11 i resistenti No Tav si ritrovano al Polivalente, la sala che ha ospitato tante assemblee popolari, quelle della rabbia e quelle della festa, quelle della riflessione pacata e quelle del tempo che si accelera. Tanti zoppicano, si massaggiano un braccio, un'anca, la testa. Parecchi sono fradici dopo la doccia fredda al peperoncino sparata dagli idranti montati sui blindo della polizia. Si intrecciano i racconti, si contano i feriti, si mettono insieme i frammenti di una serata di guerra. Si discute sul da farsi. Non ci sono dubbi: domani si torna a mettersi di mezzo. Le botte, la caccia all'uomo, gli insulti - vecchia ubriacona ad un'anziana compagna da sempre in primissima fila - il veleno bianco del gas non ci fermano. Anzi! Dall'assemblea parte un appello all'Italia, perché domani - ormai da lunghe ore è già oggi - in ogni dove ci siano blocchi, azioni, iniziative.
Al pomeriggio l'appuntamento è in piazza del mercato a Bussoleno. Lungo la A32 scorazzano lunghe colonne carabinieri e poliziotti, blindati e defender. Lo svincolo di Chianocco, in località Vernetto, è ancora chiuso e presidiato da ingenti forze. A Bussoleno - in un angolo della piazza - ci raduniamo per un'assemblea molto partecipata. La decisione è veloce veloce, si torna a bloccare. Nonostante la gente abbia ancora addosso i segni delle manganellate la voglia di riscossa immediata è forte. Un corteo imbocca la statale in direzione Torino, poi si ferma. A migliaia attraversano il pratone alle spalle della A32. Le recinzioni non sono un problema. Presto i No Tav invadono la prima corsia e, dopo poco, anche la seconda è occupata. All'ingresso della galleria di Prapontin una barricata improvvisata prende fuoco.
La polizia c'è ma non si muove. Una carica nel mezzo del paese potrebbe essere un boccone troppo grosso anche per loro. In contemporanea altri No Tav salgono verso l'alta valle: l'autostrada è chiusa da una barricata anche allo svincolo di Venaus.
Da tutta Italia arrivano le notizie dei blocchi, delle manifestazioni, che inceppano strade, autostrade, ferrovie. A Torino un corteo paralizza il traffico del centro per ore e si conclude sui binari di Porta Nuova. In tarda serata i blocchi si sciolgono. Nonostante un apparato repressivo impressionante, siamo riusciti a fargliela in barba, bloccando l'autostrada in ben due punti per diverse ore.
La scelta del'occupazione dell'autostrada, delle iniziative che improvvisano il luogo e il tempo, per la prima volta da diversi mesi, sta davvero mettendo in difficoltà un governo convinto che i No Tav si sarebbero lasciati serrare nel catino militarizzato della Maddalena. Giorno dopo giorno il movimento cresce.
Questa mattina è arrivata la buona notizia che Luca è fuori pericolo di vita: i medici hanno sciolto la prognosi.

Sabato 3 marzo
Ieri, dopo una settimana di blocchi No Tav in Valsusa e ovunque in Italia, Monti ha convocato d'urgenza una riunione sul Tav. Il governo ha deciso di andare avanti. Costi quel che costi. La litania è quella consueta: il collegamento con l'Europa, la piccola Italia schiacciata dietro le Alpi, il treno che in quattro ore ti porta a Parigi, i tecnici che hanno lavorato ad una mediazione, il Tav che porta lavoro, i manifestanti sempre violenti. Nessuna fantasia, nessun guizzo di ingegno nelle parole di un Primo ministro che rivendica la propria autonomia dai governi precedenti, ma si limita a fare quello che gli altri non erano riusciti a fare fino in fondo: gli interessi dei padroni, dei banchieri, del Fondo Monetario e della Bce.
I No Tav - con la infinita pazienza che deriva da tanti anni di lotta alle menzogne - ricordano una verità banale, banale. La Torino Lyon c'è già a funziona molto meno di quanto potrebbe, a Lione e Parigi ci si va, un paio di volte nella vita, a fare una vacanza. Invece a lavorare o a studiare ci andiamo tutti i giorni. I tagli alle ferrovie destinate al trasporto dei lavoratori e degli studenti hanno trasformato i treni dei pendolari in trasporti bestiame sempre in ritardo, sempre più affollati, scomodi, con i gabinetti rotti e i sedili sfasciati. In quanto al lavoro, basterebbe un'occhiata veloce ai dati sul dissesto idrogeologico per capire che l'unica grande opera che serve è la tutela del territorio; basta pensare ai nostri ospedali e alle nostre scuole per capire che lì ci sarebbe il lavoro se ci fosse la volontà politica di stare dalla parte della gente e non da quella di chi si fa ricco sfruttando il lavoro altrui.
L'idea di sviluppo di quelli come Monti si basa sulla distruzione delle risorse e sulla devastazione dei territori: l'unica cosa che conta è far girare le merci, far girare i soldi, fare grandi opere utili solo alla lobby che sostiene di finanzia un'intera classe politica. Dalla Val Susa viene un segnale forte e chiaro: noi non ci stiamo. Non ci stiamo più: il mondo che vogliamo per i nostri figli è fatto di solidarietà, di cooperazione, di uguaglianza.
Il governo ha paura, ha paura dell'infezione valsusina, ha paura che l'anomalia No Tav divenga una mutazione genetica durevole e diffusa. Per questo occorre disciplinare, costi quel che costi, il chi oggi parla la voce di tutti coloro che, nel nostro paese, si battono contro un'idea di sviluppo che mira al profitto di pochi contro la vita e la libertà di tutti.
Alle 21 si tiene un'assemblea al centro Polivalente di Bussoleno. È la folla delle grandi occasioni: la grande sala - stipata all'inverosimile - non basta a contenere la folla di No Tav. L'assemblea è lunga, partecipata, appassionata. I racconti delle violenze della polizia - le gambe rotte e le teste sfasciate, i lacrimogeni nelle case e quelli che aprono le porte per salvarti dalla furia degli uomini dello Stato - si intrecciano con le idee, le proposte, i progetti.
Federico, il No Tav arrestato mercoledì sera durante le cariche, è ai domiciliari con la possibilità di uscire per lavorare.
L'indicazione uscita dall'assemblea è chiara. Non mollare, andare avanti, incuranti delle minacce di Monti, consapevoli che la forza delle nostre ragioni è va ben oltre alle ragioni della forza. Entro fine mese - probabilmente il 23 marzo - si farà lo sciopero generale. Ogni giorno ci saranno iniziative per mettere i bastoni tra le ruote alle truppe di occupazione.
L'appuntamento al pomeriggio è nella piazza del mercato di Bussoleno, che, poco a poco, si riempie. Una breve assemblea e poi via. Un corteo di auto raggiunge il casello di Avigliana Ovest della A32: i manifestanti si riversano sull'autostrada. Questa volta niente blocchi. I passaggi vengono aperti, due striscioni sono srotolati di fronte agli automobilisti un po' stupiti: "No Tav con l'alta valle. Oggi si passa gratis" e "Oggi paga Monti".
Auto e bus esitano ma poi passano veloci, qualcuno saluta e ringrazia. Un regalo ai visitatori della Val Susa, l'ennesima beffa all'apparato poliziesco che ha militarizzato il territorio. Questa volta ci pensa la polizia a chiudere la A32, prima in entrata e poi in uscita. A questo punto, con calma, i No Tav lasciano l'autostrada. In contemporanea un corteo gira per Bussoleno, raggiunge lo svincolo di ingresso alla A 32 in località Vernetto, chiuso da ormai una settimana. Qui lo scorso mercoledì la polizia aveva picchiato, gasato e caricato i No Tav che, da tre giorni, presidiavano l'autostrada. Dopo lo sgombero le rampe d'accesso all'autostrada sono state chiuse con jersey. Oggi pomeriggio i No Tav hanno liberato l'accesso alle rampe. Una giornata contro la crisi e il governo che ce la sta facendo pagare. Oggi sulla A32 ha pagato Monti.

Domenica 4 marzo
Il ritrovo è a Giaglione tra il campo sportivo e il prato dove sta sorgendo il presidio No Tav. Una bella giornata, con tanta gente, tanti bambini. Prima la polenta poi si va verso la Clarea. Questa volta il blocco di polizia è al bivio con il sentiero alto. Qui alcuni simbolicamente tagliano un po' di filo spinato.
Turi, il pacifista già protagonista quest'estate di un'azione di protesta di 50 ore appollaiato su un albero, riesce ad intrufolarsi oltre le reti esale sul traliccio sul quale era stato folgorato Luca. Questa volta la polizia fa le cose ammodo: fa togliere corrente, chiama i vigili del fuoco e si guarda bene dall'intervenire. Turi parla e suona il flauto. Nonostante la pioggia resta su tutta la notte e la mattinata successiva. Poi decide di scendere.

Lunedì 5 marzo
Bussoleno ore 18,30. Il vento della Val Susa ghiaccia tutti ma non raffredda la voglia di lottare. Dopo una breve assemblea per fare il punto si decide di fare una capatina in autostrada: si torna allo svincolo di Vernetto, sgomberato con la violenza mercoledì scorso e chiuso dalla polizia senza alcun motivo apparente. O, forse, un motivo c'è: punire, chiudendo l'uscita autostradale - in questo tratto gratuita - la gente di Bussoleno e di Chianocco. Qui i No Tav sono tanti, quelli in prima fila nella lotta come quelli che hanno aperto le porte delle case e dei cortili a chi fuggiva dalle cariche.
Si blocca l'autostrada per un'oretta. Poi si va. Ma domani è un altro giorno di lotta.
Martedì 6 marzo appuntamento alle 18 in piazza del mercato a Bussoleno

Domenica 11 marzo
Si sono tenuti presidi e manifestazioni di solidarietàagli arrestati sotto le carceri di Ivrea, Alessandria, Torino, Trento, Genova, Milano.

da anarresinfo.noblogs.org

***
Lettera di Emanuela, la compagna di Luca
La giornata di ieri credo sia stata quella che ha visto oltrepassare il limite di quella che continuiamo a voler chiamare democrazia e rispetto della legalità. Una giornata in cui tutto è cambiato. I fatti gravissimi accaduti in Clarea e alla baita, il tentativo di omicidio perchè solo in questo modo si può chiamare, nei confronti di Luca da parte delle forze del disordine, ha fatto sì che si sia veramente passato ogni limite, che lor signori ci abbiano ormai palesemente dichiarato guerra guidati dalla mano assassina di un governo che anzichè ascoltare le richieste dei suoi cittadini e delle popolazioni tutte, usa la forza della violenza per imporre i suoi loschi e sporchi affari ed è disposta a tutto per raggiungere i suoi sporchi fini.
Mi piacerebbe poter chiedere al sig. Manganelli in questi momenti di dolore per quanto accaduto a Luca ieri, e che fino a quattro giorni si permetteva di sbraitare dichiarazioni insensate circa la nostra volontà di cercare il morto e alzare il livello di tensione, che tipo di ordini ha impartito ai reparti anti sommossa che in questi giorni hanno raggiunto la Val Susa. Se l’ordine fosse quello di alzare ancora di più il livello di tensione che hanno creato in questi mesi e trovare loro il morto.
Bè caro il mio funzionario da strapazzo, strapagato in milioni di euro mentre noi comuni mortali cerchiamo di mettere insieme il pranzo con la cena, mentre le scuole dei nostri figli cadono a pezzi, mentre negli ospedali spesso sai quando entri e non come ne esci, IL MORTO LO AVETE CERCATO E QUASI TROVATO VOI! In questi lunghi mesi di resistenza abbiamo visto ed assaggiato la violenza di questo stato, dei suoi uomini ingaggiati contro le popolazioni e la Val Susa che ricordatevi, RESISTERA’ e LO FARA’ AD OLTRANZA! Siamo pronti a farci arrestare con il sorriso sulle labbra, siamo determinati a non mollare e non abbiamo paura!
La determinazione di Luca nel portare avanti la lotta al Tav di questi anni, è la determinazione che tanti valsusini e tante genti in Italia tutta, hanno e continueranno ad avere, non solo a difesa del proprio territorio ma a difesa del bene di tanti, di tutti.
L’Italia intera da ieri è finalmente scesa per le strade, facendo presidi spontanei, portandosi sotto le prefetture, contestando, protestando, resistendo e denunciando quello che sta avvenendo ormai da mesi non. Un copione che non si adotta solo in Val Susa e che non potrà che peggiorare date le condizioni sociali cui ci stanno portando.
L’informazione di regime che per tutta la giornata è solo riuscita come nel suo consueto modus operandi a continuare con balle e notizie false, a raccontare la sua versione dei fatti di quanto accaduto ieri mattina a Luca in Clarea. I giornalisti con la solita arroganza e sfrontatezza sono arrivati anche davanti all’ingresso dell’ospedale dove Luca è ricoverato. Cosa cercavano? Il gossip per riempire le pagine dei menzonieri giornali per cui lavorano, il notizione irrompendo nel dolore delle persone che erano li? Giornalisti e digos, sempre insieme uno velina dell’altro, diramando notizie false per almeno tutta la mattinata. Vergogna! Il TG3 nazionale che sforna servizi in cui afferma che un altro No Tav arrampicatosi sul traliccio per far scendere Luca lo ha fatto cadere. Tutto questo è disgustoso, vergognoso, non ci sono termini ed aggettivi per poterlo descrivere. Ieri sera rientrando dall’ospedale non me la sono sentita di ritornare subito a casa. Era mio dovere venire a Bussoleno e malgrado la stanchezza, l’apprensione e il dolore che ho dentro, stare in mezzo ALLA MIA GENTE, a tutte le persone che da oltre 20 anni lottano per il proprio territorio, per la propria esistenza per la propria dignità. Con me in mezzo a voi c’era Luca che in tutti questi anni ha portato avanti e tornerà a portare avanti, attraverso la lotta del nostro meraviglioso popolo, questa volontà di arrivare ad avere un mondo migliore, un mondo che è possibile solo se ci sforziamo con tutta la determinazione di cui siamo capaci, di costruire TUTTI INSIEME UNITI.
Con amore e con rabbia, Emanuela

28 febbraio 2012
da medea.noblogs.org


Quando il No TAV entra nel carcere
11 marzo presidio sotto San Vittore
Nelle ultime settimane ci sono state manifestazioni ed iniziative sotto diverse carceri a sostegno di alcuni detenuti appartenenti al movimento No TAV.
Il 26 gennaio scorso infatti sono state arrestate 25 persone, accusate di aver lanciato sassi contro polizia e carabinieri in occasione delle giornate del 27 giugno e del 3 luglio 2011 in Val di Susa (To) quando migliaia di manifestanti hanno tentato di riprendersi l'area recintata del cantiere dove dovrebbero cominciare i lavori per la linea ferroviaria ad Alta Velocità Torino-Lione.
A Milano si sono tenute diverse iniziative sotto il carcere di San Vittore - dove tuttora sono rinchiusi tre degli arrestati - che hanno visto la partecipazione di alcune centinaia di persone. La musica, i fuochi d'artificio e i numerosi interventi al microfono sono riusciti a superare le alte mura di cemento che circondano il carcere e a mettere in comunicazione il fuori con il dentro.
Oltre a sostenere i nostri compagni, a comunicare le ragioni della lotta contro il TAV e contro le altre grandi opere lombarde (TEM, Pedemontana, EXPO 2015), queste manifestazioni hanno espresso solidarietà con le proteste e le lotte dei detenuti di quest'ultimo anno, dovute sicuramente al sovraffollamento ma anche alla mancanza di cure sanitarie adeguate, alle continue violenze inflitte da apposite squadrette di agenti di polizia penitenziaria, ai costi delle merci acquistate nel carcere ben al di sopra dei prezzi correnti di mercato. A questo si aggiungono le difficoltà che incontrano i familiari dei detenuti nel percorrere anche centinaia di chilometri per poter fare i colloqui, spesso dopo estenuanti attese e dovendo riportarsi a casa buona parte del cibo cucinato per ragioni che variano a seconda dei giorni e a seconda delle persone.
Come per l'Alta Velocità anche sul tema delle carceri il nuovo governo si presenta come continuazione del precedente. Di fronte alle drammatiche condizioni carcerarie, il governo Monti non solo non vuole alcun provvedimento di amnistia ma ripropone come soluzione quella di costruire più carceri coinvolgendo anche banche ed aziende private, favorendo così il business carcerario che negli USA ha portato nel giro di dieci anni a raddoppiare la popolazione detenuta che ad oggi conta di oltre 2 milioni di detenuti con un aumento medio settimanale di 1.500 persone. E questo lo chiamano progresso…
Nei suoi venti anni di storia, la lotta contro il TAV in Val di Susa è cresciuta e si è rafforzata arrivando a mettere in discussione il modello capitalistico di progresso, l'unico sostenuto dai vari governi che si sono avvicendati; è perciò riuscita a comunicare e ad unire oltre le proprie specificità e il proprio territorio, diventando un punto di riferimento per molte altre lotte e movimenti di emancipazione sociale. Per questo motivo è duramente attaccata dallo stato che in epoca di crisi economica e di credibilità politica vede come una minaccia tutti quei movimenti che concretamente rappresentano un'alternativa ad un modello di sviluppo basato sulla distruzione dell'ambiente, sulla militarizzazione dei territori, sulla finanza e sullo sfruttamento di molti a favore di pochi.
Per portare sostegno e solidarietà agli arrestati del 26 gennaio il movimento No TAV ha indetto una giornata di mobilitazione sotto le carceri; sotto il carcere di San Vittore questa sarà una nuova occasione per portare sostegno e solidarietà anche alle lotte dei detenuti e dei loro familiari.
DOMENICA 11 MARZO manifestazione sotto il carcere di San Vittore (ore 16.30 Viale Papiniano angolo Via degli Olivetani).

Per contatti:
CP 10241 intestata all'associazione "Ampi Orizzonti" - 20122 Milano
CP 86 intestata all'associazione "Oltre le sbarre" - 22077 Olgiate Comasco (Como)
Cordatesa, via casati 31 - 20043 Arcore (Mb)

Milano, 5 marzo 2012
Assemblea regionale contro carcere e CIE - Lombardia

***
La manifestazione si è svolta, come ormai consuetudine, con un corteo attorno alle mura del carcere in modo da farsi sentire e comunicare con tutti i bracci. Slogan, interventi, letture di lettere scritte dal carcere e fuochi d’artificio hanno trovato una rumorosa risposta da dentro. In via Vico, all’altezza del 6° raggio, dove sappiamo essere alcuni compagni, è stata alzata sopra un tetto di un edificio antistante una bandiera No Tav e successivamente un enorme striscione sorretto da due lunghi pali con scritto “Tav e San Vittore: due grandi opere da distruggere”. Anche in questo caso la risposta da dentro è stata decisamente superiore che in altre occasioni.


domenica 11 marzo: Presidio sotto il carcere di cremona
Volantino distribuito nei giorni dei colloqui
Domenica 11 marzo dalle 15 alle 18 saremo, ancora una volta, sotto le mura del Carcere di Cremona per denunciare le condizioni sempre più brutali che si vivono all'interno delle galere e per portare la nostra solidarietà ai prigionieri e ai loro famigliari.
Il carcere è luogo di annientamento, volutamente creato dal potere costituito per annullare in toto l'individuo costretto in quattro mura ammuffite. Il lager di Cà del Ferro, spacciato per "carcere modello", è, come i tanti istituti di pena sparsi per l'Italia, in realtà un luogo di tortura.
Molti sono i fattori che confermano queste nostre affermazioni, di recente denunciati dai detenuti stessi attraverso una lettera collettiva alla stampa locale: sovraffollamento, prezzi dei generi di prima necessità assolutamente inaccessibili, socialità inesistente, nessuna attività fisica, angherie di ogni genere e impossibilità di curarsi degnamente (anche dalle malattie prodotte dal carcere stesso); tutto questo sta portando in un baratro la popolazione reclusa. Sappiamo per certo che la sanità all'interno di questa struttura è quasi nulla, un miraggio o una speranza che spesso vengono disattese. I farmaci più semplici, come la tachipirina per la febbre, vengono spesso rifiutati al prigioniero, mentre non viene fatto mancare a nessuno un "sano" psicofarmaco; lo stesso vale per i farmaci salva-vita, che vengono criminosamente somministrati in tempi lunghissimi, o addirittura mai.
Ci vogliono mesi per normali controlli oculistici o visite di routine per malattie croniche con gravi conseguenze per il soggetto richiedente… per l'autorità di questa struttura l'importante è lo stordimento indotto, un modo fra i tanti di calmare e assopire chi di volta in volta accenna anche ad un minimo rifiuto di questo stato di cose.
Una strategia consapevole che logora giorno dopo giorno la salute fisica e mentale di chi si trova vittima di questa istituzione. Azioni criminali (queste si!) che combinate con le molte difficoltà del vivere quotidiano portano a tragiche conseguenze come, notizia di questi giorni, il suicidio di un detenuto proprio qua a Cà del Ferro. Ovviamente la direzione del carcere si è affrettata a divulgare una nota dove si afferma che l'uomo aveva problemi famigliari… a noi rabbiosamente vien da dire che il carcere ha svolto sino in fondo la sua funzione! Per quanto ci riguarda monitoreremo la situazione, pronti a denunciare pubblicamente eventuali altri soprusi e continuando ad organizzare presidi di solidarietà. BASTA GALERE!
Domenica 11 marzo ore 15, presidio fuori le mura di Ca’ del Ferro, via Palosca, 2 Cremona.

29 febbraio 2012
Solidali di Crema e Cremona


Presidio davanti al carcere di Velletri
Giovanni, Robert, Ilaria, Lorenzo, Giuseppe: nomi come altri, di persone tra tante.
Nomi come altri, tra tutti coloro che il 15 ottobre erano a Roma.
Persone tra tante, che quel giorno hanno portato la loro rabbia per le strade della città.
Giovani ragazzi e ragazze, ai quali lo Stato sta presentando il conto; sentenze “esemplari”, che suonano come monito rivolto a tutti coloro che osino alzare la testa, a tutti/e coloro che non si rassegnano a recitare un copione già scritto, a tutti/e coloro che esprimono conflittualità al di fuori delle regole imposte e del consentito. Se, infatti, il sistema impone delle regole per la sua stessa esistenza, chi ha fatto e continua a fare il gioco dei poteri forti? Chi divide tra buoni e cattivi? E chi continua ad accettare questa distinzione?
Giovanni, Robert, Ilaria, Lorenzo, Giuseppe: ragazzi e ragazze che hanno avuto, come tutti/e gli/le altri/e, le loro buone ragioni per non restare a casa, da contrapporre a quelle di chi, in questo paese come in tutto il mondo, antepone gli interessi di banche, padroni e politici di ogni colore, alle vite delle persone.
Al momento a pagare sono loro. 3 anni e 4 mesi per Giovanni, ancora rinchiuso in carcere. 2 anni per Robert. Ilaria ancora agli arresti domiciliari in attesa della prossima udienza. E il 22 Febbraio un’altra batosta: 5 anni per Giuseppe, altri 4 per Lorenzo.
I mostri sbattuti in prima pagina, con la maschera confezionata su misura: il Tg5 vomita menzogne e millanta inesistenti video che ritraggono Lorenzo e Giuseppe mentre lanciano dei sassi, dopo che il magistrato Anna Maria Fattori, accogliendo in tutto le richieste del Pm Ilaria Calò, ha sputato la sua sentenza, infame ed inequivocabile: non si punisce il fatto specifico, ma l’aver partecipato alla manifestazione del 15 Ottobre. Compartecipi della rabbia che accomuna tutti/e noi per una vita da sfruttati/e, per una crisi fatta pagare alle popolazioni di tutto il mondo, per un presente che parla di esclusione dai bisogni primari, di sottomissione ai profitti del capitale e ai diktat del mercato.
E il solito stucchevole ritornello: i manifestanti buoni e quelli cattivi.
Ma chi sono questi ragazzi/e? Chi è Giovanni? Chi è Robert? Chi è Ilaria? Chi è Giuseppe? Chi è Lorenzo? Ragazzi/e come tanti/e, sfruttati/e tra gli sfruttati/e. Che vengano da un paese del sud Italia o dall’est Europa, che abitino la periferia di Roma, o siano emigrate in un altro paese, che studino, lavorino o si arrangino come possono.
Nomi diversi, vite diverse, stessa rabbia. Oltre a loro, altri 14 denunciati. Nomi diversi, vite diverse, tutte colpite dalla repressione.
Tra loro non si conoscono, ma si sono riconosciute in tutte le persone che erano in piazza San Giovanni quel giorno: troppe per conoscersi tutte tra loro, abbastanza da stare fianco a fianco e mettere paura a chi ci vorrebbe indifferenti e rassegnati.
Affinché Giovanni, Robert, Ilaria, Giuseppe e Lorenzo non rimangano solo dei nomi.
Affinché nessuno sia solo/a, affinché la paura cambi di campo.
La solidarietà è un’arma. La rabbia non si arresta. Libertà per tutti e tutte.
SABATO 10 MARZO: un saluto a giovanni e un pensiero a Robert, Ilaria, Giuseppe e Lorenzo. Una giornata cosciente e militante, gesti concreti di vicinanza e solidarietà.
Alle h 9,30, appuntamento alla stazione Termini, ingresso su via Giolitti, per andare insieme al carcere di Velletri; alle h 11, presidio sotto il carcere e gazebo di raccolta di messaggi di solidarietà: porta una lettera, un libro, una rivista, un disegno, una maglietta, un manifesto o qualsiasi cosa tu voglia, per far sentire vicinanza e solidarietà ai ragazzi che sono al momento privati della loro libertà.
Il presidio aderisce alla chiamata di mobilitazione sotto le carceri italiane lanciata dal Movimento NO TAV della Val di Susa.

7 marzo 2012
EVASIONI – Rete solidale contro carcere, cie e repressione
da informa-azione.info
Sulla repressione oggi
Contributo sul mutamento penale in corso di un compagno avvocato e a suo tempo prigioniero per diversi anni
[…] in questa particolare fase critica per il Capitale, ritengo che vi sia stato un ulteriore salto in avanti (o passo indietro) per le modalità attraverso le quali è stata attuata recentemente la caccia ai cosiddetti "nemici pubblici". Ho constatato infatti il passaggio da una fase contrassegnata dal "divide et impera", dal dividere per poter comandare ed esercitare meglio il dominio, ad una dilatazione ad oltranza delle pratiche repressive, che hanno colpito orizzontalmente e indiscriminatamente. Quindi, alla cosiddetta "colpa d'autore" (tanto cara al sempre-verde regime fascista) si è affiancata la logica della carcerazione di massa, nel senso che stato e soggetti sociali sempre più diversificati sono finiti nel mirino della repressione. Probabilmente ciò è avvenuto anche perchè un tempo (alludo alla stagione delle "leggi premiali") la necessità per il Capitale era quella di rompere, scomponendolo e frammentandolo, il fronte delle lotte che avevano così fortemente contrassegnato la vita degli anni '60/'70; mentre oggi, nel momento in cui il malcontento popolare diventa sempre più frequente e si estende a macchia d'olio e le lotte si sedimentano sempre più nel sociale, diventa necessario per il Capitale colpire orizzontalmente e incondizionatamente, nella speranza di falcidiare ogni forma di opposizione e di resistenza. Ogni forma di opposizione diventa così "illegale" e si pensa di applicare alcune fattispecie di "reati associativi" anche a tipologie comportamentali che lo stesso codice penale ha, fino a questo momento, qualificato diversamente (pensiamo, ad esempio, all'idea ventilata dai giornali proprio in queste ore di trasformare il "blocco stradale" in "associazione a delinquere"!).
Si potrebbe dire che da una sorta di iper-personalizzazione della colpa, tanto cara al tempo della legislazione premiale, si è passati alla repressione delle lotte "tout-court" e da questo poi si è giunti a colpire indiscriminatamente i partecipanti ad essa, presunti o reali che fossero. La colpa, oltre a quella "d'autore" s'intende, si evincerebbe dalla partecipazione, e poco importa se essa sia riferita e riferibile ad eventi pubblici che hanno registrato presenza in numero molto elevato. Come se lo scollamento tra lo stato del Capitale e le popolazioni locali potesse essere "colmata" dalla legge penale, dalla repressione di stato, dalla carcerazione, se vogliamo anche "preventiva", nel senso delle predeterminazioni della lotta e dei soggetti da colpire. Evidentemente, nell'attuale fase la preoccupazione del Capitale è quella di criminalizzare ogni lotta, ogni opposizione, ogni resistenza, usando lo strumento repressivo in modo sistematico, mirato ma anche indiscriminato. E visto il carattere capillare e la sedimentazione sociale della lotta in atto, si è pensato, stando anche a quanto riferiscono i giornali, di "adattare" fattispecie di "reati associativi" prima non contestati ai "nemici pubblici", per i quali erano state riproposte e ulteriormente inasprite le qualificazioni penali del codice Rocco (in nome di una "emergenza" che in realtà è diventata permanente...); l' ''associazione a delinquere", che dovrebbe "stigmatizzare" ogni manifestazione contraria a progetti di dominio e di controllo capillare del Capitale sul territorio, sull'economia, sulla politica.

Catanzaro, marzo 2012

Volantino contro ALSTOM distribuito a Bologna
Segue il volantino sulle responsabilità e gli interessi della multinazionale francese ALSTOM distribuito durante ilpresidio NO TAV che si e' svolto a Bologna di fronte alla sede di Via di Corticella 75.
Gruppo multinazionale francese fondato nel 1928, leader globale nel settore dell'infrastrutture ferroviarie e nella produzione e distribuzione d'energia (nucleare, gas, idroelettrico...). Nell'ambito del trasporto su rotaie si è accaparrata una grossa fetta del mercato europeo e mondiale, producendo treni e infrastrutture: oltre a produrre la maggior parte dei treni regionali e Pendolini, e fornire la strumentazione tecnologica delle stazioni ferroviarie e metropolitane, l'Alstom controlla il 70% dei treni ad alta ed altissima velocità in un centinaio di paesi in tutto il mondo.
Inoltre, in Italia il gruppo imprenditoriale NTV di Montezemolo ha commissionato all' azienda francese la produzione di 25 treni ad altissima velocità ultra-tecnologici, stanziando 750 milioni di euro. Nell'anno 2010/11 la multinazionale ha registrato un fatturato di oltre 20 miliardi di euro, tra i maggiori nel settore.

Quali sono le implicazioni dell'Alstom nel progetto TAV?
Andiamo per gradi. Nell' 89, il governo francese propone a quello italiano di estendere al proprio territorio la linea ferroviaria ad Alta Velocità attraverso la tratta Torino-Lyon. Inizialmente il progetto non trova consensi ne da politici e Ferrovie, ne dalla cittadinanza; si è orientati piuttosto verso un potenziamento della linea già esistente. Dopo soli due anni, la situazione si rovescia; il cambio di presidenza e dei vertici delle ferrovie dello stato, con Necci nuovo amministratore, dà il via al primo vero protocollo per la nascita del progetto TAV. Lo stesso Necci assicura che i soldi si sarebbero trovati, e i tracciati individuati: garantisce inoltre uno studio sull'impatto ambientale e che l'ultima parola in merito sarà lasciata ai comuni interessati. Ovviamente questo non accadrà mai. Avviene, invece, un fatto singolare.
Man mano che il progetto TAV prende piede in Italia, BNP Paribas (colosso bancario francese) acquista lotti di terreno sul nostro territorio sui quali saranno poi costruiti tratti ferroviari per l'alta velocità. A chi saranno commissionati poi i lavori di costruzione? Alla Alstom, ovviamente, che ha come banca di riferimento, appunto, la BNP. A questo punto il legame tra il debito pubblico italiano ed i business dell'alta velocità costituisce più di una semplice ipotesi… Le multinazionali francesi, infatti, hanno compiuto una tipica operazione di colonialismo commercial-finanziario: si compra il debito di un Paese per costringerlo ad acquistare i propri prodotti, specialmente i più costosi e meno convenienti. Tale metodo viene comunemente utilizzato per speculare sui paesi in via di sviluppo con infrastrutture "necessarie" (scuole, ospedali, vie di comunicazione...); è allo stesso modo inaccettabile che questo metodo sia riproposto in Italia per un'opera, per giunta inutile e dannosa, come il TAV. E' evidente, infatti, che una nuova linea ferroviaria non serva; prima di tutto perché esiste già una tratta che collega Italia e Francia attraverso il tunnel del Frejus. In secondo luogo, perché già da anni il traffico di merci attraverso le Alpi Occidentali è in forte calo.
Il TAV è un'opera che devasterà l'intero territorio della Val Susa, compresi villaggi e interi paesi, forando una montagna piena di amianto e uranio, che metterà a rischio la salute di migliaia di valligiani liberando tonnellate di polveri sottili. Chi trarrà beneficio da questo progetto, saranno solo e unicamente le aziende costruttrici e, più in generale un sistema economico europeo che trova nella speculazione sulla spesa pubblica l' unica via per sostenersi prima del definitivo collasso.
Lottare contro il Tav vuol dire lottare contro quella logica politica ed economica che ci vorrebbe schiavi dei profitti della grande finanza.
Il TAV è un progetto che serve unicamente alle aziende costruttrici e alle banche finanziatrici, come dimostrano le statistiche sul flusso di merci e persone tra Italia e Francia che vanno diminuendo, e più in generale al sistema economico europeo, che trova nella speculazione sulla spesa pubblica, l'unica via per sostenersi prima del definitivo collasso.
Il TAV è un'opera che devasterà l'intero territorio della Val Susa, compresi villaggi e interi paesi, forando una montagna piena di amianto e uranio, che metterà a rischio la salute di migliaia di valligiani.
Lottare contro il Tav vuol dire lottare contro quella logica politica ed economica che ci vorrebbe schiavi dei profitti della grande finanza.

8 marzo 2012
Solidali No TAV, da informa-azione.info


I ministri banchieri delle Grandi Opere
Tagli draconiani a pensioni e stipendi, annunci di "massimo rigore" nella spesa pubblica, ma il nuovo governo non sembra intenzionato ad abbandonare il modello delle Grandi Opere di Berlusconi & soci. Il primo appuntamento del nuovo CIPE, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, ha autorizzato il finanziamento di 4,8 miliardi di euro per il rilancio dei cantieri di alcune delle più controverse infrastrutture programmate dai precedenti esecutivi. Tra esse spiccano il secondo lotto della linea ferroviaria ad alta velocità Genova-Tortona (il cosiddetto "Terzo valico", 1,1 miliardi); la tratta Av Treviglio-Brescia (919 milioni); il Mose di Venezia (600 milioni). Opere che trasferiscono ancora una volta ingenti risorse pubbliche a favore della ristretta cricca di società di costruzioni e istituti bancari nazionali. Con gli immancabili conflitti d'interesse che però non sembrano turbare l'unanimismo pro-Monti di forze politiche e media.
"Quindici miliardi per le infrastrutture e lo sviluppo. È il nostro modo di essere banca", recitava l'inserzione pubblicata qualche tempo fa nelle maggiori testate nazionali da Intesa Sanpaolo, il grande gruppo bancario di cui è stato amministratore delegato il neo-superministro dell'Economia, delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, nonché vicepresidente del consiglio di sorveglianza, la responsabile al Welfare Elsa Fornero. "Tanti progetti avviati anche grazie a BIIS, la banca del nostro Gruppo dedicata alle infrastrutture, l'innovazione e lo Sviluppo", chiariva la manchette.
Proprio la BIIS ha avuto come Ad e direttore generale Mario Ciaccia, chiamato a ricoprire il ruolo di viceministro del collega-banchiere Passera. È proprio sotto la sua direzione che BIIS-Intesa è divenuta la principale banca finanziatrice delle Grandi Opere in Italia. "Abbiamo erogato finanziamenti all'Anas per la realizzazione della terza corsia del Grande Raccordo Anulare di Roma, per un importo di 390 milioni di euro; e del secondo lotto della Salerno-Reggio Calabria, per oltre 430 milioni di euro", ha dichiarato Ciaccia in un'intervista a Specchio Economico.
"Siamo presenti nel Passante di Mestre con un investimento di 800 milioni di euro e abbiamo favorito la realizzazione di parcheggi in varie città per un importo di 130 milioni. Abbiamo attuato il collocamento e la sottoscrizione di parte dell'emissione obbligazionaria della ex società Infrastrutture Spa per la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Milano-Napoli, per un importo di 320 milioni di euro. Siamo i consulenti per la realizzazione e gestione delle autostrade Brescia-Bergamo-Milano e delle Tangenziali esterne di Milano, rispettivamente per 1,6 e 1,4 miliardi di euro". Per la cronaca, Intesa Sanpaolo è azionista per il 39,7% di Autostrade lombarde, soggetto promotore della BreBeMi, mentre BIIS è tra gli arranger del project financing da oltre 1,9 miliardi per i lavori autostradali. Banca Intesa, poi, controlla il 5% del capitale di Tem, a cui si aggiunge uno 0,25% di azioni in mano direttamente a BIIS.
La banca amministrata da Ciaccia è attiva nel settore ferroviario anche attraverso il controllo diretto di Cofergemi, la società che si occupa della linea Genova-Milano (proprio quella "premiata" dal CIPE). BIIS è inoltre advisor dell'autostrada regionale Cremona-Mantova (project financing da 430 milioni) e della Pedemontana Veneta, l'autostrada che collegherà le province di Bergamo, Monza, Milano, Como e Varese. La stessa banca per le infrastrutture controlla il 6,03% della società di gestione della Pedemontana e contestualmente si occupa dell'arranging del debito, stimato in circa 3 miliardi di euro su un costo complessivo dell'opera di 4,7 miliardi.
Nell'agosto 2010, BIIS ha poi concesso un credito di 15,7 milioni ad Invester, la finanziaria dell'imprenditore lombardo Rino Gambari, primo socio privato della Brescia-Padova, ricevendo in pegno le quote di proprietà della società autostradale. Della "Serenissima", Intesa Sanpaolo già detiene il 6% del capitale attraverso la controllata Equiter.
In Liguria, la banca di Ciaccia, Passera e Fornero ha intrapreso una partnership con Regione e amministrazione comunale di Genova per lo sviluppo di grandi progetti come la Gronda di Ponente, il rafforzamento delle infrastrutture portuali e l'immancabile "Terzo valico" (oltre 7 miliardi di investimenti). BIIS ha pure sottoscritto crediti per un miliardo di euro a favore delle imprese impegnate nei lavori della nuova Fiera di Milano ed è arranger di alcuni dei più detestabili programmi destinati alla Sicilia, come il "miglioramento dell'adozione idrica" di Siciliacque Spa (investimenti per 564 milioni) e la realizzazione dei termovalorizzatori da parte di un pool d'imprese a guida Falck (1,2 miliardi) e Sicil Power (450 milioni).
Dulcis in fundo, il mostro del Ponte sullo Stretto di Messina, celebrato da tempi immemorabili da Ciaccia e dalle banche di riferimento. BIIS è un polmone finanziario importante dei Signori del Ponte. Divenuta capofila del pool di banche che ha rilasciato la garanzia fideiussoria per la partecipazione alla gara ad Eurolink, il consorzio d'imprese aggiudicatario dell'appalto (linee di credito per 350 milioni di euro), il 21 luglio 2009, Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo ha fatto sapere per bocca del suo amministratore delegato di essere pronta a intervenire direttamente nel finanziamento dei lavori del Ponte. "Sono stati stanziati 1,3 miliardi e noi siamo pronti a mettere quello che serve e poi eventualmente a sindacarlo", ha spiegato Ciaccia.
Il neoviceministro non nutre dubbi sul potere taumaturgico del dirottamento di massicce risorse pubbliche a favore delle grandi opere consacrate dalla legge Obiettivo. Il 3 febbraio 2010, intervenendo al convegno dell'Istituto latino-americano su "La cooperazione economica pubblico-privato", Ciaccia l'ha sparata più grossa di Berlusconi: "Investendo 50 miliardi di euro l'anno così da coprire un fabbisogno infrastrutturale di 250 miliardi, il minimo per far fronte alla crisi economica ed energetica e riprendere lo sviluppo, si potrebbero ipotizzare nell'arco di un quinquennio circa 3,5 milioni di nuovi posti di lavoro". Come dire che con i 5 miliardi stanziati dal CIPE di Monti potrebbero essere generati 350mila occupati...

9 Marzo 2012
Pubblicato su Bollettino - Italia Nostra, n. 467, novembre 2011


roma: cariche e arresti contro il movimento di lotta per la casa
Tutta l’Italia é la Valle di Susa, la Valle di Susa é tutta lItalia: lo testimoniano la determinazione e la composizione stessa delle lotte sociali che nascono e crescono su tutto il territorio nazionale ed oltre; lo dimostra anche la repressione con cui il potere del capitale cerca di fermare queste lotte.
Questa mattina a Roma lopposizione al Tav e alle grandi opere inutili si é saldata con la mobilitazione del movimento romano per il diritto all’abitazione attraverso un’iniziativa che si é tenuta, di fronte agli uffici del CIPE, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, il quale proprio oggi doveva stanziare i 20 milioni per le compensazioni per la TAV richieste dal Presidente della Regione Piemonte Cota.
I manifestanti intendevano così protestare contro luso di denaro pubblico in opere, come la TAV Torino-Lione, inutili, faraoniche ed osteggiate dalle popolazioni locali, mentre in tutta Italia lemergenza abitativa é pesantissima, vengono tagliati servizi essenziali, non si finanzia il diritto al reddito e al lavoro.
Come in Valle di Susa, contro i manifestanti si é scatenata una dura repressione. Le persone sono state aggredite dalle forze dellordine. Le manganellate hanno causato numerosi feriti. Uno dei feriti, Paolo Di Vetta, militante storico del movimento sindacale di base ed esponente del comitato NoDebito, ricoverato in ospedale, é stato prelevato dalle forze di polizia dal pronto soccorso ed arrestato insieme ad altri militanti.
Il movimento NoTav esprime la massima vicinanza e la più totale solidarietà a tutti i compagni arrestati. E’ più che mai necessario portare avanti, con determinazione, la lotta comune. L’arroganza del potere é il segno più evidente della nostra forza e della sua debolezza.

10 marzo 2012
Il Movimento NoTav, da notav.info

***
L’udienza per direttissima del giorno dopo ha stabilito gli arresti domiciliari per il sindacalista Paolo Di Vetta e libertà per gli altri tre fermati. Sul piazzale antistante l’ingresso del tribunale si è svolta per tutta la mattina una manifestazione con le varie realtà del movimento di lotta per la casa, i movimenti sociali, alcune organizzazioni politiche della sinistra, i sindacati di base e alcuni centri sociali.


milano: ASSEMBLEA GENERALE DEL MOVIMENTO NO TEM
18 marzo ore 15 Cascina Bragosa, Pessano Con Bornago
Una nuova ondata di cemento e speculazione si sta per abbattere sulla Martesana: la TEM (tangenziale est esterna milano). Questa nuova infrastruttura si inserisce nel folle piano di Formigoni di trasformare la Martesana nel nuovo polo logistico d'Europa. Assolombarda stima che oltre il 70% delle merci in ingresso e in uscita dall'Italia passerà dall'est milanese (rigorosamente su gomma). Questa prospettiva di sviluppo distruggerà totalmente il tessuto produttivo locale basato sulla piccola e media impresa, sostituendolo con logistiche, centri commerciali e outlet caratterizzati da lavoro sotto cooperativa, precario e senza nessuna prospettiva per il futuro.
Inoltre come tutte le grandi opere anche la TEM è ad altissimo rischio di infiltrazioni mafiose, come è stato recentemente dimostrato con il caso dei cantieri Bre.Be.Mi., imbottiti di amianto, cromo e scarti di acciaierie.
La Corte dei Conti, nonostante manchi il 95% della copertura finanziaria, il 27 febbraio ha dato il via libera al progetto rendendo possibile l'avvio dei lavori. Con ogni probabilità nei primi giorni di aprile Terragni e suoi amici speculatori apriranno un finto-cantiere in pieno stile Val di Susa, per cercare disperatamente di attirare gli investimenti necessari alla realizzazione di quest'opera aberrante.
Mentre in Europa si incentiva il trasporto su treno, la rete autostradale italiana, che già oggi è più “densa” di quella media europea (2,2 km di rete ogni 100 kmq di superficie, contro 1,5), è destinata a crescer di un terzo.
In questo momento è quindi fondamentale riuscire ad organizzarsi ed agire per prevenire ogni forma di cantierizzazione e del territorio. Non abbiamo intenzione di lasciar distruggere la nostra terra, bene comune, per il profitto dei pochi! De chi se pasa no!! CHI SEMINA STRADE RACCOGLIE TRAFFICO
8 marzo 2012
Presidio Permanente Martesana


29 FEBBRAIO: RINVIO A GIUDIZIO PER GLI ANARCHICI
Organizzata dalla procura di Bologna, sostenuta dal Ministero dell’Interno, sollecitata dall’Eni, avanzata dal pm Morena Plazzi e supportata dal lavoro della DIGOS l’inchiesta sugli anarchici arriva oggi al rinvio a giudizio.
Il 6 aprile su tutto il territorio nazionale scatta una vasta operazione repressiva volta a colpire gli anarchici e i loro compagni. 60 le perquisizioni, 5 gli arresti, 1 fermo (compagno liberato allo scadere delle 48 ore), 7 le altre misure cautelari (obbligo o divieto di dimora), lo spazio anarchico di documentazione “Fuoriluogo” messo sotto sequestro probatorio. L’accusa per 27 persone è quella di appartenere ad una associazione a delinquere aggravata dalla finalità eversiva dell’ordine democratico.
I compagni arrestati hanno affrontato sei mesi tra carcere e domiciliari e un paio di mesi di firme o di divieto di dimora a Bologna per chi non ha fatto i domiciliari in questa città. Rimane sequestrato il centro di documentazione. In tutti questi mesi ci siamo vissuti un crescendo della situazione repressiva: si contano ad oggi circa una ventina di fogli di via, una decina di avvisi orali e due tentativi di sorveglianze speciali andati male.
E così per l’inchiesta della Plazzi uno spazio di documentazione che settimanalmente organizza proiezioni, dibattiti, presentazioni di libri diventa un pericoloso covo blindato in cui tramare nell’ombra. Tanto nell’ombra che uno dei più ricorrenti “reati” di cui molti imputati sono accusati è l’affissione di manifesti che pubblicizzano iniziative che si svolgono nel covo segreto.
Secondo il pm una piazza che si autodetermina, in successione a un’iniziativa, è il risultato di un sicuro piano eversivo e non sono momenti contingenti.
Vengono individuati ruoli e costituite gerarchie, come capi, sottoposti e affiliati vari, che non appartengono di certo a chi considera l’informalità e l’orizzontalità dei rapporti la base su cui costruire percorsi antiautoritari.
Se da una parte la concretezza delle lotte si va via via intensificandosi, dall’altra appare sempre più evidente il programma dello stato: reprimere. Il sistema è in collasso è ciò che ha da offrire è la fame. Chiunque abbandoni il meccanismo di delega e manifesti la sua rabbia in prima persona verrà colpito dallo stato. A tal riguardo lo stato si è già espresso, il nuovo governo dei tecnici non consente proteste. Ed ecco che scattano gli arresti per gli scioperi dei tir, i pescatori davanti a Montecitorio vengono manganellati, la lotta territoriale più forte in Italia, la NOTAV, attaccata con 26 arresti.
Nel giorno in cui veniamo giudicati all’interno di un’aula di tribunale rilanciamo la lotta in strada davanti a una struttura concreta di imposizione da parte dello stato, il carcere minorile di Bologna. Recentemente si sono accesi i fari sulla struttura di via del Pratello e davanti alle violenze avvenute nel silenzio e nell’indifferenza della gente, persino il nuovo ministro della giustizia ha dovuto esporsi. Ha infatti aperto un’inchiesta la Procura. Sono tre le persone accusate di aver coperto quanto accaduto e sono i vertici della giustizia minorile a Bologna. A essere stati rimossi dai loro incarichi sono stati il direttore del carcere del Pratello, Lorenzo Roccaro, il direttore del centro giustizia minorile di Bologna, Giuseppe Centomani, e il comandante della polizia penitenziaria Aurelio Morgillo. La causa: omissione di rapporto in relazione a una violenza. Ciò che emerge dai racconti dei detenuti sono punizioni violente, uso costante di manette, brutalità fisica e straordinario uso della cella di isolamento.
RILANCIAMO LA LOTTA. IN SOLIDARIETA’ COI DETENUTI DEL CARCERE MINORILE
CHE I MURI CROLLINO E LA LIBERTA’ EVADA.
PRESIDIO CON AMPLIFICAZIONE ORE 18 VIA DEL PRATELLO 34

***
L'udienza preliminare del processo ai compagni bolognesi e non coinvolti nell'inchiesta "out low" con l'accusa di associazione a delinquere, è stata rinviata al 23 aprile.


contro carcere e 41-bis: Resoconto assemblea 4 febbraio 2012
L'ordine del giorno prevedeva la discussione dei seguenti punti: scegliere un nome per l'assemblea; definire quali proposte e quali iniziative concrete promuovere come assemblea; capire come organizzarsi dal punto di vista territoriale, tenendo conto della specificità e della diversità contestuale delle realtà presenti all'assemblea; “mappatura" dei processi in corso che riguardano i compagni di tutta Italia; aggiornamento sugli arresti NO TAV del 26 gennaio e sulle prossime iniziative in Valsusa; aspetti economici (e di autofinanziamento).
- L'assemblea propone di chiamarsi Assemblea di lotta " Uniti contro la repressione".
- Il dibattito si è sviluppato affrontando i vari temi e contenuti sopra elencati sulla base dei quali sono poi state individuate delle proposte concrete da mettere in pratica a breve, medio e lungo termine. In primis, è stata affrontata la questione di rilanciare la lotta contro il regime di 41 bis, strettamente legata alla necessità di promuovere la solidarietà ai rivoluzionari prigionieri detenuti nelle carceri italiane. Di pari passo, è stata trattata anche la questione del carcere in generale e dei Cie. Va premesso che durante l'assemblea si è chiarito che il punto di partenza comune a tutte le realtà che partecipano è quello di ridare vita ad un percorso concreto di lotta contro l'articolo del 41 bis, contro la sua applicazione a tre rivoluzionari prigionieri e l'importanza di portare questo contenuto all'interno delle quotidiane attività anticarcerarie che numerosi compagni portano avanti sul territorio. Contenuto emerso chiaramente sin dal primo incontro di questa assemblea in preparazione alla mobilitazione a L'Aquila di giugno 2011. Da qui le proposte avanzate in assemblea sono: 1) promuovere una mobilitazione sotto al carcere di Parma, in cui è detenuto un prigioniero politico in regime di 41 bis e carcere, questo, che è stato scenario di proteste durante i mesi scorsi. Non è stata decisa una data, si è valutato di ragionare anche verso settembre perché ne va verificata la fattibilità e per avere il tempo necessario per costruirla.
2) Si è proposto di produrre due materiali di carattere informativo e divulgativo sul tema del 41 bis e del carcere in generale. Nello specifico, un volantone di approfondimento e sulla base di questo un video. Questi materiali potranno essere utili strumenti per organizzare iniziative in diverse città per rilanciare la mobilitazione. Si propone di produrre collettivamente questi materiali dividendosi il lavoro da fare, i compagni di Milano proveranno ad elaborare una proposta da far girare.
3) Parallelamente si è proposto di sentire la disponibilità di alcuni avvocati per fare un ciclo di conferenze/dibattiti sul tema del 41 bis con le realtà che sono interessate. Secondariamente si è anche abbozzata la proposta di costruire una mobilitazione sotto al carcere di Opera, anche alla luce della costruzione di un reparto per i detenuti a regime di 41 bis presso l'ospedale San Paolo di Milano contro la quale è in corso una mobilitazione che va sostenuta. Progetto che si colloca all'interno del più generale piano di riorganizzazione del sistema carcerario e della prospettiva di privatizzarne la gestione.
- Per quanto riguarda i processi in corso a carico di compagni o che attaccano delle lotte specifiche, come primo passo si è deciso di fare un elenco complessivo che raccolga tutte le date in cui nelle varie città si terranno dei processi. In pratica, si tratta di comporre una sorta di "calendario" che riporti i giorni in cui sono fissate udienze e che pubblicizzi/informi/rilanci a tutte le altre realtà eventuali iniziative o appuntamenti di solidarietà (es. presidi etc.) organizzati a sostegno degli imputati. Questo ha lo scopo di favorire la creazione di un "collegamento" nel rilanciare le iniziative promosse attorno ai vari processi, in maniera tale che i compagni delle varie città possano contribuire a portare la loro solidarietà. Inoltre, si è proposto di utilizzare questo elenco non solo come strumento da diffondere tra le realtà presenti all'assemblea, ma si è pensato di allargare tale proposta anche ad altre realtà, in modo da ampliare ancora di più la rete di solidarietà. Si invitano i compagni ad inviare notizie relative ai vari processi. I compagni di Padova faranno il calendario.
- Per quanto riguarda l'inchiesta contro i NO TAV del 26 gennaio scorso, si sono fatte diverse considerazioni in merito. Questa vasta operazione repressiva si è scontrata sin da subito con una altrettanto vasta solidarietà, che si è manifestata in tutta Italia e concretizzata con forme differenti. Diverse realtà hanno sviluppato o hanno partecipato ad iniziative e momenti di controinformazione e solidarietà nel proprio territorio e si è evidenziata l'importanza di continuare a sostenere questa lotta e tutti i compagni e i No Tav indagati, perquisiti e arrestati. Come assemblea si è proposto di fare un manifesto comune che rilancia la solidarietà, da usare nelle varie città. I compagni di Napoli invieranno una proposta. Si sono rilanciati gli appuntamenti di sabato 18 gennaio a Milano, un corteo in solidarietà agli arrestati, che finirà sotto al carcere di San Vittore e la manifestazione lanciata per il 25 febbraio in Val Susa.
- Contestualmente alle diverse iniziative e su come organizzare il lavoro, l'assemblea è stata anche un momento utile di confronto tra alcune realtà presenti soprattutto al sud, per entrare in contatto tra loro e capire come avviare un lavoro collettivo e coordinato contro la repressione, il carcere e che stimoli lo sviluppo di iniziative di solidarietà.
- A questa assemblea non hanno potuto partecipare diverse realtà e singoli compagni a causa di iniziative concomitanti o maltempo. Erano presenti compagne e compagni di Padova, Bassano del Grappa (Vi), Milano, Monza,Trieste, Mestre, Napoli, Foggia, Bari. Si è proposto di ritrovarsi in assemblea verso i primi di maggio (data da fissare). Nel frattempo si aggiorneranno tutti i compagni e per quel che riguarda le tutte le proposte avanzate, verranno fatte circolare delle bozze a tutti i compagni dell'assemblea, presenti e non, in modo da poter dare tutti il proprio contributo e riaprire, laddove necessario, la discussione su eventuali punti al prossimo incontro.

Padova 4 febbraio
Assemblea di lotta "Uniti contro la repressione"
Milano: L'ospedale San Paolo deve andare in cancrena?
Con il passaggio della sanità carceraria dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale, negli ospedali milanesi si sono iniziate a costruire le prigioni.
L'ospedale San Paolo alla Barona, che iniziò la sua attività di assistenza e cura verso la fine degli anni '70 grazie alle mobilitazioni di sindacati, collettivi, partiti e abitanti della zona sud, è diventata dal 2004 la struttura responsabile per il carcere di Opera (MI) e dal 2010 anche per le carceri di San Vittore e Bollate. Per di più, la Regione Lombardia e il Ministero della Giustizia hanno stanziato 800 milioni di € per la costruzione di una sezione speciale per detenuti in regime di 41 bis o "carcere duro", all'insaputa di tutti.
La Dirigenza del San Paolo, insediata dalla Lega Nord (proprio quella che fa della sicurezza il suo cavallo di battaglia), in questo caso non ha voluto informare le organizzazioni sindacali interne, né coinvolgere il Consiglio di Zona e la cittadinanza su un progetto come la realizzazione di un reparto speciale, che meritava una maggiore partecipazione delle forze sociali in considerazione delle problematiche di riduzione degli spazi ospedalieri, della ubicazione della sezione carceraria realizzata sotto la sala parto, attigua all'ambulatorio e al centro di prenotazione, della militarizzazione dell'area ospedaliera pericolosa ed irrazionale per i lavoratori e per l'utenza.
Il regime cosiddetto "carcere duro", come è noto, è stato introdotto nel nostro ordinamento per fare fronte a casi eccezionali di rivolta, a gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica e ad altre gravi situazioni di emergenza. Una legislazione nata per durare pochi anni ma continuamente prorogata e perfezionata da diventare ordinaria e fisiologica. Ideata per contrastare la mafia e le associazioni "terroristiche" è a tutti gli effetti una sospensione totale della dignità delle persone apertamente in contrasto con le indicazioni costituzionali e condannata dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo. Questo intendimento in realtà non ha avuto riscontro sotto il profilo della diminuzione dei fenomeni criminali. Anzi le connivenze mafiose, unite agli interessi economici e politici stanno asfissiando anche la sanità ed il San Paolo che, per le sue eccellenze, è importante sia per il quartiere che per la città ed ora con l'espansione del settore carcerario rischia di essere declassato e snaturato nelle sue funzioni assistenziali e curative.
Per discutere di tutto questo, approfondire temi, vagliare fatti e cifre e discutere sul da farsi, si invitano tutti a partecipare all'aSSembLea PubbLica che si terrà mercoledì 21 marzo ore 21.00, presso la cooperativa La magolfa, via modica 8 (traversa di via Santa Rita, alla barona) Milano.

febbraio 2012
uSi Sanità - uSb Sanità dell'Ospedale San Paolo - comitato difesa sanità pubblica sud milano (usis@libero.it; rossonuovo@yahoo.it; sanitasudmilano@libero.it)


sul Processo a Trento
Per le proteste contro la sentenza di assoluzione dei padroni della Tricom
Ieri alle ore 15 si è tenuta la 2° udienza del processo che vede imputati 8 nostri compagni di lotta, (6 di Bassano e 2 di Sesto), denunciati per aver protestato, con slogan e qualche uovo contro il tribunale di Bassano del Grappa che lo scorso 24 maggio ha assolto i dirigenti della Tricom/Galvanica PM di Tezze sul Brenta, responsabili della morte di 14 operai e dell’inquinamento del territorio. Nel corso dell’udienza erano state programmate 6 testimonianze di poliziotti e agenti della Digos e 4 testimonianze a favore dei nostri compagni: due di Bassano del Grappa e due di Sesto S.G.
Dei 6 poliziotti, 4 quattro del commissariato di Bassano del Grappa erano assenti, perché si sono dichiarati malati. Intanto fuori dal tribunale di Trento si è espressa la solidarietà dei Comitati No TAV e di altri cittadini che con bandiere e striscioni hanno manifestato contro chi cerca di criminalizzare le lotte. Il giudice dopo aver ascoltato i due poliziotti della Digos di Vicenza che hanno testimoniato contro le vittime e i Comitati, ha ascoltato i due nostri compagni di Sesto San Giovanni che hanno dichiarato di essere stati presenti davanti al Tribunale di Bassano il 24 maggio per solidarietà con le vittime e il Comitato di Bassano.
I due testimoni di Sesto hanno difeso gli 8 denunciati, soffermandosi sulle iniziative e le lotte fatte negli anni, e i risultati raggiunti dai Comitati, affermando che essendo anch’essi presenti davanti al tribunale di Bassano del Grappa il giorno della sentenza di assoluzione dei padroni della Tricom si sono indignati e lanciato slogan come tutti gli altri contro la sentenza che assolveva i padroni e negava giustizia alle vittime, negando invece ogni minaccia come sostenuto dalla polizia.
Subito dopo prendeva la parola per una dichiarazione spontanea una degli imputati di Bassano del Grappa che affermava che pur non facendo parte del Comitato era presente il giorno della sentenza e aveva protestato sentendosi offesa, perché come cittadina, lavoratrice di un ospedale e mamma di una bambina era venuta in contatto con una collega che era stata avvelenata dal cromo esavalente che le aveva provocato un tumore e con la bidella della scuola della figlia il cui marito era morto di mesotelioma (tipica malattia dell’amianto) e quindi era li a dimostrare la sua solidarietà.
Il giudice decideva di aggiornare l’udienza al 27 giugno 2012 alle ore 10 con l’ascolto dei testimoni mancanti, i 4 poliziotti accusatori “malati” e i due testimoni della difesa di Bassano del Grappa comunicando che nella stessa giornata ci sarà la sentenza.
Il 27 giugno, giorno della sentenza, i nostri Comitati insieme ai Comitati e cittadini di Trento, saranno nuovamente presenti davanti al tribunale di Trento, per rivendicare una giustizia che condanni gli assassini e non le vittime.

13 marzo 2012
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio di Sesto San Giovanni,
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio di Tezze sul Brenta e Bassano del Grappa


AGGRESSIONE FASCISTA A VOLANTINAGGIO PER CORTEO FIOM
Oggi alle 14.00 circa due studenti del nostro collettivo sono stato aggrediti mentre distribuivano volantini per il corteo della Fiom di venerdì 9 marzo. L’aggressione è avvenuta in Via Cesare Lombroso, all’uscita di diverse scuole superiori (Cartesio, Luxembourg, Tacito) ad opera di alcuni individui di chiara matrice fascista muniti di caschi e chiavi inglesi. Mentre i nostri compagni si trovavano all’ingresso delle scuole questi individui si sono avvicinati dicendo di “andarsene da Roma nord” e poi è partita l’aggressione. Non si tratta del primo episodio del genere che accade a Roma. Più volte abbiamo denunciato questa realtà: gruppi di estrema destra agiscono indisturbati nella capitale, con la connivenza dell’amministrazione comunale romana. Un’aggressione, quella di oggi, ancora più infame se si guarda alle motivazioni dello sciopero e della manifestazione che i nostri compagni andavano propagandando. Una manifestazione di operai che lottano per mantenere il loro posto di lavoro e condizioni di lavoro dignitose, contro il piano Marchionne e contro la cancellazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, voluta dal governo Monti. Non possiamo che costatare come ancora una volta i fascisti, pieni di retorica rivoluzionaria a parole, si contraddistinguano nei fatti per il loro appoggio al governo e ai padroni, aggredendo al contrario chi invita alla lotta e alla solidarietà tra studenti ed operai. Passano gli anni ma la storia è sempre la stessa, cambiano le situazioni ma i fascisti restano sempre dalla stessa parte a fare il loro lavoro di servi. Non saranno aggressioni come queste a farci intimidire, nessuna scuola e nessun quartiere saranno lasciati nelle mani dei fascisti. Con i lavoratori in lotta, contro i padroni ed i loro servi, non un passo indietro.

7 marzo 2012
Senza Tregua - Collettivo Studentesco Metropolitano (Roma)


Pioltello (mi): la lotta degli operai immigrati Esselunga incassa i primi due reintegri
Preceduta da una fitta rete di riunioni tra gli operai licenziati, che avevano portato alla decisione unanime di rifiutare la proposta di "mediazione" avanzata dal consorzio Safra e da Esselunga (in soldoni: ritiro dei licenziamenti per tutti e 25, in cambio dell'accettazione della cassa integrazione, senza nessuna garanzia di reintegro pieno e, soprattutto, rinuncia volontaria a qualsiasi eventuale ricollocazione in appalti Esselunga) c'è stato oggi il primo pronunciamento giudiziario per 4 operai della cooperativa Apollo.
E per due di loro, Bamba e Lingad, licenziati il 4 novembre per "scarso rendimento" è stato disposto il reintegro immediato, nello stesso posto di lavoro, con le stesse mansioni e con pagamento di tutte le mensilità perdute. Per gli altri due invece si è rinviato tutto all'udienza del 7 maggio, quando verranno ascoltati i testimoni di parte, in merito all'accusa di minacce nei confronti di alcuni colleghi per convincerli a iscriversi al Cobas.
Alla fine, la caparbietà degli operai ha avuto la meglio e così la lotta incassa finalmente una prima significativa vittoria. Ma se è lecito gustarsi questo risultato non altrettanto sarebbe un atteggiamento attendista nei confronti delle prossime cause (già fissate per il 13 e 14 marzo).
Al contrario é indispensabile proprio in questo momento mantenere la barra dritta. Sia da un punto di vista della lotta contro Esselunga e il suo sitema di caporalato che semmai deve essere ulteriormente rinvigorita, sia rispetto alla necessità di continuare ad allargare il fronte dell'autorganizzazione dal basso e delle lotte che gli operai delle cooperative possono e debbono mettere in campo.
E in questo senso, dopo la vittoria alla Bartolini di Parma, non possiamo che salutare anche la vittoria ottenuta proprio stanotte a Piacenza dagli operai della cooperativa "Forza 4" nei magazzini della GLS (ricordate? parliamo esattamente degli artefici degli scontri di Cerro al Lambro di due anni fa!).
Assemblea generale al presidio permanente Venerdì 9 marzo alle 21. Non mancate!!

8 marzo 2012
SI.Cobas, Coordinamento di sostegno alla lotta nelle cooperative


UK: Polizia aiuta l'industria delle costruzioni a stilare una “lista nera” dei lavoratori indesiderati
Le liste di proscrizione nei confronti dei lavoratori che potrebbero creare problemi non è una cosa del passato né tanto meno ristretta all'Italia. Il caso della FIAT di Pomigliano, che non assume iscritti ai sindacati non firmatari dell'accordo del 2010 (FIOM, SLAI Cobas), insomma non è isolato.
A dimostrarlo ci pensa una storia che viene dalla civile e democratica Gran Bretagna, spesso portata come esempio anche in merito alle relazioni industriali. Recentemente è stata scoperta una vera e propria “lista nera” redatta dalle principali imprese attive nel campo delle costruzioni, per tenere lontane migliaia di lavoratori nel corso degli ultimi tre decenni. E sulla lista sono finiti circa 3200 lavoratori, considerati “troublemakers”, vale a dire piantagrane. Per meritarsi questa definizione bastava presentare una petizione con le firme di 150 lavoratori per protestare contro servizi igienici scadenti (“porcili”). È il caso di Dave Smith, di 46 anni, che ha scoperto di avere ben 36 pagine a suo carico negli archivi delle imprese di costruzione. E così per dieci anni non è praticamente riuscito a lavorare. La stessa sorte è toccata a chi denunciava le scarse misure di sicurezza, o anche la presenza di amianto. Insomma, chiunque difendesse le condizioni di lavoro degli operai era passibile di finire nel mirino delle ditte.
Ma la compilazione della “lista nera” è stata possibile grazie all'aiuto di quella che molti suppongono essere parte terza nelle relazioni tra capitale e lavoro: lo stato. Polizia e MI5 (servizi segreti) hanno molto probabilmente collaborato attivamente con le imprese di costruzione, secondo quanto riportato da alcuni quotidiani. Le informazioni a carico dei lavoratori risultano infatti troppo precise e circostanziate per essere frutto dell'opera delle sole imprese.
Può darsi che prima o poi escano fuori i nomi di alcune mele marce, nella Polizia e/o nei servizi segreti, per accreditare l'idea di istituzioni “buone”, la cui immagine è danneggiata da pochi “cattivi”. Ci sarà chi richiamerà poliziotti e agenti al loro “vero” ruolo: “servire e proteggere”. Ma è esattamente quello che hanno fatto in questo caso. Perché la “lista nera” dei lavoratori delle costruzioni serviva a proteggere i profitti degli imprenditori che – lo vogliamo o meno – sono i detentori delle redini delle nostre “democrazie”. E polizia e MI5 sono chiamati a difendere quella britannica.

7 marzo 2012
Collettivo Autorganizzato Universitario – Napoli


Sciopero vero
Volantino distribuito allo sciopero indetto dalla FIOM il 9 marzo
Operai, la responsabilità è anche nostra e tocca a noi cambiare strada. I salari sono i più bassi in Europa, gli stipendi di manager industriali e dirigenti statali i più alti. Perchè abbiamo accettato senza ribellarci aumenti contrattuali da quattro soldi? Perchè abbiamo acconsentito che il sindacalista di turno, firmasse a nome nostro accordi su premi variabili miserabili, che inesorabilmente anno dopo anno si svalutavano? Dovevamo girare sottosopra i tavoli, ribellarci, non lo abbiamo fatto ed è questa la nostra responsabilità. Le fabbriche chiudono una dopo l'altra, siamo centinaia di migliaia in cassa integrazione e alla scadenza faremo i conti. Perchè abbiamo subìto accordi che ci buttavano fuori dalle fabbriche, perchè abbiamo accettato che le smantellassero con il nostro consenso? Perchè ci siamo dispersi senza forza, invece di presidiarle e occuparle? Perchè abbiamo seguito, come buoi al macello sindacalisti compromessi, funzionari dalla vista corta, gente incapace di organizzare una resistenza vera? Alla Fiat è il padrone che decide quali sindacati avere in fabbrica e naturalmente sceglie quelli più compromessi. Non sopporta nemmeno la più piccola opposizione, nemmeno i delegati sindacali che dicono NO ma poi fanno SI. Alla Fiat in tanti abbiamo detto NO al piano Marchionne, ma dove siamo finiti? Alla Fiat il padrone si permette di non volere in fabbrica 3 operai reintegrati dalla magistratura, è possibile subire questa prepotenza? Nello stesso tempo i dirigenti di Cgil, Cisl e Uil, si siedono al tavolo a trattare sulla riforma del mercato del lavoro. Il governo vuole in sostanza più libertà di licenziare, svuotare l'art. 18, eliminare la CIGS. Che Bonanni ed Angeletti siano disposti a qualunque accordo si sa, ma cosa ci fa lì la signora Camusso? Ha forse la delega a trattare dagli operai iscritti alla sua organizzazione, che ne hanno fatto e ne fanno il più forte sindacato? NO! E allora perchè continua a trattare? Perchè come operai non siamo capaci di chiedere il conto del loro operato? Abbiamo solo imparato a dare ad altri la delega per difendere i nostri interessi, ed ora tocca a noi tirarci fuori da questa situazione. Abbiamo già dimenticato la botta delle pensioni, le parole di indignazione di Bonanni e Angeletti, il tono di sfida della Camusso? Una grande sceneggiata. Il professor Monti, capo del governo di industriali e banchieri, ha colpito gli operai con determinazione, tanto siamo legati ed imbavagliati, con i taxisti non ha avuto però la stessa grinta professorale. Ci rimane un'arma fondamentale: lo sciopero. Lo sciopero vero. Quello che colpisce i padroni dove si produce la loro ricchezza: nelle fabbriche. Lo sciopero quello vero che non serve alle organizzazioni sindacali per contarsi, come un voto ai Partiti, ma serve per manifestare la forza degli operai di fronte ai padroni, ai governi, ai sindacalisti collaborazionisti. Lo sciopero con i picchetti per convincere chi ha perso la fiducia, chi pensa che non c'è niente da fare, chi si lamenta della situazione e poi accetta tutto come inevitabile. Lo sciopero vero, dove si può far valere un antico giudizio: chi non lo fa è un crumiro. Fermiamo le fabbriche e tutti avranno paura di fare accordi contro di noi. Questa è la responsabilità che dobbiamo assumerci oggi, subito.
4 marzo 2012
Associazione per la Liberazione degli Operai
Via Enrico Falck 44 - 20099 Sesto San Giovanni (MI)


Almaviva contact di roma (ex atesia): 2.174 contratti di solidarietà, primo passo verso licenziamenti collettivi
PRESIDIO GIOVEDI'; 1 MARZO DALLE ORE 15:00 davanti al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di via Veneto n.56 Roma
L’azienda Almaviva Contact società di call center in accordo con in sindacati CGIL-CISL.UIL applicherà, a partire dal 5 marzo 2012, i Contratti di Solidarietà (CdS) a tutti i dipendenti delle sedi di Roma e Palermo con durata prevedibile di 12 mesi. L’utilizzo di questo ammortizzatore sociale viene motivato dall’azienda come conseguenza di un calo dei volumi di chiamate delle commesse e di una perdita di milioni di euro dovuta ad inefficienza e scarsa qualità della produzione. L’accordo per i CdS sottoscritto con in sindacati confederali del 23 febbraio 2012 per i centri produttivi di Roma, individua in questi ultimi una delle principali fonti di queste presunte perdite economiche.
Oltre all’applicazione dei CdS, nell’accordo su citato, sindacati confederali e Almaviva Contact convengono che a fronte del raggiungimento degli obiettivi, che le parti individuano in un aumento del margine di contribuzione del 23% (dal -10% attuale al 13-15%), verrà individuata una nuova sede utile ad ospitare i circa 1000 lavoratori attualmente in forze presso la sede di Via V. Lamaro 25, stabile con contratto di locazione già scaduto e attualmente in proroga solo per alcuni mesi.
Considerando la totale fungibilità dei lavoratori che svolgono attività di call center e la possibilità tecnica di spostare lavoro (flussi di chiamate) da un sito produttivo all’altro con estrema semplicità (attualmente Almaviva Contact ha 7 siti produttivi dislocati sul territorio nazionale), ci chiediamo come possa dichiararsi in crisi un’azienda che:
- circa 12 mesi fa ha aperto una nuova sede a Rende (CS) per la quale pubblica continuamente annunci di lavoro proponendo contratti a progetto, di somministrazione e a tempo determinato e che da pochi mesi ha attivato il servizio TIM 119, servizio che da 10 anni è gestito nella sede di Roma
- negli ultimi 18 mesi ha assunto circa 1200 persone nelle varie sedi nazionali con contratto a tempo indeterminato, di cui 500 nel mese di ottobre 2011.
- ha in forze centinaia di lavoratori precari e continua attualmente ad assumere, per la sede di Roma, lavoratori con contratto a progetto
- continua a richiedere straordinari, oltre che per la sede di Roma, anche per le altre sedi, alcune delle quali con uguali commesse
- nel 2011 ha investito 6 milioni di euro in Brasile per aprire un nuovo call center
Consideriamo questa crisi dichiarata del tutto strumentale al trasferimento della produzione al sud, dove il costo del lavoro risulta molto più basso a causa dei vari incentivi e sgravi fiscali/contributivi previsti dall’attuale normativa (L. 407/90, legge 488/92) e ai vari fondi regionali all’occupazione elargiti dagli enti locali (POR), dei quali le aziende usufruiscono. In breve, da una parte l’azienda apre nuove sedi e assume nel mezzogiorno incassando soldi pubblici, dall’altro scarica il costo del lavoro e il rischio d’impresa sui lavoratori di Roma e sulla collettività accedendo agli ammortizzatori sociali, a maggio 2011 con la procedura di Cassa Integrazione Ordinaria, oggi con 2174 Contratti di Solidarietà.
Vincolare la sistemazione logistica di circa 1000 lavoratori dei siti di Roma al raggiungimento di inverosimili obiettivi di marginalità (si dovrebbe passare dall’attuale -10% al 13-15%) rivela il cinico progetto di avviare a breve licenziamenti collettivi, mandando in rovina centinaia di lavoratori che nel non lontano 2007, a seguito della “stabilizzazione” prevista dalla finanziaria del 2006 dell’allora Governo Prodi, firmarono una liberatoria rinunciando al pregresso per ottenere in cambio un contratto part-time a 20 ore settimanali, con una retribuzione di circa 650 euro. Dopo circa tre anni, durante i quali ha usufruito di diversi incentivi previsti dalla legge, l’azienda cerca di liberarsi di buona parte di questi lavoratori.
Per difendere il posto di lavoro e per reclamare il diritto ad un lavoro stabile, I LAVORATORI DI ALMAVIVA CONTACT DI ROMA SARANNO IN PRESIDIO GIOVEDI' 1 MARZO DALLE ORE 15:00 DAVANTI AL MINISTERO DE LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI DI VIA VENETO N.56 A ROMA. Esprimeranno la loro rabbia insieme ai lavoratori di Teleperformance e Comdata, anch’essi sottoposti a tentativi di licenziamento da parte di Aziende che, con il pretesto della crisi, tentano di liberarsi di lavoratori ritenuti “troppo costosi”, mentre continuano a beneficiare di soldi pubblici, a delocalizzare e aumentare i profitti ai danni della collettività e dei lavoratori.

1 marzo 2012
COBAS Almaviva Contact di Roma


Dove finirà questo mezzo bilione di euro?
La Banca Centrale Europea (BCE) ha prestato in questi giorni più di mezzo bilione di euro a 800 entità finanziarie della zona euro, a condizioni di interesse molto favorevoli (l’1%) con un termine di restituzione di tre anni.
Non è la prima volta che l’entità di emissione porta a termine un’operazione con queste caratteristiche, ma la quantità offerta in questa occasione è particolarmente alta, superiore persino a quanto si prevedeva. Non ci si aspettava neppure che tante entità facessero la coda allo sportello della BCE alla ricerca di fondi.
Quanto allo scopo, l’obiettivo di questa iniezione economica (di denaro fresco) è ottenere che banche e casse possano ora fare credito a famiglie e imprese che hanno necessità di denaro, cioè che questo apporto di liquidità vada all’economia reale.
Ma ci sono seri motivi di non fidarsi che succeda proprio questo, e quanto è accaduto lo scorso dicembre – quando i fondi non presero questa strada – è uno di questi motivi. Così gli analisti danno per scontato che la maggior parte di quei 529.531 milioni di euro servirà a “sanare i bilanci” delle entità che la percepiranno e, soprattutto, perché queste possano comprare quote di debito sovrano di alcuni paesi ad un interesse molto più alto di quello che esse devono alla BCE.
Si tratta di un affare fatto e finito e di un paradosso dal punto di vista delle istituzioni europee, visto che, mentre stanno destinando ingenti quantità di denaro per “riscattare” i paesi colpiti dalla crisi del debito, finanziano a basso costo le banche perché queste possano comprare quello stesso debito con un interesse molto più alto di quello che le istituzioni europee fanno pagare loro.
E’, in definitiva, un trasferimento di denaro pubblico a tasche private.
In uno scenario di contrazione economica e di tagli sociali e dei diritti, destinare questa quantità di denaro a favorire gli affari delle banche non è accettabile. In tre mesi la BCE ha prestato un bilione di euro e almeno dovrebbe avere la garanzia che questi soldi finiscano in mano a coloro che davvero ne hanno bisogno.

1 marzo 2012
da gara.net (quotidiano basco)
Traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto San Giovanni